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Honda CBR1000RR: bentornata!
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Abbiamo provato sulla pista di Portimao la nuova Honda CBR1000RR Fireblade, una sportiva senza compromessi, rinnovata nel telaio, nel motore e dotata di una elettronica raffinatissima. Due le versioni, la standard (il prezzo è di 18.790 euro f.c.) e la SP con sospensioni semiattive (23.590 euro fc)
La più grande casa costruttrice del mondo, la Honda, ha sempre investito molto sul fronte della tecnologia. Gli esempi non mancano tra i tanti i prototipi presentati nel corso degli anni e le molte le moto e scooter che figurano nei suoi listini. Tuttavia, le prestazioni velocistiche ultimamente non sono state una priorità per il marketing Honda. Come dire, era da un po' che il mercato attendeva una sportiva che facesse di nuovo girare la testa e sognare gli appassionati della pista. L’attesa per la nuova CBR1000RR Fireblade era tanta. E finalmente ora è arrivata!
La nuova Honda CBR1000RR si inserisce nel solco tracciato dalle precedenti versioni, ma alza l'asticella dell'efficacia globale in maniera netta, allineandosi finalmente alle migliori proposte della categoria. E lo fa grazie a un attento lavoro di affinamento di ogni componente della moto: dal motore (che guadagna 11 CV), alla ciclistica, passando per l'elettronica, non c'è nulla in comune con la vecchia Fireblade. Senza contare, inoltre, che la nuova sportiva giapponese è ora offerta in addirittura tre versioni: base, la raffinata SP e la SP2 pronta per essere impiegata nei vari campionati STK e SBK. Insomma, le tematiche da affrontare non sono poche.
Il quattro cilindri in linea mantiene le stesse misure di alesaggio e corsa e la medesima struttura di base, ma il rapporto di compressione passa da 12,3:1 a 13:1. Ogni elemento interno è stato rivisto a livello di materiali e trattamenti: sono nuovi i pistoni dotati di una inedita conformazione del cielo, ed è stata riprogettata la distribuzione che prevede una nuova fasatura degli alberi a camme con relativa alzata delle valvole maggiorata. Più in generale, ogni dettaglio è stato ripensato per ridurre il peso, a partire dalla viteria, passando dai carter, alle tubazioni e finanche le fascette. Anche l’alimentazione è stata ottimizzata con nuovi corpi farfallati da 48 mm e un air-box più efficiente. Anche il radiatore è più stretto di 30 mm mentre la frizione antisaltellamento è stata disegnata da zero ed è assistita. Basti pensare che da solo il nuovo terminale di scarico in titanio garantisce un risparmio di ben 2,8 kg.
La ciclistica della nuova Honda CBR1000RR non è stata stravolta: le misure fondamentali sono quelle della precedente versione (solo l'interasse è stato ridotto di 5 mm), ma telaio e forcellone sono stati rivisti nella rigidità e alleggeriti lavorando sullo spessore delle pareti delle travi. Inediti anche il telaietto posteriore (-600 g) e il disegno dei cerchi a 5 razze (contro le 6 precedenti). Per le sospensioni la scelta è caduta su elementi Showa, una forcella BPF da 43 mm all'anteriore, un mono BFRC a doppia camera dietro, entrambi elementi completamente regolabili. Le nuove pinze freno sono invece firmate dalla Tokico.
