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Top & Flop: i gioielli e i modelli incompresi di casa Aprilia

Carlo Pettinato il 26/07/2024 in Moto & Scooter
Top & Flop: i gioielli e i modelli incompresi di casa Aprilia
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Dalla Tuono V4 alla Motò 6.5, dallo Scarabeo all’Area 51. Una rassegna dei modelli più di successo nella storia del marchio veneto, affiancati da clamorosi insuccessi come la strana scrambler frutto della matita di Philippe Starck

Nella relativamente breve storia motociclistica di casa Aprilia se ne sono viste di tutti i colori. Modelli leggendari che sono diventati instant classic e altri decisamente meno fortunati, vuoi per le linee troppo azzardate anche rispetto ai sempre coraggiosi standard Aprilia, o per soluzioni tecniche tanto avveniristiche quanto acerbe. 

Dell’uno e dell’altro genere si potrebbero elencare tanti esempi. Tra i tanti, oltre a quelli scelti e che state per leggere, tornano alla mente la RS 250, mitica sportiva a due tempi che oggi ha raggiunto quotazioni da far girare la testa; oppure le enduro e cross bicilindriche RXV e MXV, potenti ma fragili, e più a loro agio nei rally raid o nella versione motard SXV. 

Ecco allora la nostra selezione dei modelli Top e dei Flop della casa di Noale.

 

I MODELLI TOP DI CASA APRILIA

Tra le punte di diamante dell’azienda veneta abbiamo scelto tre modelli che, ciascuno a modo proprio, hanno fatto storia. Dalla super performante e bilanciata Tuono V4 allo Scarabeo, passando per l’indimenticata RS 125, per decenni sogno proibito degli adolescenti italiani.

<div class='descrGalleryTitle'>Tuono V4</div><div class='descrGalleryText'><p>La storia dell’Aprilia Tuono parte da lontano, sin dai primi anni 2000, quando era la trasposizione nuda dell’indimenticata RSV Mille, la bicilindrica motorizzata col Rotax a V di 60°. Già apprezzata in questa forma, la super naked di casa Aprilia <b>è poi passata&nbsp;da V2 a V4 già nel 2011,&nbsp;</b>anticipando di parecchie stagioni la Ducati Streetfighter V4 e la BMW S 1000 R e guadagnandosi subito la meritata posizione di punto di riferimento del settore. La Tuono è sempre stata<b> una naked originale nelle linee e nella tecnica,</b> con un aspetto volutamente “scomposto” e disarmonico ma <b>un’efficacia e un gusto di guida pazzeschi,</b> anche in pista. Il suo compatto quattro cilindri a V di 65° nell’ultima release da 1.077 cc eroga 175 cavalli a 11.350 giri e 121 Nm a 9.000. Numeri impressionanti che fanno il paio con<b> una elettronica APRC sempre all’avanguardia e una ciclistica “all’Aprilia”, </b>esemplare per come coniuga maneggevolezza e stabilità. Dotazioni di alto livello in particolar modo&nbsp;<b>nell’allestimento Factory</b> che vanta sospensioni semiattive Öhlins, freni Brembo al top della categoria e molto altro. Un pacchetto che nel tempo è stato evoluto ma mai stravolto, in casa Aprilia si è sempre andati in cerca di&nbsp;equilibrio più che di prestazioni estreme, ma il risultato è più che mai centrato, tanto da essere definita nei nostri test <b>“una delle moto più efficaci e gratificanti di tutti i tempi”.</b><br>
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Tuono V4

