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Prove della redazione

Ducati 999

Andrea Padovani il 28/08/2012 in Prove della redazione
Ducati 999
Ducati 999
998 cc / 103 kW (140 CV) / 2 cilindri a L / Euro 2
€ 17.000 c.i.m.

È stata una delle piste più prestigiose, difficili e tecniche al mondo. Oggi è un toboga di 20,8 km di lunghezza che attira ogni fine settimana migliaia di appassionati. Dueruote è andato a scoprirlo in sella alla supersportiva bolognese

Gli appassionati di buona memoria ricorderanno che prima del Sachsenring, il Motomondiale aveva varcato i cancelli di Hockenheim e del Nürburgring. Sono invece pochi, azzardiamo, quelli che della prova tedesca hanno impressi nella mente i lastroni di cemento inclinati del Karrusell o il micidiale scollinamento del Flugplatz. Non molti ricorderanno che al posto del Nürburgring che oggi tutti conosciamo (di 5.148 m di lunghezza) c'era forse la più bella, difficile e tecnica pista mai realizzata, il Nordschleife. Quel pericoloso nastro d'asfalto di 20,8 km è ancora attivo e a disposizione degli appassionati. Che cosa è oggi il vecchio Nürburgring? Una risposta univoca non esiste: la più scontata lo definisce come un'incredibile pista. La legislazione tedesca lo qualifica invece come una strada a pedaggio a senso unico di marcia, senza limite di velocità. Per le case costruttrici è il più severo banco di prova su cui testare le novità. Per molti è solo un luogo di pellegrinaggio in una incontaminata zona di villeggiatura.

La storia di un mito

Germania, 1925: iniziano i lavori di quella che vuol diventare la più prestigiosa pista del mondo. Il progetto prevedeva uno sviluppo di 28,265 km nel cuore del massiccio montuoso dell'Eifel, una trentina di km a ovest di Coblenza. Nel 1927 l'inaugurazione ufficiale con la vittoria di Rudolf Caracciola su Mercedes S. Attraverso gli anni, le guerre e piccole modifiche, il Nurburgring è arrivato fino all'inizio degli anni '70, incoronando i più grandi campioni delle due e quattro ruote. L'aumento sensibile delle prestazioni di auto e moto e gli incidenti hanno però creato i primi malumori tra i piloti. Nel 1970 quelli di Formula 1 boicottano il GP per sensibilizzare sul problema sicurezza e la stessa cosa avviene nel 1974 nelle moto. Nel 1976 accade il terribile incidente a Niki Lauda e di lì a poco il Nürburgring perde l'omologazione per la F1. È del 1977 la decisione di costruire un nuovo e più sicuro impianto (quello attuale su cui si corre la F1, inaugurato nel 1984). Il Nordschleife ha però continuato ad ospitare il Motomondiale fino al 24 agosto del 1980 (sul tracciato di 22,835 km). La gara venne vinta da Marco Lucchinelli, che stabilì anche il giro più veloce in gara in 8'22"23 alla media di 163,682 km/h. Tutt'ora record ufficiale della pista.

50 giri non bastano

In questi ultimi anni il Ring è diventato qualcosa fuori da ogni logica. Per la maggior parte del tempo è chiuso pertest privati (non esiste tracciato al mondo che offra tanta varietà di situazioni), altri giorni è invece riservato alle competizioni. Il fine settimana, invece, e in altre sporadiche occasioni, i 20,8 km del Ring sono a disposizione di tutti. E quando si dice «tutti», intendiamo realmente tutti. Un paio di km dal centro di Nürburg c'è l'entrata di questa particolarissima strada; si giunge in un parcheggio, si acquista la tessera (15 euroagiro)e – come in una normale autostrada – ci si incolonna all'entrata insieme a camper, altre moto, auto da oltre 300 CV e qualche autobus. Basta che il veicolo sia in regola con il codice e la sbarra che blocca l'ingresso in pista si alza. Il resto è puro panico. A meno di non essere già esperti (e 50 giri sono appena sufficienti...) per il neofita il Ring rappresenta un vero inferno. 73 curve, quasi tutte cieche, differenze altimetriche da paura, un susseguirsi di scollinamenti e picchiate da togliere il fiato e tratti veloci (tanti!) da affrontare a gas sempre spalancato: il tutto incorniciato da un solido e ininterrotto guardrail che corre a qualche metro dalla pista. Quanto basta, insomma, per varcare il famigerato ingresso con spirito conservatore. Ciò però non serve a diminuire la preoccupazione: poche centinaia di metri e ci si ritrova bombardati da una miriade di Porsche e BMW che piombano da dietro ad una velocità pazzesca. E ben presto non si capisce più se il pericolo sta nella curva cieca che si sta per affrontare o nell'auto che sfreccia di lato a 200 km/h.

