Eicma 2019
Anteprime
Honda CRF1100L Africa Twin 1100: mal d’AFRICA
Se la guidi, non la lasci più! L’epidemia nata negli Anni 80 diventa ancora più contagiosa con la nuova generazione della moto totale di Tokyo
E lei, ma non è lei. La vedi così uguale, così Africa, eppure è un’altra moto. Rifatta dalla A alla Z. E se non si ha il tempo di guardarla bene, o di osservarla in fianco alla vecchia versione, basta salirci in sella per convincersi di questo. Ecco la nuova Honda CRF1100L Africa Twin.
Bella moto questa nuova Africa, e bell’esecuzione da parte dei progettisti. Perché ha la stessa anima, lo stesso bilanciamento perfetto, la stessa rotondità armonica che ti fa sentire a casa dopo il primo chilometro percorso, ma tutto due click più in alto
Honda CRF1100L Africa Twin 1100: il test
Davanti agli occhi c’è un “televisore” ad effetti speciali, la sella è più stretta, il manubrio più alto e il blocchetto di sinistra pare una calcolatrice per bimbi. Se poi, messa la prima, si ruota il gas… ciao. Pulsazioni benefiche per i padiglioni e scuotimenti rassodanti per le braccia. Bella moto questa nuova Africa, e bell’esecuzione da parte dei progettisti. Perché ha la stessa anima, lo stesso bilanciamento perfetto, la stessa rotondità armonica che ti fa sentire a casa dopo il primo chilometro percorso, ma tutto due click più in alto. Non facile evitare che la coperta finisca troppo di qui, o troppo di là. Questa è una ciambella Euro 5 nata col buco, senza però essersi cambiata (apparentemente) l’abito. Del resto non c’è da stupirsi che non l’abbiano stravolta a livello estetico, perché in soli quattro anni di vita l’hanno scelta ben 87.000 persone di tutto il globo.
Noi pensiamo alla prima, all’icona, alla V2 che oggi cerchi su subito.it sperando che sia conservata, integra, vissuta ma non pasticciata: eppure quella là, in tutta la sua lunga esistenza, ha venduto meno di questa. Il motivo? Era distribuita solo in Europa, mentre la nuova è una global bike. E pensare che, nel 2016, quando rinacque, non volevano neanche chiamarla Africa Twin… Valli a capire quelli del marketing. Per fortuna, poi, ha prevalso la ragione. E appena arrivata conquistò tutti, anche se aveva "pochi" cavalli (ma splendidamente distribuiti), una strumentazione modesta e poca elettronica. Poi, nel 2018, arrivarono il ride by-wire e una risposta più pronta. Chi ce l’ha, lo sa, perché è assai più gustosa da guidare. Ora rinasce, inaspettatamente da un foglio bianco. Vediamo come.
Lato motore crescono la cilindrata (da 998 a 1.084 cc) e i CV (+ 7, da 95 a 102). Di pari passo, scende il peso (- 4,7 kg, ora la standard è 212 kg senza benzina)
Tutta nuova
Telaio rifatto ex novo, telaietto smontabile in alluminio, quando prima era in un solo pezzo e in acciaio, forcellone di derivazione CRF450R, coda capolavoro, parte centrale più stretta di 4 cm (2 l’Adventure Sports), sovrastrutture ridisegnate con uno sguardo più fiero e rialzato (il faro è più alto e le “spalle” più possenti). Via la strumentazione scooteristica precedente e spazio a un tablet TFT ricco di info (oltre che di connessione Bluetooth per tutti i telefoni e dotato di Apple CarPlay), luci full led, arriva la piattaforma inerziale che controlla 6 assi e quindi pioggia di controlli super regolabili, anche di fino. Lato motore crescono la cilindrata (da 998 a 1.084 cc) e i CV (+ 7, da 95 a 102). Di pari passo, scende il peso (- 4,7 kg, ora la standard è 212 kg senza benzina). Il silenziatore è stato rimpicciolito ed è più basso, perché il catalizzatore non è più centrale ma anteriore (e ben carenato).
Vediamo la Adventure Sports. La sella non è più a un’altezza impossibile (era a 920 mm), ma è a 850/870 come la standard (è diminuita anche l’escursione, ora 230/220 mm come nella sorella basica). In più, ha il plexiglass alto e regolabile a mano su 5 posizioni, i paramani più estesi, le luci cornering, i cerchi tubeless e le sospensioni elettroniche, oltre ai 24,8 litri nel serbatoio (+0,8 vs model year 2019). Insomma, le due versioni si sono polarizzate, hanno differenze fra loro più nette ed entrambe possono essere acquistabili anche con la trasmissione automatica DCT (che ora ha una resa ancora migliore). Purtroppo, assieme alla tecnologia, lievitano anche i prezzi: 15.290 euro c.i.m. la standard (1.000 in più col DCT) e 19.290 la Adventure Sports (sempre 1.000 euro in più col DCT). La BMW GS, è lì a uno sputo. Non si può più dire che costi uno sproposito.
