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Honda NSR 500: storia di una delle moto più vincenti di sempre

Carlo Pettinato
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Honda NSR 500: storia di una delle moto più vincenti di sempre
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10 titoli piloti e 11 titoli costruttori in meno di vent’anni di attività. La V4 a due tempi di Tokyo è una leggenda capace di trascendere le epoche, e di vincere in un lasso temporale che copre tre decadi. Ecco la sua evoluzione

La storia della Honda NSR 500 inizia nel 1984, quando nella classe regina del Motomondiale le moto a due tempi dominavano da circa un decennio. Honda, con la sua storica predilezione per i motori a quattro tempi, non aveva a metà degli anni ’70 voluto arrendersi allo strapotere dei propulsori a miscela e aveva investito milioni nel progetto NR, New Racing, le famigerate motociclette a pistoni ovali. Dopo diverse stagioni di sforzi vani, anche i più strenui sostenitori del quattro tempi dovettero farsi da parte e lasciare via libera alla nuova Honda NS 500 V3, il primo due tempi da GP della casa dell’ala. La NS 500 debuttò nel 1982 con Freddie Spencer ai comandi e fu subito vincente, a dimostrazione che Honda le moto le sapeva costruire, bisognava però lavorare su obiettivi raggiungibili e ragionevoli, cosa che, dimostrata dai fatti, il progetto NR non era. La NS era più semplice, leggera e affidabile, ma così com’era durò solo un paio di stagioni, tempo di portare a casa il titolo iridato ’83 con Fast Freddie. Dalla NS derivò la RS 500 R, una versione più economica sempre a 3 cilindri che fu data in mano ai team clienti. Nel 1984, NS e RS furono affiancate dalla più sofisticata e performante NSR, che differiva principalmente per il motore V4 in luogo del V3. Il 500 V4 aveva cilindrata unitaria di 125 cc, al posto dei 166 del V3, e ciò permetteva di raggiungere con più facilità alti regimi di rotazione, che significavano maggior potenza. Inoltre, il V3 vibrava molto e aveva la spiacevole tendenza a grippare; si pensò che con il nuovo motore questi problemi si potessero eliminare o per lo meno ridurre.

NV0A, LA TECNICA DELLA PRIMA NSR 500

La prima Honda NSR 500 nasceva dunque attorno ad un quattro cilindri a V di 90° con la bancata anteriore posizionata in orizzontale e quella superiore in verticale, lo potremmo chiamare a L (l’angolo fu in seguito portato a 112°). Raffreddamento a liquido, 499,2 cc di cubatura (alesaggio di 54 mm e corsa di 54,5) e un sistema di aspirazione che prevedeva un pacco lamellare nel carter, mentre in quegli anni andava per la maggiore l’ammissione a disco rotante. Il pacco lamellare consentiva però di ottenere una migliore erogazione ai regimi medio bassi, oltre che un più agevole avviamento a spinta, quando nei GP si partiva così.  Il risultato fu, a inizio stagione ’84, 141 cavalli a 11.000 giri. La messa a punto gara dopo gara portò la potenza a 145, quando il V3 superava di poco i 130. Il motore della prima NSR 500, nome in codice NV0A, pesava 40,5 kg, appena 1,5 più del tre cilindri della vecchia NS. È interessante notare, nelle foto a moto spoglia delle carene, che le quattro espansioni erano state posizionate dove solitamente si trova il serbatoio, mentre questo, che da pieno arrivava a pesare 26 kg, era insolitamente posizionato sotto al motore, con l’obiettivo di abbassare il più possibile il baricentro in cerca di una dinamica più pronta. Anche il solo disegno del serbatoio, che doveva necessariamente avere un incastro perfetto con la sagoma inferiore dei carter, è una piccola opera d’arte, realizzata con fogli d’alluminio stampati e saldati a mano.
La ciclistica prevedeva un particolare telaio perimetrale in alluminio, caratterizzato da una trave portante sdoppiata nella sua zona centrale e realizzata mediante piastre stampate saldate tra loro. Una soluzione che, vista oggi, potrebbe non destare scalpore, ma che quarant’anni fa era all’avanguardia e non si era mai vista su una Honda: fino ad allora i telai erano sempre stati composti di tubi squadrati in alluminio oppure di tubi tondi in acciaio. Questo tipo di struttura, che perseguiva rigidità, leggerezza e grande guidabilità, prese il nome di ULF, per Ultra Light Frame. Il comparto sospensivo prevedeva una forcella Showa di tipo tradizionale, un forcellone in alluminio con capriata superiore d’irrigidimento e un ammortizzatore posteriore con leveraggio. Caratteristici erano i cerchi in fibra di carbonio. La NV0A è passata alla storia, tra le altre cose, anche per il suo incredibile design, frutto della matita di Yasuyuki Tsurumi. Dalla vista dei tre quarti posteriori si può ammirare la modernità della coda, snella e affilata con gli scarichi affogati nelle sovrastrutture, tanto che potrebbe essere nata vent’anni più tardi. La NSR 500 NV0A nacque bella e competitiva, ma non esente da difetti. Un problema si verificava a causa delle quattro espansioni sopra al motore, ovvero dove il pilota appoggia busto e braccia per buona parte della sessione in pista. Ebbene, il particolare posizionamento costrinse i tecnici ad uno sforzo extra per ottenere un disegno delle espansioni che raggiungesse il massimo della performance, ma facendo sì che occupassero un volume non superiore a quello del teorico serbatoio. Il coperchio degli impianti di scarico in polimero rinforzato con fibra di vetro, poi, tendeva inevitabilmente a scaldare moltissimo, fino a che fu ideata una paratia interna e furono aggiunte prese d’aria in stile NACA per cercare di tenere a bada la temperatura, che altrimenti avrebbe reso la vita impossibile al pilota. 

