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Harley-Davidson LiveWire: rivoluzione ELETTRICA

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 18/07/2019 in Anteprime
Harley-Davidson LiveWire: rivoluzione ELETTRICA

Una scossa al passato

Chi si aspettava una Harley “alla Harley” rimarrà sorpreso

L’attesa è finita: abbiamo provato la prima moto elettrica H-D e possiamo dire che è senza ombra di dubbio la miglior Harley mai esistita dal punto di vista dinamico, anzi non ha niente a che vedere con nessun’Harley…

Harley-Davidson LiveWire: rivoluzione ELETTRICA
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Dopo 116 anni di motori a combustione interna, Harley-Davidson presenta la LiveWire, la sua prima moto elettrica. Un doppio salto mortale, perché Harley è per molti versi la Casa più conservatrice del mondo e perché le sue moto hanno da sempre una spiccata personalità, mentre le elettriche sono tutte uguali.
O no? Se c’è qualcuno che sa rendere uniche le proprie moto, quella è Harley. E questa è la ragione per cui, anziché soccombere ai giapponesi e chiudere, negli ultimi trent’anni è diventata una delle Case più in salute e più iconiche del mondo. E così ci accostiamo alla LiveWire curiosi di capire cosa hanno fatto a Milwaukee per renderla diversa.

Parte della risposta a questa domanda la abbiamo già, perché nessuna moto elettrica finora era mai stata sorretta dalla spinta di un marchio così celebre, da una promozione così massiccia (a partire dal blockbuster ‘Avengers: Age of Ultron’), da una rete di distribuzione così forte e da un catalogo accessori così ampio. E se la LiveWire può dire oggi qualcosa di nuovo nell’esperienza elettrica, non è allora tanto per le prestazioni quanto appunto per tutto quello che ha attorno.

Harley-Davidson LiveWire: rivoluzione ELETTRICA

Tecnologia a profusione

Ma questi aspetti ‘soft’ diventano rilevanti soltanto quando si sono risolti gli aspetti ‘hard’: tecnologia e qualità, costruttiva e dinamica. La LiveWire offre tanto su tutti i fronti, e non potrebbe essere altrimenti considerando la cultura aziendale da cui proviene: perché nonostante il suo conservatorismo di facciata, H-D è pur sempre un’azienda con un ufficio tecnico da 600 ingegneri, rafforzato ora con una campagna acquisti nella Silicon Valley per gestire la complessa transizione all’elettrico.

La LiveWire ha quindi elementi distintivi fin dal progetto. Come tutte le elettriche è costruita attorno alla batteria, abbracciata da un traliccio in alluminio inedito per Harley. Grandissima attenzione è poi stata riservata al motore, che anziché essere nascosto è stato utilizzato come elemento di design.

Collocato sotto la batteria, ha una costruzione a tunnel e una singolare disposizione trasversale, che su una elettrica non si era ancora vista: l’albero motore è quindi longitudinale (come su un motore Moto Guzzi o un BMW boxer) e richiede una coppia conica per portare il moto alla finale: questa soluzione determina peraltro un rumore meccanico che diventa la ‘firma’ acustica della LiveWire, un sibilo comunque diverso da quello della Energica (che ha il motore longitudinale ma una cascata di ingranaggi per realizzare la riduzione). Come tutti i V-Twin americani, si è meritato un nome: ‘Revelation’. Tecnicamente è un’unità trifase a magneti permanenti raffreddata ad acqua, con potenza nominale di 105 cavalli (78 kW) e 116 Nm di coppia.

Harley-Davidson LiveWire: rivoluzione ELETTRICA

I tempi di ricarica 

La batteria è invece una “classica” unità a ioni di litio, raffreddata ad aria e con i suoi 15,5 kWh – un valore superiore a quello delle attuali Zero e Energica – offre circa 160 km di autonomia nell’uso misto, e ampiamente più di 200 km nell’utilizzo urbano. La ricarica, l’elemento su cui l’elettrico si gioca molte delle sue carte, è affidata a un caricatore on-board piuttosto lento (21 km/h, nel senso che per ogni ora di ricarica aumenta mediamente l’autonomia di 21 km) sia che lo si colleghi alla presa di casa (tipo 1) che alla colonnina (tipo 2), oppure a un velocissimo sistema DCFC a corrente continua (tipo 3) che può raggiungere i 309 km/h e ricaricare la LiveWire in meno di un’ora – anche se a spese della durata della batteria.