La storia dell’Aprilia Tuono parte da lontano, sin dai primi anni 2000, quando era la trasposizione nuda dell’indimenticata RSV Mille, la bicilindrica motorizzata col Rotax a V di 60°. Già apprezzata in questa forma, la super naked di casa Aprilia è poi passata da V2 a V4 già nel 2011, anticipando di parecchie stagioni la Ducati Streetfighter V4 e la BMW S 1000 R e guadagnandosi subito la meritata posizione di punto di riferimento del settore. La Tuono è sempre stata una naked originale nelle linee e nella tecnica, con un aspetto volutamente “scomposto” e disarmonico ma un’efficacia e un gusto di guida pazzeschi, anche in pista. Il suo compatto quattro cilindri a V di 65° nell’ultima release da 1.077 cc eroga 175 cavalli a 11.350 giri e 121 Nm a 9.000. Numeri impressionanti che fanno il paio con una elettronica APRC sempre all’avanguardia e una ciclistica “all’Aprilia”, esemplare per come coniuga maneggevolezza e stabilità. Dotazioni di alto livello in particolar modo nell’allestimento Factory che vanta sospensioni semiattive Öhlins, freni Brembo al top della categoria e molto altro. Un pacchetto che nel tempo è stato evoluto ma mai stravolto, in casa Aprilia si è sempre andati in cerca di equilibrio più che di prestazioni estreme, ma il risultato è più che mai centrato, tanto da essere definita nei nostri test “una delle moto più efficaci e gratificanti di tutti i tempi”.

<div class='descrGalleryTitle'>RS 125</div><div class='descrGalleryText'><p><b>Icona di una generazione,</b> ma forse anche di due, l’Aprilia RS 125 ha lasciato il segno nella storia delle moto per sedicenni. La RS 125 nacque nel 1992 come erede della AF1, e se gli Anni 80 erano stati quelli del debutto di Aprilia nel motomondiale, con <b>la storica prima vittoria di Loris Reggiani </b>a Misano nell’87, i 90 furono quelli dell’affermazione come dominatrice delle piccole cilindrate. Tra il 1992 e il 2011 Aprilia conquistò 19 titoli mondiali, che andavano di pari passo con il successo commerciale proprio della RS 125. La piccola sportiva, non a caso, è sempre stata&nbsp;<b>fortemente ispirata alle moto dei piloti, </b>pur condividendo con queste necessariamente solo le colorazioni o poco più. RS 125 Extrema, Futura o Sport Production, con telaio in alluminio e motore Rotax da oltre 30 cavalli; nel ’96 arrivò la limitazione a 11 kW, nel ’98 il primo restyling con forme più bombate e nel 2003 il lifting finale, con sovrastrutture ispirate alla RSV 1000 mk2.<b>&nbsp;Il 2013 fu l’ultimo anno di gloria&nbsp;per la RS 125, </b>che vide poi uscire di scena il motore a due tempi per far posto ad un più modesto 4T.<br>
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RS 125

Icona di una generazione, ma forse anche di due, l’Aprilia RS 125 ha lasciato il segno nella storia delle moto per sedicenni. La RS 125 nacque nel 1992 come erede della AF1, e se gli Anni 80 erano stati quelli del debutto di Aprilia nel motomondiale, con la storica prima vittoria di Loris Reggiani a Misano nell’87, i 90 furono quelli dell’affermazione come dominatrice delle piccole cilindrate. Tra il 1992 e il 2011 Aprilia conquistò 19 titoli mondiali, che andavano di pari passo con il successo commerciale proprio della RS 125. La piccola sportiva, non a caso, è sempre stata fortemente ispirata alle moto dei piloti, pur condividendo con queste necessariamente solo le colorazioni o poco più. RS 125 Extrema, Futura o Sport Production, con telaio in alluminio e motore Rotax da oltre 30 cavalli; nel ’96 arrivò la limitazione a 11 kW, nel ’98 il primo restyling con forme più bombate e nel 2003 il lifting finale, con sovrastrutture ispirate alla RSV 1000 mk2. Il 2013 fu l’ultimo anno di gloria per la RS 125, che vide poi uscire di scena il motore a due tempi per far posto ad un più modesto 4T.