I SUCCESSI IN GARA E I DIFETTI DI GIOVENTÙ

Ad ogni modo, così come la NS, la NSR fu da subito vincente, o quasi. Il debutto assoluto avvenne nel marzo ‘84 alla Daytona 200, una gara con regolamento di tipo TT F1 cui però potevano partecipare anche i prototipi puri, come appunto la NSR. Alla gara in Florida, con Spencer ai comandi, la NSR presentò gli appena menzionati problemi legati al particolare layout delle espansioni. Queste si crepavano nei punti in cui le loro curve erano più accentuate e il calore trasmesso al pilota era insopportabile; i rimedi di cui sopra arrivarono solo in seguito. La prestazione della NSR fu comunque di alto livello, con la pole position e il secondo posto in gara, nonostante Spencer si sia trovato ad un certo punto della corsa a dover tener salda la copertura delle espansioni che vibrava significativamente. Parlando di Motomondiale, la prima vittoria della Honda NSR 500 NV0A, con pole annessa, arrivò già al secondo GP, in Italia, dopo che a Kyalami Spencer aveva dovuto saltare la gara a causa della rottura, in prova, del cerchio posteriore in carbonio, che gli aveva provocato un infortunio di moderata entità. Altri piccoli guai arrivarono più avanti nella stagione, in Austria al Salzburgring, e riguardavano la carburazione. I quattro carburatori posti orizzontalmente e circondati dalle termiche e dalle espansioni si trovavano ad aspirare aria calda, fatto non ideale, ma soprattutto i due più esterni e i due più interni richiedevano messe a punto differenti tra di loro. Il GP austriaco si correva, e si corre, ad una quota ben superiore a quella del livello del mare e l’ossigeno è più rarefatto, cosa che amplificava non di poco il problema. La NSR fu quindi vittima di un calo di prestazioni evidente, tanto che sul rettilineo era più lenta della NS. Spencer chiuse comunque la gara in seconda posizione, dietro a Lawson sulla Yamaha e davanti a Mamola sulla 3 cilindri, che però lo aveva lasciato passare per ordini di scuderia. 
La NV0A di Spencer danneggiata a Kyalami
Al GP successivo, in Germania, il problema si ripresentò e il campione del mondo in carica pretese di correre con una NS. HRC, suo malgrado, fu costretta a soddisfare l’amara richiesta, ma non senza difficoltà. Alcuni tecnici dovettero guidare di notte sino alla sede europea di HRC, in Belgio, per prelevare una NS che altrimenti non sarebbe stata disponibile. Infine, Spencer vinse e ripagò di tutti gli sforzi. Negli appuntamenti successivi, in Francia al Paul Ricard e in Jugoslavia a Rijeka, Freddie tornò sulla NSR e vinse ancora, a dimostrazione che in condizioni normali la V4 era la moto da battere. Nel nono round, a SPA, lo statunitense decise però di tornare nuovamente sulla NS e si prese un altro successo. Forse, dopotutto, era il pilota a vincere, più che la moto. Ad ogni modo, in quell’84 il titolo piloti andò a Eddie Lawson, che guidava una Yamaha, ma Honda portò comunque a casa il campionato costruttori grazie ai punti raccolti da Spencer (5 vittorie e un secondo posto, ma anche numerosi “zeri” che gli impedirono di giocarsi il successo finale), Mamola (3 vittorie e il secondo posto generale in campionato), e Roche. Dei piloti Honda, in realtà, l’unico ad avere a disposizione per tutta la stagione la NSR era stato appunto Spencer, e non ci corse nemmeno tutte le gare, come abbiamo visto, per cui non è corretto attribuire l’alloro costruttori ’84 interamente alla V4. Sul finire del campionato, con Spencer fuori per infortunio, la NSR fu data in mano a Mamola per il GP britannico e vinse finalmente con un secondo pilota.
Una delle prime versioni test della NSR 500, collaudata nell'83
Questa la storia della Honda NSR 500 NV0A, la prima della specie, che continuò ad evolversi per quasi vent’anni, sino all’avvento nel 2002 delle MotoGP da 990 cc a quattro tempi. Le modifiche alla NSR 500 furono continue e a tratti drastiche. Ad esempio, già la NV0B, la moto del 1985, abbandonava il layout con serbatoio sotto al motore per tornare ad una configurazione più convenzionale con carburante tra le braccia del pilota e scarichi in basso. L’abbassamento del baricentro ricercato con la NV0A era sì efficace, ma solo a serbatoio pieno; man mano che questo si svuotava il bilanciamento cambiava e di conseguenza il comportamento dinamico della moto, e ciò costringeva i piloti ad adattarsi man mano che la gara procedeva. La Honda NSR 500 V4 fu schierata al via del Motomondiale per 19 stagioni, vinse 10 titoli piloti e 10 titoli costruttori e mezzo. Diciamo “e mezzo” proprio perché in quell’84 le vittorie Honda furono spartite con la NS. Nel 1985 arrivò il primo successo Piloti con l’immancabile Spencer nell’anno della storica doppietta 500-250, poi vinse nell’87 con Wayne Gardner nei colori Rothmans, nell’89 con Eddie Lawson e nel 1994 partì la striscia di 5 mondiali consecutivi firmati Mick Doohan, fino al 1998. Nel 1999 raccolse il testimone Alex Criville e nel 2001 l’epoca d’oro della NSR 500 si concluse con il titolo di Valentino Rossi, ormai alle porte della modernità e dell’era MotoGP.
La NSR di Mick Doohan del 1995

