Moto & Scooter
Anni Ottanta: Honda CX 650 Turbo
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Trent'anni fa si chiudeva l'età delle moto sovralimentate, la cui fama è ancora oggi leggendaria. Ma erano davvero così cattive? Erano pericolose? Lo scopriamo con un breve giretto sulla Honda CX 650 Turbo...
Che droga che è il tempo. Come le migliori sostanze stupefacenti, sa falsare i contorni della realtà. E se la nostra tossicodipendenza si chiama "motocicletta", fa addirittura ricordare tutto più veloce e straordinario. Come la Honda CX 650 Turbo, che nel 1983 era una delle più potenti moto in circolazione: sprigionava 100 CV tondi tondi, esattamente la metà della Kawasaki H2 con compressore volumetrico di cui avete appena letto.
Eppure, pur con 100 CV in meno rispetto all'attuale missile di Akashi, quella bicilindrica seppe crearsi intorno un certo alone di leggenda... Erano i primi anni 80. Mentre i quarantenni di oggi iniziavano a smanettare col Commodore Vic 20, i quarantenni di allora potevano smanettare con moto sempre più allucinogene. Vedevano schiudersi un mondo nuovo e futuribile.
Le due ruote stavano cambiando forma, arrivavano le carenature. Per i motori venivano esplorati nuovi schemi. Bisognava sbalordire, a tutti i costi. E così, tra le tantissime strade intraprese nella tecnica - molte abbandonate in fretta - ci fu anche quella del turbo.
Honda fu la prima. Nel 1981. Era partita dalla CX 500, una bicilindrica da turismo oggi ricordata più che altro per l'eccellente affidabilità: risolti i problemi della primissima serie del 1978, si dimostrò un vero "mulo". Già di suo quella moto aveva un motore piuttosto complicato: era un V2 trasversale (come sulle Moto Guzzi) con i cilindri leggermente ruotati e inglobati nel basamento. Teste a 4 valvole e raffreddamento a liquido, che a quei tempi non erano da tutti.
Ebbene, partendo da quel robusto motore da 50 CV, nel 1981 Honda sfornò la CX 500 Turbo da 82 CV. La turbina era posizionata nella V (di 80°) dei cilindri, mentre l'alimentazione era addirittura a iniezione, gestita da un centralina tanto sofisticata quanto ingombrante e costosa.
Naturalmente tutta la moto era nuova, con forme da astronave e una ciclistica con numerose innovazioni, come l'adozione del monoammortizzatore. Honda aveva bruciato tutti, ma già dal 1982 iniziarono ad arrivare le altre giapponesi Turbo, tutte a 4 cilindri: la Suzuki XN 85, la Yamaha XJ 650 Seca e la Kawasaki GPz 750, che alzava l'asticella a quota 112 CV!
Honda corse ai ripari con la CX 650 Turbo da 100 CV a 8.000 giri e ben 10 kgm di coppia a 4.500 giri. Rispetto alla 500, era meno "cattiva": un po' per la maggior cilindrata, un po' per la messa a punto, era più fluida. Venne prodotta fino al 1985. In quattro anni l'era del turbo era già finita.
Sono passati 30 anni e fuori dalla redazione mi aspetta proprio una CX 650 Turbo del 1983, per un breve giretto. È tempo di scrivere al presente e in prima persona. Non ho mai guidato una moto sovralimentata, ma ne ho sentite dire tante: l'entrata del turbo terrificante, o il suo temibile ritardo nella risposta. Ma la curiosità di provarla è troppa.
Vado su quella stradona dritta di periferia, lunga abbastanza per tirare delle marce. Ok, è il posto giusto. Duemila, tremila, quattromila, cinquemila giri, lui spinge regolare. Ce ne è abbastanza per andare svelti. Mollo. Mi pare di percepire un certo effetto volano, in rilascio. Per il resto il V2 romba fluido e cupo come me lo ricordavo (ho posseduto una CX 500 aspirata).
Nel sound c'è un qualcosa di sibilante, o forse è solo suggestione? Riprendo. Succede qualcosa di strano. Nel cruscotto si accendono dei led verdi: è la pressione del turbo. Ci siamo. Da seimila a ottomila la lancetta del contagiri sale più in fretta. Come una bella entrata in coppia. A novemila è già tempo di cambiar marcia. Morale della favola, la leggendaria Turbo non si è impennata, non mi ha sbalzato via, non mi ha buttato fuori strada. Un'erogazione appuntita, ma nulla di più.
Piuttosto, tra le curve bisogna fare i conti con la girante, che nei tratti a gas chiuso cala di giri, per poi risalire (e dare quindi pressione e potenza) con un certo ritardo, comunque gestibile dopo averci preso le misure e guidando al trotto. Nulla di drammatico. Mi spavento, invece, quando tento una staccata e due pieghe. I freni sono modulabili ma la potenza è quel che è, mentre in una esse le sospensioni letteralmente si contorcono: il davanti non sa più quel che fa il dietro... e in accelerazione a moto inclinata mi coglie un subdolo serpeggiamento.
