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Yamaha YZF-R6: l'immortale!
Andrea Padovani
il 27/03/2017 in Anteprime
Il segmento delle Supersport di media cilindrata ha una nuova protagonista. La Yamaha rilancia presentando la sua rinnovata YZF-R6 sulla pista spagnola di Almeria, una sportiva con cui divertirsi in pista senza troppi pensieri, migliorata soprattutto nella ciclistica e nell'elettronica. Disponibile da metà aprile a partire da 13.990 euro f.c.
Yamaha YZF-R6: l'immortale!
Il settore delle Supersport di media cilindrata non gode di ottima salute. I dati di vendita evidenziano un segmento in forte contrazione con gli appassionati orientati verso cilindrate maggiori o altre tipologie di moto. E l'impegno delle Case costruttrici nelle seicento carenate negli ultimi anni è andato via via calando. Poche novità, nessuna rivoluzione. Ma c'è chi non molla e crede ancora in questa tipologia di veicoli, stiamo parlando della Yamaha che sul finire del 2016, ai saloni autunnali ha presentato la sua rinnovata YZF-R6, una moto che per la casa giapponese rappresenta l'anello di congiunzione tra le piccole sportive, R125 in primis, la YZF-R3 e la maxi R1.
La Yamaha YZF-R6 non è stata rivoluzionata anche se gli interventi degli ingegneri non sono pochi: Quatto gli ambiti di intervento. Ma andiamo con ordine
Primo, stile e funzionalità. Nuovo look con frontale ridisegnato e maggiore protezione aerodinamica. Secondo, motore con omologazione Euro4. Scarico inedito ed elettronica rivista con tre mappe motore, controllo di trazione, quick shift e una strumentazione lcd rinnovata. Terzo, ciclistica affinata. Sono nuovi la forcella, la piastra inferiore di sterzo, il perno della ruota anteriore e l'impianto frenante. Quarto, ergonomia. Modifiche importanti alla posizione di guida anche grazie al telaietto posteriore ridisegnato, alla nuova sella e al serbatoio in alluminio rivisto nelle forme.
La prova in pista. Abbiamo provato la rinnovata R6 sul tecnico tracciato spagnolo di Almeria, nel sud della Spagna, riscoprendo - a distanza di tempo - cosa significa guidare una supersport. Al di là dell'impatto estetico, questa quattro cilindri nel feeling complessivo non si discosta molto dal modello precedente. Semplicemente la sua efficacia è ulteriormente aumentata sotto vari punti di vista, specialmente per quello che riguarda la guida ed in particolare le sensazioni trasmesse dall'avantreno. La maneggevolezza rimane da riferimento, con un minimo impegno fisico la moto cambia traiettoria in un lampo qualsiasi sia la velocità in gioco, ma ora questa caratteristica si accompagna ad un avantreno che rassicura in inserimento e trasmette tanta solidità alle massime inclinazioni.
A tutto ciò si aggiunge una posizione di guida e una sella che permettono di muoversi più agevolmente sia in senso longitudinale sia trasversale quando si adotta una aggressiva guida di corpo. Nella norma il comportamento del mono, anche se in qualche occasione, in percorrenza non è raro avvertire qualche scompenso di assetto al posteriore specie a gomme consumate.
Rimane il fatto, però, che questa è una moto che va fatta scorrere su traiettorie rotonde e pulite, calibrando al centimetro la linea tra una curva e l'altra per ottenere la massima velocità di percorrenza. Questo per andare incontro al temperamento del quattro cilindri che come in passato va fatto obbligatoriamente urlare agli alti regimi, tra i 13.000 e i 16.000 giri. Sotto i 12.000 non conviene andare pena una spinta poco incisiva e relativa perdita di tempo. Questo impone anche di usare sempre la marcia corretta e di valutare attentamente ogni curva per non far scendere troppo il regime di rotazione. Sule mappe motore non c'è invece molto da dire visto che, dopo averle provate, abbiamo preferito la STD alle altre per la buona e corretta risposta offerta dal motore all'apertura della gas, anche nei chiudi/apri a centro curva, una delle fasi più delicate della guida. Nella mappa A la troppa aggressività non aiuta, mentre la B è troppo gentile e nella guida in pista non paga.
Con una erogazione così appuntita, una potenza non esagerata da gestire e i pneumatici "soft" installati (gli specialistici Bridgestone R10), il traction control è invece un sistema quasi superfluo visto che viene chiamato in causa relativamente poco in uscita di curva: il suo intervento è comunque molto discreto visto che agisce sull'anticipo e sulle valvole a farfalla in maniera soft e poco avvertibile.
Altro grande passo in avanti della Yamaha R6 riguarda la frenata: il doppio disco anteriore, nell'unica vera staccata della pista di Almeria, si è rivelato potente e modulabile (il peso contenuto della moto in questo senso aiuta), abbinato com'è a un ABS perfettamente tarato anche per la guida in pista. Mai una sbavatura, mai un allungo. Ottimo tanto quanto il quick shift che fa il paio con un cambio preciso, rapido e ben spaziato.