<div class='descrGalleryTitle'>Scarabeo</div><div class='descrGalleryText'><p>Se la RS 125 è stata uno dei mezzi di trasporto prediletti dai sedicenni sportivi, <b>lo Scarabeo lo è stato per gli italiani in generale, </b>arrivando a contendere per qualche stagione a Vespa il titolo di &quot;insetto a due ruote&quot; più ambito d'Italia. Rispetto a Vespa <b>aveva un vantaggio fondamentale: le ruote alte, </b>unite a una carrozzeria in plastica che lo rendeva più leggero ed economiico. Pratico, razionale ma anche modaiolo, lo Scarabeo è stato in commercio per un periodo lunghissimo, <b>dal 1993 al 2020</b>, crescendo da 50 cc a due tempi sino al 500 a quattro tempi, sempre monocilindrico. Nel mezzo, <b>cubature come la 400, la 250, la 200 e la 100, </b>insomma, per tutti i gusti e per tutti gli utilizzi, sia urbani che extra urbani. Il successo dello Scarabeo è stato tale da permettergli di vendere, in meno di trent’anni, qualcosa come<b> 800.000 esemplari,</b> grazie a qualità come il peso piuma (circa 100 kg per il 50 cc, il più venduto), la pedana piatta, utile quando c’è qualcosa da trasportare, e <b>uno stile caratteristico e azzeccato, </b>che rimandava alle forme arrotondate delle motociclette anni ’60.</p>
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Scarabeo

Se la RS 125 è stata uno dei mezzi di trasporto prediletti dai sedicenni sportivi, lo Scarabeo lo è stato per gli italiani in generale, arrivando a contendere per qualche stagione a Vespa il titolo di "insetto a due ruote" più ambito d'Italia. Rispetto a Vespa aveva un vantaggio fondamentale: le ruote alte, unite a una carrozzeria in plastica che lo rendeva più leggero ed economiico. Pratico, razionale ma anche modaiolo, lo Scarabeo è stato in commercio per un periodo lunghissimo, dal 1993 al 2020, crescendo da 50 cc a due tempi sino al 500 a quattro tempi, sempre monocilindrico. Nel mezzo, cubature come la 400, la 250, la 200 e la 100, insomma, per tutti i gusti e per tutti gli utilizzi, sia urbani che extra urbani. Il successo dello Scarabeo è stato tale da permettergli di vendere, in meno di trent’anni, qualcosa come 800.000 esemplari, grazie a qualità come il peso piuma (circa 100 kg per il 50 cc, il più venduto), la pedana piatta, utile quando c’è qualcosa da trasportare, e uno stile caratteristico e azzeccato, che rimandava alle forme arrotondate delle motociclette anni ’60.

… E I FLOP DEL MARCHIO DI NOALE

Da contraltare alle punte di diamante, fanno i passi falsi come la Motò 6.5 di metà Anni 90, flop doppiamente clamoroso perché fu il primo passo falso in un periodo in cui pareva che a Noale fossero infallibili. Di lì a poco arrivarono purtroppo altri passi falsi, come la RST 1000 Futura e l’Area 51, che hanno pagato scelte tecniche e stilistiche troppo avanti per il proprio tempo.

<div class='descrGalleryTitle'>Motò 6.5</div><div class='descrGalleryText'><p>La Motò 6.5 si guadagna a pieno titolo lo scettro di <b><a href="https://www.dueruote.it/news/moto-scooter/2023/08/18/le-moto-piu-brutte-design.html">flop più clamoroso</a></b> di casa Aprilia. Fu presentata al Motor Show del 1994 e le consegne partirono un semestre più tardi, ma ben presto, sceso l’entusiasmo iniziale, le vendite calarono sino a lasciare migliaia di esemplari invenduti presso le concessionarie. A colpire, prima di qualsiasi dato tecnico, l’inconfondibile linea, figlia della matita del <b>designer francese Philippe Starck</b>. La Motò 6.5 ha linee senz'altro avanti per i tempi, con le grafiche pulitissime e le&nbsp;forme arrotondate, tanto delle sovrastrutture quanto di elementi tipo telaio e impianto di scarico, <b style="font-size: 0.8125rem; background-color: transparent;">che fecero impazzire i progettisti </b>costretti ad accettare un risultato non in linea con la tradizione Aprilia in termini di guidaiblità, soprattutto a causa di un baricentro esageratamente alto. Un progetto che risultò relativamente costoso e per di più <b>difficile da incasellare in un segmento </b>specifico, e che per questa serie di ragioni non incontrò mai il gusto dei motociclisti, riuscendo piuttosto a vendere qualche pezzo agli appassionati di design attratti dal nome di Starck.</p>
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Motò 6.5

