Attualità
LML riparte (ancora) dall’Italia
Il brand indiano noto per aver tenuto in vita la Vespa PX dopo il pensionamento da parte di Piaggio torna alla ribalta, con uno scooter elettrico progettato da un pool di aziende italiane
Che fine ha fatto LML, l’azienda indiana che una quindicina di anni fa arrivò ad avere anche da noi un buon successo con le sue Vespa ribattezzate Star?
La risposta breve è che ha chiuso per dissesto finanziario nel 2017. Ma la storia di LML è tutt’altro che finita, e si appresta ora ad aprire un nuovo capitolo che prende le mosse ancora una volta dall’Italia… ma in modo completamente diverso.
L'epopea della Vespa indiana
LML, nata nel 1972 come produttore di macchinari per l’industria tessile, inizia la sua avventura con lo scooter nel 1983, quando Piaggio la sceglie per costituire una joint-venture che la riporti sul mercato indiano dopo che il precedente accordo con Bajaj era cessato fin dal 1971.
LML inizia a produrre i veicoli più richiesti sul mercato indiano: un tre ruote tipo Ape con motore 100 2T e scooter, soprattutto Vespa PX prodotta con stampi forniti da Piaggio, ma anche cloni della T5 e della Cosa. La joint venture ha un buon successo, e alla fine degli Anni 90 LML è il secondo produttore indiano di scooter dietro a Bajaj, con oltre 300.000 veicoli commercializzati ogni anno. La collaborazione con Piaggio cessa nel 1999, LML rileva gli stampi e i diritti di produzione ma non ovviamente i nomi commerciali, così ribattezza il suo scooter Star e continua a produrlo, accanto ad altre motoleggere e scooter costruiti sempre su licenza.
Dal successo al dissesto
Nelle versioni più ricche, la Star è anche esportata all’estero: Stati Uniti, Nuova Zelanda e anche in Italia, dove la Star Deluxe arriva nel 2001 nelle due cilindrate 125 e 150, sempre 2T. Ha un successo limitato, ma le cose cambiano quando nel 2008 la Piaggio decide di interrompere la produzione della Vespa PX con l'entrata in vigore della normativa Euro 3. La Star Deluxe viene invece omologata Euro3 e va a soddisfare la domanda dell’ampia fascia di nostalgici del “Vespone”.
Giocando sull’effetto-nostalgia, amplificato da intelligenti scelte cromatiche, dotazioni più ricche e buone dotazioni tecniche (il pacco lamellare al posto della valvola rotante, un carburatore elettronico, un catalizzatore più efficiente) che culminano nell’arrivo di una versione 4T alla fine del 2009, con telaio misto scocca portante-telaio in tubi posteriore, motore più centrale e fissato con silent-block.
Dal 2013 arriva una versione 4T con variatore che coniuga l’estetica della Vespa PX con la meccanica contemporanea, ma nonostante le buone prospettive in Italia l’azienda fatica in patria, dove realizza la parte di gran lunga maggiore del fatturato, e come detto chiude i battenti per dissesto finanziario nel 2017.
Il ritorno
Arriviamo al 2023, 40 anni dopo la joint-venture con Piaggio. Il marchio LML è ancora conosciuto e rispettato, soprattutto in India, ed SG Corporate Mobility, parte di un grande gruppo già attivo nelle telecomunicazioni, decide di rilevarlo e rilanciarlo. Il processo parte nel 2019, ancora una volta con un forte coinvolgimento dell’Italia a cui la nuova proprietà si rivolge per progettare da zero una Star al passo con i tempi, quindi inevitabilmente elettrica.
Tra le nostre tante aziende fornitrici di design, a spuntarla è ANYMA design, realtà recente ma solida guidata dalle visioni complementari del car designer Carlo Bonzanigo (già responsabile del design Pininfarina e dell'Advanced Design di Citroën), del bike designer Lorenzo Naddei (già attivo nei centri stile di Piaggio e Ducati e più tardi fondatore di Q-ID Industrial Design) e della industrial designer Francesca Cester (già lead designer per De Longhi).