E siamo all'ampio capitolo "elettronica": la nuova Fireblade è finalmente dotata di ride-by-wire e di una piattaforma inerziale IMU a 5 assi che rileva costantemente la posizione, le accelerazioni e, più in generale, il movimento della moto durante la guida. Questi sistemi, uniti ad altri sensori come quelli installati sulle ruote, dialogando con la centralina hanno permesso di mettere a punto un moderno controllo della trazione (o di coppia che dir si voglia… in Honda lo chiamano HSTC, ovvero Honda Selectable Torque Control), regolabile su 9 livelli di intervento (e disinseribile) che funge anche da wheelie control (antimpennata). Ma non è tutto visto che la centralina permette di "giocare" con altri sistemi di controllo, tutti interconnessi tra loro e con l'HSTC: stiamo parlando del Power Control che permette di scegliere tra 5 livelli dell'erogazione della potenza e della risposta del gas, e del Selectable Engine Brake, il freno motore elettronico regolabile su 3 step. Tutti i sistemi elencati (con valori predeterminati dalla casa) sono per così dire gestiti da tre riding mode: Fast (1), Fun (2) e Safe (3). A questi tre si aggiungono altre due modalità di guida dette User che permettono invece una personalizzazione (memorizzata dal sistema) di tutti i parametri elettronici a seconda dello stile e dei gusti del pilota. In tutto questo non manca l’ABS di tipo “cornering” che legge la posizione della moto in frenata e gestisce la potenza dell’impianto in funzione dell’angolo di inclinazione: il sistema ovviamente funge anche da antisollevamento della ruota posteriore nelle decelerazioni più decise. Per tenere sotto controllo ogni parametro la strumentazione TFT offre tre layout di visualizzazione tra cui scegliere: c’è quello Street, quello Circuit e quello Mechanic.
Rimane da scoprire cosa cambia con la versione SP ed SP2 della Fireblade. La prima delle due si differenzia dalla base soprattutto per le sospensioni Öhlins semiattive: mediante dei motori passo-passo i freni idraulici in compressione ed estensione del mono e della forcella vengono adeguati in tempo reale alle condizioni di guida, in funzione dei dati provenienti da svariati sensori, dalla centralina e dalla piattaforma inerziale. Tre le modalità di funzionamento disponibili, sempre comunque legate ai riding mode: A1 per la pista, A2 per i percorsi stradali guidati, A3 per la sicurezza e il comfort. A queste si aggiungono altre tre modalità denominate Manual (M1, M2, M3) che escludono la taratura dinamica a favore di un setting fisso, comunque regolabile dal pilota partendo da valori preimpostati.
Altre differenze per la SP sono le pinze freno Brembo, il quick-shifter di serie in inserimento di marcia e in scalata (sulla versione base è optional), il serbatoio in titanio al posto di quello in acciaio e la batteria agli ioni di litio (sulla versione standard è al piombo).
La versione CBR1000RR SP2 è invece predisposta per accogliere il kit racing messo a punto dalla casa e nasce per le
competizioni: qui le differenze sono relative alla testata (le valvole sono più grandi e hanno un angolo incluso diverso), alla forma della camera di combustione, ai pistoni (e allo spinotto) e al diametro della punteria. I cerchi, infine, sono dei Marchesini a 7 razze.
E siamo alla guida. Il giudizio? Dimenticate la vecchia Fireblade. Qui si fa sul serio. In Honda hanno deciso di fare le cose per bene e di realizzare una moto senza compromessi, estrema ed efficace, pronta a dar battaglia nel segmento delle maxi.
Il test sulla tecnica pista portoghese di Portimao è iniziato con la CBR1000RR standard equipaggiata con gomme sportive stradali quali le Bridgestone Battlax S21. Fin dai primi metri è subito chiaro che la nuova carenata giapponese è nettamente più agile della precedente versione, meno impegnativa fisicamente quindi più veloce nei cambi di traiettoria. E questo non è un fatto secondario in un toboga impegnativo come quello portoghese: se dovessimo fare un paragone, questa moto ci ricorda molto il comportamento dinamico dell’Aprilia RSV4, solo che quest’ultima è spinta da una quattro cilindri a V, e non un quattro in linea… Insomma, questa Honda si lascia guidare con piglio aggressivo, e ripaga con un comportamento dinamico frutto di uno splendido compromesso: quello tra agilità e stabilità. E i tempi spuntati a Portimao, in linea con altre sportive provate su questa pista, le danno ragione. La CBR1000RR sembra più un seicento che una vera maxi. Certo, la valutazione appena fatta non riguarda il motore che è una vera bomba: erogazione piattissima, schiena titanica e tanto allungo, per una velocità in fondo al rettilineo (letta sulla strumentazione) di 298 km/h.
