I viaggi dei lettori
SlowRidingEurope 2011: seconda parte
Li avevamo lasciati a Bilbao: ora i nostri amici proseguono il loro viaggio in scooter e tornano verso casa costeggiando i Pirenei e attraversando la Francia del sud fino alla Provenza
Giorno 9, lunedì 8 agosto: Bilbao, Pamplona, Roncisvalle, St. Jean Pied de Port – 234 Km
Partiamo da Bilbao in una mattina grigia.
Anche la foto di rito davanti al museo sembrerà scadente e poco entusiasmante: sarà forse perché abbiamo sbagliato strada e invece di arrivare al livello "alto", quello del "cane/gatto" di fiori, ci troviamo all'altezza del ristorante al pianterreno.
La strada in uscita da Bilbao è un'ampia carrozzabile, ma subito diventa autostrada.
Nubi scurissime si addensano all'orizzonte e l'aria si fa fredda e pungente. Quando ci fermiamo per un caffè ci sono solo 13 gradi!
Questa è la pianura della Navarra, dove in questo periodo dell'anno di solito ci sono almeno 40 gradi!
Questo è il tratto del nostro viaggio che più temevo, per il sole e per il caldo che di solito rendono difficile la vita ai motociclisti ben bardati da viaggio, (guanti-casco-giubbotto con protezioni).
E invece siamo costretti ad indossare tutto il nostro risicato abbigliamento "da freddo": maglioncino termico a collo alto, felpona di pile, scaldacollo infilato in testa, giubbotto, e sopra, la tuta da pioggia, quella cosa orrenda che non avremmo mai voluto mettere, ma che siamo costretti ad indossare visto che ha pure cominciato a piovere una fastidiosa pioggerellina fina fina, che ti entra nelle ossa e ti congela.
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Nota interessante: sulla piazza c'è un comodo e pulito bagno pubblico!
Nonostante la tentazione di andare per tapas sia forte, abbiamo ancora davanti le rampe di Roncisvalle, che nel nostro immaginario, stimolato dalle descrizioni dei blogger consultate alla partenza, temiamo essere terribili.
E invece, dopo un'ora di salita, tra curve dolcissime, boschi di latifoglie di un verde assoluto, con una splendida strada dal manto perfetto, frequentata da tantissimi turisti e pellegrini in bicicletta, arriviamo al passo.
E qui ci fermiamo all'ostello dei pellegrini, a consumare un meraviglioso panino al prosciutto crudo (tagliato grosso come piace a noi) dal prezzo molto conveniente , con un bel tè caldo per riscaldarci e seduti al sole a riposarci.
Scambiamo due chiacchiere con due ragazzi italiani. Sono partiti stamattina dalla Francia, e dopo 25 km a piedi, tra salite non certo riposanti sono arrivati in cima e ora si godono anche loro sole e riposo.
Sono stupiti del nostro viaggiare in Vespa, ma mai quanto noi nel sentire che sono all'inizio del lunghissimo cammino di Santiago: da qui sono 790km, e loro stessi non sanno bene fin dove arriveranno sul cammino, se si fermeranno prima, se taglieranno qualche tappa…
C'è tutta questa comunità di camminatori che ruota intorno al passo di Roncisvalle.
Il pensiero va alla motivazione che li spinge: fede, desiderio di avventura, voglia d amicizie nuove, una sfida contro se stessi…
Difficile dirlo, anche per chi lo sta facendo. Certo sono tanti: l'ostello è pieno, e ancora (sono circa le 15.30) è un continuo arrivare di gente dalla Francia.
Visitiamo velocemente il sito, un complesso monastico con una chiesa gotica, la Real Colegiata di Santa Maria del XIII secolo e ci fermiamo sul cippo che ricorda la battaglia di Roncisvalle: la memoria va ai libri del Liceo, e il nome di Orlando,e dei suoi paladini.
Vero che la nostra vespa non ha un pieno così voluminoso (5,5 l) da evidenziare un effettivo risparmio, ma tant'è, questa è l'abitudine.
Arriviamo a St.Jean Pied de Port mentre, verso le cinque di sera, si sta smontando il mercato del lunedì e il caos è totale.
Il nostro albergo (Hotel Ramuntcho) si trova dentro la cerchia delle mura e lo troviamo con una certa difficoltà, ma solo perchè le strade sono bloccate dalla folla, dalle auto, dai camion, dai furgoni.
