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Top & Flop: i gioielli e i passi falsi di casa Honda

Carlo Pettinato il 28/06/2024 in Moto & Scooter
Top & Flop: i gioielli e i passi falsi di casa Honda
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Dalla Hornet 600 alla DN-01, dall’Africa Twin 750 alla VFR800 V-Tec. Una rassegna di alcuni tra i modelli più notevoli della casa dell’ala, anche se per ragioni diametralmente opposte

Se ci cascano anche gli altri, non è immune la casa motociclistica più potente al mondo. Con una gamma vastissima, che nel tempo ha spaziato tra tutti i segmenti e ha sperimentato un po’ tutte le soluzioni immaginabili, era inevitabile che per la legge dei grandi numeri, a fianco alle sue punte di diamante Honda abbia messo in archivio anche qualche bel buco nell’acqua.

Nella puntata odierna dei Top & Flop analizzeremo alcuni dei gioielli più brillanti della collezione di modelli Honda, cui fanno da contraltare alcuni clamorosi passi falsi. Impossibile qui ricordarli tutti, soprattutto se parliamo del modelli Top: si sa che le moto Honda funzionano sempre un gran bene e nel tempo i capolavori d’ingegneria usciti dagli stabilimenti di Tokyo sono stati tanti, dalle supersportive alle enduro. Ma non si parla necessariamente di mezzi iper sofisticati o rivoluzionari. Pensate all’SH. Che c’è di più semplice? Eppure, con la sua concretezza ha spopolato...

Ecco le nostre scelte.

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HONDA: I MODELLI TOP

Tre icone assolute del panorama motociclistico e scooteristico recente, tre successi clamorosi di vendite capaci di affermarsi come veri e propri punti di riferimento nel proprio segmento grazie, in molti casi, a concretezza e affidabilità eccezionali.

<div class='descrGalleryTitle'>Hornet 600</div><div class='descrGalleryText'><p>È stata la moto naked più venduta in Europa per un decennio, e in Italia <b>la moto più venduta in assoluto&nbsp;</b>in qualche stagione, con addirittura un affollato campionato monomarca. Un successo partito con il lancio del 1998: la Honda Hornet 600 è una moto semplice, efficace e abbordabile. Il motore, derivato dalla CBR, è <b>un quattro cilindri a carburatori </b>da un centinaio di cavalli che può essere guidato in scioltezza ai bassi regimi oppure con piglio sportivo sfruttando <b>l’allungo oltre gli 8.000 giri</b>. La ciclistica era di medio livello, come anche l’utente cui era destinata. <b>Riuscite la tonalità di scarico e l’estetica, </b>sopratutto&nbsp;nella prima serie dove il faro tondo faceva il paio con sovrastrutture essenziali e aggraziate.&nbsp;</p>
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Hornet 600

È stata la moto naked più venduta in Europa per un decennio, e in Italia la moto più venduta in assoluto in qualche stagione, con addirittura un affollato campionato monomarca. Un successo partito con il lancio del 1998: la Honda Hornet 600 è una moto semplice, efficace e abbordabile. Il motore, derivato dalla CBR, è un quattro cilindri a carburatori da un centinaio di cavalli che può essere guidato in scioltezza ai bassi regimi oppure con piglio sportivo sfruttando l’allungo oltre gli 8.000 giri. La ciclistica era di medio livello, come anche l’utente cui era destinata. Riuscite la tonalità di scarico e l’estetica, sopratutto nella prima serie dove il faro tondo faceva il paio con sovrastrutture essenziali e aggraziate. 

<div class='descrGalleryTitle'>SH</div><div class='descrGalleryText'><p>La Vespa e la Vespa, ma l'SH è ormai <b>lo scooter per antonomasia.</b>&nbsp;In commercio dal 1984, qui da noi si è affermato nell’ultimo ventennio abbondante come netto punto di riferimento del mercato. <b>Partito 50, è cresciuto in diverse cilindrate</b> che ne identificano anche utilizzi leggermente differenti: se 125 e 150 sono per lo più dedicati ad un impiego urbano il 300, ora 350, è un validissimo mezzo <b>anche per gli spostamenti a medio raggio, </b>forte di un motore prestante e di un’ottima abitabilità. Ormai vanta Start&amp;Stop, keyless anche per il bauletto e connettività a smartphone, ma come per gli altri modelli sino ad ora trattati il suo storico punto di forza è l’affidabilità, unita a una trasmissione meravigliosa, a consumi irrisori e ad un <b>rapporto qualità/prezzo </b>complessivo difficile da battere.</p>
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SH

La Vespa e la Vespa, ma l'SH è ormai lo scooter per antonomasia. In commercio dal 1984, qui da noi si è affermato nell’ultimo ventennio abbondante come netto punto di riferimento del mercato. Partito 50, è cresciuto in diverse cilindrate che ne identificano anche utilizzi leggermente differenti: se 125 e 150 sono per lo più dedicati ad un impiego urbano il 300, ora 350, è un validissimo mezzo anche per gli spostamenti a medio raggio, forte di un motore prestante e di un’ottima abitabilità. Ormai vanta Start&Stop, keyless anche per il bauletto e connettività a smartphone, ma come per gli altri modelli sino ad ora trattati il suo storico punto di forza è l’affidabilità, unita a una trasmissione meravigliosa, a consumi irrisori e ad un rapporto qualità/prezzo complessivo difficile da battere.