Tutto ciò viene enfatizzato dalla versione SP: ovviamente la bontà delle Showa (comunque eccellenti) poco può contro la raffinatezza “attiva” della Ohlins. Un velluto sulle buche e sui saliscendi di Portimao, capaci di assorbire qualsiasi sconnessione e sollecitazione. In più tanto la forcella quanto il mono sono finemente regolabili semplicemente agendo sui pulsanti del blocchetto di sinistra. E la cosa rimarchevole è che la moto risulta sempre molto sensibile a ogni modifica fatta, reagendo alla meraviglia a ogni minima esigenza del pilota. Da sottolineare che il sistema permette di cambiare il setting non più agendo sui singoli parametri di funzionamento delle unità ammortizzanti, ma concentrandosi su macro aree definite dai progettisti “General”, “Brake”, “Corner” e “Acceleration”. Una semplificazione anche per chi non ha molta confidenza con i click dei registri. Il risultato è garantito!
Con le slick Bridgestone V02 installate abbiamo davvero toccato il cielo con un dito, ritrovando una moto sicura e precisa al millimetro, ma allo stesso tempo – come la Fireblade standard - poco impegnativa fisicamente.
Luci e ombre invece sull’elettronica: se il traction ha un comportamento ottimale in caso di perdite di aderenza, con interventi discreti e ben misurati, non si può dire altrettanto del sistema antimpennata dal funzionamento non sempre prevedibile. Ritrovarsi con la moto a bandiera in quinta non è mai bello, così come è poco redditizio in termini di tempo sul giro scollinare e attendere (invano) che l’elettronica tagli una improvvisa impennata. Alla fine siamo stati costretti ad usare la moto come se questo sistema non ci fosse, parzializzando il gas o lavorando di freno posteriore.
L’altro problema è relativo all’ABS, una presenza fastidiosa nelle frenate più decise: non potendo escludere il controllo sulla ruota posteriore, ad ogni minimo sollevamento di quest’ultima il sistema modula la pressione delle due pinze anteriori per evitare il ribaltamento, con il risultato che chi guida è penalizzato da pulsazioni sulla leva e da improvvisi cali di potenza frenante subito ovviamente compensati dall’impianto. Un limite più psicologico che reale, visto che non siamo mai andati “lunghi”, ma che si poteva evitare (magari con due mappature, una destinata alla pista).
La nuova Honda CBR1000RR si inserisce nel solco tracciato dalle precedenti versioni, ma alza l'asticella dell'efficacia globale in maniera netta, allineandosi finalmente alle migliori proposte della categoria. E lo fa grazie a un attento lavoro di affinamento di ogni componente della moto: dal motore (che guadagna 11 CV), alla ciclistica, passando per l'elettronica, non c'è nulla in comune con la vecchia Fireblade. Senza contare, inoltre, che la nuova sportiva giapponese è ora offerta in addirittura tre versioni: base, la raffinata SP e la SP2 pronta per essere impiegata nei vari campionati STK e SBK. Insomma, le tematiche da affrontare non sono poche.
Il quattro cilindri in linea mantiene le stesse misure di alesaggio e corsa e la medesima struttura di base, ma il rapporto di compressione passa da 12,3:1 a 13:1. Ogni elemento interno è stato rivisto a livello di materiali e trattamenti: sono nuovi i pistoni dotati di una inedita conformazione del cielo, ed è stata riprogettata la distribuzione che prevede una nuova fasatura degli alberi a camme con relativa alzata delle valvole maggiorata. Più in generale, ogni dettaglio è stato ripensato per ridurre il peso, a partire dalla viteria, passando dai carter, alle tubazioni e finanche le fascette. Anche l’alimentazione è stata ottimizzata con nuovi corpi farfallati da 48 mm e un air-box più efficiente. Anche il radiatore è più stretto di 30 mm mentre la frizione antisaltellamento è stata disegnata da zero ed è assistita. Basti pensare che da solo il nuovo terminale di scarico in titanio garantisce un risparmio di ben 2,8 kg.
