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Test a Testa #17 - Honda CB650F e-clutch VS Yamaha MT-09 Y-AMT
Cambio automatico senza leve o frizione automatica + quickshifter? Abbiamo messo a confronto i sistemi Honda e-clutch e Yamaha Y-AMT per scoprire quale è meglio. Due esperienze decisamente diverse, su due naked comunque ben distinte a livello di progetto come la CB650F e la MT-09
Prima che si chiuda questo 2024, che dal punto di vista tecnico è stato l’anno dei cambi automatici, ecco un’altra puntata della nostra rassegna: dopo aver provato insieme il DCT dell’Africa Twin e l’ASA della BMW GS, mettiamo a confronto il sistema Honda e-clutch con il nuovissimo Yamaha Y-AMT. Un Test a Testa più sulla tecnica che sul prodotto, visto che la vera rivale della CB650R, la MT-07, arriverà nella versione con Y-AMT non prima di febbraio; ma ci tenevamo a farci un’idea su questi due sistemi che avevamo visto soltanto individualmente e in presentazione, per cui eccoci qua.
Di nuovo Honda contro resto del mondo, dunque, e del resto Honda propone due sistemi diversi che si collocano ai due estremi dello spettro: da una parte c’è il DCT, che con le due frizioni e i due alberi coassiali è assolutamente il più complesso; e dall’altra c’è l’e-clutch, un automatico a metà visto che gestisce autonomamente la frizione, ma non il cambio.
Yamaha Y-AMT:
In mezzo si collocano le altre soluzioni che abbiamo visto presentare da BMW, KTM e Yamaha. BMW e Yamaha, in particolare, sono i più vicini a un cambio tradizionale, modificato con l’inserimento di due attuatori azionati da motori elettrici. BMW ha però scelto di usare due piccoli motori elettrici e trasformare meccanicamente il movimento rotativo in movimento lineare (con una chiocciola) o a scatti (con una croce di Malta). Yamaha invece usa due motori passo passo che muovono con precisione cinematismi simili ai comuni rinvii del cambio, collocati parzialmente all’interno dei carter visto che il motore era nato senza prevederli e che si occupano di far ruotare il desmo del cambio al posto del nostro piede e di tirare la frizione. Il peso aggiuntivo è di 2,8 kg.
Il cambio è modificato solo nella sequenza dei rapporti, che vede la folle in basso e tutte le marce a seguire. La moto si spegne in marcia per realizzare il freno a mano, e per metterla in folle bisogna avere il quadro acceso. La gestione di cambio e frizione, ovvero dei due motori che li controllano, è affidata alla centralina dedicata che dialoga con la ECU, ma non con la IMU. Questa scelta è stata fatta per consentire di usare lo stesso componente su modelli senza IMU come appunto la MT-07 Y-AMT, ma comporta che la cambiata possa avvenire a centro curva, in piena piega.
Y-AMT solo con ride-by-wire, e-clutch anche senza
L’Y-AMT si innesta sul quickshifter di terza generazione di Yamaha, e realizza un tempo di cambiata di 1/10 di secondo. Notiamo che questo sistema, come peraltro tutti i cambi automatici, richiede necessariamente una gestione motore con Ride-By-Wire, che non a caso arriverà per il 2025 anche sui motori CP2. Quanto alla programmazione, in modalità MT è possibile scegliere autonomamente la mappa motore, mentre in modalità AT il motore è sempre in mappa Road, sia con il programma D che con il D+, per una scelta di Yamaha che ci sembra corretta. In modalità AT è sempre possibile “forzare” il cambio marcia con i pulsanti, facendo un over-ride temporaneo.
A proposito di Ride-By-Wire, uno dei punti di forza dell’e-clutch è quello di poter equipaggiare anche modelli senza RBW come questa CB650R, dove automatizzare anche il cambio sarebbe difficile se non impossibile. L’e-clutch è come detto un sistema “semi-automatico”, con due motorini elettrici che aprono e chiudono la frizione. Può comunque gestire la partenza anche in una marcia che non sia la prima e permette l’over-ride manuale del comando. Curiosamente, la prima a offrire un sistema di questo tipo è stata Yamaha, sulla FJR 1300 AS del 2013 che però non aveva più la leva frizione.
e-clutch, ovvero il quickshifter 4.0
Se il quickshifter Yamaha è 3.0, allora potremmo dire che l’e-clutch è 4.0: non si limita a tirare e rilasciare la frizione, ma sfrutta una combinazione armonizzata di operazioni che comprendono il taglio dell'iniezione del carburante e il controllo dell'accensione per eliminare qualsiasi sussulto e garantire una guida super efficace. Compresi attuatori e carter, il peso totale del sistema Honda è di 2 kg, l’ingombro però non è trascurabile.