Ti sembra di averla sempre guidata. Vai via veloce in scioltezza. Una guida prevedibile. Anche la frenata si manifesta in questo modo: progressiva, lineare, efficace ma per niente brusca. Japan style.
Tu vo’ fa la CR
Ammetto, la nuova coda mi ha stregato. Così filante, senza maniglione, con quelle simil-tabelle appena accennate, quel codino slanciato su cui poggia un faro dalle proporzioni perfette: spettacolo. Nella versione rossa, con quel po’ po’ di forcellone, sembra proprio una CR anabolizzata. E poi fianchi più stretti, riser più alti (+22,5 mm) e plexi basso vogliono dire guidarla meglio quando si è in piedi. Se si vuole attaccare è d’obbligo avanzare col corpo e, in quel caso, le ginocchia si aprono parecchio perché il serbatoio si allarga nella parte anteriore (pur se più piccolo dell’Adventure Sports, contiene sempre 18,8 litri). Peccato. Però senti che è nata col 21” davanti, è progressiva, tonda a scendere in curva, e la triangolatura dell’ergonomia è perfetta. Lei nasce così, non deve spartire il suo telaio con una versione stradale (come accade per alcune competitor) e questo si sente. È bilanciata, armonica, prevedibile. Rimane molto confortevole, perché i giapponesi vogliono questo, non sono KTM o Ducati, e questo vuol dire non sentire nulla, parlando di asperità.
A memoria, però, ricordo la vecchia ancora più morbida, mentre qui c’è più sostegno. Che ti fa dire: che compromesso esagerato! Certo, se ti si chiude la vena i cambi di carico ci sono, ma lei non va violentata, piuttosto va accompagnata, condotta dentro e fuori la curva invece che strattonata. E così, ti sembra di averla sempre guidata. Vai via veloce in scioltezza. Una guida prevedibile. Anche la frenata si manifesta in questo modo: progressiva, lineare, efficace ma per niente brusca. Japan style. Si tocca meglio a terra ora, perché la sella è più stretta. Giri il gas e, se hai la vecchia, pensi se mettere l’annuncio o parlare col concessionario (non me ne vogliano i possessori). Questa ha corpo, spinge decisa, tra 2 e 4mila c’è già molto, poi ti strattona ancora passando per i 5mila fino ad allinearsi a quella vecchia in alto. E cambia la voce, qui c’è la valvola di scarico che, quando è tutta aperta, fa sentire un’altra musica. Unico rovescio della medaglia è che sotto, parliamo di 1.8/2mila giri, pistona di più. Non seghetta, è fluida, ma si avverte il battito. Chi è alle prime armi la troverà meno mansueta nel souplesse spinto. Quickshifter appagante, ma dal taglio un po’ invasivo, specie se non sei agli alti regimi. C’è un riding mode nuovo, l’Off-Road, molto apprezzabile fuori perché ammorbidisce l’accelerazione e libera l’ABS al posteriore. Poi ci sono due mappature customizzabili, e lì ti puoi sbizzarrire con le regolazioni (se capisci come fare): controllo di trazione (7 possibilità!), freno motore, potenza, antiwheeling, cambio rapido, sospensioni (Adventure) e ABS. Un po’ ingegneri bisogna esserlo, però… DCT impeccabile. Il cambio automatico DCT è migliorato ancora. In Drive ti dimentichi di tutto, relax totale, in ingresso ti lascia la marcia un po’ lunga ma puoi intervenire col paddle e, se non vuoi proprio avere sbattimenti, metti in S (3 modalità) per avere il rapporto corto sempre pronto. Vibrazioni nella media che piace, cioè poche, avvertibili più alle pedane che al manubrio. Gli è capitato spesso di sfregare le punte degli stivali sull’asfalto. Ciò detto, le staffe non sono basse ed è praticamente impossibile strisciarle. Nota negativa il blocchetto sinistro: ha troppi tasti, è grosso e ci metti un po’ per imparare ad usarlo. Apple insegna. Oggi vince chi semplifica. Less is more.
È bilanciata, armonica, prevedibile. Rimane molto confortevole, perché i giapponesi vogliono questo, non sono KTM o Ducati, e questo vuol dire non sentire nulla, parlando di asperità.
Sempre gonfia, ma ora più...
