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MotoGP Massimo Rivola: "La mia Aprilia rialzerà la testa"

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 13/08/2019 in Motogp
MotoGP Massimo Rivola: "La mia Aprilia rialzerà la testa"

Massimo Rivola

Dalla F1 alla MotoGP

Appena arrivato dalla F1, ha spaccato in due la MotoGP. Ma il nuovo amministratore delegato della racing division non è arrivato a Noale per far la guerra, bensì per guardare al futuro

MotoGP Massimo Rivola: "La mia Aprilia rialzerà la testa"
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Arrivato a Noale a gennaio dopo una carriera professionale tutta nella sua Emilia, dalla laurea in Economia e Commercio a Bologna agli esordi in F1 con la Minardi, e dalla transizione a Scuderia Toro Rosso al passaggio in Ferrari, Massimo Rivola ha fatto parlare di sé due minuti dopo aver messo piede in MotoGP, per la polemica sul ‘cucchiaio’ della Ducati che al GP d’esordio in Qatar ha clamorosamente diviso il fronte delle Case.

Questo faentino di 47 anni è però tutto fuorché un burocrate ingiacchettato abituato a vedere le corse da lontano. Appassionato di moto e di corse, non è stato chiamato a Noale per caso. Rivola dovrà essere uno dei pilastri del progetto di rilancio del marchio veneto, e ha per questo una visione molto più ampia della sola dimensione sportiva. Visione che abbiamo provato a chiarire in questa intervista.

MotoGP Massimo Rivola: "La mia Aprilia rialzerà la testa"

Massimo, sei AD di una Racing Division, un’azienda molto particolare. Con che criteri si gestisce un’azienda del genere? Deve essere in utile a fine anno?

“Non è molto diverso da fare il direttore sportivo, un ruolo che ho ricoperto per tanti anni e dove i compiti principali sono la gestione dei piloti, della squadra, la combinazione degli aspetti operativi con gli aspetti logistici, di marketing e di relazioni con i media. Nel caso di Aprilia però tutto si fa guardando oltre il singolo GP e la singola stagione, con una missione più a lungo termine: quella di far rivivere le emozioni che questo brand ha fatto vivere in passato. Non per forza vincendo così tanto e così in fretta, ma cercando comunque di riportare in altro il nome Aprilia nelle corse. Perché questo fa parte del DNA dell’azienda e delle persone che ci lavorano, perché chi compra una Aprilia vuole questo e infine per il nostro obiettivo più stimolante e ambizioso: far diventare Noale un faro tecnologico per tutto il Gruppo Piaggio. Ovvio però che tutto questo non si fa dalla sera alla mattina”.

Né con un budget limitato.
“Noi spendiamo molto meno dei nostri competitor, ma se anche avessimo le possibilità di altri, oggi non sapremmo sfruttarle. La simbiosi e il ritmo che servono a una squadra corse hanno bisogno di tempo e attenzione; anche il collegamento con il Gruppo Piaggio, che è quotato in borsa e richiede procedure a prova di bomba, va gestito con cura: la proprietà capisce che Aprilia Racing ha esigenze differenti, ma comunque certe regole valgono per tutti. Per questo il nostro è un progetto come minimo a medio termine: il mio obiettivo è di crescere anno dopo anno per diventare competitivi, e potere un giorno lottare per la vittoria”.

Parliamo di soldi: fatto 100 il budget di Aprilia, gli altri team ufficiali della MotoGP come stanno?
“Il più vicino a noi 250. I più ricchi arrivano a 600”.

Possiamo fare una scala?
“Le informazioni non sono chiare per tutti, ad esempio per KTM non è chiaro se in quanto dichiarano sia compreso il sostegno di Red Bull, che ho vissuto ai tempi della Toro Rosso e so bene quanto possa spendere per vincere… Ma diciamo che dal più povero al più ricco ci siamo noi, Suzuki, KTM, Ducati e Yamaha più o meno allineati e infine Honda. Ma non ci piangiamo addosso: bisogna dare atto a chi ha fatto bene, come Ducati, di aver saputo raccogliere anche grazie ai propri successi un portafoglio di sponsor di primissimo ordine. È quello che ci auguriamo di riuscire a fare anche noi”.