Pericolo allo stato puro

Se invece si è già conoscitori della pista e si procede di buon passo (e quando diciamo buon passo significa, in molti tratti, a velocità ben superiori a 200 km/h) potrebbe accadere di trovare un bus di giapponesi, una coppia di anziani in camper o un sidecar Ural in piena traiettoria, magari dietro a un dosso. Quasi fermi. O nella peggiore dell'ipotesi una macchina in testacoda se non un incidente. E allora sono guai. Se, però, per un attimo si dimentica tutto ciò (assolutamente sconsigliato farlo, comunque...) e qualche esperto vi ha introdotto ai segreti della guida al Ring, l'estasi è alla portata di mano. Nulla almondo è paragonabile, nessun tracciato offre tanto. I tratti che rimangono impressi nella memoria sono innumerevoli: i saliscendi del Fugplatz, il crinale di una collina da affrontare in quarta e quinta marcia. O la compressione del Fuchsrore, in mezzo al bosco, dove si può arrivare alla velocità massima anche con una 1.000 ipersportiva. O ancora la tecnica e subdola AdenauerForst, una variante lentissima dopo un tratto velocissimo. Per non parlare del ponte di Adenau e del suo minaccioso muretto o del mai abbastanza celebrato Karussell, un tornante sinistrorso lunghissimo con profilo sopraelevato realizzato con lastroni di cemento. Le sollecitazioni alla moto tra un blocco e l'altro fanno davvero impressione... E poi ancora la staccata con annesso alleggerimento del Pflanzgarten e il tratto veloce che precede il lungo Tiergarten, un paio di km di rettifilo dove fi-nalmente si può tirare il fiato.
Nostra compagna d'avventura Nürburgring è stata la Ducati 999, il modello d'ingresso alla gamma delle maxi sportive di Borgo Panigale. Linea inconfondibile, tanto fascino e un nome che ben si abbinano ai mitici saliscendi del Nordschleife. La posizione in sella è senza compromessi, con busto riverso in avanti, braccia ben caricate e pedane alte e arretrate; un po' scomoda ed estrema per i percorsi stradali quale il Ring. Anche per questo la 999 non dà confidenza da subito. Fin dalle prime lente curve, infatti, si notano la scarsa duttilità e le sospensioni tutt'altro che accomodanti sulle asperità. Si capisce, insomma, che è un mezzo da godere soprattutto in pista, dotato di carattere e di quelle spigolosità che danno tanto gusto. Ma il Nordschleife non è un tracciato tradizionale e una rigidità eccessiva delle sospensioni non paga: un paio di click in meno di idraulica (dalla posizione standard) e il gioco è fatto. Presa la mano alla modesta agilità - tocca lavorare di corpo, soprattutto alle basse andature - la 999 esalta per la grande stabilità. Nei veloci curvoni in appoggio non sbava di un millimetro garantendo una sicurezza assoluta: al Ring, insomma, si può viaggiare davvero veloci, divorando in un baleno tratti molto impegnativi quali Scwedenkreuz, Exmühle, Wippermann. Tutto ciò merito soprattutto di un avantreno granitico che sopporta senza batter ciglio anche le staccate più violente. Che tali possono essere grazie al doppio disco, tanto potente quanto modulabile e infaticabile (meno decisa l'unità posteriore invece). Anche il bicilindrico è da comprendere: istintivamente viene naturale insistere al limitatore. Poi si intuisce che la sua forza sta ai medi. Dentro le marce, una dietro l'altra, lasciando correre la moto dentro alle curve, senza esasperare l'uso del cambio (peraltro dolcissimo), evitando di solleticare il fondoscala del contagiri. Peccato solo che ai bassi la sua trattabilità non sia quella di un quattro cilindri. Così, sui perentori allunghi del toboga tedesco, ci si ritroverà - quasi sottovoce - a volare davvero.