La camera è carina, e finalmente è uscito un sole caldo e bellissimo.
Facciamo due passi per il paese, letteralmente invaso da turisti e pellegrini.
Ovunque ci sono cartelli di affittacamere (molti già al completo), e il punto di assistenza dei pellegrini del Cammino ha una lunga coda di persone in attesa del loro turno.
La cena è buona, senza essere particolarmente memorabile, ma forse siamo noi che siamo diventati troppo esigenti.
Una delle tappe più belle dal punto di vista del paesaggio.
Non ci si crederebbe, non ce lo si aspetta. La discesa dai Pirenei ci accoglie in una mattina limpida, tersa e soleggiata.
La strada si sviluppa, perfetta, tra campi verdissimi, che accolgono mucche placide.
Sullo sfondo, verso destra i Pirenei si alzano, con vette ancora coperte di nuvole, ma qui il tempo è splendido.
I paesini che attraversiamo o che vediamo in lontananza sono bellissimi, di case bianche dai tetti rossi, giardini curatissimi, e ovunque campi, mucche, un contadino che cammina, un cane che corre, sembra la Svizzera, sembra l'Austria, ma la luce è quella del sud della Francia ed è molto più bello!
È tutto molto pulito e molto ordinato, e i colori sono vivaci, lucidi, chiari, e la sensazione predominante è un "sense of wonder" che ti fa pensare che questo sia davvero il posto più bello del mondo.
Siamo a 20 km dalle vette dei Pirenei, e a pochi km in più ci sono le spiagge di St.Jean de Luz e Biarritz che abbiamo lasciato qualche giorno fa.
Davvero invidiamo gli abitanti della bellissima regione basca francese.
Lourdes è un "Disneylourdes"! Tanti, troppi negozi e negozietti di souvenir, tanti, troppi turisti.
La chiesa è costruita con guglie e pinnacoli e ricci e frizzi degni, appunto, del castello di Cenerentola.
Ma nell'aria, anche per chi non crede o crede poco, come noi, non si può non avvertire la presenza di una fede profonda, quella fede che fa venire qui pellegrini da tutto il mondo, (persino un gruppo di maori!), che portano i loro ammalati, sperando in una guarigione soprannaturale, dove la scienza medica umana fallisce e ritira la mano.
Ci mettiamo in coda anche noi, per visitare la grotta, e anche noi beviamo l'acqua della fonte, e ne raccoglierò un paio di bottigliette, una per mia madre, e l'altra per il figlio malatissimo di una cara amica, perché anche se la mia fede non è un granchè, la loro è profonda, e magari a loro farà bene.
Lasciamo Lourdes, e di nuovo ci troviamo in giro tra strade secondarie, e comunque ben tenute.
Teniamo sempre i Pirenei sulla destra, mentre ci addentriamo in un dolcissimo paesaggio collinare, fermandoci di quando in quando a fotografare un'abbazia, una chiesetta, un castello. Ogni angolo di strada, ogni curva, ha uno scorcio di panorama "impossibilmente bello" ed è un peccato solo che sia un po' nuvoloso.
Così, quando arriviamo all'hotel, che ha una bella piscina, non possiamo sfruttare l'occasione per una rilassante nuotata, perché fa davvero freddo.
E' divertente osservare la nostra piccolissima vespa parcheggiata accanto alle enormi moto gran turismo nella zona del parcheggio dell'hotel.
L'hotel Eychenne è una stazione di posta del 1800, e ha mantenuto la struttura originale, gli arredi, i decori.
La sala da pranzo è di grandissimo charme, come la cena di altissimo livello, anche se a base di piatti tradizionali (filetto di vitello e magret di canard).
La camera, invece, si rivelerà rumorosa, poco isolata acusticamente dalle camere vicine (e avremo un discreto sonoro delle evoluzioni amorose della coppia accanto…), ma, soprattutto, con il pavimento inclinato, e di conseguenza, con il letto inclinato, per giunta piccolo come solo un letto francese può essere.
Sarà una notte dura e poco riposante, almeno per me.
Dopo cena il paesino di St. Girons si rivelerà più grazioso di quanto ci si aspetterebbe, con la bella chiesa medioevale di Saint-Valier con campanile a vela, purtroppo chiusa, e un dedalo di viuzze intorno.
Ma non ci sarà tempo, domani, di visitarla: ci aspetta Carcassone con la sua cittadella.