LA CONTROPARTE A DUE CILINDRI: NSR 500 V2

Nel 1996, la NSR 500 V4, moto ultra vincente soprattutto in quel periodo grazie a Mick Doohan, fu affiancata da un nuovo progetto, la NSR 500 V2. La principale differenza, com’è facile intendere, risiedeva nel motore, che era a 2 cilindri invece che a 4. C’è da dire che Honda non era stata la prima ad inventarsi la via della 500 a due cilindri: aveva in realtà seguito la strada tracciata da Aprilia già dal 1994 con la RSW-2, per farsi trovare pronta nel caso queste moto più leggere avessero dovuto rivelarsi più competitive del previsto. Com’è risaputo, a parità di cilindrata, da un motore più frazionato si possono ottenere prestazioni migliori, e infatti la V2 ha sempre pagato un certo gap in termini di cavalleria rispetto alla V4, parliamo addirittura di una cinquantina di cavalli: nella seconda metà degli anni ’90 le NSR V4 erano arrivate a superare i 180 cavalli (avrebbero poi raggiunto i 200), mentre le V2 non arrivavano che a 135. La NSR bicilindrica presentava però alcuni vantaggi. Primo e più interessante, il costo d’acquisto per i privati, che era nettamente inferiore a quello della V4. La V2 corse la sua prima stagione solo tra le fila del team ufficiale e con i colori Repsol, ma fu in seguito destinata per lo più ai clienti che cercavano una formula conveniente per essere presenti in classe regina. Poi il peso: la V2 era di oltre 20 kg più leggera (per concessione regolamentare) rispetto alla V4, cosa che permetteva una guidabilità persino migliore e velocità di percorrenza in curva più elevate, a patto di avere pista libera davanti. 
La NSR 500 V2 spoglia delle carene
In condizioni reali di gara, però, quando spesso si guida nel mucchio e le traiettorie sono condizionate dalla presenza degli avversari, la NSR V2 si trovò più che altro a soffrire la mancanza di potenza e non riuscì mai a vincere un GP, anche se le prestazioni complessive erano soddisfacenti. Alla sua prima apparizione, Malesia ’96, conquistò la pole con Tadayuki Okada e lo stesso Okada salì tre volte sul podio e fu settimo a fine stagione. Nel ’97 la V2 ufficiale guidata da Takuma Aoki fa addirittura 5^ a fine campionato, ma venne venduta anche a team satellite come Gresini che schierò Alex Barros, 9° nella generale davanti a ben sei NSR V4. Nel ’98 e nel ’99 Sete Gibernau guidò la V2 Repsol e salì sul podio in due occasioni. La NSR 500 V2 uscì di scena a fine 2001, quando l’avvicendamento regolamentare portò alla ribalta le MotoGP a quattro tempi e sancì di fatto la morte dei motori a miscela da mezzo litro. Nel 2002 i team privati disponevano ancora di NSR a due tempi ma erano tutte V4; già queste erano in inferiorità tecnica rispetto alle nuove GP, le V2 sarebbero state semplicemente surclassate.

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