«Guidare su quel circuito era una libidine, come su tutte le piste più impegnative; correrci era meno divertente: per affrontare sereni le gare su quei terribili ventidue chilometri bisognava innanzitutto dimenticare il rischio che si correva, poi sopportare una tensione che non ti lasciava respiro se non nei primi chilometri e negli ultimi prima del traguardo». Giacomo Agostini non ha naturalmente dimenticato il vecchio Nürburgring, quel tracciato lungo che aveva imparato a conoscere a menadito imprimendosi nella mente ogni curva, ogni irregolarità dell'asfalto, ogni insidia, inanellando giri su giri con una moto di serie nei giorni precedenti le gare. «Allora non si effettuavano test sulle diverse piste fra un gran premio e l'altro – ricorda il pilota più titolato del mondo – ma al Nürburgring non era un problema: bastava pagare e si poteva girare a volontà. Per andare forte ci volevano preparazione, classe e furbizia. Indipendentemente dalla conoscenza del tracciato il rischio però era enorme perché non c'erano spazi di fuga, ma solo guard rail e alberi a bordo pista. Oggi un circuito del genere non sarebbe nemmeno preso in considerazione». Quel giorno del 1970 in cui Agostini vinse sul «lungo» sia la classe 350, sia la 500, guidando magistralmente sotto una pioggia torrenziale, il Nürburgring chiese ancora il tributo di una vita umana: durante la corsa della mezzo litro l'inglese Robert Fitton, un veterano dei gran premi, in sella a una Norton, trovò la morte finendo contro un guard rail non protetto da balle di paglia. Agostini e la MV avevano un legame speciale col Nürburgring, circuito sul quale nel 1965 il futuro quindici volte campione del mondo e una nuovissima 350 a tre cilindri uscita dal reparto corse di Cascina Costa avevano vinto il primo di tantissimi gran premi. Fu una giornata memorabile: il giovane campione di Lovere, solo da un paio di mesi in sella al più prestigioso bolide da corsa italiano, mise in luce tutto il suo talento, la sua precisione di guida sotto la pioggia e costrinse Jim Redman, il grande campione rodesiano della Honda, ad una brutta caduta nel vano tentativo di resistergli. Hailwood, caposquadra di Agostini, si accontentò del secondo posto. La storica impresa di Agostini non ebbe però come cornice il Nürburgring «lungo», ma solo una sua parte, la «Sud», di 7.747 metri di lunghezza. Appartiene comunque alla storia del grande circuito tedesco, iniziata nel 1927 con la vittoria assoluta, a sorpresa, di un giornalista-pilota, l'inglese Graham Walker, in sella a una Sunbeam 500. Con la nascita del campionato del mondo, il GP di Germania ebbe come sede il Nürburgring solo nel 1955 per salutare l'affermazione netta delle moto italiane MV 125 (Ubbiali), Guzzi 350 (Lomas) e Gilera 500 (Duke), che lasciarono all'industria di casa solo la vittoria nella classe 250 ad opera di Muller con la NSU. Il Mondiale ritornò all'Eifel nel 1958, annata trionfale per la MV Agusta, che sul lungo del Nürburgring vinse tutte le classi in programma: 125 e 250 con Ubbiali e Provini, 350 e 500 con Surtees. Insidiato dalla concorrenza interna del più moderno e meno pericoloso circuito di Hockenheim, la gloriosa pista di Adenau ha dovuto rinunciare ad una posizione preminente, ma nulla è riuscito a scalfire l'alone che circonda i 22 km del suo antico tracciato, che ancora oggi ospita motociclisti provenienti da ogni parte del mondo, per i quali misurarsi col Nürburgring rappresenta la realizzazione di un sogno.