Siamo tra gli ultimi a partire stamattina tra quanti, in moto, hanno pernottato qui. Resta una coppia di italiani su un'enorme Gold Wing, che si appresta a cercare la strada per Andorra attraverso i Pirenei.
Per noi, oggi, sarà una tappa breve e piacevole. Sotto un cielo terso seguiamo il Tom Tom che ci guida per strade secondarie attraverso infiniti vigneti.
Peccato non avere una penna, non potersi fermare e segnarsi il nome delle aziende vinicole. A perdita d'occhio vigneti carichi di grappoli in maturazione, una fila dopo l'altra.
E sempre, sullo sfondo, sempre più lontane, le vette dei Pirenei.
Arrivati a Carcassone, ci accorgiamo di aver commesso un errore nel prenotare l'hotel: l'hotel Montsegur si trova ai bordi della città vecchia, non della cittadella: questa si trova a circa 2 km di distanza, oltre il fiume.
Non sarà comunque un problema, anzi lo prenderemo come un'occasione per fare due passi tra la struttura regolare della città vecchia.
L'hotel è carino, anche se ha una particolarità curiosa: il WC è separato, fisicamente, dal resto del bagno.
Si fa pipì e poi si attraversa la camera da letto per lavarsi la faccia. Davvero bizzarro.
E' presto quando arriviamo in vista delle cittadella fortificata, e ci lasciamo prendere dall'entusiasmo per questa possente costruzione.
Anche se ripetutamente rimaneggiata, soltanto le sezioni inferiori delle mura sono originali, l'aspetto è quello di un borgo fortificato medioevale di rara forza e possanza, sono ben 52 le torri di pietra che svettano sui bastioni.
E' bellissimo perdersi tra le vie lastricate. Peccato faccia così caldo e ci siano così tanti turisti. Sono le 15 quando ci fermiamo per pranzo: il ristorante però ha chiuso la cucina e ci accontentiamo (si fa per dire), di una fetta di dolce col caffè.
Passeremo il resto della giornata a zonzo, visitando la cattedrale e godendo gli spettacoli dei numerosi artisti di strada che si esibiscono, talentuosi, tra le vie e le piazzette.
Con un po' di circospezione affrontiamo, per cena, un piatto tipico, non propriamente estivo: la cassoulette, uno stufato di fagioli, salsicce e l'immancabile canard, che nonostante i nostri timori si rivela gustoso appetitoso e non ci appesantisce più di tanto.
Saranno i 2 km a piedi per tornare in albergo a farci digerire tutto.
Giorno 12, giovedì 11 agosto: Carcassone, AiguesMortes, Gordes (Senancole) – 297 Km
E' una delle tappe più lunghe e faticose, e già dalla sera prima avevamo iniziato a preoccuparci.
Il caldo è intenso, il sole splende. Attraversiamo strade trafficate, ma a poco a poco la pianura delle bocche del Rodano si apre ai nostri piedi.
Giungiamo in prossimità della Camargue, ed è la laguna di Sete che ci stupisce con le sue innumerevoli file di coltivazioni di frutti di mare.
Il paese si staglia in lontananza, tra i bagliori del sole che si riflettono sulla laguna.
Seguiamo la strada che porta verso il mare, senza però raggiungerlo.
C'è molto traffico, e tanti turisti diretti alle spiagge. Molto frequenti sono i venditori di frutta "ambulanti". Compriamo un chilo di albicocche dolcissime e saporite al prezzo incredibile di 1 €.
E la proprietaria ce le lava anche per consentirci di mangiarle lì, subito.
Sentiamo la mancanza di un posto capiente dove mettere la roba e ci piacerebbe tanto comprare anche pesche e meloni dall'aria davvero invitante: però siamo in vespa, e anche questo fa parte del gioco. Proseguiamo costeggiando la laguna e vediamo gruppi di fenicotteri rosa e altri limicoli.
Ad Aigues Mortes, cittadella fortificata del XIII secolo, sul limitare della palude, troviamo la solita folla di vacanzieri.
La città è una replica di Carcassonne, anche se le manca la stessa grandiosità. In una piazza bellissima, Place Saint-Louis, si affacciano ristorantini e brasserie, che servono incredibili piatti di pesce, crostacei e frutti di mare, addobbati come torte nuziali su piatti sovrapposti ed alzatine.