<div class='descrGalleryTitle'>XRV 750 Africa Twin</div><div class='descrGalleryText'><p>Un mito che vive ancora e che affonda le radici <b>nella leggenda della Parigi-Dakar. </b>La prima Africa Twin, la RD03 del 1988, era 650, ma già nel 1990 si evolse a 750. La XRV 750, RD04, 07 e 07A, rimase in commercio sino al 2002, e oggi è una <b>youngtimer ultra ricercata e apprezzata</b>. Facile capire il perché: con una spesa contenuta, fino a prima che tornasse di moda per lo meno, ci si poteva portare a casa una <b>moto eccezionalmente versatile</b>, capace di passare in scioltezza dall’autostrada al fuoristrada, e nemmeno così banale, se coadiuvata da un paio di pneumatici tassellati e da una buona tecnica di guida. <b>Fu per oltre 10 anni il riferimento delle Adventure, </b>vendutissima e desideratissima: originale con il suo motore a V di 52°, inarrestabile su ogni terreno e famosa per l’affidabilità: la meccanica <b>passa senza batter ciglio i 100.000 km.</b></p>
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XRV 750 Africa Twin

Un mito che vive ancora e che affonda le radici nella leggenda della Parigi-Dakar. La prima Africa Twin, la RD03 del 1988, era 650, ma già nel 1990 si evolse a 750. La XRV 750, RD04, 07 e 07A, rimase in commercio sino al 2002, e oggi è una youngtimer ultra ricercata e apprezzata. Facile capire il perché: con una spesa contenuta, fino a prima che tornasse di moda per lo meno, ci si poteva portare a casa una moto eccezionalmente versatile, capace di passare in scioltezza dall’autostrada al fuoristrada, e nemmeno così banale, se coadiuvata da un paio di pneumatici tassellati e da una buona tecnica di guida. Fu per oltre 10 anni il riferimento delle Adventure, vendutissima e desideratissima: originale con il suo motore a V di 52°, inarrestabile su ogni terreno e famosa per l’affidabilità: la meccanica passa senza batter ciglio i 100.000 km.

HONDA: I MODELLI FLOP

Quando si parla di passi falsi Honda è improbabile che si parli di motociclette con particolari difetti o con doti dinamiche deludenti. Molto più spesso accade che la grande casa dell’ala se ne esca con prodotti discutibili dal punto di vista del posizionamento e/o dell’estetica. Eppure l'ansia di stupire della Casa dell'Ala ha prodotto anche passi falsi, come la XL250S con la ruota anteriore da 23" o la goffa XLV750R. Ma le nostre scelte sono cadute su tre modelli stradali piuttosto recenti.

<div class='descrGalleryTitle'>VFR800 V-Tec</div><div class='descrGalleryText'><p>Alla fine degli Anni 90 <b>Honda deve rinnovare la VF750R, </b>una delle moto più iconiche del decennio, caratterizzata dal raffinato V4 con distribuzione a cascata di ingranaggi ma<b> ormai lontana dalle prestazioni delle concorrenti</b> giapponesi e anche dalla bella guida delle Ducati. Per stupire di nuovo, a Tokyo <b>decidono di sostituire la cascata di ingranaggi con la raffinata fasatura variabile V-Tec,</b> che aveva dato vita ad alcune delle Honda a 4 ruote più memorabili di sempre. In pratica fino a 7.000 le valvole si muovono in un certo modo e oltre i 7.000 in un altro; ma se sulle auto la cosa dava origine a un feeling da moto, <b>sul V4 della VFR800 avviene l'opposto: </b>ai bassi è particolarmente vuoto, e quando si rianima è ormai a regimi poco consoni a un uso stradale; in più <b>la transizione da una fasatura all'altra è poco dolce </b>e sgradevole; in più la moto scalda e consuma molto, e per finire è piuttosto pesante con i suoi 213 kg a secco. Vende comunque bene sull'onda delle aspettative e del nome, ma <b>non proprio una ciambella uscita col buco.</b>&nbsp;Honda provò a metterci una pezza con una versione crossover, la Crossrunner, addolcita e ben disegnata ma ugualmente di scarso successo.</p>
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VFR800 V-Tec

