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I viaggi dei lettori
SlowRidingEurope 2011: prima parte
di Sandro e Anna
il 01/12/2011 in I viaggi dei lettori
Da Paderno d'Adda a Bilbao e ritorno, attraverso le Alpi, i Pirenei e il Sud della Francia. Per i nostri lettori più di 3000 chilometri in scooter, in due settimane, viaggiando a 50 all'ora per strade secondarie. Eccovi la prima metà del resoconto di questo splendido viaggio!
SlowRidingEurope 2011: prima parte
Gli antefatti
Allo scadere dei nostri 50 anni, lo scorso anno, siamo stati folgorati dalla voglia di viaggiare. Lasciata l'auto, scartati a priori i viaggi organizzati, abbiamo deciso di tornare all'amore della gioventù e di riprendere una due ruote, per ritrovare il gusto del vento, il profumo dei campi, il suono dei boschi.
Lasciato a casa il Ducati, abbiamo scelto di "viaggiare lenti" e, con una Vespa PX 150, abbiamo percorso circa 2500 chilometri in 10 giorni, da Amburgo fino all'Austria, e poi attraverso il Tirolo, fino a casa.
Quest'anno abbiamo cambiato il mezzo, e optato per una Star LML 150, la "vespetta" indiana a 4 tempi, ma con le marce, per evitare le difficoltà incontrate in montagna con la Vespa a frizione automatica.
Quello che segue è il nostro diario di viaggio, il diario di due coniugi un po' attempati, un po' avventurosi, decisamente golosi e buongustai, ostinatamente decisi a "viaggiare lentamente" per le strade d'Europa.
Allo scadere dei nostri 50 anni, lo scorso anno, siamo stati folgorati dalla voglia di viaggiare. Lasciata l'auto, scartati a priori i viaggi organizzati, abbiamo deciso di tornare all'amore della gioventù e di riprendere una due ruote, per ritrovare il gusto del vento, il profumo dei campi, il suono dei boschi.
Lasciato a casa il Ducati, abbiamo scelto di "viaggiare lenti" e, con una Vespa PX 150, abbiamo percorso circa 2500 chilometri in 10 giorni, da Amburgo fino all'Austria, e poi attraverso il Tirolo, fino a casa.
Quest'anno abbiamo cambiato il mezzo, e optato per una Star LML 150, la "vespetta" indiana a 4 tempi, ma con le marce, per evitare le difficoltà incontrate in montagna con la Vespa a frizione automatica.
Quello che segue è il nostro diario di viaggio, il diario di due coniugi un po' attempati, un po' avventurosi, decisamente golosi e buongustai, ostinatamente decisi a "viaggiare lentamente" per le strade d'Europa.
Hai fatto anche tu un viaggio, una vacanza, un itinerario in moto che scatenano la libidine di un vero motociclista? Mandaci il racconto e le foto all'indirizzo: redazione@motonline.com |
Il viaggio
Giorno 1, domenica 31 luglio 2011 - 344Km
Partiti alle 8:10 da casa, in una giornata che si preannuncia nuvolosa e forse anche un po' grigia. Il contachilometri segna 2510.
Prima sosta a Vigevano, per un caffè, alle 10 e subito ci accorgiamo, ahinoi, di aver scordato di ricaricare la batteria della macchina fotografica. Facciamo uno scatto e la misera ci dice: "low battery".
Così rinunciamo alle foto, almeno per oggi. Certo la piazza di Vigevano avrebbe meritato di più, così come il Caffè Colombo, magari per dire "c'ero anch'io" , visto che sulla vetrina almeno sei adesivi ci ricordano che è stato segnalato per ben sei anni di fila (gli ultimi) come bar d'eccellenza dal "Gambero Rosso"… E la brioche lo conferma!
Il paesaggio, da adesso in poi va sempre più migliorando.
Giorno 1, domenica 31 luglio 2011 - 344Km
Partiti alle 8:10 da casa, in una giornata che si preannuncia nuvolosa e forse anche un po' grigia. Il contachilometri segna 2510.
Prima sosta a Vigevano, per un caffè, alle 10 e subito ci accorgiamo, ahinoi, di aver scordato di ricaricare la batteria della macchina fotografica. Facciamo uno scatto e la misera ci dice: "low battery".
