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Prove della redazione

Kawasaki Z 750

Riccardo Capacchione il 13/06/2012 in Prove della redazione
Kawasaki Z 750
Kawasaki Z 750
748,0 cc / 77,7 kW (106 CV) / 4 cilindri in linea / Euro 3
€ 7590 c.i.m.

Dalla sella di un'anziana bicilindrica a quella di una performante naked, un viaggio nella tecnica per scoprire che il piacere di guida, dopo trent'anni, è ancora lo stesso

Oggi ci sono le naked, le race-replica, le tourer, le sport-tourer, le custom e le cruiser, e mille altre segmentazioni che, un po' per colpa dei giornalisti, un po' degli uffici marketing delle Case, a loro volta si suddividono in miriadi di sotto-nicchie. Andando avanti così ci sarà una definizione per ogni modello di moto. Roba da matti, se ci pensate. D'altra parte l'evoluzione tecnica porta inevitabilmente alla specializzazione: se i motociclisti di oggi pretendono che la loro tourer sia super confortevole, o che la sportiva abbia prestazioni da superbike, i progettisti devono per forza disegnare le moto a seconda dell'utilizzo finale, rinunciando ad alcuni vantaggi per ottenere il massimo da alcune caratteristiche peculiari. Una volta (come ci si sente vecchi a dire così!), invece, le moto erano suddivise in: «da strada» e «da fuoristrada». Per di più, la differenza tra le due tipologie non era enorme: le vecchie moto da Cross avevano un po' più di luce a terra (ma mica tanto di più!), pneumatici tassellati e parafanghi alti. Stop. Le prestazioni assolute erano quello che erano, ma non per questo il piacere di guida era inferiore a quello che si può provare su una moto moderna. Ne abbiamo avuto conferma provando su alcuni passi di montagna la Kawasaki Z 750, rappresentante ideale delle naked moderne e la Z 400 del 1979 che era naked gioco forza, dato che le carenature erano riservate alle moto da corsa e a pochissimi modelli stradali.

Cosa cambia in trent'anni

Il bicilindrico della Z 400 è raffreddato ad aria, sistema che se da un lato non offre prestazioni al top, dall'altro ha il vantaggio di funzionare sempre. Il comando della distribuzione è a catena su entrambi i motori, ma sulla 400 è posto tra i due cilindri, mentre sulla 750 è sul lato destro. L'induzione è a due valvole per cilindro sulla «vecchietta», mentre quella a quattro valvole è un «must» sui motori moderni. La Z 400 monta due contralberi contro le vibrazioni, cosa di cui è sprovvisto il quattro cilindri, bilanciato solo con i contrappesi dell'albero motore. Due carburatori a depressione alimentano il bicilindrico, mentre il «quattro» sfrutta un sofisticato sistema di iniezione elettronica con doppie farfalle motorizzate. Grandi le differenze ciclistiche: il telaio moderno ha una rigidezza molto elevata, necessaria - assieme alle sospensioni dotate di idraulica evoluta - a sfruttare i pneumatici con carcassa di tipo radiale tubeless. Il telaio a doppia culla della Z 400 è molto più flessibile, così come lo sono la forcella e le altre parti della ciclistica: le rigidezze sono infatti commisurate al grip dei pneumatici a carcassa tradizionale. Come per le moto da corsa, la rivoluzione più grande ha riguardato le gomme: la sezione (di circa 75 mm) dei pneumatici della 400 non varia molto tra anteriore e posteriore, mentre sulla 750 si va dai 120 mm dell'anteriore ai 180 mm di sezione del posteriore. Notevoli poi le differenze nella ripartizione dei pesi, di cui parliamo nel commento del Centro Prove.

Ci vuole stile

Ora è il momento di salire in sella, guidando tra passato e presente. Quando si porta una veterana bisogna riparametrare il proprio stile di guida. La Z 400 va portata con grazia, senza strapazzare troppo ciclistica e motore e non perché si tratti di una moto particolarmente fragile: semplicemente le sue quote ciclistiche, l'impianto frenante e l'erogazione del propulsore danno il massimo se la guida è fluida e se si lascia correre la moto in curva; senza esagerare con la piega, sennò si comincia a toccare l'asfalto con varie parti della moto. Al contrario, la Z 750 permette di «tirare» le frenate fin dento la curva (vietato con la 400!) e «spigolando» maggiormente la traiettoria, per rialzare quanto prima la moto e sfruttare così la potenza del motore.
Sulle strade di montagna la veterana se la cava abbastanza bene, tutto considerato. Certo, bisogna avere orecchio sul motore, ascoltarne i battiti e valutare se si sta approfittando delle sue qualità, concedendosi una sosta di tanto in tanto per farlo raffreddare. La settemmezzo invece se ne infischia delle pendenze della strada, e in sella a malapena si avverte lo sforzo superiore cui è chiamato il quattro cilindri: basta «tirare» per bene le marce e la Z 750 vola letteralmente sui rettilinei tra i tornanti. Però in cima al passo chi guida la veterana si prende la rivincita, dato che il suo fondoschiena non viene martoriato dalla sella come invece avviene sulla durissima seduta della 750.