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La forza del brand

Ducati ha saputo costruirsi, parallelamente ai successi, un brand molto forte a livello internazionale.

“Mentre questo è proprio quello che è mancato ad Aprilia. Perché se guardiamo ai prodotti… non voglio fare confronti, visto che li avete già fatti voi della stampa e spesso li ha vinti una Aprilia. Quindi come mai non ne vendiamo quanto meriterebbero? Per tanti motivi, ma di certo la crescita del racing ci aiuterà. Come pure di attività come la RSV4X: ne abbiamo fatte 10, le abbiamo vendute in un’ora e per due mesi se ne è parlato: sono piccole cose, ma è anche di cose come queste che abbiamo bisogno”.

Ne avete bisogno perché Aprilia negli ultimi anni ha subito una involuzione in termini non solo di gamma ma anche di rete vendita, di persone che se ne sono andate… come se mancasse appunto l’idea di cosa deve fare questo brand, dove deve andare, a chi deve rivolgersi e come.

“Sì e no. È vero che noi abbiamo perso qualche risorsa – la più eclatante è Gigi Dall’Igna – ma la cosa bella di Noale è che c’è uno zoccolo duro molto molto forte. Non credo si sia perso know-how, e nemmeno la passione: quello che va risvegliato in Aprilia è la motivazione, il poter dire ‘OK, adesso ci siamo: noi siamo quelli che hanno vinto 54 titoli, ora torniamo a far sul serio’. La proprietà ha intenzione di riportare Aprilia a essere competitiva: con un percorso, non certo dall’oggi al domani”.

Negli anni ‘80 e ‘90 Aprilia era ‘sexy’ da morire come marchio, come moto e come posto di lavoro. Potrà mai tornare così?
“Io credo che come posto di lavoro stiamo tornando abbastanza sexy. E se vuoi la dimostrazione è che ci sono arrivato io, lasciando una delle aziende più ambite del mondo dove facevo uno dei lavori più belli del mondo. Mi è piaciuta la sfida, la visione di questa azienda. Poi certo, il successo è legato a mille fattori: gamma, marketing, rete. Se vendiamo insieme scooter e la miglior sportiva in circolazione, dobbiamo far sì che chi vende e cura una RSV4 non la tratti come uno scooter. Ma dietro ogni rischio c’è sempre un’opportunità: il fatto di essere in un Gruppo ci permette di creare i ‘Motoplex’, dove puoi andare con la famiglia perché c’è il bar, e dentro ci trovi la Vespa elettrica per la mamma, la Moto Guzzi per il papà e la Aprilia RS 125 per il figlio. È una formula che credo nessun altro possa offrire”.

Comunque la gamma Aprilia rimane poco equilibrata.
“Sì, è chiaro che abbiamo un grosso buco tra le 50 e 125 e le 1000. Stiamo lavorando per riempirlo, in tempi abbastanza rapidi e credo che quando arriveremo daremo una bella scossa al mercato. Nel frattempo spero che a livello racing saremo migliorati, arrivando a fare cose che invoglino tutti, a partire dalla nostra proprietà, a fare di più”.

Ad esempio?
“Ad esempio qualcosa per stimolare i giovani. È vero che sono malati di smartphone, ma se tu ne prendi 100 e gli fai provare un motorino, 70 o 80 se ne innamorano. Poi va detto che siamo stati anche un po’ noi genitori ad allontanarli, la legislazione… Aprilia è un po’ sparita anche a causa dell’arrivo dei quattro tempi nelle piccole cilindrate, sia su strada che in pista”.