Così rinunciamo alle foto, almeno per oggi. Certo la piazza di Vigevano avrebbe meritato di più, così come il Caffè Colombo, magari per dire "c'ero anch'io" , visto che sulla vetrina almeno sei adesivi ci ricordano che è stato segnalato per ben sei anni di fila (gli ultimi) come bar d'eccellenza dal "Gambero Rosso"… E la brioche lo conferma!
Il paesaggio, da adesso in poi va sempre più migliorando.
Dopo l'orrore dell'attraversamento di Milano (anche se era una Milano totalmente deserta quella di stamattina) e della desolazione della periferia (solo cemento e capannoni e centri commerciali, un orrore metropolitano insuperabile), dopo tutto questo, finalmente, in Lomellina, tra risaie a perdita d'occhio, compaiono centinaia di aironi e garzette, bianchi, cinerini e anche un rarissimo rosso (o era un tarabusino?).
Se lo stato del manto stradale è un disastro, quello della segnaletica è peggio.
Sbagliamo strada più volte finchè ci arrendiamo e decidiamo di usare il TomTom.
Nel Monferrato, sulla strada tra Asti e Carmagnola (segnalata malissimo) vediamo una "Osteria dei viaggiatori", dall'aria allettante, anche se semplicissima.
Qui gustiamo un pranzo eccezionale: un antipasto misto alla Piemontese: carne cruda, alici, salsa verde, peperoni, tomino, salame, fagioli e cipolla…. In porzioni enormi.
Al punto che ci sta solo un primo e con rammarico Sandro lascia anche quello: i tagliolini al ragù sono buonissimi ma non ce la fa proprio più. E mentre vediamo passare costate e spiedini, fegato alla veneta e braciole con patate al rosmarino, io mi regalo una fetta di creme caramel, buono e dall'aria molto fatta in casa.
Peccato: è la goccia che fa traboccare il vaso e avrò modo di pentirmene per tutto il pomeriggio.
Da lì al Sestriere è tutto una salita tra colline, prima, e montagne, poi, che via via si alzano sempre più. Anche l'aria cambia e da caldina si fa fresca e poi proprio fredda: dobbiamo fermarci e infilarci un maglione. Così, tra nubi minacciose, che per fortuna non "mollano", arriviamo a Claviere esattamente all'ora stabilita: ore 17, 344 Km. L'albergo è carino, la doccia bollente e rilassante, così come la cena e la colazione, entrambe condite dalle cordialissime chiacchiere del gestore.
Siamo gli unici ospiti a cena ed è piacevole fermarsi un po' a parlare.
Se lo stato del manto stradale è un disastro, quello della segnaletica è peggio.
Sbagliamo strada più volte finchè ci arrendiamo e decidiamo di usare il TomTom.
Nel Monferrato, sulla strada tra Asti e Carmagnola (segnalata malissimo) vediamo una "Osteria dei viaggiatori", dall'aria allettante, anche se semplicissima.
Qui gustiamo un pranzo eccezionale: un antipasto misto alla Piemontese: carne cruda, alici, salsa verde, peperoni, tomino, salame, fagioli e cipolla…. In porzioni enormi.
Al punto che ci sta solo un primo e con rammarico Sandro lascia anche quello: i tagliolini al ragù sono buonissimi ma non ce la fa proprio più. E mentre vediamo passare costate e spiedini, fegato alla veneta e braciole con patate al rosmarino, io mi regalo una fetta di creme caramel, buono e dall'aria molto fatta in casa.
Peccato: è la goccia che fa traboccare il vaso e avrò modo di pentirmene per tutto il pomeriggio.
Da lì al Sestriere è tutto una salita tra colline, prima, e montagne, poi, che via via si alzano sempre più. Anche l'aria cambia e da caldina si fa fresca e poi proprio fredda: dobbiamo fermarci e infilarci un maglione. Così, tra nubi minacciose, che per fortuna non "mollano", arriviamo a Claviere esattamente all'ora stabilita: ore 17, 344 Km. L'albergo è carino, la doccia bollente e rilassante, così come la cena e la colazione, entrambe condite dalle cordialissime chiacchiere del gestore.
Siamo gli unici ospiti a cena ed è piacevole fermarsi un po' a parlare.