Noi prendiamo le immancabili moule mariniere, che ci verranno presentate naviganti nel burro (sic!) e fritto di sogliole e triglie.
Ripartiamo in pieno assolato pomeriggio, e la strada, adesso, diventa davvero noiosa: file e file di camion, e auto.
Un traffico davvero intenso, particolarmente fastidioso per la nostra vespettina, che non ce la fa a sorpassare e viene spesso sfiorata, con grande rischio, dai diversi veicoli.
E' con grande sollievo che giungiamo in hotel. Il Mas della Senancole è un hotel davvero sciccoso, e ci godiamo, oggi sì, una nuotata in piscina, mentre il sole cala, e l'aria rinfresca.
La cena, al ristorante l'Estellan, annesso all'Hotel, sarà superba, con una serie di portate di altissima cucina, pur nella loro semplicità: gaspacho e merluzzo, e per finire un dolce commovente.
Dopo cena, un po' per la stanchezza, un po' perché non c'è proprio nulla da fare e da vedere fuori dall'hotel (siamo in mezzo alla campagna) ce ne torniamo in camera, dimenticandoci completamente che stasera è la notte di San Lorenzo e ci sono le stelle cadenti. Che peccato!
Eravamo nel posto giusto per vederle, ma forse eravamo troppo stanchi per meritarle.
Oggi tappa corta. Il che ci consente di utilizzare la mattinata per visitare due dei luoghi più caratteristici della Provenza, scelti in anticipo, nella programmazione di questo viaggio, perché, a detta di tutti, blogger e autori di guide "ufficiali", si tratta di luoghi che rappresentano la peculiarità della Provenza.
Il primo è l'abbazia di Senanque. Dopo un ripido percorso tra ulivi, su declivi scoscesi e spogli, si scende infine nella stretta valle della Senanque, dove sorge l'antica abbazia.
Questa, tuttora abitata dai monaci, può essere visitata, con l'accompagnamento di una guida, purchè si disponga di un abbigliamento consono (no calzoncini e canottiera!) e durante il rigoroso orario di visita, studiato apposta per non recare disturbo ai monaci.
Dinanzi e tutto intorno all'abbazia si stendono i campi di lavanda, ahimè, già raccolta in questo periodo dell'anno.
E tuttavia ovunque aleggia fortissimo il suo profumo.
In lontananza, su di un campo un po' discosto, ci sono operai ancora intenti al lavoro nel campo di lavanda e non è chiaro cosa stiano facendo, ma l'armonia di quei gesti giunge sino a noi.
Meno interessante, nonostante i pareri delle guide lo avessero caldamente consigliata, è la visita al negozio: pochi i prodotti dell'Abbazia e molti, invece, quelli più commerciali che si possono trovare un po' ovunque, in qualsiasi negozio di ricordi.
Dopo l'abbazia andiamo a Gordes, descritto come uno dei più bei villaggi di Francia.
Il paese merita la sua fama, nonostante il traffico sia intenso e sia stracolmo di turisti.
Il paesino si snoda intorno ad un colle aguzzo, con stradine pedonali ed è tutto un saliscendi e, appena fuori le mura, si affaccia un panorama meraviglioso sulla pianura che porta al mare.
Nel tornare verso la vespa, parcheggiata sotto il torrione principale all'ingresso del paese (e di nuovo che bello avere una piccola vespa e poterla parcheggiare ovunque!) incrociamo un gruppo di motociclisti spagnoli, che ci salutano con entusiasmo, stupiti per la nostra "impresa".
Partiamo alla volta di Aix en Provence, e troviamo l'hotel al limite della zona pedonale.
L'hotel Artea è davvero particolare: sulla strada c'è solo un portone; salendo le scale, al primo piano si incontra la reception, e le camere sono tutte su questo e sul piano successivo.
La scalinata è decorata con affreschi trompe l'oeil.
La camera, anche se affacciata su boulevard de la Republique, una delle arterie principali, è silenziosissima: qui l'insonorizzazione è perfetta.
Usciamo subito per recarci alla città vecchia, dove ci mangiamo un bel panino al volo, per strada. La lettura dei blog e delle guide ci avevano fatto pensare ad una città bellissima.
Ci aspetta una cittadina molto solare, vivacissima, piena di negozi, ma al di sotto delle nostre aspettative.