Anche in discesa, però...

Una volta scollinato, la discesa dà una mano al bicilindrico della 400 che comunque si distingue per la spinta regolare ai medi regimi. La strada in pendenza favorevole se rende il lavoro del motore più semplice, affatica i freni: il pilota anche in questo caso deve prestare attenzione a non surriscaldare l'impianto aggrappandosi alle leve ad ogni svolta. Viene sempre premiata la guida fluida e se chi sta in sella alla nonnina è un buon «pennellatore» di traiettorie, non perderà di vista la Z 750 che si mantiene davanti, forte di freni che se ne fanno un baffo degli stress generati dalle discese. Insomma, se la Z 750 fa dieci a zero per le prestazioni, la Z 400 stravince per il fascino della guida... soprattutto se siete uno splendido quarantenne.
Sembra impossibile ma le soluzioni tecniche adottate sulle moto di trent'anni fa, sono sostanzialmente le stesse utilizzate sulle moto più moderne. Ciò che si è evoluto nel tempo sono i materiali, i trattamenti termici, le lavorazioni meccaniche e, non ultima, la qualità media della componentistica. L'adozione massiccia dell'elettronica ha consentito di raggiungere performance inimmaginabili trent'anni fa, soprattutto nella «gestione motore» (alimentazione ed accensione) che man mano sta evolvendosi in «gestione veicolo»: sempre più spesso sistemi elettronici collegati alla ciclistica si integrano con quelli del motore. Un esempio è l'ABS, sfruttato come base per il controllo di trazione. Gli strumenti del 2009, elettronici, sono più compatti e leggeri (pesano meno di 1 kg contro gli oltre 2 kg) e forniscono più informazioni grazie ai tasti multifunzione. La vecchia strumentazione meccanica comprende la spia «Stop Lamp» che si accende quando si frena, indicando il corretto funzionamento della lampadina dello stop. Il fascio luminoso nel «gruppo ottico» della Z 750 è diffuso dalla parabola multiriflettente, mentre sul vecchio faro tale compito è assolto dal vetro prismatico. La sella è a due piani sulla moto d'oggi, per sorreggere il pilota nelle accelerazioni, aspetto poco importante sulla 400 cc dove il sellone assicura però un comfort nettamente superiore. Tipicamente il freno posteriore sulle moto di trent'anni fa era a tamburo, con comando a bacchetta registrabile; il disco a margherita alleggerito dei giorni nostri è più leggero, efficiente e dall'impatto visivo migliore. Il doppio disco anteriore a margherita della 750 abbondantemente forato per il raffreddamento e per ridurre il peso, utilizza un accoppiamento flottante con la flangia in lega leggera, mentre sull'antenata il disco singolo, con un accenno di foratura, è montato rigidamente al mozzo. Le vecchie pinze hanno due pistoncini contrapposti di grande diametro, mentre le nuove montano quattro pistoncini di misura differente, per meglio ripartire la pressione sulle pastiglie, decisamente più lunghe di quwelle old-style. Le pedane sono in gomma su entrambe le moto, ma quelle della Z 750 sono dotate di uno smorzatore di vibrazioni avvitato inferiormente. Il motore a 4 cilindri (di cui parliamo nel testo assieme al vecchio twin), chiude inferiormente il telaio irrigidendolo, mentre sulla veterana il bicilindrico parallelo è «appoggiato» all'interno della doppia culla di tubi in acciaio, senza funzione strutturale.

Dati Tecnici

 
Kawasaki
Z 750

Motore

4 cilindri in linea trasversali a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 68,4x50,9 mm; cilindrata 748,0 cc; rapporto di compressione 11,2:1. Distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica con doppie farfalle (le secondarie ovali), diametro corpi farfallati 32 mm. Capacità serbatoio carburante 18,5 litri (riserva non disponibile). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione

primaria ad ingranaggi, finale a catena (43/15). Frizione multidisco in bagno d’olio e comando a cavo. Cambio a sei marce.

Ciclistica

telaio a doppio trave superiore in acciaio e bretelle laterali in alluminio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 41 mm regolabile nel precarico molla e nell’idraulica in estensione, escursione ruota 120 mm; sospensione posteriore, forcellone in alluminio con mono ammortizzatore regolabile nel precarico molla e nell’idraulica in estensione, escursione ruota 124 mm. Cerchi, anteriore 3,50x17’’, posteriore 5,50x17’’. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 180/55-ZR17. Freni: anteriore a doppio disco flottante in acciaio da 300 mm e pinze con attacco radiale a 4 pistoncini, posteriore a disco in acciaio da 250 mm e pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni

lunghezza 2085, larghezza 805, altezza sella 815, interasse 1440. Peso a secco 203 kg.

