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Moto & Scooter

Honda RC 30: la storia della prima moto a vincere in Superbike

Carlo Pettinato
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Honda RC 30: la storia della prima moto a vincere in Superbike

Concettualmente derivata dalla RVF dei mondiali Endurance e F1, la VFR 750 R è passata alla storia per i primi due titoli Superbike con Fred Merkel, nel 1988 e ’89. Scopriamo com’è fatta e i suoi risultati

La storia della Honda VFR 750 R RC 30 comincia molto prima di quel luglio 1987, quando fu per la prima volta svelata agli occhi del mondo del motociclismo. L’occasione non era una qualunque, ma la leggendaria 8 Ore di Suzuka di quell’anno. Due fanaloni tondi, livrea inconfondibile, i colori HRC, cerchi bianchi a razze sottili con un inusuale posteriore da 18” e il magnifico forcellone in alluminio monobraccio. E sulla fiancata, una scritta: V4 Force. La sua genesi, per lo meno concettuale, va ricercata qualche anno addietro, in un modello prettamente da corsa che portava come sigla le stesse lettere, ma in un diverso ordine. Invece che VFR, RVF. La Honda RVF 750 era nata già nel 1985 per prendere parte al Campionato del Mondo Formula TT, una serie antesignana della Superbike istituita dopo l’uscita del Tourist Trophy dal calendario del mondiale GP, comprendente un misto di corse su strada come il TT stesso e l’Ulster GP e corse in circuito, tra gli altri a Misano, Assen, Brno e Jerez. Il regolamento della Formula TT, per la sua massima categoria, la F1, permetteva di correre con motociclette che avessero ciclistica prototipo ma motore derivato dalla serie. In casa Honda si tradusse come segue: motore a 4 cilindri a V di 90° prelevato dalla stradalissima VF 750 F e debitamente elaborato, incastonato in una ciclistica che era parente stretta di quella della NSR 500 a due tempi da Gran Premio. Insomma, il massimo che si potesse desiderare. E, in effetti, i risultati con la RVF non tardarono ad arrivare, con 5 titoli tra il 1985 e il 1990 firmati da Joey Dunlop prima e Carl Fogarty poi. Non proprio due signor nessuno. Cui a ben vedere ne vanno aggiunti altri tre di Dunlop ottenuti tra l’82 e l’84, ma questi erano arrivati in sella alle RS 1000, 850 e 750. 
Una RVF 750 da endurance pilotata da Wayne Gardner
A Honda piaceva vincere e, con l’approssimarsi di questo nuovo campionato di Superbike, da corrersi con moto totalmente derivate dalla serie, iniziò a progettare una moto espressamente con questo obiettivo. Il nome, come anticipato, faceva uso delle solite tre lettere: V, F ed R, con un’ulteriore R dopo la cilindrata a rimarcare il concetto del racing, per distinguersi dalla sorella più tranquilla VFR 750 F che già era in vendita dall’85.  

HONDA VFR 750 R RC 30: COM’È FATTA

La VFR 750 R RC 30 e la RVF condividevano diverse scelte progettuali. Per primo il motore, un V4 con inclinazione tra le bancate di 90° con le medesime misure vitali di alesaggio per corsa: 70x48,6 mm. Quello della RC 30 era un 4 cilindri con distribuzione a doppio asse a camme in testa con cascata d’ingranaggi, quattro valvole per cilindro, bielle in titanio, carter umido e cambio a 6 rapporti. Il responso del banco era di 112 cavalli all’albero a 11.000 giri. Altra soluzione comune tra le due moto era l’architettura del telaio, un’unità perimetrale in alluminio con doppio trave superiore portante. Diverso il forcellone, un tradizionale bibraccio sulla RVF, monobraccio Pro-Arm con leveraggio invece sulla RC 30. L’avantreno di quest’ultima era composto da una forcella tradizionale Showa da 43 mm regolabile, con ruota anteriore da 17”. L’impianto frenante prevedeva due dischi baffati da 310 mm di diametro e pinze Nissin a quattro pistoncini. Nel complesso la RC 30 faceva registrare un peso a secco di 185 kg. Prezzo di listino sul nostro mercato di 22 milioni di lire.
Questa, la formula di Honda per partecipare al neonato campionato, unita ad una posizione di guida tra le più estreme del segmento e doti dinamiche che prediligevano l’equilibrio generale alla performance pura. Come vedremo, una scelta azzeccata.  