Ci sono troppi turisti (forse perché siamo praticamente a ferragosto!), c'è folla ovunque, i negozi sono belli, sì, ma ci sembra che spesso ciò che viene presentato come tipico, in realtà sia solo apparenza.
Anche i negozi di griffe alla moda non ci sembrano un granchè.
In generale sembra tutto piuttosto artefatto, e decidiamo che forse agosto non è il mese più indicato per gustare l'armonia della città.
Seguiamo le tracce di Cezanne, evidenziate dalle borchie in ottone con la C che percorrono tutte le strade della città, e scopriamo la cattedrale (di fronte alla facoltà di economia dove studiò), bella struttura formatasi per sovrapposizioni stilistiche successive dal romanico, al gotico, al tardo gotico.
Troviamo la bella chiesa dei cavalieri di Malta, con la duplice torre a significare l'aspetto guerriero dei cavalieri, la fontana dei delfini, non appariscente, ma carina.
Percorriamo più volte il Course de Mirabeau, con i suoi negozi, i suoi locali, e, più tardi, le bancarelle degli artigiani ambulanti, e gli artisti di strada.
Per la cena seguiamo le indicazioni della Lonely Planet, mangiamo un fantastico filetto alla griglia e beviamo un ottimo vino rosso a "Le Zinc d'Hugo", sotto lo sguardo perplesso del cameriere che disapprova la nostra scelta di rifiutare qualsiasi salsa di accompagnamento.
Usciamo dal ristorante con addosso un bell'odore di cibo come preannunciato dalla guida, ma soddisfatti: ne valeva la pena.
E giunge infine il giorno del rientro in Italia. E' mattina presto quando ci alziamo, e la città di Aix sta ancora dormendo.
Dopo la colazione, ottima anche qui, ci dirigiamo verso Nord. L'intenzione è quella di arrivare a Barcelonnette per pranzo, e affrontare nel primo pomeriggio il colle della Maddalena, che ricordiamo erto, grigio, con una strada stretta e tortuosa (ma non sarà così). Speriamo anche di incontrare i campi di lavanda, che qui, nella zona più a nord, dovrebbero essere ancora in fiore.
Attraversiamo velocemente Dignes les Bains, con un po' di rimpianto per la festa che si svolgerà alla sera (festa della lavanda, per l'appunto) ma non ci possiamo permettere deviazioni dal nostro itinerario.
La strada poi, si snoderà lungo il corso della Durance, che abbiamo attraversato il secondo giorno di viaggio, scendendo dal Monginevro.
Certo qui si stenta a riconoscere lo stesso fiume, là così vivace da essere meta per il rafting, e qui così tranquillo da svolgersi sinuoso in un amplissima vallata.
E ai lati della strada, di lavanda non se ne vede!
Poi, da lontano, scorgiamo una strana formazione rocciosa, che sulle prime, da lontano, appunto, sembra quasi una cava.
Pareti rocciose si stagliano spoglie sui fianchi di una serie di colline.
Sarà solo avvicinandoci che potremo ammirare da vicino "Les Pénitents dés Mées".
Si tratta di una bizzarra formazione geologica, un'erosione particolare che ha trasformato una serie di colline in una successione di pinnacoli di roccia a forma di sigaro accavallati gli uni sugli altri.
C'è un'area di sosta, da cui partono gite organizzate, a piedi e a cavallo, per esplorare e scoprire il territorio.
Sulla porta della sede della pro-loco, situata all'interno dell'area di sosta, sono appese locandine e brevi note sulla zona, e così veniamo a sapere che esiste una leggenda sui Penitenti: secondo la tradizione, in un lontano passato, alcuni frati, colpevoli di aver sedotto delle donne mussulmane durante l'invasione araba, vennero per punizione trasformati in colonne di pietra, in atto di eterna penitenza per la malvagità commessa.
La strada si inerpica e per un attimo temiamo di esserci smarriti, e di aver imboccato la stradina che tanti anni fa, di ritorno dalle Gorges du Verdon ci aveva portato a Barcellonette attraverso un ripidissimo passo.
Anche il passo che affrontiamo oggi si rivelerà particolarmente impegnativo, ma, per fortuna, la strada è quella che abbiamo deciso di percorrere.
Il suo percorso si snoda tra paesaggi di alta montagna.
Di nuovo siamo stupefatti di fronte alla così grande varietà dei paesaggi francesi.
In un'ora di strada o poco più siamo passati dal mediterraneo alle Alpi, con scorci di pura autentica bellezza , tra boschi e vallate profonde.