Alla fine degli Anni 90 Honda deve rinnovare la VF750R, una delle moto più iconiche del decennio, caratterizzata dal raffinato V4 con distribuzione a cascata di ingranaggi ma ormai lontana dalle prestazioni delle concorrenti giapponesi e anche dalla bella guida delle Ducati. Per stupire di nuovo, a Tokyo decidono di sostituire la cascata di ingranaggi con la raffinata fasatura variabile V-Tec, che aveva dato vita ad alcune delle Honda a 4 ruote più memorabili di sempre. In pratica fino a 7.000 le valvole si muovono in un certo modo e oltre i 7.000 in un altro; ma se sulle auto la cosa dava origine a un feeling da moto, sul V4 della VFR800 avviene l'opposto: ai bassi è particolarmente vuoto, e quando si rianima è ormai a regimi poco consoni a un uso stradale; in più la transizione da una fasatura all'altra è poco dolce e sgradevole; in più la moto scalda e consuma molto, e per finire è piuttosto pesante con i suoi 213 kg a secco. Vende comunque bene sull'onda delle aspettative e del nome, ma non proprio una ciambella uscita col buco. Honda provò a metterci una pezza con una versione crossover, la Crossrunner, addolcita e ben disegnata ma ugualmente di scarso successo.

<div class='descrGalleryTitle'>DN-01</div><div class='descrGalleryText'><p>Lanciato nel 2008, il DN-01 è probabilmente uno dei mezzi più strani che si siano visti nei listini in tempi relativamente recenti. Una sorta di <b>ibrido tra moto cuiser e un maxi scooter</b>, ma con il frontale che ricorda un po’ uno squalo e mosso dal motore della Transalp. La particolarità vera del DN-01 riguardava però la meccanica, e in particolare la trasmissione, con l’adozione di un cambio automatico basato sul brevetto Badalini. <b>Un sistema idraulico non particolarmente reattivo né efficiente </b>ma che su una moto di questo genere non andava poi così male, così come non erano male nemmeno le doti dinamiche, grazie al baricentro bassissimo che permetteva <b>buona maneggevolezza</b> nonostante il peso sui 270 kg e un eccellente comfort. A decretarne l’insuccesso è stata proprio l’estetica davvero azzardata. Anche il cambio HFT (Human Friendly Transmission) <b>è poi stato sostituito dal DCT,</b> meno &quot;human friendly&quot; ma ben più soddisfacente.</p>
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DN-01

Lanciato nel 2008, il DN-01 è probabilmente uno dei mezzi più strani che si siano visti nei listini in tempi relativamente recenti. Una sorta di ibrido tra moto cuiser e un maxi scooter, ma con il frontale che ricorda un po’ uno squalo e mosso dal motore della Transalp. La particolarità vera del DN-01 riguardava però la meccanica, e in particolare la trasmissione, con l’adozione di un cambio automatico basato sul brevetto Badalini. Un sistema idraulico non particolarmente reattivo né efficiente ma che su una moto di questo genere non andava poi così male, così come non erano male nemmeno le doti dinamiche, grazie al baricentro bassissimo che permetteva buona maneggevolezza nonostante il peso sui 270 kg e un eccellente comfort. A decretarne l’insuccesso è stata proprio l’estetica davvero azzardata. Anche il cambio HFT (Human Friendly Transmission) è poi stato sostituito dal DCT, meno "human friendly" ma ben più soddisfacente.

<div class='descrGalleryTitle'>NM4 750 Vultus</div><div class='descrGalleryText'><p>È quella che probabilmente vincerebbe il premio come <b>la più singolare tra le moto Honda. </b>Meccanicamente sorella della più convenzionale NC 750, la NM4 750 Vultus riprende un po' il discorso della DN-01, proponendo una sorta di <b>custom carenata futuristica</b>, caratterizzata da sovrastrutture spigolose, &quot;robotiche&quot; e un po’ troppo cariche sull’avantreno. Il motore è il conosciuto 745 cc bicilindrico frontemarcia con cambio DCT e ruote da 18 e 17”. A dimostrazione che <b>di insolito c’erano solo le sovrastrutture,</b> le qualità dinamiche erano quelle di una moto piacevole nella guida turistica. Non si può certo dire che le mancasse il carattere, ma deve essere stato <b>di quelli difficili</b>.</p>
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NM4 750 Vultus

È quella che probabilmente vincerebbe il premio come la più singolare tra le moto Honda. Meccanicamente sorella della più convenzionale NC 750, la NM4 750 Vultus riprende un po' il discorso della DN-01, proponendo una sorta di custom carenata futuristica, caratterizzata da sovrastrutture spigolose, "robotiche" e un po’ troppo cariche sull’avantreno. Il motore è il conosciuto 745 cc bicilindrico frontemarcia con cambio DCT e ruote da 18 e 17”. A dimostrazione che di insolito c’erano solo le sovrastrutture, le qualità dinamiche erano quelle di una moto piacevole nella guida turistica. Non si può certo dire che le mancasse il carattere, ma deve essere stato di quelli difficili.

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