Anteprime
Ducati Streetfighter V2: la Fight Formula a due cilindri
Ducati rilancia la Streetfighter con motore a due cilindri: base tecnica della Panigale V2 e look della Streetfighter V4 per il modello di accesso alla gamma hypernaked di Borgo Panigale
Il grande successo delle recenti V4 non fa dimenticare a Ducati le sue origini. Il bicilindrico a L resta infatti vivo e vegeto, in ben tre declinazioni: l'800/1100 ad aria delle Scrambler, il Testastretta 11° della Monster e della Multistrada V2 e anche l'ultimo Superquadro, nato per la prima Panigale e che oggi sopravvive sulla Panigale V2 e ora sulla Streetfighter V2.
Non è certo un motore di ripiego, visto che questo L-twin da 955 cc eroga ben 153 CV a 10.750 giri e 104,1 Nm a 9.000 giri, pur essendo ora omologato Euro5: valori che basterebbero a inserire con piena dignità la Streetfighter V2 nel filone hypernaked anche se non ci fosse la sorella V4 da 208 CV. C'è piuttosto da chiedersi se anche la Streetfighter V2 è arrivata a vantare quella trattabilità addirittura sorprendente per una Ducati che possiedono ormai tutte le V4 e anche l'ultima Monster.
Stessi artigli, ma senza le ali
Per capirlo siamo volati in Spagna, sulle strade di Siviglia e nel circuito di Monteblanco, dove Ducati ha presentato la sua nuova hypernaked. Come la V4, anche la Streetfighter V2 cerca di riproporre la “Fight Formula” il cui risultato è in realtà una moto meno estrema delle precedenti Streetfighter, o per meglio dire meno a senso unico.
Proposta unicamente in rosso con cerchi neri, questa V2 riprende il family feeling della V4 – stessa “Joker face”, stesso ovale disegnato da radiatore e puntale – ma con sovrastrutture e serbatoio dedicati, e senza le caratteristiche ali che sono comunque disponibili come optional. Rispetto alla Panigale V2 l’ergonomia è ovviamente più comoda, con il manubrio più alto e la sella più larga e imbottita, le pedane più basse e avanzate: lo stesso esercizio fatto con successo sulle sorelle a quattro cilindri.
Filosofia Ducati
La filosofia costruttiva è quella delle ultime Ducati, con il motore portante a cui è fissato anche il monobraccio e il telaio monoscocca in alluminio. Rispetto alla Panigale V2, il forcellone è più lungo di 16 mm mentre il rapporto finale è più corto di due denti; l’impianto frenante ha le stesso pinze Brembo M4.32 e dischi da 320 mm anteriori, ma con pastiglie dalla mescola meno aggressiva. Sospensioni miste e tutte meccaniche, con forcella Showa BPF da 43 mm e ammortizzatore ZF dalla taratura più confortevole rispetto alla sorella carenata.
Anche gli pneumatici sono meno estremi, sia nella declinazione (Pirelli Diablo Rosso IV) che nelle dimensioni (120/70 anteriore e 180/55 posteriore), a tutto vantaggio della agilità e del comfort in sella. Il serbatoio è da 17 litri (16 litri la V4) e dovrebbe garantire una maggiore autonomia, uno dei pochi punti deboli della V4; quando è vuoto, il peso è di 178 kg. Come sempre completissimo il pacchetto elettronico, organizzato attorno ai tre riding mode Road, Sport e Wet.
Il mostro addomesticato
Il peso dell’elettronica in una moto come questa è tale che pur mantenendo al 90% la base meccanica e ciclistica della Panigale V2, il feeling è parecchio diverso (come del resto è accaduto con le corrispondenti V4). La Streetfighter V2 su strada è molto piacevole, con una risposta al comando del gas precisissima ma anche molto morbida e prevedibile. Nonostante il Superquadro sia sempre stato un motore appuntito, da usare preferibilmente a full gas, la Streetfighter V2 ha un’erogazione molto fluida e si può usare senza problemi anche al piccolo trotto, assistita da un quickshifter davvero a puntissimo, specie a salire di marcia quando sfodera una precisione pazzesca.
Anche su questa Ducati, insomma, comfort e usabilità hanno fatto un bel passo avanti. A dispetto delle sue caratteristiche spinte, il Superquadro vibra poco e consente di riprendere da un numero di giri molto basso, come il ben più stradale Testastretta 11° della Monster e Multistrada V2. Ha anche una bella schiena e fino agli 8-9.000 giri, i regimi che si possono ragionevolmente raggiungere su strada, c’è tutto quel che serve e anche di più, visto che attorno ai 7.000 si avverte già il cambio di carattere e la spinta inizia a farsi più decisa.
Rapida, ma senza esagerare
Dal punto di vista dinamico è decisamente facile, ti mette a tuo agio fin dai primi metri e ha perso la storica recalcitranza Ducati ad assecondare le andature da passeggio. Tra le curve scende in piega con naturalezza, arrivando al punto di corda senza difficoltà anche se la velocità dell’avantreno non è il suo punto di forza: una volta presa la linea, per cambiare traiettoria serve guidarla di corpo. Non che sia legnosa, semplicemente richiede di essere accompagnata dal peso del corpo per essere efficace: una scelta fatta pensando probabilmente agli utenti con poca familiarità con le ciclistiche molto reattive. E se il manubrio molto largo aiuta nei cambi di direzione, bisogna resistere alla tentazione di “appendersi” e usare di più le pedane per evitare di scomporre la moto.
Che la moto sia pensata principalmente per l’uso stradale lo conferma anche il setting delle sospensioni che è relativamente confortevole e filtra le sconnessioni con una certa efficacia, pur conservando una forcella abbastanza sostenuta. Attenuata anche la tipica aggressività Ducati in frenata, dove le pastiglie con diversa mescola rispetto alla Panigalina hanno effettivamente diminuito il bite iniziale aiutando a guidare più rilassati. Se però si cerca una risposta decisa occorre insistere un po’ con la leva, come emerso soprattutto in circuito dove la leva ha persino un po’ allungato, un fenomeno inedito su una Ducati.
A Monteblanco abbiamo guidato la Streetfighter V2 mantenendo le Pirelli Diablo Rosso IV, visto che questa moto si rivolge a clienti che tendenzialmente, se vanno in circuito, lo fanno usando direttamente la propria moto e limitando al minimo le modifiche. Le sospensioni pluriregolabili di questa Ducati possono assecondare ogni desiderio, persino in condizioni non facili come quelle del circuito spagnolo, il cui fondo piuttosto irregolare mette facilmente in crisi la ciclistica.
Se su strada è difficile trovare un punto dove pizzicare la parte alta del contagiri, in pista si può stare sempre sopra la fatidica soglia dei 7.000 e godere finalmente della incredibile propensione all’allungo per cui questo twin era stato sviluppato: c’è una bella castagna e ci si diverte tanto anche senza arrivare alle prestazioni supersoniche della sorella V4.
Identità e cambiamento
Con questa Streetfighter V2, offerta a partire da 16.990 euro f.c., Ducati completa così una vera e propria rivoluzione “filosofica” della propria gamma che ha portato nel giro di poche stagioni ad avere “rosse” sempre efficacissime nella guida sportiva ma ben più godibili nel quotidiano. E a proposito di rosso, la Streetfighter V2 si può acquistare soltanto in questo colore. Perché va bene cambiare, ma senza perdere la propria identità.
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