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Le depotenziate sono davvero meglio delle native A2? No. E la risposta è la Yamaha R3

Marco Boni il 17/03/2025 in Anteprime
Le depotenziate sono davvero meglio delle native A2? No. E la risposta è la Yamaha R3
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Le depotenziate sono davvero meglio delle native A2? No. E la risposta è la Yamaha R3

La scelta della moto depotenziata è sempre allettante e ha molti vantaggi. Ma non è sempre la scelta migliore, come testimonia la piccola sportiva di Yamaha. Che abbiamo provato su strada e su pista

Quando pensi a una moto sportiva, le piccole cilindrate sono le ultime a venirti in mente, a volte anche se hai appena compiuto 18 anni. C’è sempre un po’ di scetticismo sulle cilindrate medio-basse e i motivi sono principalmente due: chi è già esperto le considera poco potenti, per chi inizia ad approcciare la moto invece preferisce una moto depotenziata che, una volta presa la patente A, si riporta a piena potenza senza doverla cambiare. 

Ci sono però altrettanti motivi per prendere una nativa A2. Il peso, innanzitutto: una depotenziata deve portarsi dietro la massa della moto a piena potenza con molti cavalli in meno. E poi non è detto che tutti vogliano salire ulteriormente di cilindrata, per molti, le moto piccole sono le più divertenti. E ancora altri motivi che però vediamo alla fine, dopo che vi ho spiegato come e perché la Yamaha R3 2025 mi ha convinto.

 

Le depotenziate sono davvero meglio delle native A2? No. E la risposta è la Yamaha R3

Non sembra un 300

La Yamaha R3 è quella che sembra più grande tra le sportive di piccola cilindrata. Sia per dimensioni, sia per il design e in particolare il frontale in stile "racing": Yamaha ha nascosto i fari per dare quella sensazione di “pistaiola” e in generale la rende decisamente pulita. Ci sono poi delle piccole alette che, se pur solo estetiche, aumentano ulteriormente la sensazione di sport. La R3 è ben proporzionata, con il serbatoio quasi piatto nella parte superiore e più in basso le carene lisce e pulite. Dietro termina con un codino affilato.

La cosa che ti lascia più sbalordito è che da qualsiasi punto la guardi non ti sembra sia una moto per patente A2. Sembra quasi una classica sportiva moderna oltre i 500 cc. E, cosa da non sottovalutare, ha dei veri semimanubri. Se siete proprio fan dello sport, amerete i semimanubri tradizionali e non quelli rialzati che sempre più spesso si vedono in giro. Perciò Yamaha fa una via di mezzo, coi semimanubri montati sotto la piastra superiore di sterzo ma un filo rialzati. Un buon compromesso tra stile, prestazioni e comfort. Se dovessi riassumere tutto in poche parole, direi che lei è una vera R.

 

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Rapporto potenza/peso massimo

Non è da nascondere: la R3 è, tra le piccole sportive quella col motore più piccolo. Nonostante ciò, si difende bene grazie a ottimi numeri. Il bicilindrico da 321 cc 4 valvole DOHC, eroga un massimo di 42 CV a 10.750 giri/min e 29,5 Nm di coppia a 9.000 giri/min. Non è potenza piena (48 CV di legge) ma non avrebbe nemmeno potuto esserlo, perché con un peso di 169 kg con il pieno, avrebbe sforato il rapporto potenza/peso.

La ciclistica è al passo, con forcella a steli rovesciati da 37 mm e 130 mm di escursione e un mono posteriore da 125 mm di escursione. In alternativa sono disponibili come optional Kit di cartucce, set di molle e ammortizzatore posteriore Ohlins per chi preferisce avere il massimo. L’impianto frenante è composto da singolo disco all’anteriore da 298 mm con pinza ad attacco flottante a doppio pistoncino e singolo disco posteriore da 220 mm.

Monta pneumatici da 110/70R17M/C 54H e 140/70R17M/C 66H entrambi ovviamente tubeless.

 

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Info da pista

Nonostante il display non sia di ultima generazione (si tratta di un LCD multifunzione comunque ben leggibile), Yamaha dota la R3 della connettività con smartphone. Si può infatti connettere utilizzando l’app Myride per visualizzare le notifiche ma soprattutto il percorso effettuato. I dati visualizzabili sono percorso, tempo di percorrenza, velocità, accelerazioni e addirittura l’angolo di piega. Davvero piacevole, soprattutto in vista dell’utilizzo della moto.