La Yamaha R6, insomma, non si può dire che sia una moto facile da portare al limite in pista, non tanto per la potenza o le prestazioni velocistiche, quanto per le sue caratteristiche intrinseche. Richiede un minimo di malizia, va compresa. È un'ottima moto per affinare la tecnica di guida in vista delle potenze maxi delle "mille". Ma è proprio questa la sua bellezza, riuscire a divertirsi senza essere in balia della moto, senza lottare con essa. In questo senso è super!
La Yamaha YZF-R6 non è stata rivoluzionata anche se gli interventi degli ingegneri non sono pochi: Quatto gli ambiti di intervento. Ma andiamo con ordine
Primo, stile e funzionalità. Nuovo look con frontale ridisegnato e maggiore protezione aerodinamica. Secondo, motore con omologazione Euro4. Scarico inedito ed elettronica rivista con tre mappe motore, controllo di trazione, quick shift e una strumentazione lcd rinnovata. Terzo, ciclistica affinata. Sono nuovi la forcella, la piastra inferiore di sterzo, il perno della ruota anteriore e l'impianto frenante. Quarto, ergonomia. Modifiche importanti alla posizione di guida anche grazie al telaietto posteriore ridisegnato, alla nuova sella e al serbatoio in alluminio rivisto nelle forme.
La prova in pista. Abbiamo provato la rinnovata R6 sul tecnico tracciato spagnolo di Almeria, nel sud della Spagna, riscoprendo - a distanza di tempo - cosa significa guidare una supersport. Al di là dell'impatto estetico, questa quattro cilindri nel feeling complessivo non si discosta molto dal modello precedente. Semplicemente la sua efficacia è ulteriormente aumentata sotto vari punti di vista, specialmente per quello che riguarda la guida ed in particolare le sensazioni trasmesse dall'avantreno. La maneggevolezza rimane da riferimento, con un minimo impegno fisico la moto cambia traiettoria in un lampo qualsiasi sia la velocità in gioco, ma ora questa caratteristica si accompagna ad un avantreno che rassicura in inserimento e trasmette tanta solidità alle massime inclinazioni.
A tutto ciò si aggiunge una posizione di guida e una sella che permettono di muoversi più agevolmente sia in senso longitudinale sia trasversale quando si adotta una aggressiva guida di corpo. Nella norma il comportamento del mono, anche se in qualche occasione, in percorrenza non è raro avvertire qualche scompenso di assetto al posteriore specie a gomme consumate.
Rimane il fatto, però, che questa è una moto che va fatta scorrere su traiettorie rotonde e pulite, calibrando al centimetro la linea tra una curva e l'altra per ottenere la massima velocità di percorrenza. Questo per andare incontro al temperamento del quattro cilindri che come in passato va fatto obbligatoriamente urlare agli alti regimi, tra i 13.000 e i 16.000 giri. Sotto i 12.000 non conviene andare pena una spinta poco incisiva e relativa perdita di tempo. Questo impone anche di usare sempre la marcia corretta e di valutare attentamente ogni curva per non far scendere troppo il regime di rotazione. Sule mappe motore non c'è invece molto da dire visto che, dopo averle provate, abbiamo preferito la STD alle altre per la buona e corretta risposta offerta dal motore all'apertura della gas, anche nei chiudi/apri a centro curva, una delle fasi più delicate della guida. Nella mappa A la troppa aggressività non aiuta, mentre la B è troppo gentile e nella guida in pista non paga.
Con una erogazione così appuntita, una potenza non esagerata da gestire e i pneumatici "soft" installati (gli specialistici Bridgestone R10), il traction control è invece un sistema quasi superfluo visto che viene chiamato in causa relativamente poco in uscita di curva: il suo intervento è comunque molto discreto visto che agisce sull'anticipo e sulle valvole a farfalla in maniera soft e poco avvertibile.
Altro grande passo in avanti della Yamaha R6 riguarda la frenata: il doppio disco anteriore, nell'unica vera staccata della pista di Almeria, si è rivelato potente e modulabile (il peso contenuto della moto in questo senso aiuta), abbinato com'è a un ABS perfettamente tarato anche per la guida in pista. Mai una sbavatura, mai un allungo. Ottimo tanto quanto il quick shift che fa il paio con un cambio preciso, rapido e ben spaziato.
La Yamaha R6, insomma, non si può dire che sia una moto facile da portare al limite in pista, non tanto per la potenza o le prestazioni velocistiche, quanto per le sue caratteristiche intrinseche. Richiede un minimo di malizia, va compresa. È un'ottima moto per affinare la tecnica di guida in vista delle potenze maxi delle "mille". Ma è proprio questa la sua bellezza, riuscire a divertirsi senza essere in balia della moto, senza lottare con essa. In questo senso è super!
Yamaha YZF-R6: l'immortale!
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