La bella notizia è che non sei più al secondo piano. L’Adventure Sports protegge meglio della standard, però il bordo superiore del plexiglass, quando è tutto giù, è curvo e coincide proprio con la linea di orizzonte ideale per chi è alto 1,75 m. Si convive con un filo di distorsione della sagoma che ci precede. Le ginocchia non si allargano più di tanto, perché il rigonfiamento è oltre alle svasature del serbatoio, e quindi non finisci lì con le rotule. Nel caso della GS, mi ricordo maggiore differenza di volume tra la standard e l’Adventure. Sospensioni elettroniche apprezzabili perché regolabili con un click (o un tocco sullo schermo, la prima volta su una moto, ma solo da fermi). Luci cornering intelligenti, anche se non abbiamo avuto modo di provarle. Per la dinamica, vale tutto ciò che si è detto per la standard, sospensioni a parte che sono elettroniche. E per i cerchi Tubeless dipende da voi. Se l’off è un miraggio, non ha senso avere le camere.
Motore
Bicilindrico parallelo, 1.084 cc, Euro5
Alesaggio x corsa 92x81,5 mm
Raffreddamento a liquido
Rapporto di compressione 10,1:1
Distribuzione monoalbero Unicam
4 valvole per cilindro
Iniezione elettronica con 2 corpi farfallati
Throttle by Wire
Lubrificazione a carter semisecco
Trasmissione
Finale a catena
Frizione in bagno d’olio con antisaltellamento (doppia frizione per DCT)
Cambio a 6 rapporti con quickshifter
(automatico sequenziale per DCT)
Controlli elettronici
gestibili dal pilota
Riding mode, controllo trazione, anti-impennata ABS, cruise control (mappature cambio per DCT)
Ciclistica
Telaio semidoppia culla in tubi d’acciaio
Inclinazione cannotto di sterzo 27,5°
Avancorsa 113 mm
Forcella rovesciata da 45 mm tutta regolabile
Forcellone in alluminio
Ammortizzatore tutto regolabile
Escursione 230/220 mm
Freni
Ant. 2 dischi da 310 mm
Pinze ad attacco radiale a 4 pistoncini
Post. disco da 256 mm
Pinza a singolo pistoncino
(freno di stazionamento per DCT)
ABS cornering
Pneumatici
Ant. 90/90-21” - post. 150/70-18”
Dimensioni (mm)
Lunghezza 2.330 - larghezza 960
Interasse 1.575 - altezza sella 870/850
Serbatoio da 18,8 litri
Peso con il pieno 226 kg (236 versione DCT)
Prestazioni dichiarate
75 kW (102 CV) a 7.500 giri
105 Nm (10,7 kgm) a 6.250 giri
Colori disponibili
Nero o Tricolour rosso
Motore
Bicilindrico parallelo, 1.084 cc, Euro5
Alesaggio x corsa 92x81,5 mm
Raffreddamento a liquido
Rapporto di compressione 10,1:1
Distribuzione monoalbero Unicam
4 valvole per cilindro
Iniezione elettronica con 2 corpi farfallati
Throttle by Wire
Lubrificazione a carter semisecco
Trasmissione
Finale a catena
Frizione in bagno d’olio con antisaltellamento (doppia frizione per DCT)
Cambio a 6 rapporti con quickshifter
(automatico sequenziale per DCT)
Controlli elettronici
gestibili dal pilota
Riding mode, controllo trazione, anti-impennata ABS, cruise control (mappature cambio per DCT)
Precarico e idraulica sospensioni
Ciclistica
Telaio semidoppia culla in tubi d’acciaio
Inclinazione cannotto di sterzo 27,5°
Avancorsa 113 mm
Sospensioni elettroniche semiattive
Forcella rovesciata da 45 mm tutta regolabile
Forcellone in alluminio
Ammortizzatore tutto regolabile
Escursione 230/220 mm
Freni
Ant. 2 dischi da 310 mm
Pinze ad attacco radiale a 4 pistoncini
Post. disco da 256 mm
Pinza a singolo pistoncino
(freno di stazionamento per DCT)
ABS cornering
Pneumatici
Ant. 90/90-21” - post. 150/70-18”
Dimensioni (mm)
Lunghezza 2.330 - larghezza 960
Interasse 1.575 - altezza sella 870/850
Serbatoio da 24,8 litri
Peso con il pieno 240 kg (250 versione DCT)
Prestazioni dichiarate
75 kW (102 CV) a 7.500 giri
105 Nm (10,7 kgm) a 6.250 giri
Colori disponibili
Nero o Tricolour bianco
Un salto nel passato, ecco i modelli e le versioni della Africa Twin che si sono succedute negli anni
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