La ciclistica della nuova Honda CBR1000RR non è stata stravolta: le misure fondamentali sono quelle della precedente versione (solo l'interasse è stato ridotto di 5 mm), ma telaio e forcellone sono stati rivisti nella rigidità e alleggeriti lavorando sullo spessore delle pareti delle travi. Inediti anche il telaietto posteriore (-600 g) e il disegno dei cerchi a 5 razze (contro le 6 precedenti). Per le sospensioni la scelta è caduta su elementi Showa, una forcella BPF da 43 mm all'anteriore, un mono BFRC a doppia camera dietro, entrambi elementi completamente regolabili. Le nuove pinze freno sono invece firmate dalla Tokico.
E siamo all'ampio capitolo "elettronica": la nuova Fireblade è finalmente dotata di ride-by-wire e di una piattaforma inerziale IMU a 5 assi che rileva costantemente la posizione, le accelerazioni e, più in generale, il movimento della moto durante la guida. Questi sistemi, uniti ad altri sensori come quelli installati sulle ruote, dialogando con la centralina hanno permesso di mettere a punto un moderno controllo della trazione (o di coppia che dir si voglia… in Honda lo chiamano HSTC, ovvero Honda Selectable Torque Control), regolabile su 9 livelli di intervento (e disinseribile) che funge anche da wheelie control (antimpennata). Ma non è tutto visto che la centralina permette di "giocare" con altri sistemi di controllo, tutti interconnessi tra loro e con l'HSTC: stiamo parlando del Power Control che permette di scegliere tra 5 livelli dell'erogazione della potenza e della risposta del gas, e del Selectable Engine Brake, il freno motore elettronico regolabile su 3 step. Tutti i sistemi elencati (con valori predeterminati dalla casa) sono per così dire gestiti da tre riding mode: Fast (1), Fun (2) e Safe (3). A questi tre si aggiungono altre due modalità di guida dette User che permettono invece una personalizzazione (memorizzata dal sistema) di tutti i parametri elettronici a seconda dello stile e dei gusti del pilota. In tutto questo non manca l’ABS di tipo “cornering” che legge la posizione della moto in frenata e gestisce la potenza dell’impianto in funzione dell’angolo di inclinazione: il sistema ovviamente funge anche da antisollevamento della ruota posteriore nelle decelerazioni più decise. Per tenere sotto controllo ogni parametro la strumentazione TFT offre tre layout di visualizzazione tra cui scegliere: c’è quello Street, quello Circuit e quello Mechanic.
Rimane da scoprire cosa cambia con la versione SP ed SP2 della Fireblade. La prima delle due si differenzia dalla base soprattutto per le sospensioni Öhlins semiattive: mediante dei motori passo-passo i freni idraulici in compressione ed estensione del mono e della forcella vengono adeguati in tempo reale alle condizioni di guida, in funzione dei dati provenienti da svariati sensori, dalla centralina e dalla piattaforma inerziale. Tre le modalità di funzionamento disponibili, sempre comunque legate ai riding mode: A1 per la pista, A2 per i percorsi stradali guidati, A3 per la sicurezza e il comfort. A queste si aggiungono altre tre modalità denominate Manual (M1, M2, M3) che escludono la taratura dinamica a favore di un setting fisso, comunque regolabile dal pilota partendo da valori preimpostati.
Altre differenze per la SP sono le pinze freno Brembo, il quick-shifter di serie in inserimento di marcia e in scalata (sulla versione base è optional), il serbatoio in titanio al posto di quello in acciaio e la batteria agli ioni di litio (sulla versione standard è al piombo).
La versione CBR1000RR SP2 è invece predisposta per accogliere il kit racing messo a punto dalla casa e nasce per le
competizioni: qui le differenze sono relative alla testata (le valvole sono più grandi e hanno un angolo incluso diverso), alla forma della camera di combustione, ai pistoni (e allo spinotto) e al diametro della punteria. I cerchi, infine, sono dei Marchesini a 7 razze.
