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Moto Guzzi Fast Endurance: vi racconto la mia prima volta
Ad Adria con la Moto Guzzi V7 III Stone preparata per la Fast Endurance: ecco il racconto della mia prima gara
Il trofeo Moto Guzzi Fast Endurance è una gara vera. Impegnativa, tra l’altro. E con piloti di livello medio alto. Si corre con le Moto Guzzi V7 III Stone preparate dall’officina di Guareschi che, non saranno moto da corsa, ma che sanno dire la loro fra i cordoli del circuito. Sono allestite per lottare contro il cronometro: pneumatici Pirelli Phantom Sportscomp RS, sviluppati apposta, scarico Zard, sospensioni riviste, semimanubri e pedane arretrate. Insomma, c’è di che divertirsi. Dopo gli appuntamenti di Varano, Vallelunga e Magione, la quarta tappa del trofeo si corre sul circuito di Adria (Ro). E stavolta, ci siamo anche noi di Dueruote.
Io e il mio compagno di avventura, Stefano Gaeta. Abili e arruolati, e andare.
ECCOLA, LA COMPAGNA DELLA MIA PRIMA VOLTA. UN VESTITO GIALLO ADERENTE E FORME SINUOSE, DI ANTICA BELLEZZA
Pronta. Lei...
Lei, la moto, è pronta per l’avventura. Un vestitino giallo aderente che le lascia scoperte le forme sinuose, di antica bellezza, e il 29 stampato sul cupolino. Eccola, la compagna della mia prima volta. Certo, alla mia età… C’è stato, sì, qualcos'altro ma, come dire, prese di contatto… Petting, diciamo. Insomma, mai un match vero e proprio, dall’inizio alla fine. Con tutti i preliminari, peraltro. Che nelle gare, quindi quando si fa sul serio, si chiamano qualifiche. E le affronto, insieme al mio compagno di avventura, ostentando una rilassatezza che, per chi guarda da fuori, suggerisce che il sottoscritto sia uomo di mondo, navigato ecco.
Beato chi dorme
Macché. Tutta finzione. Mi aggiro per i box con fare compassato e mani dietro la schiena. Come se fossi per cantieri. Invece. Invece fra stomaco e cuore si sta consumando una lotta che genera un solo perdente. Me medesimo. Stanco da morire fino al momento di coricarsi sul letto, poi ore a guardare il soffitto con gli occhi sgranati e il cervello che ricorda che il cambio è a sinistra, il freno a destra, la frizione in alto eccetera eccetera.
E la pista. Dunque, la prima curva è a sinistra. La faccio in terza, così non cambio a centro curva. Poi c’è la chicane veloce. In terza pure quella. Insomma, mi addormento, a fatica, convincendomi che è perlopiù una questione di marcia. Una.
E lasciala correre. Sì, lascia correre… Se ho sognato, quella notte, non lo ricordo. Però è volata. In un attimo, è già domenica mattina.
Il grande giorno.
Il pubblico delle grandi occasioni
Il circuito di Adria è colmo di persone. Speravo, intensamente, che il pubblico fosse poco. Invece no. Osservano, loro. Ma che cavolo. La prima volta con tutti a guardare: non è cosa da augurarsi. Che poi la gente giudica: “poteva far così, poteva dare di più, non l’ha usata tutta”… E via discorrendo. Meglio non pensarci. Mi preparo. Tutte le protezioni, la sicurezza innanzitutto, ed è quasi l’ora.
Caldo e tensione
Friggo, dentro la tuta nera. Fuori, 40 gradi: il sole di mezzogiorno, un mezzogiorno di fine agosto, a picco sulla mia testa. Acqua. Acqua ancora. Eppure tremo. Me ne accorgo quando, sulla linea del traguardo un attimo prima della partenza, reggo la moto cercando di captare, sotto la visiera scura, lo sguardo di Stefano, il mio compagno di avventura. Ci aspetta un’ora di gara, con quattro cambi e partenza stile Le Mans. In piedi, là fermo in attesa, non ci sarei riuscito a stare, non lo reggo lo stress di un “Via!”. Né ora, in questo rumoroso ballo del debuttante, né da ragazzo. Altro sport, stessa tensione. Aspetto. Le gambe si muovono da sole facendo vibrare la V7 come se fosse accesa. Per regolamento, non deve esserlo.