Oltre a poter sempre usare la leva della frizione, che ha sempre priorità rispetto all’azionamento elettronico, il pilota può regolare la forza di contrasto sul pedale del cambio, a seconda delle sue preferenze su cambi marcia e scalate. I livelli disponibili sono tre, Hard, Medium e Soft, tutti selezionabili in maniera indipendente per inserimento marce o scalate. E se lo desidera, il pilota può anche disattivare completamente l’E-Clutch tramite l’apposita funzione. Lo stato di operatività è sempre indicato sul display TFT.
CB650R e MT-09: motore e ciclistica
Detto delle peculiarità lato trasmissione, andiamo veloci sulla parte tecnica di due moto che conosciamo già piuttosto bene: rinnovata un anno fa, la CB650R è sempre fedele alla linea Neo Sports Café, raffinata e aggiornata con nuove linee più affilate, nuovo gruppo ottico anteriore, nuovo display TFT a colori da 5” con connettività Honda RoadSync e un nuovo blocchetto sinistro retroilluminato e con joystick. Il motore 4 in linea ha 95 CV a 12.000 giri e 63 Nm di coppia a 9.500 giri. Il telaio in acciaio è abbinato a sospensioni Showa, con forcella SFF-BP da 41 mm e mono con link, e freni Nissin con attacco radiale. Misure compatte con 1.450 mm di interasse e 100 mm di avancorsa, con un peso di 207 kg in ordine di marcia. La CB650R è disponibile in versione A2.
Anche la MT-09 è stata rivista nel 2024, con una posizione di guida più caricata in avanti dopo che il MY21 aveva introdotto un avantreno più solido, un nuovo aspetto grazie a un diverso faro LED e uno schermo TFT a colori da 5” anche qui con connettività a smartphone. Ci sono poi una sella sdoppiata, un serbatoio con griglie per esaltare la voce del 3 cilindri CP3 e una pompa freno anteriore radiale Brembo. La MT-09 è un gradino sopra la CB650R per prestazioni, con 119 CV a 9.000 giri e 93 Nm a 7.000 giri, e anche per sofisticazione: telaio in alluminio, sospensioni KYB regolabili, IMU a 6 assi, RBW e una suite elettronica completa con ABS e controllo di trazione cornering, anti-wheelie, slide control e via dicendo. La MT-09 Y-AMT ha anche la smart key di serie.
CB650R ed MT-09 su strada
Abbiamo due naked giapponesi, quindi sappiamo già cosa aspettarci: pochi eccessi, grande equilibrio, perfetta omogeneità di funzionamento. A dire il vero la MT-09 era nata un po’ sopra le righe, molto reattiva di motore e di avantreno e con una posizione di guida da maxi-motard. Caratteristiche che sono però state edulcorate negli anni, con un motore sempre più morbido senza perdere pepe e un avantreno finalmente più solido dal MY21. Con il MY24 è arrivata la posizione leggermente più caricata in avanti che ha portato a compimento il processo di "nakedizzazione" della MT-09, di cui ormai rimangono solo i pregi.
La CB650R è un progetto particolare, ultima sopravvissuta delle naked medie 4 in linea giapponesi che avevano dominato la seconda metà degli Anni 90 e buona parte del decennio successivo per poi lasciar spazio a modelli meno costosi ma spesso più godibili su strada grazie a motori più pieni ai medi. Questa Honda mantiene una regolarità di funzionamento da… 4 cilindri giapponese, quindi assolutamente perfetta, senza esitazioni né picchi, anche se ai bassi resta meno corpo rispetto a una pari cilindrata a 2 o 3 cilindri, per non parlare ovviamente della MT-09, che ha un cilindro in meno e quasi 250 cc in più.