Prestazioni

potenza massima 77,7 kW (106 CV) a 10.500 giri, coppia massima 78 Nm (8,0 kgm) a 8300 giri.

Prestazioni

Il commento del centro prove

Molti anni separano le due Kawasaki e le prestazioni, chiaramente a favore della nuova Z 750 forte di un motore quattro cilindri e di una cilindrata quasi doppia, lo sottolineano, come nella classica prova di accelerazione. Se infatti dai 400 metri la settemmezzo esce a più di 180 km/h, la veterana si difende con una velocità di circa 130 km/h e un tempo di poco più di 14 secondi contro i 12,2 secondi impiegati dalla Z 750. Altre differenze interessanti riguardano la distribuzione dei pesi che sulla Z 400 sono ripartiti per il 46% circa sull’asse anteriore e per il 54% sul retrotreno, mentre la nuova 750 fa segnare un perfetto 50/50 sulle due ruote. Il peso totale nel corso degli anni è aumentato parecchio: colpa del frazionamento del motore, passato da due a quattro cilindri, del maggior dimensionamento della ciclistica e dell’adozione massiccia dell’elettronica: si passa infatti dai 169 kg della Z 400 ai 227 kg della Z 750.

Curva di accelerazione

Kawasaki Z 750

Condizione della prova

Cielo sereno
Vento 1 m/s
Temperatura aria 26°C
Pressione atmosferica 1009 mb
Temperatura asfalto 46°C

Rilevamenti

 
Kawasaki
Z 750

RILEVAMENTI

Velocità a 1500 m con partenza da fermo (tempo) 214,1 km/h (31,6 s)

ACCELERAZIONE

0-400 m 12,2 s (180,7 km/h)
0-1000 m 23,1 s (208,5 km/h)
0-90 km/h 3,4 s (43,7 m)
0-130 km/h 5,8 s (119,4 m)

PROVA SORPASSO (nella marcia più alta)

80-130 km/h 6,9 s (205,6 m)

FRENATA (compreso tempo di reazione convenzionale pari a 1 s)

130-80 km/h 2,4 s (77,6 m)
50-0 km/h 2,3 s (23,1 m)

CONSUMO

Urbano 16,2 km/l
Extraurbano 20,0 km/l
Autostrada (130 km/h indicati) 18,5 km/l

PESO

In ordine di marcia e serbatoio pieno 227,0 kg
Distribuzione masse senza conducente (% ant./post.) 50,0/50,0
Distribuzione masse con conducente (% ant./post.) 46,5/53,5

Pagelle

 
Kawasaki
Z 750

In sella

4.0

Schiena dritta, braccia aperte, sella sottile: il feeling con la moto è ottimo, anche grazie ai fianchi del serbatoio ben sagomati.

Comfort

1.5

La posizione garantisce feeling ma allo stesso tempo è scomoda e la sella sottile dopo pochi km provoca dolore, là dove non batte il sole...

Dotazioni

3.5

La componentistica è di buon livello, sia per quanto riguarda la ciclistica sia per particolari come la strumentazione e i comandi.

Qualità percepita

4.0

Le sovrastrutture ben accoppiate, la verniciatura brillante e i dettagli poco eleganti «oscurati» da plastiche ben disegnate comunicano qualità.

Capacità carico

2.0

Se si viaggia soli si possono fissare i bagagli ai ganci sottosella. La fidanzata se vi vuole molto bene resiste per un po’, ma poi cede...

Motore

3.5

Ai medi regimi, quelli che servono su strada, spinge con decisione e linearità; l’allungo non è fulminante, ma c’è margine per divertirsi.

Trasmissione

3.5

Precisi e dalla corsa corta gli innesti delle marce; la frizione, dal carico di azionamento contenuto, ha il punto d’attacco ben modulabile.

Sospensioni

2.5

L’idraulica del mono è poco efficace e sensibile ai «click». Meglio la forcella, sia per la funzionalità, sia per la risposta alle regolazioni.

Freni

3.5

La potenza dei dischi anteriori si apprezza anche in pista, mentre la modulabilità è il punto forte per l’uso in strada. In più sono molto belli.

Su strada

3.0

Nell’uso di tutti i giorni si rivela appagante sotto ogni punto di vista. Forzando il ritmo, le sospensioni mostrano presto la corda.

Versatilità

3.5

Il suo vero limite è il comfort: la sella durissima ha ragione dei quarti posteriori dei motociclisti più... incalliti. Bastano però un paio di interventi mirati, come una sella più soffice e magari un kit sospensioni per i proprietari più sportivi, e la Zeta diventa una moto «totale».

Prezzo

4.0

Anche non considerando eventuali promozioni, la Kawa è alla portata di molte tasche.

Pregi e difetti

 
Kawasaki
Z 750

PREGI

Erogazione ai medi regimi, Consumi, Estetica

DIFETTI

Comfort, Efficienza sospensioni, Peso

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