Attorno a questi elementi, Harley-Davidson ha costruito una moto piuttosto atipica per i suoi standard: non tanto per l’estetica quanto per l’impostazione moderna che ha potuto darle, finalmente libera dai vincoli dell’heritage. In termini tecnici, la LiveWire offre lo stato dell’arte in termini di componentistica, elettronica e connettività. Ha evolute sospensioni Showa, con la forcella SFF-BP a funzioni separate e il mono BFRC. Ha una piattaforma di assistenza alla guida denominata RDRS (Reflex Defensive Rider Systems), che combina ABS e controllo di trazione cornering, sistema di controllo della coppia motrice in rilascio (DSCS) e funzioni anti-lift e anti-wheelie. Ha 7 riding modes: Sport, Road, Range, Rain e altri 3 programmabili. Ha un display TFT touch (a veicolo fermo) e configurabile. Ha l’H-D Connect per la connessione allo smartphone e al cloud (stato della ricarica, localizzazione del veicolo, ecc.) e insomma tutto il meglio che si può offrire oggi a un motociclista.

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Maturità a sorpresa

Ma in concreto, cosa offre la LiveWire al motociclista che se la mette nel box? Eravamo molto curiosi di capire soprattutto una cosa: visto che Harley è partita comunque in ritardo rispetto alle startup elettriche come Zero (che costruisce migliaia di moto l’anno e ha corso il TT Zero) o Energica (che costruisce oggi le MotoE), se si sarebbe effettivamente trovata in svantaggio tecnologico.

La risposta è che di questo ritardo non pare esserci traccia, un po’ come non ce n’era quando Apple è entrata nel mercato dei telefoni con decenni di ritardo rispetto a Motorola o Nokia. E non solo per i mezzi a disposizione di una grande azienda, ma anche perché il progetto LiveWire è partito già nel 2010, accumulando negli anni decine di prototipi, migliaia di test ride e feedback e un ininterrotto sviluppo tecnologico. Sì, le Zero sono più leggere e probabilmente sfruttano meglio la batteria, e le Energica hanno prestazioni ancora maggiori; ma in tutta onestà la LiveWire può tranquillamente posizionarsi ai vertici dell’offerta elettrica mondiale per qualità dell’esperienza di guida.

Dopo averla guidata sulle colline dell’Oregon, dove si è svolta la presentazione mondiale, possiamo dire che questa è senza ombra di dubbio la miglior Harley mai esistita dal punto di vista dinamico, anzi non ha niente a che vedere con nessun’Harley. Il suo punto di forza è il bilanciamento e la naturalezza nella guida rilassata, ma anche quando ci si vuol divertire, non si tira certo indietro e non perde una virgola della sua intuitività.

La LiveWire è abitabile anche per i più alti, che però non possono sfruttare molto i movimenti longitudinali a causa della forma della sella. La posizione di guida è piuttosto comoda, con le braccia distese e il manubrio alto e largo il giusto, le gambe non troppo angolate e le pedane in posizione “europea”, a tutto vantaggio della guida sportiveggiante. E come dicevamo, la LiveWire ha la guida più bella che si sia mai vista su un’Harley: si può andare a spasso senza nessuno sforzo o anche spingere, godendo del buon sostegno delle sospensioni e di una bella frenata, e giocando con le mappe per trovare quella più adatta al proprio stile.

Il bilanciamento è indovinato, e il peso si avverte soltanto nei cambi rapidi di direzione e nelle frenate aggressive; se si cerca la guida veloce, emerge qualche limite nel feeling in piega, pensiamo per il profilo delle Michelin Scorcher.

