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Motore Honda V3 sovralimentato: ma funzionerà davvero? +VIDEO+

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Il nuovo motore Honda V3 con compressore elettrico ha davvero lasciato tutti a bocca aperta a Eicma. Ma abbiamo un paio di dubbi sui due punti più clamorosi di questo propulsore, come lo schema V3 e la sovralimentazione elettrica. C'è qualche aspetto critico su cui Honda non ci ha detto tutto? Scoprite di più nel nostro focus tecnico

Il vero protagonista dell'ultima edizione di Eicma, il 3 cilindri Honda a V di 75° e con sovralimentazione elettrica ha lasciato tutti a bocca aperta. Di fascino ne ha da vendere, e non ho dubbi che potendo ne comprerei uno – fosse solo per il motivo che ai tempi ero troppo piccolo per pensare a una NS400R, la sportivetta 2T con 2 cilindri orizzontali e 1 verticale (un 3 cilindri a L, come i motori Ducati di una volta) ispirata alla NS500R di Freddie Spencer (che in realtà aveva 1 cilindro orizzontale e 2 verticali, disposti a 112°). E già pensando a quella moto, qualche perplessità mi viene. La NS400R doveva essere stretta, col baricentro basso e far posto alle 3 grandi espansioni richieste da un 2T, per cui la configurazione V3 o L3 che dir si voglia aveva molto senso, anche perché consentiva di avere un solo albero e nessun contralbero, a differenza delle rivali Yamaha RD500LC e Suzuki RG 500 Gamma, più potenti ma anche molto più pesanti. Il V 75° del nuovo motore Honda, invece, che vantaggi ha? Perché deve vedersela con il 3 in linea, non a caso il motore di maggior successo degli ultimi anni (appena sbarcato anche presso due cinesi, CFMOTO e Zontes) e un pacchetto difficile da battere per personalità anche timbrica, erogazione, compattezza, costi di produzione. Il V3 Honda è sicuramente meglio bilanciato a livello di baricentro e più stretto, ma a che prezzo?

Honda V3: un triple sfalsato o un V2 + 1 cilindro?

Il cilindro posteriore toglie veramente tanto spazio, complica il giro dei tubi di scarico e, tanto per dirne una, costringe a montare il monoammortizzatore quasi verticale. In assenza di leveraggio, vuol dire che la sua progressione è molto limitata. Magari lo risolvi con delle sospensioni semiattive, ma meccanicamente è un limite. Serve avere una moto tanto stretta? Le moto moderne hanno potenza da vendere, e ridurre la sezione frontale serve soltanto a renderle meno abitabili e meno protettive. Qui non parliamo probabilmente di una crossover col cupolino regolabile e i paramani ma di una sportiva (o magari una streetfighter), comunque diciamo che la snellezza non è poi così importante. In cambio, ti porti dietro qualche complicazione lato equilibratura. Il 3 in linea con manovelle a 120° è molto ben bilanciato di suo, e richiede soltanto un contralbero per equilibrare la pulsazione delle coppie del primo ordine, comunque poco rilevanti. Come sarà fatto l’albero motore Honda? A Tokyo ci hanno abituato a fare di tutto, anche un V5 da MotoGP (3 cilindri davanti e 2 dietro) con angolo tra le bancate di 75,5° - in pratica due V2 con un pistone centrale fasato a 104.5° rispetto alle altre manovelle per bilanciare le forze del primo ordine residue, e quindi senza bisogno di contralbero che comunque qualche cavallino lo assorbe e in MotoGP fa la differenza. Il V5 è un po' la risposta a un V4 non bilanciato (non V 90°) e così il V3 potrebbe essere la risposta a un V2 non bilanciato (V 75°) lavorando opportunamente sulle manovelle. Potrebbe avere una fasatura “Big bang”, a cui Honda è affezionata. Al momento non abbiamo elementi per discutere, bisognerà aspettare di vedere i dettagli del motore per parlarne con cognizione di causa.

La sovralimentazione elettrica

Il secondo grande tema di questo motore è la sovralimentazione. Iniziamo col ricordare che le strade maestre per aumentare la potenza espressa da un motore sono due: aumentare il regime di rotazione, quindi la velocità media del pistone, aumentando con legge quadratica le forze di inerzia; oppure aumentare la pressione media effettiva, facendo crescere solo linearmente le forze dovute ai gas e potendo optare per organi meccanici più leggeri. Questo fa la sovralimentazione, pur con alcuni svantaggi: occorre diminuire il rapporto di compressione per evitare il rischio di detonazione; ma anche riducendo la pressione massima nel cilindro fino a un valore pari a quello motore non sovralimentato, si ha comunque un beneficio in termini di lavoro utile. La riduzione del rapporto di compressione comporta comunque una riduzione di rendimento (ideale) del motore. Sovralimentare significa dare al motore più aria di quella che lui potrebbe aspirare naturalmente. Per farlo si usano di solito macchine volumetriche oppure centrifughe: in questo caso abbiamo un compressore centrifugo, una classica girante come le conosciamo dall’iconografia del turbocompressore. Qui sotto, quella del compressore Kawasaki H2.