Dati Tecnici

 
Ducati
999

Motore

bicilindrico a L a quattro tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 100,0x63,5 mm; cilindrata 998 cc; rapporto di compressione 11,4:1. Distribuzione desmodromica con comando a cinghia e 4 valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica Marelli, diametro corpi farfallati 54 mm. Capacità serbatoio carburante 15,5 litri (di cui 3 di riserva). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione

primaria ad ingranaggi, finale a catena (36/15). Frizione multidisco a secco con comando idraulico. Cambio a sei marce.

Ciclistica

telaio a traliccio in tubi di acciaio. Sospensione anteriore forcella Showa rovesciata da 43 mm, completamente regolabile, escursione ruota 125 mm. Sospensione posteriore forcellone con mono ammortizzatore Showa completamente regolabile, escursione ruota 128 mm. Cerchi: anteriore 17x3,5”, posteriore 17x5,5”. Pneumatici: anteriore 120/70, posteriore 190/50. Freni: anteriore a doppio disco flottante in acciaio da 320 mm e pinze a 4 pistoncini e 4 pastiglie, posteriore a disco singolo in acciaio da 240 mm e pinza a doppio pistoncino.

Dimensioni

lunghezza n.d., larghezza n.d., altezza sella 780, interasse 1.420. Peso a secco 186 kg.

Prestazioni

potenza 103 kW (140 CV) a 9.750 giri, coppia 108,9 Nm (11,1 kgm) a 8.000 giri.

Prestazioni

Curva di accelerazione

Ducati 999

Condizione della prova

Cielo velato
Vento 2 m/s, direz. variabile
Temperatura aria 22°C
Pressione atmosferica 1,001 mb
Temperatura asfalto 40°C

Rilevamenti

 
Ducati
999

RILEVAMENTI

Velocità a 1500 m con partenza da fermo (tempo) 260,4 km/h (26,9)

ACCELERAZIONE

0-400 m 10,8 s (215,5 km/h)
0-1000 m 19,9 s (252,8 km/h)
0-90 km/h 2,9 s (34,3 m)
0-130 km/h 4,5 s (85,2 m)

PROVA SORPASSO (nella marcia più alta)

80-130 km/h 6,1 s (181,7 m)

FRENATA (compreso tempo di reazione convenzionale pari a 1 s)

130-80 km/h 2,7 s (85,5 m)
50-0 km/h 2,5 s (25,7 m)

CONSUMO

Extraurbano 18,3 km/l
Autostrada (130 km/h indicati) 16,5 km/l

PESO

In ordine di marcia e serbatoio pieno 212,0 kg
Distribuzione masse con conducente (% ant./post.) 47/53

Pagelle

 
Ducati
999

In sella

3.5

Nessuna concessione ad altro che non sia funzionale alla guida: semimanubri spioventi, cosce ben aderenti al serbatoio e sella dura.

Comfort

2.5

Se cercate la comodità guardate altrove: il busto riverso in avanti, le braccia caricate e le sospensioni rigide non fanno per voi.

Dotazioni

4.0

La Ducati ha sempre trattato bene i suoi clienti: e questa 999 non fa eccezione, con una componentistica specialistica di prim’ordine.

Qualità percepita

4.5

Elevata, non c’è dubbio: le plastiche sono solide, le verniciature brillanti e spesse e le superfici metalliche belle e ben rifinite.

Capacità carico

2.0

Non c’è da pretendere molto da una SBK replica: manca addirittura il sellino per il passeggero. La versione biposto comunque è disponibile.

Motore

3.5

Rispetto ai quattro cilindri di 1000 cc dell’ultima generazione paga qualcosa, ma è certamente il miglior bicilindrico in circolazione.

Trasmissione

3.5

La frizione è un po’ dura e poco resistente alle sollecitazioni prolungate. Il cambio invece è preciso e pastoso, al pari della finale.

Sospensioni

4.0

Sono tendenzialmente rigide, ideali per la guida sportiva in pista, dove offrono precisione e rigore. Soprattutto la forcella, solida e ben frenata. Su strada invece mostrano qualche limite, in particolar modo sullo sconnesso.

Freni

4.0

Il doppio disco offre tanta potenza, modulabilità e resistenza anche nella guida impegnata. L’unità posteriore pecca in mordente.

Su strada

3.5

Richiede un minimo di assuefazione, poi la 999 ricambia con doti da racer. A una maneggevolezza non eccellente contrappone una precisione e una stabilità assolute. In curva incide l’asfalto come un coltello caldo il burro.

Versatilità

2.0

Poca, quasi nulla: in città soffre e in viaggio stanca. È una sportiva senza compromessi e va goduta con casco, tuta e stivali. Meglio se in pista...

Prezzo

2.5

E’ il modello d’ingresso alle maxi sportive Ducati: nonostante ciò costa decisamente di più delle dirette rivali a quattro cilindri. Un limite notevole.

Pregi e difetti

 
Ducati
999

PREGI

Stabilità, Precisione direzionale, Frenata

DIFETTI

Maneggevolezza, Ruvidità ai bassi, Comfort

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