Dall'India all'Italia - e ritorno
ANYMA design convince gli indiani con una combinazione piuttosto rara tra flessibilità, reattività e capacità di sviluppare il progetto a 360°: non solo dal lato design ma anche da quello dell’ingegneria potendo contare sul supporto di altre due aziende italiane: SPM Engineering, società di ingegneria motociclistica con 45 anni di esperienza e all’attivo collaborazioni con i più importanti brand italiani ed internazionali e GP Engineering, la società di Giuseppe Ghezzi ben noto come fondatore e anima tecnica del marchio Ghezzi&Brian. Per interpretare al meglio le esigenze di un veicolo destinato a un mercato complesso come quello indiano, della squadra fa parte anche una società indiana, Desmania design.
Pur con un progetto “chiavi in mano” – stile, ciclistica, dinamica di guida – il tassello mancante per il rilancio di LML è la capacità industriale: la nuova proprietà lo risolve acquisendo, a settembre 2022, il modernissimo stabilimento Harley-Davidson a Gurgaon, abbandonato quando Milwaukee ha preferito sviluppare una joint-venture con Hero anziché operare in solitudine.
Nuova identità
Per LML, dopo il grande successo ottenuto nei decenni scorsi riprendendo progetti da altri (oltre a Piaggio anche Benelli e Daelim), si annuncia insomma un passaggio epocale: fare tutto in casa. Questo comporta una riflessione sull’identità del marchio e sull'impostazione scelta per la nuova Star, che si discosta da quella dei brand indiani anche premium: stile meno heritage e più moderno e molte soluzioni originali – a volte mutuate dal mondo auto – come il display frontale per far comunicare il veicolo con l’esterno, le telecamere anteriore e posteriore, il sistema di navigazione aptico (per non distrarre chi guida fa vibrare la manopola destra o sinistra in corrispondenza delle svolte) o la sella regolabile con un tasto, come i sedili di un’auto.
Decisamente tanti contenuti per un veicolo che avrà inevitabilmente anche un prezzo aggressivo, perlomeno se riportato al nostro mercato. La sostanza resta quella di uno scooter elettrico con buone caratteristiche dinamiche (baricentro basso, motore centrale e finale a cinghia), dallo stile contemporaneo e con una sua identità, che sicuramente non rimanda più al linguaggio formale Piaggio ma nemmeno a quello dei tanti competitor cinesi.
Quarant'anni dopo
Già presentata in India, la Star electric verrà lanciata all’Auto Expo 2023 di Nuova Delhi che inizierà il prossimo 13 gennaio. Lo scooter dovrebbe poi arrivare sul mercato indiano nella seconda metà del 2023, e non è naturalmente escluso che possa arrivare in Europa in tempi relativamente brevi. Quarant’anni dopo la prima Vespa prodotta da LML, il matrimonio tra India e Italia si arricchisce di un nuovo, sorprendente capitolo.
Intervista: Lorenzo Naddei, Anyma Design
Co-fondatore di Anyma Design, Lorenzo Naddei è l’anima “motociclistica” del gruppo avendo lavorato per Piaggio e Ducati prima di fondare Q-id design, azienda che fino al 2020 ha collaborato tra l’altro con le più grandi aziende della Motor Valley italiana, in campo sia moto che auto.
Lorenzo, come è nato il rapporto con LML?
“Il rapporto con LML risale a molto indietro nel tempo, fin da quando lavoravo in Piaggio e poi con Q-id. La collaborazione è stata solida da subito: da sempre LML ha sangue italiano ma anche una visione internazionale, e siamo ben felici di essere stati chiamati per riportare il marchio dove merita. Per farlo abbiamo puntato su un nuovo concetto di collaborazione, mettendo a disposizione un gruppo di aziende di grandissima esperienza che ha scelto di lavorare insieme per promuovere al meglio le competenze e metodologie italiane, ma con una flessibilità e freschezza di processo non comuni e l’appoggio di una design company indiana per avere la migliore comprensione del mercato locale”.