La Motò 6.5 si guadagna a pieno titolo lo scettro di flop più clamoroso di casa Aprilia. Fu presentata al Motor Show del 1994 e le consegne partirono un semestre più tardi, ma ben presto, sceso l’entusiasmo iniziale, le vendite calarono sino a lasciare migliaia di esemplari invenduti presso le concessionarie. A colpire, prima di qualsiasi dato tecnico, l’inconfondibile linea, figlia della matita del designer francese Philippe Starck. La Motò 6.5 ha linee senz'altro avanti per i tempi, con le grafiche pulitissime e le forme arrotondate, tanto delle sovrastrutture quanto di elementi tipo telaio e impianto di scarico, che fecero impazzire i progettisti costretti ad accettare un risultato non in linea con la tradizione Aprilia in termini di guidaiblità, soprattutto a causa di un baricentro esageratamente alto. Un progetto che risultò relativamente costoso e per di più difficile da incasellare in un segmento specifico, e che per questa serie di ragioni non incontrò mai il gusto dei motociclisti, riuscendo piuttosto a vendere qualche pezzo agli appassionati di design attratti dal nome di Starck.

<div class='descrGalleryTitle'>RST 1000 Futura</div><div class='descrGalleryText'><p>Prodotta dal 2001 al 2004, l'Aprilia RST 1000 Futura è una sport-touring equipaggiata con il motore <b>Rotax bicilindrico a V di 998 cc </b>sviluppato per la RSV Mille, abbinato ad un pregevole telaio perimetrale in alluminio e forcellone monobraccio; aveva soluzioni interessanti come la carena molto estesa e le borse laterali integrate, e <b>prometteva prestazioni brillanti e grande comfort </b>sulle lunghe distanze.&nbsp;Nonostante queste premesse, come <a href="https://www.dueruote.it/news/moto-scooter/2023/11/12/le-moto-incomprese.html">la sorella SL 1000 Falco</a> la Futura non ha riscosso il successo commerciale atteso, e le ragioni sono molteplici. Un design originale e futuristico, ma che non ha incontrato il favore del pubblico, risultando troppo spigoloso; e <b>la temibile concorrenza della Honda VFR, </b>vera dominatrice del segmento col suo inarrivabile mix migliore tra prestazioni, comfort e affidabilità. Senza contare che Aprilia si stava allora affacciando per la prima volta nel mondo delle maxi, con tutte le le incognite circa la rete di assistenza e la <b style="font-size: 0.8125rem; background-color: transparent;">reperibilità dei ricambi</b>, non all'altezza delle case giapponesi a fronte&nbsp;di un prezzo di vendita piuttosto elevato. Anche oggi mettersi in garage un’Aprilia RST 1000 Futura rappresenta un’incognita proprio per l’ultima ragione: è affetta da problemi ricorrenti, quali la breve vita del cuscinetto del mozzo posteriore, e il ricambio è sempre più difficile da trovare. Un peccato, perché da guidare era una gran bella moto.</p>
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RST 1000 Futura

