Stile italiano
Con la
CB650R, nata da una proposta partorita dal Centro Stile Honda di Roma, si volta decisamente pagina e si apre un nuovo capitolo. Era infatti con questo motore che il prototipo
CB4 aveva debuttato a Eicma 2015; anche se nel lancio sul mercato la
CB650R è stata poi preceduta dalle
CB1000R,
CB125R e
CB300R, e paradossalmente arriva ora ultima a completare la famiglia.
Ma la CB650R è importante non solo per questioni anagrafiche. Lo è perché incarna in modo evidente una nuova direzione di Honda, che dopo aver cercato di contrastare gli anni magri della crisi con un’infilata di modelli anche tecnologici, ma sempre ultra-razionali in termini di costruzione (leggi contenimento dei costi) e anche di stile, si lascia finalmente andare alla ricerca di un po’ di emozione in più.
Prendiamo la vecchia forcella Showa SDBV tradizionale: non andava male, ma lascia il posto a una pregiata Showa SFF a steli rovesciati da 41 mm, con funzioni separate (uno gestisce la parte elastica e l’altro lo smorzamento). Quanto davvero serva nell’uso reale importa poco: la moto nel complesso ne guadagna molto. E serviranno le nuove pinze Nissin radiali montate al posto di quelle assiali? Forse no, ma l’avantreno ora ha tutto un altro colpo d’occhio. Tutta la moto è stata insomma pensata, disegnata e costruita per essere più appagante. Anche dove non ci sono vere differenze tecniche, come nel disegno del telaietto posteriore (ora più alto e compatto), nella finitura in bronzo dei coperchi motore o nel profluvio di pannelli in alluminio satinato, la
CB650R fa un nettissimo passo avanti. Anche perché il tutto è al servizio di un’idea di design forse non nuovissima, ma realizzata in modo esemplare: una cafe racer moderna, sospesa tra passato e futuro.
Dal passato vengono i quattro collettori di scarico paralleli come sulle CB degli anni Settanta, l’idea di ridurre la moto a un fanale tondo, un serbatoio e una sella; dal futuro arrivano la forma ultra-compatta e trapezoidale della sagoma della moto, la realizzazione full-led del faro, il disegno minimalista del pannello LCD e una lunga serie di altri dettagli. In mezzo c’è lei, l’unica quattro cilindri di questa categoria, che torna finalmente a dare una forte impronta al mondo CB.
Oltre a dotazioni e finiture, ci sono stati numerosi sviluppi dal punto di vista tecnico. La nuova forcella e le nuove piastre (ora in alluminio) hanno portato a rivedere la parte anteriore del telaio, che ora ha le travi forgiate e non stampate, e i supporti motore stati riposizionati. Le piastre laterali che sorreggono il perno forcellone sono in due pezzi e meno rigide per migliorare il feedback del posteriore, dove opera sempre un mono senza leveraggi, molto inclinato. I cerchi sono diventati più leggeri, e in generale sono stati tolti 6 kg: da 208 a 202 kg con il pieno di benzina.
Anche il
motore ha subito qualche ritocco.
Guadagna il 5% di potenza in più (70 kW) e 1.000 giri in alto; tutto il tuning (assi a camme, pistone, candele all’iridio, condotti di aspirazione e scarico) è mirato a migliorarne la propensione a girare alto, dai 7.000 giri in su; sotto i coperchi ai lati del serbatoio c’è ora una doppia presa aria, al posto della singola centrale precedente, che migliora l’alimentazione; lo scarico è più inclinato verso l’alto, il controllo di trazione HTSC (monolivello) è stato rivisto e la nuova frizione anti-saltellamento è più morbida, come pure il cambio rivisto negli innesti. Per chi avesse solo la
patente A2, è disponibile anche in versione da 35 kW ripotenziabile.