La Honda è più piccola e snella, ma in realtà quando ci sali trovi fianchi relativamente larghi, per via degli ingombri del motore che guidano le forme; al contrario, la MT-09 è tutta serbatoio nella parte alta, ma sotto è smilza anche se poi i carter motore del CP3 tornano a spuntare davanti alle caviglie; a questo proposito, i carterini che coprono i due cinematismi del sistema Y-AMT sono quasi invisibili, mentre il coperchio dell’e-clutch, tutto sul lato destro, è decisamente vistoso pur essendo verniciato in bronzo come il basamento motore Honda.
Con quote e pesi non troppo dissimili, le due moto sono entrambe facili e intuitive. Ben frenate, rapide nei cambi di direzione e più sostenute che confortevoli nella taratura delle sospensioni, ma senza eccedere in rigidezza, la differenza la fa soprattutto la posizione in sella, che resta leggermente più eretta e con un manubrio più largo sulla Yamaha, e il comportamento del motore, che sulla MT-09 ha una prontezza da riferimento e si sposa davvero alla perfezione con la rapidità di azione del sistema Y-AMT.
E qui veniamo al cuore del nostro confronto. Personalmente mi aspettavo che l’e-clutch fosse il meglio dei due mondi; ma come in tutte le soluzioni “ibride”, puoi sempre vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Mezzo pieno perché non hai la noia della frizione quando la frizione è una noia, vale a dire soprattutto al semaforo e nel traffico. Mezzo vuoto perché poi devi comunque cambiare col pedale.
Honda: a metà del guado
Questo non sarebbe un problema, visto che non lo è mai stato; ma il punto è che il cervello tende a ragionare in modo semplice: o tutto manuale, o tutto automatico. Al cambio tradizionale sei abituato, al DCT ti abitui in 10 minuti, per l’e-clutch ci vuole più tempo. Perché la sequenza delle azioni da fare quando ti fermi e riparti, la coordinazione tra occhio mano e cervello cambia, ma non cambia fino in fondo. Una volta che non tocchi la frizione in partenza, ti aspetti che faccia da solo anche le cambiate, in particolare le scalate quando ti fermi. Invece se non scali rapporto (puoi farlo anche da fermo, la frizione è aperta) ti trovi poi a ripartire magari in quarta, con la frizione che modula vigorosamente (e un po’ soffre).
Anche nel traffico si accende spesso l’indicatore di rapporto inserito che suggerisce di scalare (come avviene sulle auto), perché tendi a dimenticartene e può capitare di sentire la sfrizionata quando acceleri per svicolare tra due auto e sei magari in quarta a bassa velocità.
Usato come un quickshifter, l’e-clutch dà comunque il meglio di sé. La meccanica Honda è precisa di suo, e la bella gestione elettronica aiutata da un pelo di frizione (automatica) quando serve rende le cambiate sempre morbide, sia a salire che a scendere. Puoi mettere una marcia a gas chiuso, cosa che gli automatici di solito non fanno, ma soprattutto ci sono volte in cui a centro curva la cambiata è così precisa da ridurre veramente di tanto i trasferimenti di carico – non siamo ai livelli di un DCT, ma diciamo a metà strada tra un quickshifter e un DCT.
Yamaha: il cuore oltre l'ostacolo
Quanto all’Y-AMT, devo ammettere che avendo provato ormai tutti i sistemi automatici sul mercato, i primi 200 metri sulla MT-09 mi hanno lasciato di stucco. La rapidità e precisione del sistema Yamaha è pazzesca: ripenso ai proclami di "sportività" fatti al suo lancio, che mi avevano lasciato perplesso. Invece è proprio così, l’Y-AMT non sfigurerebbe su una sportiva – anche se poi in pista cambiano sempre i riferimenti. Ma sportivo in senso stradale, senz’altro sì.
Probabilmente l’Y-AMT ha il vantaggio di innestarsi su una trasmissione "made in Japan", quindi già al top in fatto di lavorazioni, accoppiamenti, tolleranze. Lo senti quando metti le prime 3 o 4 marce, e dalle nuove griglie sopra il serbatoio ogni innesto restituisce un rumore da colpo di fucile. Se sei appassionato di motori, senz’altro una musica.
Usato in manuale è altrettanto pronto. Manca il pedale ma l’ergonomia dei paddle al manubrio – che sembra risentire dell'influenza dei comandi da bici, mondo che Yamaha frequenta – è ottima e non c’è alcun ritardo tra pressione del tasto e reazione del sistema. Non c’è quella lieve esitazione che abbiamo riscontrato sul BMW ASA, e l’unica anomalia è una sensazione di "trascinamento" che si avverte in scalata, come se la frizione trascinasse un istante prima di attaccare al 100%. Una micro-interruzione la si sente, un filo di trasferimento di carico legato al passaggio di marcia, specie nelle cambiate a moto inclinata. In questo il DCT è meno invasivo, ma anche l’e-clutch sa essere più dolce.