Prodotta dal 2001 al 2004, l'Aprilia RST 1000 Futura è una sport-touring equipaggiata con il motore Rotax bicilindrico a V di 998 cc sviluppato per la RSV Mille, abbinato ad un pregevole telaio perimetrale in alluminio e forcellone monobraccio; aveva soluzioni interessanti come la carena molto estesa e le borse laterali integrate, e prometteva prestazioni brillanti e grande comfort sulle lunghe distanze. Nonostante queste premesse, come la sorella SL 1000 Falco la Futura non ha riscosso il successo commerciale atteso, e le ragioni sono molteplici. Un design originale e futuristico, ma che non ha incontrato il favore del pubblico, risultando troppo spigoloso; e la temibile concorrenza della Honda VFR, vera dominatrice del segmento col suo inarrivabile mix migliore tra prestazioni, comfort e affidabilità. Senza contare che Aprilia si stava allora affacciando per la prima volta nel mondo delle maxi, con tutte le le incognite circa la rete di assistenza e la reperibilità dei ricambi, non all'altezza delle case giapponesi a fronte di un prezzo di vendita piuttosto elevato. Anche oggi mettersi in garage un’Aprilia RST 1000 Futura rappresenta un’incognita proprio per l’ultima ragione: è affetta da problemi ricorrenti, quali la breve vita del cuscinetto del mozzo posteriore, e il ricambio è sempre più difficile da trovare. Un peccato, perché da guidare era una gran bella moto.

<div class='descrGalleryTitle'>Area 51</div><div class='descrGalleryText'><p>L'Aprilia Area 51, lanciato nel 1998, è uno scooter che <b>ha fatto parlare di sé per il suo design avveniristico </b>e le soluzioni tecniche innovative. Con un nome ispirato alla famosa base militare statunitense che ospiterebbe al suo interno carcasse di UFO, l'Area 51 si distingue per le sue linee anticonvensionali e l’avantreno che non sfrutta una tradizionale forcella telescopica, bensì un <b>monobraccio oscillante. </b>E se un monobraccio è già una complicazione, due è un incubo: tanto è vero che per qualche errore progettuale i prototipi dell'Area 51 non risultarono particolarmente stabili, e l'unica soluzione risultò quella <b>di montare il motore e altri componenti disassati </b>(cosa che all'epoca ovviamente non si seppe)<b>. </b>Non lo aiutò il design troppo audace, accompagnato da grafiche sobrie e pulite: per quanto ancora bellissimo e attuale a distanza di 25 anni, all’epoca però non incontrò il gusto del pubblico, più attratto dalle linee sportive. <b>Il vero problema dell’Area 51 si chiamava infatti SR 50,</b>&nbsp;lo scooter sportivo di casa Aprilia già iper affermato sin dai primi Anni 90 e rispetto al quale, per via delle scelte tecniche, <b>l'Area 51 costava sensibilmente di più.&nbsp;</b>L’SR era più tradizionale e piaceva ai ragazzini per le sue colorazioni replica dei piloti di motomondiale e superbike, al contrario del troppo esotico Area 51, un vero UFO su due ruote.&nbsp;</p>
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Area 51

L'Aprilia Area 51, lanciato nel 1998, è uno scooter che ha fatto parlare di sé per il suo design avveniristico e le soluzioni tecniche innovative. Con un nome ispirato alla famosa base militare statunitense che ospiterebbe al suo interno carcasse di UFO, l'Area 51 si distingue per le sue linee anticonvensionali e l’avantreno che non sfrutta una tradizionale forcella telescopica, bensì un monobraccio oscillante. E se un monobraccio è già una complicazione, due è un incubo: tanto è vero che per qualche errore progettuale i prototipi dell'Area 51 non risultarono particolarmente stabili, e l'unica soluzione risultò quella di montare il motore e altri componenti disassati (cosa che all'epoca ovviamente non si seppe). Non lo aiutò il design troppo audace, accompagnato da grafiche sobrie e pulite: per quanto ancora bellissimo e attuale a distanza di 25 anni, all’epoca però non incontrò il gusto del pubblico, più attratto dalle linee sportive. Il vero problema dell’Area 51 si chiamava infatti SR 50, lo scooter sportivo di casa Aprilia già iper affermato sin dai primi Anni 90 e rispetto al quale, per via delle scelte tecniche, l'Area 51 costava sensibilmente di più. L’SR era più tradizionale e piaceva ai ragazzini per le sue colorazioni replica dei piloti di motomondiale e superbike, al contrario del troppo esotico Area 51, un vero UFO su due ruote. 

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