Compressore e turbocompressore: le differenze

La girante, per spingere più aria nel motore, la comprime in modo che a parità di volume ce ne stia una quantità maggiore (aumenta la densità). Per comprimere l’aria occorre compiere un lavoro, il che significa che serve una fonte di energia (o di potenza) che alimenta il compressore. Di solito si preleva questa energia dall’albero motore, con una cinghia o ingranaggi (Kawasaki sulle H2 usa poi uno stadio epicicloidale per raggiungere gli elevatissimi regimi di rotazione del compressore) oppure si usa un’altra macchina, la turbina, azionata dai gas di scarico. Abbiamo così il turbo-compressore, che è una bella soluzione perché l’energia che usa sarebbe “persa”; ma è anche molto complicata perché impone dei vincoli sull’andamento dei collettori di aspirazione e di scarico, che almeno in un punto devono passare vicini, e richiede un intercooler perché questa vicinanza, oltre al fatto che comprimendosi l’aria si scalda, tende a cedere altro calore all’aria in ingresso, il che ne riduce la densità e peggiora la tendenza alla detonazione. Inoltre, nei motori a benzina, i gas di scarico sono tra i 900 e i 1.000 °C, il che richiede materiali speciali e molto costosi. Quindi turbina + complicazione impiantistica + intercooler + valvola waste-gate e pop-off = lasciamo perdere. Honda arriva adesso con una soluzione che solo di recente si sta vedendo sulle auto: un compressore azionato per via elettrica. Niente cinghia, niente ingranaggi, massima libertà di posizionamento degli organi. In più è rapidissimo ad andare a regime: solo mezzo secondo, meglio di qualunque turbo e compressore a cinghia o ingranaggi. Tutto bello, allora? No.

L'e-supercharger Honda

Perché resta il fatto che la macchina elettrica quel lavoro, o energia, o potenza, da qualche parte lo deve pur prendere. E una macchina elettrica ha bisogno di energia elettrica. Sul sito dei due principali produttori di torbocompressori & affini, Garrett e BorgWarner, compaiono degli e-supercharger di dimensione adatta a un motore inferiore ai 1.000 cc. Funzionano però a 48 V o a 400 V, non ai 12 V dei classici impianti elettrici auto e moto. Sono tendenzialmente fatti per veicoli ibridi, con tanta energia elettrica a bordo, inverter che portano la corrente a 48V per alcuni servizi di potenza (ad esempio le barre di torsione attive) e batterie piuttosto grandi. Anche l’e-supercharger, infatti, richiede tanta potenza. Dipende dal grado di sovralimentazione, ma dai conti che abbiamo fatto probabilmente una ventina di CV a 10.000 giri, sicuramente non meno di 10 CV. Tanto per cominciare, parliamo di potenze elettriche che a 12 V richiederebbero cavi enormi per essere trasportate (centinaia di ampère). Quindi è indispensabile andare perlomeno a 48 V, e mettere a bordo un inverter. Prima complicazione. Ma poi queste potenze è necessario sostenerle. Un compressore volumetrico funziona praticamente sempre, un turbocompressore è attivo in un campo di regimi molto ampio, quello nel quale le due macchine (turbina e compressore), che hanno regole di funzionamento piuttosto rigide, possono funzionare correttamente e con un buon rendimento. Il compressore alimentato elettricamente avrebbe bisogno di un alternatore da 10 CV, diciamo 7-10 kW. Consideriamo che gli alternatori più grandi attualmente non arrivano al kW (BMW R 1300 GS = 650 W, Honda PCX150 con motore-generatore = 380 W) e con 7 kW c'è solo il motore elettrico della Kawasaki Z 7 Hybrid. Non pare probabile che Honda monti un motore elettrico da moto ibrida solo per fare la sovralimentazione.

I limiti del sistema elettrico

E allora come fa? Sembra più probabile che la sovralimentazione copra solo i picchi di richiesta, pochi secondi alimentati da una batteria piuttosto grossa, meglio se a 48 V. Un po’ come l’e-boost delle Kawasaki ibride che, a questo punto, mi sembra preferibile perché ti permette di fare più cose (motore-generatore per l'avviamento e qualche km in puro elettrico). Questo spiegherebbe anche perché Honda scrive che il suo sistema "In questa configurazione non necessita di intercooler": per sovralimentazioni brevi, i problemi si stemperano tutti. Allora è un fallimento, una delusione? Non è detto, perché Honda sa sempre sorprendere. I fondamentali dal punto di vista energetico non lasciano molto spazio alla fantasia, ma come per il manovellismo, anche per la sovralimentazione aspettiamo di vedere cosa i giapponesi tirano fuori dal cappello. Certo sia Garrett che BorgWarner hanno anche l’e-turbocharger, il turbo ad assistenza elettrica che sarebbe stato perfetto. È un turbo tradizionale, con una macchina elettrica (peraltro parzialmente in comune con l’e-supercharger) per accelerare la girante ai bassi regimi abbattendo il turbo-lag e consentendo strategie molto interessanti anche per il contenimento delle emissioni. Ma è anche un sistema con i tutti costi e la complessità che abbiamo elencato relativamente al turbocompressore, poco giustificabili su una moto che fa poche migliaia di km l’anno.

Honda V3: l'importanza del blasone

Quindi il V3 sovralimentato di Honda resta un affascinante sfoggio tecnologico, che ha già raggiunto il risultato di rimettere Honda al vertice del prestigio motoristico: a Eicma abbiamo visto non solo gli appassionati, ma anche i tecnici delle altre Case in pellegrinaggio allo stand Honda, come succedeva una volta. Dopo il DCT del 2010 questo “supercharger-by-wire” diremmo che è il colpo più importante messo a segno da Honda, principalmente in termini di immagine – in questo momento un po’ offuscata sul fronte sportivo. Come sarà il motore di serie lo vedremo. Io tendo a pensare che sarà un V3 aspirato, con una serie limitata, o supersportiva, effettivamente dotata di compressore; ma questo lo sapremo nei prossimi mesi, quando potremo analizzare più in dettaglio come funziona. Per il momento siamo semplicemente contenti che la Casa dell’Ala Dorata torni ad essere anche la Casa delle Idee.
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