E LA VERSIONE SUPERBIKE…

Per schierare la moto in griglia, però, c’era un ulteriore passaggio da sbrigare, e di quelli non secondari. Prepararla in versione SBK. Per questo, al costo di 13,5 milioni di lire, era in vendita lo speciale kit HRC, disponibile per le strutture private che volessero competere sulla scena internazionale. In effetti, nei primissimi anni del campionato Superbike, Honda non si impegnò in forma ufficiale, nonostante avesse progettato e costruito la RC 30 appositamente. Talmente appositamente che la moto era stata partorita proprio dal reparto corse di Asaka, seguendo un iter diverso da tutte le altre moto stradali, e può quindi essere a tutti gli effetti identificata come la prima homologation special. Ovvero, una moto messa in produzione e in vendita esclusivamente per ottenere la qualifica di derivata di serie e quindi l’omologazione per correre in Superbike.   Kit di preparazione HRC, dicevamo. Questo comprendeva una lunga lista di componenti, tra cui nuovi assi a camme, pezzi ultra leggeri in magnesio, impianto di scarico, freni e tanto altro. Insomma, un pacchetto di elaborazione che stravolgeva la moto e garantiva un incremento di cavalli che portava la RC 30 Superbike ad erogarne nell'evoluzione più spinta circa 150
Fred Merkel sulla Honda RC 30 di Rumi
Il compianto Baldassarre Monti, compagno di Merkel nel '90
Il compianto Baldassarre Monti, compagno di Merkel nel '90
Il compianto Baldassarre Monti, compagno di Merkel nel '90

I RISULTATI DELLA HONDA RC 30 IN SBK

Il migliore interprete della Honda RC 30 è stato e rimarrà sempre il bergamasco Oscar Rumi, titolare del team RCM, la struttura che accompagnò lo statunitense Fred Merkel ai due titoli iridati del biennio ’88-’89. Due campionati conquistati senza un netto predominio, soprattutto il primo, quando Merkel la spuntò per pochi punti su Fabrizio Pirovano e con “solamente” due vittorie di manche all’attivo. Le cronache dell’epoca riportano infatti la RC 30 non come la moto più prestante, ma come la più bilanciata, capace di vincere per costanza di risultati sua e del suo pilota di punta contro le Yamaha e le Bimota (motorizzate Yamaha) che seppero fare di meglio quanto a successi singoli ma non sulla distanza dell’intera stagione. Diverso fu il 1989, anno in cui la Honda, con Merkel, il belga Stéphane Mertens e lo spagnolo Alex Vieira, dominò il campionato.  Dal 1990 la parabola dei risultati incominciò a declinare inesorabilmente, con Merkel infortunato a metà stagione alla 8 Ore di Suzuka, dove fu costretto a correre da HRC e fu vittima di un incidente per aver perso per strada una pastiglia freno, e poi non più in grado di tenere il passo delle sempre più veloci Ducati 851 e 888. Dal 1991 al 1993 la RC 30 non vide che un singolo podio. A quel punto, per manifesta inferiorità tecnica di una moto che, in ogni caso, non era assistita ufficialmente dalla casa madre, in Honda si decise di pensionare la VFR 750 R e di sostituirla per la stagione 1994 con la nuova, in teoria, arma letale: la RVF 750 RC 45. Ma, questa, è un’altra storia.

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