Finalmente si parte
Ci siamo. La bandiera verde sventola, il rombo delle 20 moto si acuisce fino a sparire dopo la prima curva. In testa: black-out. Corro ai box, a guardare i tempi contando i secondi che mi separano dal mio turno. Un quarto d’ora che sembra una vita. Di quelle noiose, che non passano mai. Stefano migliora giro dopo giro. Partiamo dodicesimi, ed è nono quando lo vedo rientrare ai box. Tocca a me e, appena salgo in moto, tutto torna ad un ritmo normale. Il cuore smette di battere all’impazzata ma si assesta su un minimo saldo, sicuro. Le gambe sono ferme, non mi sembra di sentire nemmeno più il caldo. In testa, un unico pensiero: non fare stupidaggini. Ormai, il tempo per iniziare la carriera da pilota è bello che passato, cipressetti miei.
PARTENZA TIPO LE MANS: LA TENSIONE è ALLE STELLE. DAVANTI, UN'ORA DI GARA E TRE CAMBI PILOTA. IL CALDO è INSOPPORTABILE
Solo con io
Semplicemente, guido, più morbido possibile, cercando di capire tutto quello che la mia V7 mi sta comunicando. Fortunatamente, la sua cinquantina di cavalli parlano una lingua che riesco ancora a capire, nonostante tutto. Sento la frenata allungarsi un po’ e le gomme iniziare a sentire lo stress ma, ormai, mi sento tutt’uno con la moto. Le parlo: “vai bella, su non fare così”. Ogni tanto, qualche brutta parola. D’altronde, sono così gli amori fisici.
I quindici minuti a mia disposizione sembrano volare. È una lotta coinvolgente, questa.
Un attimo, un attimo ancora, non voglio uscire…
IL CALDO, LA STANCHEZZA, LA TENSIONE. I MINUTI FUORI DAL CIRCUITO SEMBRANO NON FINIRE MAI. E LA BANDIERA A SCACCHI è LONTANA
Un tempo infinito
Esco. Consegno, al volo, la moto nelle mani del mio compagno. Nessuna parola, una pacca sul sedere che spero abbia sentito. È un augurio, un complimento, una cosa fra amici. Ci siamo. Guardo il mio cronologico: ho girato mezzo secondo più veloce che in qualifica.
E Stefano idem: stiamo entrambi girando su tempi che ci avrebbero permesso di partire un po’ più avanti. Chissenefrega. Mi lancio verso il muretto, voglio vederlo passare. Alla fine del terzo turno, dopo circa mezz’ora di gara siamo ottavi. I settimi, irraggiungibili, i noni, lontani.
Forza Fede, c’è solo da sbagliare. E tocca di nuovo a me. Come prima, appena sono sulla moto, tutto intorno sembra quietarsi. Comunque. Sono di nuovo dentro per l’ultima sessione. Toccherà a me passare sotto la bandiera a scacchi. La pista sembra vuota.
Ma dove sono tutti? Non importa, guido.
Semplicemente, felici.
Non finisce più. E dai, un’ora sarà passata. Ogni volta che passo sotto il traguardo, guardo a destra e sinistra cercando di capire se non si sono dimenticati, se non mi hanno lasciato lì, dentro, a girare. E magari sono tutti lì fuori a smascellarsi dalla risate per quel debuttante che sta facendo tutto da solo. Invece no: dopo mille secoli, secondo più, secondo meno, eccola, la bandiera. Finito. Mi tocco, ci sono. La moto, c’è. Il caldo, ancora una volta. Quando prendo la via del parco chiuso sono un bagno di sudore. È finita e non ho idea di quale sia la posizione. Stefano mi aspetta: ride e alza la mano. Ci abbracciamo. Felici, semplicemente. Se siete qui per la cronaca, siamo arrivati ottavi.
Dopo una sessione di qualifiche che ci aveva consegnato il dodicesimo posto sulla griglia, in gara abbiamo rimontato fino all'ottava posizione
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