La cosa più facile da pensare è che, per sfruttare il traino di immagine della Star 4T, la nuova Star sarebbe stata un tripudio di citazioni Vespa delle generazioni recenti, dalla ET4 alla elettrica. Invece se ne discosta completamente.
“La decisione è figlia di una attenta analisi del mercato e del brand. La nuova proprietà sa di avere in mano un brand di grande valore: con Royal Enfield, LML è ancora oggi l’unico costruttore indiano ad avere notorietà internazionale. Inoltre è sempre stato innovativo se lo rapportiamo al contesto indiano: negli Anni 80 la tecnologia Piaggio era per loro avanzata, e in tempi più recenti la hanno sviluppata come nessun altro con il carburatore elettronico, il motore 4T, il telaio misto scocca-tubi e via dicendo. Per questo abbiamo deciso di discostarci dal design attualmente prevalente in India e di puntare a uno stile contemporaneo”.
Ma esiste già un design indiano?
“La cultura del design in India è relativamente recente, lo stile interno si sta sviluppando ma già con buoni frutti, come si vede in campo auto. Al momento hanno molte influenze esterne, legate alla presenza storica di aziende straniere: hanno però già un gusto loro, ad esempio la qualità percepita è molto importante e si traduce ad esempio nell’abbondanza di cromature, nella qualità della verniciatura. I prodotti indiani possono non piacere ma non sono sicuramente prodotti asettici. Desmania ha dato un grande apporto per permetterci di trovare le proporzioni più attraenti per il mercato locale, che sono diverse dalle nostre, anche se il risultato finale, come volevamo, non ha niente a che vedere con la produzione né europea né indiana”.
Lo stile italiano è molto apprezzato in Oriente: è così anche in India?
“Sì. L’india è un paese con una cultura millenaria, una fortissima sensibilità artistica e, proprio come l’Italia, una tradizione artigianale di altissimo spessore. Il design indiano affonda le sue radici in questa ricchezza e sensibilità, e per questo motivo ama integrarsi con culture simili, come la nostra. Poi certo, nel caso delle due ruote hanno una visione meno legata alla moda, alla passione, allo status; per loro la moto è un bisogno quasi primario, e si vuole avere qualcosa di più vicino possibile alla propria persona, con cui si passa tantissimo tempo. Diventa qualcosa di familiare, e abbiamo cercato di rispettare questo aspetto”.
Voi lavorate anche con aziende cinesi. Che differenza avete trovato tra India e Cina?
“Entrambi i Paesi utilizzano i veicoli a 2 ruote in modo decisamente più massivo del mondo occidentale, con vendite gigantesche anche se confrontate con quelle dell’intera Europa. Ci sono grandi similitudini ed entrambi i Paesi stanno investendo tantissimo nel futuro elettrico, compresa la rete di ricarica. La struttura monolitica della Cina rende più semplice il contesto in cui si opera e più veloci le decisioni rispetto all’India, che è uno Stato federale e democratico. Credo però che la vera differenza sia nella presenza o meno di una forte tradizione nelle due ruote: in Cina questa tradizione non c’è, e questo fa sì che le aziende siano molto indirizzate verso l’innovazione perché non hanno nulla da conservare; l’India invece ha una vicenda storico-industriale simile alla nostra, che automaticamente la rende un po’ più conservatrice, prudente nello stravolgere, pur se anche lei sta accelerando tanto di fronte agli enormi problemi ambientali che affronta”.
E nel rapporto con loro?
“Nello sviluppo di un progetto il rapporto con l’India è più simbiotico: è una cultura più affine alla nostra, alla fine è indoeuropea; le aziende cinesi sono più distaccate, legate al business; ma questo le rende a volte anche più efficienti. Il cinese ambisce ad essere più indipendente possibile prima possibile, l’India ha meno remore a chiedere supporto di lungo periodo, forse anche per la loro eredità anglosassone. Di sicuro entrambi i Paesi sembrano avere oggi una marcia in più rispetto alla prudenza delle aziende occidentali, come si è visto chiaramente anche nelle ultime edizioni di Eicma”.
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