Anche in automatico la logica di controllo appare piuttosto buona, a livello di BMW ASA e Honda DCT. In D si fa la maggior parte delle cose, il D+ serve solo se si vogliono tenere più a lungo le marce, per raccordare le curve nel guidato. Anche l’Y-AMT è comunque cieco, non vede la strada davanti a noi, quindi quando si vuole curvare in un determinato rapporto è sempre meglio usare i tasti sfruttando l’over-ride del sistema, che poi torna da solo in automatico, o guidare direttamente in manuale.
L’Y-AMT ha infatti alcuni limiti. Uno è come detto il fatto di non ricevere informazioni dall’IMU, il che porta a incappare in qualche cambiata a centro curva: niente di drammatico, ma è comunque un po’ fastidioso. Se sei in AT e hai “disattivato” il lato sinistro del corpo, può capitarti di entrare in curva veloce pensando che il sistema tolga la marcia, invece non lo fa nemmeno se pieghi molto. In queste circostanze bisogna fare attenzione: la sportività al 100% è solo in MT.
L’altro limite è una certa rigidità nella impostazione del rapporto. Se stai viaggiando a 70 km/h in quarta e vuoi mettere la quinta per far scendere di giri il motore, può capitare che la centralina ignori il comando perché il regime non è appropriato: o sali di qualche km/h o passi in manuale. È un po’ lo stile giapponese, come avevamo visto (e in maniere più marcata) anche sulla Kawasaki Z 7 Hybrid.
In generale, però, l’esperienza di guida Y-AMT è davvero soddisfacente, proprio perché la cambiata è così rapida e precisa. C’entra poco il fatto che usare le dita rispetto al piede vuol dire usare una via più breve per il cervello, e una mobilità più fine: la precisione è proprio quella meccanica ed elettronica (meccatronica, come si dice ora) del sistema. Aspettiamo di vederlo sulla MT-07 per capire se l’abbinamento col CP2 è altrettanto riuscito, ma a sensazione resta un sistema nato bene.
Conclusioni: meglio automatico o semi-automatico?
Nel complesso, quindi, abbiamo due sistemi azzeccati. L'e-clutch è un bellissimo quickshifter e un notevole aiuto per i meno smaliziati alla guida, che però vogliono conservare l’esperienza della cambiata tradizionale, e/o la leva della frizione per gli slalom nel traffico o le manovre. L'Y-AMT è un cambio che non toglie nulla del piacere di guida sportivo, perlomeno su strada, ma aggiunge la possibilità di guidare in relativo relax se lo si preferisce. Il costo è in entrambi i casi affrontabile, visto che parliamo di cifre inferiori a quelle di tanti accessori solo estetici che montiamo sulle nostre moto: 400 euro l'e-clutch, 600 euro l'Y.AMT.
Con questi sistemi Honda e Yamaha cercano di allargare il loro bacino di utenza, andando a prendersi una fetta di clientela che vuole essere sgravata dall’uso di cambio e frizione, la cosa più complicata per chi inizia a guidare una moto. A questo proposito, ricordiamo che nessuno di questi due modelli può essere guidato con la patente Codice 78, che identifica il cambio automatico: l’e-clutch perché non è del tutto automatico, l’Y-AMT perché la moto automatica deve essere omologata separatamente da quella manuale, con un codice omologativo specifico, e non è questo il caso per la MT-09, né peraltro per la BMW GS. Le uniche moto con omologazione separata sono al momento le Honda DCT.
Ma questo non toglie interesse a tutte queste tecnologie, che hanno il pregio di abbassare la soglia di accesso – fosse anche solo psicologica – alla moto, contribuendo a rinnovare e magari ringiovanire la base degli appassionati, cosa di cui c’è assoluto bisogno per mantenere vitale il nostro settore. E se questo è l'obiettivo, tutta la polemica sulla "legittimità" della moto automatica diventa davvero irrilevante. Queste due moto sono emozionanti almeno quanto le loro sorelle tradizionali, non hanno nulla dello scooter, non tolgono nulla all’esperienza di guida. Se mai, aggiungono.
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