Ecco, a voler tentare di andar forte tra le curve, la CX 650 Turbo si fa difficile. Anche pericolosa, direi, come del resto lo erano molte giapponesi del tempo, viste con gli occhi di oggi. Ecco perché, con quelle ciclistiche e con le gomme che c'erano 30 anni fa, 100 CV potevano far leggenda.
Eppure, pur con 100 CV in meno rispetto all'attuale missile di Akashi, quella bicilindrica seppe crearsi intorno un certo alone di leggenda... Erano i primi anni 80. Mentre i quarantenni di oggi iniziavano a smanettare col Commodore Vic 20, i quarantenni di allora potevano smanettare con moto sempre più allucinogene. Vedevano schiudersi un mondo nuovo e futuribile.
Le due ruote stavano cambiando forma, arrivavano le carenature. Per i motori venivano esplorati nuovi schemi. Bisognava sbalordire, a tutti i costi. E così, tra le tantissime strade intraprese nella tecnica - molte abbandonate in fretta - ci fu anche quella del turbo.
Honda fu la prima. Nel 1981. Era partita dalla CX 500, una bicilindrica da turismo oggi ricordata più che altro per l'eccellente affidabilità: risolti i problemi della primissima serie del 1978, si dimostrò un vero "mulo". Già di suo quella moto aveva un motore piuttosto complicato: era un V2 trasversale (come sulle Moto Guzzi) con i cilindri leggermente ruotati e inglobati nel basamento. Teste a 4 valvole e raffreddamento a liquido, che a quei tempi non erano da tutti.
Ebbene, partendo da quel robusto motore da 50 CV, nel 1981 Honda sfornò la CX 500 Turbo da 82 CV. La turbina era posizionata nella V (di 80°) dei cilindri, mentre l'alimentazione era addirittura a iniezione, gestita da un centralina tanto sofisticata quanto ingombrante e costosa.
Naturalmente tutta la moto era nuova, con forme da astronave e una ciclistica con numerose innovazioni, come l'adozione del monoammortizzatore. Honda aveva bruciato tutti, ma già dal 1982 iniziarono ad arrivare le altre giapponesi Turbo, tutte a 4 cilindri: la Suzuki XN 85, la Yamaha XJ 650 Seca e la Kawasaki GPz 750, che alzava l'asticella a quota 112 CV!
Honda corse ai ripari con la CX 650 Turbo da 100 CV a 8.000 giri e ben 10 kgm di coppia a 4.500 giri. Rispetto alla 500, era meno "cattiva": un po' per la maggior cilindrata, un po' per la messa a punto, era più fluida. Venne prodotta fino al 1985. In quattro anni l'era del turbo era già finita.
Sono passati 30 anni e fuori dalla redazione mi aspetta proprio una CX 650 Turbo del 1983, per un breve giretto. È tempo di scrivere al presente e in prima persona. Non ho mai guidato una moto sovralimentata, ma ne ho sentite dire tante: l'entrata del turbo terrificante, o il suo temibile ritardo nella risposta. Ma la curiosità di provarla è troppa.
Vado su quella stradona dritta di periferia, lunga abbastanza per tirare delle marce. Ok, è il posto giusto. Duemila, tremila, quattromila, cinquemila giri, lui spinge regolare. Ce ne è abbastanza per andare svelti. Mollo. Mi pare di percepire un certo effetto volano, in rilascio. Per il resto il V2 romba fluido e cupo come me lo ricordavo (ho posseduto una CX 500 aspirata).
Nel sound c'è un qualcosa di sibilante, o forse è solo suggestione? Riprendo. Succede qualcosa di strano. Nel cruscotto si accendono dei led verdi: è la pressione del turbo. Ci siamo. Da seimila a ottomila la lancetta del contagiri sale più in fretta. Come una bella entrata in coppia. A novemila è già tempo di cambiar marcia. Morale della favola, la leggendaria Turbo non si è impennata, non mi ha sbalzato via, non mi ha buttato fuori strada. Un'erogazione appuntita, ma nulla di più.
Piuttosto, tra le curve bisogna fare i conti con la girante, che nei tratti a gas chiuso cala di giri, per poi risalire (e dare quindi pressione e potenza) con un certo ritardo, comunque gestibile dopo averci preso le misure e guidando al trotto. Nulla di drammatico. Mi spavento, invece, quando tento una staccata e due pieghe. I freni sono modulabili ma la potenza è quel che è, mentre in una esse le sospensioni letteralmente si contorcono: il davanti non sa più quel che fa il dietro... e in accelerazione a moto inclinata mi coglie un subdolo serpeggiamento.
Ecco, a voler tentare di andar forte tra le curve, la CX 650 Turbo si fa difficile. Anche pericolosa, direi, come del resto lo erano molte giapponesi del tempo, viste con gli occhi di oggi. Ecco perché, con quelle ciclistiche e con le gomme che c'erano 30 anni fa, 100 CV potevano far leggenda.
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