Superato il Col de Maure con una lunga e continua discesa giungiamo in vista del lago di Serre-Poncon, che ricordiamo, anch'esso, per averlo costeggiato, sulla sua sponda settentrionale, scendendo dal Monginevro.
Di fronte a noi, sull'altro versante della valle, lontano, ecco vediamo i campi di lavanda, riconoscibili riquadri di viola intenso sul fianco del monte verdeggiante, ahimè, troppo lontano!
Barcelonnette da una lato sembra sempre la stessa graziosa cittadina nella conca del fiume Ubaye, ma dall'altro sembra molto più animata di come ce la ricordiamo: sono passati circa 20 anni, e le cose e le città cambiano.
Non cambia, invece, la cordialità e la gentilezza delle persone.
In un ristorantino in piazza, Les 7 Portes, veniamo accolti da una camerierina molto brava e gentile, che ci mette in carica la batteria della macchina fotografica, sul tavolino accanto al nostro.
Mangeremo un'insalata gustosissima e un costoso, ma golosissimo caffè gourmandise. Dopo pranzo iniziamo la temuta salita del Col du Larche (Colle della Maddalena) e … Sorpresa, la vespettina se la cava talmente bene che arriviamo in cima senza nemmeno accorgercene.
Forse il nostro ricordo era influenzato dalla situazione in cui avevamo percorso questa strada l'ultima volta: 20 anni fa: era sera, diluviava , faceva freddo, le nubi erano basse e non si vedeva nulla, intorno, se non le nubi stesse che ci rovinavano l'acqua addosso.
Stavolta, invece, brilla un sole meraviglioso e caldo, il cielo è terso, azzurro intenso, il panorama spazia da un lato sul parco del Mercantur, e dall'altro sull'Argentera e lo sguardo si spinge fino alla pianura.
Dopo le foto di rito, ci avviamo verso valle, continuamente sorpassati dalle innumerevoli moto, spesso di grossa cilindrata, Harley e BMW, soprattutto.
Ci accoglie Cuneo, con la sua aria sonnacchiosa.
La città appare tranquilla, e, sarà perché è ferragosto, ma sono molti i negozi e i locali chiusi. La voglia di pizza che ci portiamo dentro da alcuni giorni diventa feroce, e decidiamo di infilarci nella classica, ma purtroppo unica, pizzeria per turisti, e la scelta, comunque, non sarà poi così male. Un ottimo gelato di Grom ci rimetterà in pace col mondo.
Giorno 15, domenica 14 agosto: Cuneo, Pavia, Paderno d'Adda – 295 Km
C'è poco da segnalare nell'ultima tappa del viaggio.
Siamo tristi, per dover tornare a casa, e anche molto, molto stanchi.
Attraversiamo la campagna assolata, in una mattinata torrida.
E' quasi l'una quando arriviamo a Pavia con l'idea di fermarci a pranzo, ma la città è deserta, piena di cantieri e sensi unici.
Tutto sembra chiuso, bar, ristoranti, e il centro storico non è raggiungibile con la vespa.
O almeno noi non ci riusciamo. Così, piuttosto che lasciare la vespa, carica di bagagli, in una strada deserta, totalmente, letteralmente deserta, preferiamo continuare.
Il locale fuori Pavia dove ci fermiamo per pranzo (Gash) si rivela una sorpresa e un'ottima scelta.
Sarà un pranzo ottimo.
Da qui a casa, è un percorso molto veloce. Peccato faccia un caldo davvero infernale; i guanti, le giacche, le protezioni, il casco, tutto dà fastidio.
L'attraversamento di Milano, entrando per la via Ripamonti, è un incubo di caldo e traffico, anche se, a voler essere obiettivi, di traffico ce n'è ben poco…
Non sono neanche le 16 quando arriviamo ad Aicurzio e ci fermiamo a casa di Morena e Fabrizio, per un saluto e un caffè.
Poi gli ultimi 5 km, e arriviamo a casa, dove ad accoglierci ci saranno i nostri cani, Paco e Camilla, e ci faranno grandi feste.
Il contachilometri segna 5670.
Ce l'abbiamo fatta: 3160 km, in 15 giorni, 12 effettivi di viaggio, 18 kg di bagaglio in due, 103 anni in due, una vespetta indiana, e 10 hp….Non male!
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