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Honda CB750 Hornet: la PROVA!
Il calabrone non fa paura: punge solo nell'aspetto, mentre da guidare si conferma all'altezza degli standard Honda. Facile, intuitiva e versatile, la nuova naked Honda non delude affatto nel motore, che anzi ha persino più grinta di quella che la ciclistica vorrebbe gestire
Dopo averne scoperto prima il motore, poi le forme e infine la sostanza – a Colonia e poi a Milano – è finalmente arrivato il momento di toccare con mano la nuova Honda Hornet. Che ha già diviso gli appassionati per il suo stile e per la scelta di lasciare la motorizzazione quattro in linea per un più moderno, ma anche meno caratteristico, bicilindrico parallelo con le manovelle a 270°.
Della nuova Honda Hornet – la quarta generazione per essere precisi – si è già detto moltissimo, ma sempre sulla carta. Abbiamo discusso della sua filosofia di base e del suo design, analizzato le sue dotazioni e i suoi possibili punti di forza, ma come sempre è giusto che a parlare sia la strada, dove la prima Hornet costruì il suo successo.
Una sfida difficile
Un successo fatto di una personalità estetica unica in un panorama all’epoca assai sgombro – le naked sportive si contavano sulle dita di una mano sola – e su una meccanica fascinosa, ma in realtà molto razionale: un motore sportivo di penultima generazione che Honda aveva già in casa, un telaio semplicissimo e grande attenzione al contenimento dei costi per fornire una moto alla portata di tutte le tasche; la cosa meno razionale della prima Hornet, alla fine, era quella ruota anteriore da 16” che scomparve dopo la prima serie.
Anche se non è cambiata l'attenzione ai costi e alla razionalità tecnica, la nuova Hornet sembrerebbe aver ricevuto ben più attenzioni: un motore e una ciclistica dedicati (ancorché condivisi con la Transalp) e uno stile studiato con cura. Anche le dotazioni non sono niente male, specie lato elettronica; il fatto è che spiccare oggi con una naked media è ben più difficile che 25 anni fa.
Progetto razionale
Il twin parallelo di Tokyo è un 755 cc con la distribuzione monoalbero Unicam, che sfrutta condotti di aspirazione capaci di generare vortici che assicurano una combustione ottimale. Il risultato sono 92 CV di potenza massima a 9.500 giri/min e 75 Nm di coppia a 7.250 giri. Siamo su valori molto buoni, soprattutto a fronte di un peso in ordine di marcia contenuto in soli 190 kg.
Il motore è alloggiato in un telaio in acciaio con struttura a diamante, che lavora con sospensioni Showa: forcella a steli rovesciati SFF BPTM da 41 mm e ammortizzatore regolabile nel precarico con leveraggio. I freni sono Nissin con pinze radiali a quattro pistoncini, mentre le dimensioni dei pneumatici sono state scelte in funzione dell’agilità, con un 160/60 posteriore ormai inusuale su una moto di queste prestazioni.
Il cambio a 6 rapporti è dotato di frizione assistita e antisaltellamento, oltre al quickshifter in opzione. Lato elettronica, il sistema ride-by-wire prevede 4 Riding Mode (di cui uno personalizzabile) che integrano 3 livelli di regolazione della potenza e del freno motore e 3 livelli del controllo di trazione HSTC, integrato con l’anti impennamento. Il display TFT da 5” offre la connettività del sistema Honda Smartphone Voice Control, e gli indicatori di direzione integrano il sistema di segnalazione della frenata di emergenza ESS (Emergency Stop System).
Come va
La moto è molto ben fatta, e se l'avete vista a Eicma saprete che l'impatto scenico non è ovviamente da hypernaked: questa è una naked sportiva "media" in tutti i sensi, come fu la prima Hornet e non ha ambizioni da naked supersportiva o premium, né nelle prestazioni né nelle finiture, peraltro in linea con gli ottimi standard Honda.
Piuttosto compatta nell’ergonomia, è al 100% Honda anche nel funzionamento, ottimamente accordato e naturale. La forcella di base ha un setting morbido, ottimo per andare a spasso e raccordare le linee ma che se inizi a voler andar forte ti fa capire di non essere troppo a suo agio. Il motore funziona benissimo, del tutto privo di vibrazioni e sportivo nell’intonazione: non particolarmente pronto ai bassi, inizia a spingere bene ai medi – diciamo dai 4.000/4.500 giri – per poi mostrare una bella propensione all’allungo, in pieno stile Hornet. Anzi, un po’ come sulla progenitrice le doti del motore vanno forse anche un po’ oltre a quelle che sono le possibilità dinamiche della ciclistica.
Il quickshifter opzionale funziona molto bene, come tutta l’elettronica; anche la frenata ci è piaciuta, potente il giusto e non troppo aggressiva per non intimorire.
Più moderna e versatile
La moto è molto svelta nei cambi di direzione, con un anteriore al limite del leggero che gradisce una guida, appunto, leggera e precisa; il 160 posteriore non dà adito a critiche in termini di trazione e di tenuta e rende in effetti la guida davvero agile, anche se rispetto a un 180 ha un impatto estetico meno forte.
Nel complesso è una moto azzeccata rispetto ai suoi obiettivi: facile, intuitiva, morbida e persino piuttosto comoda. Non urla come la Hornet di un tempo, non fa girare le teste e forse nel complesso punge un po’ meno, ma è più moderna e versatile restando un’ottima base per tante personalizzazioni, anche grazie a un prezzo sicuramente interessante, che resta sotto gli 8.000 euro f.c.
La nuova Hornet, inoltre, arriverà anche in versione a 35 kW per chi ha la patente A2: con la vecchia 600 a carburatori, sarebbe stato ben più difficile...
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