E siamo alla guida. Il giudizio? Dimenticate la vecchia Fireblade. Qui si fa sul serio. In Honda hanno deciso di fare le cose per bene e di realizzare una moto senza compromessi, estrema ed efficace, pronta a dar battaglia nel segmento delle maxi.
Il test sulla tecnica pista portoghese di Portimao è iniziato con la CBR1000RR standard equipaggiata con gomme sportive stradali quali le Bridgestone Battlax S21. Fin dai primi metri è subito chiaro che la nuova carenata giapponese è nettamente più agile della precedente versione, meno impegnativa fisicamente quindi più veloce nei cambi di traiettoria. E questo non è un fatto secondario in un toboga impegnativo come quello portoghese: se dovessimo fare un paragone, questa moto ci ricorda molto il comportamento dinamico dell’Aprilia RSV4, solo che quest’ultima è spinta da una quattro cilindri a V, e non un quattro in linea… Insomma, questa Honda si lascia guidare con piglio aggressivo, e ripaga con un comportamento dinamico frutto di uno splendido compromesso: quello tra agilità e stabilità. E i tempi spuntati a Portimao, in linea con altre sportive provate su questa pista, le danno ragione. La CBR1000RR sembra più un seicento che una vera maxi. Certo, la valutazione appena fatta non riguarda il motore che è una vera bomba: erogazione piattissima, schiena titanica e tanto allungo, per una velocità in fondo al rettilineo (letta sulla strumentazione) di 298 km/h.
Tutto ciò viene enfatizzato dalla versione SP: ovviamente la bontà delle Showa (comunque eccellenti) poco può contro la raffinatezza “attiva” della Ohlins. Un velluto sulle buche e sui saliscendi di Portimao, capaci di assorbire qualsiasi sconnessione e sollecitazione. In più tanto la forcella quanto il mono sono finemente regolabili semplicemente agendo sui pulsanti del blocchetto di sinistra. E la cosa rimarchevole è che la moto risulta sempre molto sensibile a ogni modifica fatta, reagendo alla meraviglia a ogni minima esigenza del pilota. Da sottolineare che il sistema permette di cambiare il setting non più agendo sui singoli parametri di funzionamento delle unità ammortizzanti, ma concentrandosi su macro aree definite dai progettisti “General”, “Brake”, “Corner” e “Acceleration”. Una semplificazione anche per chi non ha molta confidenza con i click dei registri. Il risultato è garantito!
Con le slick Bridgestone V02 installate abbiamo davvero toccato il cielo con un dito, ritrovando una moto sicura e precisa al millimetro, ma allo stesso tempo – come la Fireblade standard - poco impegnativa fisicamente.
Luci e ombre invece sull’elettronica: se il traction ha un comportamento ottimale in caso di perdite di aderenza, con interventi discreti e ben misurati, non si può dire altrettanto del sistema antimpennata dal funzionamento non sempre prevedibile. Ritrovarsi con la moto a bandiera in quinta non è mai bello, così come è poco redditizio in termini di tempo sul giro scollinare e attendere (invano) che l’elettronica tagli una improvvisa impennata. Alla fine siamo stati costretti ad usare la moto come se questo sistema non ci fosse, parzializzando il gas o lavorando di freno posteriore.
L’altro problema è relativo all’ABS, una presenza fastidiosa nelle frenate più decise: non potendo escludere il controllo sulla ruota posteriore, ad ogni minimo sollevamento di quest’ultima il sistema modula la pressione delle due pinze anteriori per evitare il ribaltamento, con il risultato che chi guida è penalizzato da pulsazioni sulla leva e da improvvisi cali di potenza frenante subito ovviamente compensati dall’impianto. Un limite più psicologico che reale, visto che non siamo mai andati “lunghi”, ma che si poteva evitare (magari con due mappature, una destinata alla pista).
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