Eppure c’è chi negli stessi anni in cui voi ‘sparivate’ è cresciuta quasi da zero. Prendiamo KTM, che partendo proprio dalle piccole cilindrate e dall’off-road è diventata una potenza.
“KTM è rimasta sempre coerente con la propria filosofia e questo ha pagato. In MotoGP corrono col telaio a traliccio, tanto di cappello. A me il loro design non piace, ma sono stati bravissimi col marketing a dare l’immagine di moto maschia, rude. E sono anche quelli che hanno investito più sui giovani, sia nel racing che nel prodotto. Sono diventati ricchissimi sposando Red Bull, ma erano stati bravi già prima. Noi abbiamo le nostre idee su come crescere, ma dobbiamo stare attenti a non fare il passo più lungo della gamba. Mi sento però di dire che il Gruppo è tornato a investire su Aprilia, e da qui a 5 anni vedrete che avremo creato una nuova categoria nel mercato, con prodotti che vanno bene depotenziati per i ragazzi di 18 anni e vanno magari bene per farci un trofeo in pista… So che non sarà sufficiente, ma se avrà il successo che mi aspetto allora ci porterà a fare un altro passo verso i ragazzi ancora più giovani, correndo in Moto2 e Moto3 come vuole la storia di Aprilia. Ma come dicevo, un passo alla volta: adesso dobbiamo dimostrare di essere bravi in MotoGP”.

Non è un compito facile: dei 54 titoli di Aprilia, nessuno è nella Top Class.
“Noi abbiamo debuttato in MotoGP con la RS3, un progetto fin troppo avanti per i tempi, non facile da guidare. A quel progetto si è rinunciato passando alla SBK, dove abbiamo fatto molto bene con la RSV4. Poi siamo rientrati in MotoGP un po’ per esserci, e adesso è arrivato il momento di far bene”.

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MotoGP e Formula 1

Come hai trovato personalmente la MotoGP? Qualche anno fa Mario Ilien, un motorista della F1, disse che gli sembrava ‘all’età della pietra’.

“No, non è vero. Motoristicamente siamo molto simili all’ultima F1 pre-ibrida, coi motori 8 cilindri aspirati. Giriamo a 18.000 giri, abbiamo il ride-by-wire, tantissima elettronica, un po’ di aerodinamica; è chiaro che là ci sono possibilità legate a budget mediamente 10 volte maggiori dei nostri, ma in questi mesi ho anche capito che molte cose che mi parevano non funzionare della MotoGP in realtà vanno bene così, il pilota e il suo feeling col mezzo hanno un peso completamente diverso. Certo: in certe aree vorrei comunque portare un cambiamento culturale, facendo le cose in un altro modo che mi sembra più efficace”.

Abbiamo visto negli ultimi anni la MotoGP ispirarsi alla F1 nel monogomma, la centralina unica, i motori punzonati… il risultato in F1 è che le gare sono gare nell’interpretazione del regolamento prima che gare in pista, e non è che la gente si appassioni tanto…

“Hai toccato proprio uno dei motivi per cui ho fatto casino a Doha. Niente contro la Ducati e Dovizioso, ma il mio ragionamento era: primo, i regolamenti devono essere chiari; secondo, se poni un limite poi devi poterlo controllare, altrimenti è inutile; e terzo, vogliamo davvero andare in quella direzione? Se tu imponi il monogomma e la centralina unica per contenere i costi, e poi permetti che si apra un’area come l’aerodinamica, questo vorrà dire per i team assumere 20 persone in più, andare in galleria del vento, spendere 5 o 10 milioni in più per guadagnare 5 decimi al giro. È quello che vogliamo? E quello che possono sostenere team come Avintia, Tech3 o anche noi? In F1 oggi si parla di mettere limiti al budget, perché la prestazione è troppo figlia di quanto investi. Il mio messaggio a Ezpeleta era questo: facciamo regole più alla portata di tutti, anche della stessa Federazione che ha dimostrato di non averne il controllo. Avendo lavorato sui regolamenti per tanti anni, ho preferito alzare la mano alla prima occasione”.

