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Honda Monkey

Christian Cavaciuti il 19/07/2018 in Anteprime

L'iconica mini bike Honda rinasce in chiave moderna mantenendo però ben saldi i legami - soprattutto estetici - con le Monkey degli Anni 70. Se è vero che la moto è fondamentalmente un giocattolo, il Monkey rappresenta allora una delle forme più pure di moto. In vendita a 4.090 euro f.c

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Tra la zeta di Zorro e la Z che ha dato il la a una fortunata famiglia di Kawasaki, esiste una zeta meno nota, di cui si è quasi persa traccia. Anche perché le “Z” lanciate da Honda nel 1961 sono diventate famose nella storia del motociclismo, più che per la loro sigla di produzione, per il loro soprannome, ossia Monkey, scimmia.

Adesso l’iconica mini bike della Casa giapponese rinasce in chiave moderna mantenendo però ben saldi i legami - soprattutto estetici - con le Monkey degli Anni 70. E fa già battere il cuore di vecchi e nuovi appassionati, per un’operazione nostalgia che ha perfettamente colto nel segno ancor prima di sbarcare nelle concessionarie: per la prima volta anche italiane.

Una moto da città

Il modello di serie è infatti già in commercio anche da noi, nei colori giallo (ovviamente denominato “banana yellow”) o rosso, a 4.090 euro f.c. Un prezzo meno salato di quanto potrebbe sembrare, considerato che questo “giocattolino” è costruito in Giappone ed è un prodotto 100% Honda.

La Monkey 125 ricalca in modo fedele il concept che presentato a EICMA lo scorso novembre, ed è equipaggiata con un motore monocilindrico orizzontale monoalbero a 2 valvole, raffreddato ad aria e con cambio a 4 rapporti, che eroga 9,4 CV a 7.000 giri/min. Derivato dall’unità vista sulla mini bike MSX125, è un “mono” decisamente poco assetato (67 km con un litro di benzina dichiarati dalla Casa sul ciclo WMTC) e sufficientemente grintoso per spiccare nel traffico cittadino.

Come è fatta: tra passato e presente

A ben vedere infatti l’Honda Monkey 125 aggiornata al 2018 è stata concepita proprio per fare della città il suo terreno d’elezione. Dotata di un telaio monotrave in acciaio, la mini bike della Casa nipponica spicca per leggerezza e compattezza: lunga poco più di un metro e 70 e alta da terra 775 mm, pesa appena 107 kg con il pieno di benzina. E soprattutto colpisce per la sua personalità retrò: il serbatoio bicolore (da 5,6 litri), abbinato cromaticamente al telaio, al forcellone con sezione tondeggiante e al doppio ammortizzatore), i parafanghi alti in acciaio cromato, la protezione dello scarico stampata e cromata, gli specchi retrovisori circolari, il manubrio alto e gli pneumatici cicciotti (120/80 all’anteriore, 130/80 al posteriore, su cerchi da 12 pollici) sono un omaggio alle proprie origini.

A proiettare nel ventunesimo secolo la versione moderna della Honda Monkey contribuiscono non solo l’evoluto motore dotato di avviamento elettrico, sofisticata alimentazione a iniezione elettronica PGM-FI ed omologazione Euro4; ma anche la forcella a steli rovesciati con trattamento Alumite, la strumentazione digitale LCD (con tachimetro, contachilometri con due parziali e l’indicatore del livello del carburante), le luci full LED e l’ABS monocanale con piattaforma inerziale IMU, che evita il sollevamento del posteriore in frenata: il Monkey non è certo una MotoGP, ma su un veicolo così corto questo evento non è da escludere. Al posteriore c’è un freno a disco da 190 mm.

La piattaforma è sfruttata anche per un antifurto integrato, di serie, che suona quando viene rilevato un movimento del veicolo parcheggiato. Il telecomando comprende un pratico tasto che fa lampeggiare le luci della moto, per facilitarne l’individuazione nei parcheggi affollati.

Come va

Abbiamo avuto l’occasione di fare qualche curva con questa scramblerina al grado zero, che ci ha inevitabilmente ricordato le sensazioni dell’MSX ma che aggiunge al cocktail una carica di simpatia difficilmente eguagliabile. Il piccolo monocilindrico orizzontale (uno dei motori più copiati al mondo) ha il cambio “tradizionale” con la folle tra la prima e la seconda marcia, si accende in un soffio e allo scarico ha una piacevole tonalità non invasiva, ma dagli scoppi ben distinti.

Corto ma ospitale anche per i più alti grazie al sellone e al manubrio generosamente dimensionati, si guida come un moderno 125 4T: con grande fluidità se si va tranquilli, e sempre a manetta se si vuole guizzare tra il traffico. La spinta è regolarissima, ma ai bassi non c’è ovviamente gran coppia per cui se non si va a spasso il ricorso al cambio è da mettere in conto. Una volta lanciata, la scimmietta sa divertire: la stabilità è assicurata dalle gomme larghe e ribassate, e in caso di emergenza l’ABS lavora con grande fluidità, garantendo staccate come si deve.

Con l’interasse e gomme da minimoto, il feeling sul veloce non lo stesso di una moto “adulta”, ma poco conta, e poi le sospensioni di buon livello si sentono non solo in termini di comfort sulle sconnessioni, ma anche di precisione in piega; e quando bisogna superare un ostacolo improvviso o salire sul marciapiede per parcheggiare, il Monkey si arrampica senza un plissé.

Ma la differenza e il valore aggiunto li fanno, come sempre in questi casi, gli sguardi e i sorrisi che il Monkey invariabilmente attira per strada e catalizza ai semafori, come se non esistesse nient’altro. Se è vero che la moto è fondamentalmente un giocattolo, il Monkey rappresenta allora una delle forme più pure di moto: ci sono altri due ruote più pratici e anche più economici, ma nessuno è altrettanto in grado di colorare la giornata anche nei momenti meno lieti, come quando devi attraversare un’affollata e poco amichevole città per andare a scuola o al lavoro.

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