E c’è da dire che in realtà anche il display è piacevole; il suo stile semplice ricorda le dashboard dei veri schermi da pista.

 

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Più abitabile delle altre

La Yamaha R3 è probabilmente la più grande tra le moto del suo segmento, e questo consente un’abitabilità a bordo maggiore. Nel mio caso, 185 cm circa, mi trovo molto meglio che su altre piccole: posizione non troppo caricata in avanti (sempre per la questione dei semimanubri), e gambe rannicchiate ma che seguono bene il “percorso” che Yamaha ha lasciato tra le carene. Certo, fossi 10 centimetri più basso sarebbe un’altra storia, ma comunque ci ho percorso in una giornata circa 200 km e devo dire che non ho riscontrato problemi di comfort.

 

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Dalla pista al passo

Ed è solo quando l’ho provata che ho capito perché vale la pena tenere in considerazione le piccole cilindrate. Noi abbiamo fatto un test un po’ particolare, l’abbiamo portata in una pista di prova e su strada per capirla a pieno.

Non sono la velocità o la potenza che fanno una patente A2, qua si tratta di carattere e per ottenerlo bisogna mescolare bene i componenti per ottenere un'amalgama che faccia funzionare tutto in un certo modo. Yamaha gioca la carta peso e velocità agli alti, assieme a una ciclistica ben tarata.

Il punto forte della R3 è infatti la maneggevolezza: 169 kg con il pieno sono pochi considerato che lei è una bicilindrica e il peso è distribuito su tutta la moto, perché si percepiscono assieme agilità e stabilità durante la guida. Ti fa trovare sempre a tuo agio per questo motivo.

Il motore non è esplosivo da subito, difatti eroga la coppia massima molto in alto. Se la si tiene sotto i 6.000 giri/min la puoi guidare tranquillamente, per assurdo anche in città non è impegnativa. Una volta superata la soglia da un piccolo kick (molto contenuto rispetto ai 1000 cc) e inizia a muoversi più rapidamente. Bisogna tenerla alta per avere una buona risposta, ma facendo così ci si diverte.
Di contro ci sono le continue cambiate. Ovviamente per tenerla alta bisogna giocare molto con il cambio e solo per questo risulta più impegnativa. Il rischio è di dover cambiare a metà curva, cosa che non fai con cilindrate più alte.

Il succo però è che non è per niente male, come detto all’inizio, è divertente tra i cordoli. Non ti darà l’ebbrezza di una spinta che trascina via, ma va, e soprattutto ti dà la possibilità di sistemare la tecnica.

 

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E su strada ci vai senza problemi. Non bisogna farsi intimorire dalla posizione in sella: proprio i semimanubri leggermente alti fanno la differenza. Non ti ritrovi completamente sdraiato in avanti, quindi il carico non ricade completamente sui polsi, inoltre sono abbastanza aperti, un altro punto a favore della sua maneggevolezza. Ancora una volta il peso aiuta.

Su strada si riscontra lo stesso che su pista, in maniera più contenuta. Le sospensioni lavorano molto bene e a parte qualche buca più accentuata, mantengono persino il comfort.

Siamo andati su un passo per notare tutto ciò, e l’unico limite è la ripresa in salita, ovviamente se non la si porta costantemente a limitatore. I tornanti lenti non sono in realtà un grande problema, se impostati bene si ottiene anche un buon margine per sistemarsi in uscita. Difficile, insomma, trovare un vero difetto a questa Yamaha R3.

 

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Prezzo e considerazioni

In conclusione, la moto nativa A2 può essere meglio della depo per alcuni importanti aspetti. E oltre a quelli già citati c’è un altro grande pro, il prezzo. La Yamaha R3 ha un prezzo di partenza di 6.799 euro f.c., contro la R7 che invece parte da 9.799 euro f.c.
In questo caso il vantaggio è doppio; in primis se si decidesse di cambiare moto si avrebbe comunque un buon rientro (a seconda del periodo di mercato) e si avrebbe la possibilità di valutare altre moto se si dovesse cambiare idea sulle sportive. La seconda è che cambiando moto, anche solo dopo due anni, si ripartirebbe con una moto nuova e non con una già con due anni di utilizzo sopra.

 

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