Non temi quindi il rischio di ‘Formulaunizzazione’ della MotoGP.

“No, finché le gare sono così belle come in questi anni. In questo la Dorna ha fatto un lavoro enorme, e il mio alzare la mano è stato proprio per dire: attenti, le gare sono così belle proprio perché abbiamo chiuso la forbice tra i team. Se permettete che le forbice si riapra, le gare saranno meno belle. È inevitabile”.

Qual è la principale differenza tra un team di F1 e uno di MotoGP? È solo un tema di quantità di persone?

“C’è una maggiore strutturazione dovuta alla quantità di persone, mentre la qualità delle persone che ci lavorano è secondo me paragonabile. La F1 non solo ha i motori turbo e ibridi, ma anche tanti strumenti in più: GPS, radio, telemetria real-time… Inoltre c’è una grande sovrapposizione di competenze, e lo stesso dato è analizzato da tante persone: a bordo pista, nel box, in azienda. Tutto questo rende la F1 più complessa, anche se dal punto di vista tecnico la moto è per tanti aspetti più complessa dell’auto, perché il pilota incide tantissimo sulla prestazione. Ma la moto non è real-time, per cui stiamo ancora tutti ai box in trepidante attesa che il pilota rientri per chiedergli ‘Come va’. Anzi, una delle prime cose che ho chiesto è di rendere più oggettivo il commento del pilota, che vive di sensazioni non necessariamente veritiere”.

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Perchè il pubblico tifa sempre per Davide contro Golia

Parliamo un attimo della squadra. Sulla carte partivate con un pilota esperto, consistente e bravo a mettere a punto la moto e un pilota capace di vincere. Siete soddisfatti della stagione fin qui?

“Finché non saremo abbastanza bravi come squadra non mi sento di criticare i piloti (l'intervista è stata realizzata al Mugello, ndr). Aleix sta facendo un ottimo campionato, Andrea deve ancora integrare le sue sensazioni sulla moto e con la squadra, che è la cosa più difficile come stanno dimostrando anche Lorenzo e Zarco. Noi abbiamo un V4 con tanti cavalli, come Ducati che pare aver rinunciato a qualche CV per rendere il motore più gestibile. Magari lo faremo anche noi quando saremo più pronti a livello elettronico ed aerodinamico. Del resto se Ducati ha 30 elettronici e noi 7, concedeteci un po’ di tempo in più...”.

Il problema è che ci avete abituato male: negli anni 90 la HRC impiegava più persone di tutta Aprilia, eppure arrivaste a dominare i mondiali 125 e 250.

“Su questo hai ragione, anche se quel tipo di motorsport non ci potrà più essere perché sono arrivati i 4T, l’elettronica, ora l’aerodinamica… e io ho detto ‘guardate che ne abbiamo già abbastanza!’. Di fatto se vai a vedere cosa è successo, Honda ha cambiato i regolamenti come voleva lei. Ma del resto è il mondo che è andato in quella direzione: guarda solo quanto sono grandi gli scarichi per rispettare l’Euro4”.

Eppure la gente tifa sempre per Davide contro Golia: e più dite ‘siamo pochi’, più da Aprilia ci si aspetta la zampata.

“Le condizioni sono molto diverse rispetto a trent’anni fa, quando in 250 c’era praticamente solo Honda e se battevi Honda avevi vinto. Al Mugello ero alla Bucine, e ho visto una KTM sverniciare letteralmente Valentino in uscita di curva: per dirti che qui nessuno scherza. Ma il bello del mio lavoro oggi è appunto che dobbiamo migliorare in così tante aree che devo soltanto dare delle priorità. E questo aumento della concorrenza la vedo in maniera positiva. Vuol dire che le moto interessano a tanti, che se ne vendono tante e se tutti diventano più bravi e il nostro mondo cresce, allora c’è spazio per fare belle cose. L’importante è ricucire lo strappo che si è creato con i più giovani: e Aprilia vuol fare la sua parte”.

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