Harley-Davidson LiveWire: rivoluzione ELETTRICA

Il suo cuore batte e... fischia

Ma in generale la LiveWire ha un bellissimo bilanciamento, è terribilmente intuitiva da guidare e ha una gestione elettronica semplicemente perfetta, dalla risposta al comando del gas che è sempre diretta e mai brusca, qualunque sia la mappa impostata, al pacchetto di ausili alla guida che si occupa di tenere sotto controllo la tanta coppia del motore: basta disinserire per un attimo il traction control per capire quanto i 116 Nm possono mettere in crisi la gomma posteriore. E se sulle elettriche anche solo il traction control è rimasto finora merce rara, il sistema RSDS della LiveWire è efficacissimo e poco invasivo: siamo passati su sconnessioni dell’asfalto a moto piegata e il gas aperto avvertendo perdite di aderenza di poche frazioni di secondo e con impatti sull’assetto minimi: la sensazione di controllo e sicurezza è davvero elevata.

Anche in città la LiveWire si fa apprezzare: non scalda, non vibra, non fa rumore e conferma il lavoro esemplare fatto a Milwaukee con la calibrazione del comando del gas; solo le Showa, tarate più per il sostegno che per il comfort, lasciano passare qualche colpo di troppo dove l’asfalto è sconnesso. I 249 kg di peso si sentono praticamente solo in manovra, perché come sempre con gli elettrici il bilanciamento della LiveWire è eccellente fin dalle bassissime velocità: è possibile partire al semaforo con una mano sola e procedere a 5 km/h senza sussulti e con grande equilibrio.

È proprio al semaforo che la LiveWire rivela un altro dei suoi tratti distintivi: il ‘battito cardiaco’, un piccolo sussulto ritmico prodotto dal motore che segnala che la moto è accesa e ricorda davvero il battito di un cuore. In movimento la fluidità è invece totale, e l’unico rumore avvertibile è il fischio della trasmissione primaria: un sibilo chiaramente avvertibile ma mai fastidioso, che aiuta anzi a tenere… “sott’orecchio” il regime del motore. La trasmissione monomarcia è precisa e senza giochi, e all’assenza del cambio ci si abitua in mezzo secondo. E alla fine del nostro test sulle movimentate strade nei boschi attorno a Portland, abbiamo percorso un centinaio di chilometri allegri tra curve e saliscendi, consumando i due terzi della batteria: il che conferma l’autonomia dichiarata di 150 km “veri”.

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Perchè Harley-Davidson ha fatto questa moto

Matura, raffinata e divertente senza se e senza ma, la LiveWire è una delle moto elettriche migliori del pianeta. Chi si aspettava una Harley “alla Harley” rimarrà sorpreso, perché la LiveWire non c’entra nulla con le Sportster e le Glide e gioca invece sul terreno della Zero SF/R e delle Energica Eva ed EsseEsse9, naked di carattere e dalle prestazioni elevate. Libera dalle catene della tradizione, Harley ha messo insieme una piattaforma ultra-moderna, e l’esercizio le è riuscito decisamente bene.

Se guardando solo i dati tecnici questa moto non ci impressionava più di tanto, nel confronto con le altre elettriche alte di gamma, dopo averla provata dobbiamo ammettere che questo progetto, visto nel suo complesso, è piuttosto notevole. Da un lato perché fa sperare in un futuro in cui le moto elettriche non siano “tutte uguali”. E dall’altro perché questo futuro lo fa toccare con mano: le Road Glide che ci scortavano durante il test ci sono di colpo sembrate terribilmente antiche, e soprattutto sembravano offrire qualcosa di meno, non qualcosa di più rispetto alla LiveWire. E questo è il vero segno della sua riuscita.

Certo, quando si possono investire le cifre che ha a disposizione un’azienda come Harley-Davidson e quando il prodotto finale può permettersi un prezzo di fascia altissima (si parte da 34.200 euro), è in un certo senso inevitabile che il risultato sia questo. Ma questo è anche soltanto il primo passo, perché Harley ha già annunciato un piano di elettrificazione molto ambizioso, che la porterà ad avere una gamma completa con veicoli che partiranno da meno di 1.000 dollari. La LiveWire è, come dicono a Milwaukee, soprattutto “una dichiarazione”. Una dichiarazione al mondo di quello che Harley sa fare, e una dichiarazione di guerra ai costruttori vecchi e nuovi: con questa Casa vecchia di 116 anni bisognerà fare i conti anche nel futuro.

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