Giorno 2, lunedì 1 agosto: da Claviere a Orange - 267 Km
Partiamo con giornata che si annuncia bella e infatti subito dopo il passo del Monginevro, le nubi che coronavano le vette scompaiono, il cielo si fa blu e cominciamo a divertirci in discesa, sulle rampe del passo.
Si arriva a Briancon, cittadina fortificata ai piedi delle Alpi.
Non è facile trovare parcheggio: fuori dalle mura ci sono solo parcheggi a pagamento che non sembrano molto allettanti (sono in pieno sole e a bordo strada). Così entriamo e scopriamo che, se non si possiede una moto di dimensioni "navali" si può posteggiare ovunque non si rechi fastidio.
E' possibile, così, farsi un giro per la via principale, e vedere i negozietti e i monumenti vari.
Ci rimettiamo in movimento su una delle più belle strade "da moto" mai viste: la strada è tutta in discesa. Si va da Briancon a Gap, attraverso le propaggini delle Alpi, scendendo su curve dolci e rotonde, in mezzo a boschi, con la vista delle montagne a fianco e laghi verdi.
La Durance è un fiume a carattere torrentizio, molto frequentato dagli sportivi amanti del rafting e della canoa.
Da Gap in poi non possiamo più parlare di Alpi. Quello che costeggia la strada sono le colline rocciose, aride a volte, e strapiombanti della Vaucluse. Pranzo a Rosans lungo la strada: la Boule d'Ore: non gli darei nemmeno una mezza stellina, almeno per quanto riguarda il servizio e l'ambiente, ma la braciola è buona e il prezzo adeguato.
Un vero e proprio canyon ci conduce fino quasi a Orange.
Gli ultimi 50 Km, sono tra vigneti a perdita d'occhio: centinaia di ettari di vigneti bassi… Di cui assaggeremo il vino a cena.
Prima di giungere ad Orange facciamo una deviazione per Vaison la Romaine: bei ruderi romani, una chiesa romanica perfetta, ma che non abbiamo potuto visitare perché era in corso una funzione religiosa con gente elegantissima, e un borgo medioevale che non abbiamo potuto percorrere per mancanza di tempo. Resta la voglia di tornarci, e lo faremo.
Giunti ad Orange, la sorpresa terribile arriva con l'Hotel prenotato: ad oltre 2 Km dal centro della città, un hotel terrificante, anche se con l'insegna, usurpata, della Logis de France.
Brutto, in una strada trafficatissima, malmesso… scappiamo in centro e grazie alla gentilezza della signorina dell'Office du Tourisme troviamo posto all'Hotel Lou Cigaloun, camera piccola ma confortevole, in peno centro.
Il gestore, forse proprietario, ci accoglie con grande simpatia: "Ah, les vraies touristes italiens avec le Vespino!".
Cena al "la Sangria", con un fantastico piatto di triglie al pesto (!) con verdure grigliate. Davvero buono.
Partiamo con giornata che si annuncia bella e infatti subito dopo il passo del Monginevro, le nubi che coronavano le vette scompaiono, il cielo si fa blu e cominciamo a divertirci in discesa, sulle rampe del passo.
Si arriva a Briancon, cittadina fortificata ai piedi delle Alpi.
Non è facile trovare parcheggio: fuori dalle mura ci sono solo parcheggi a pagamento che non sembrano molto allettanti (sono in pieno sole e a bordo strada). Così entriamo e scopriamo che, se non si possiede una moto di dimensioni "navali" si può posteggiare ovunque non si rechi fastidio.
E' possibile, così, farsi un giro per la via principale, e vedere i negozietti e i monumenti vari.
Ci rimettiamo in movimento su una delle più belle strade "da moto" mai viste: la strada è tutta in discesa. Si va da Briancon a Gap, attraverso le propaggini delle Alpi, scendendo su curve dolci e rotonde, in mezzo a boschi, con la vista delle montagne a fianco e laghi verdi.
La Durance è un fiume a carattere torrentizio, molto frequentato dagli sportivi amanti del rafting e della canoa.
Da Gap in poi non possiamo più parlare di Alpi. Quello che costeggia la strada sono le colline rocciose, aride a volte, e strapiombanti della Vaucluse. Pranzo a Rosans lungo la strada: la Boule d'Ore: non gli darei nemmeno una mezza stellina, almeno per quanto riguarda il servizio e l'ambiente, ma la braciola è buona e il prezzo adeguato.
Un vero e proprio canyon ci conduce fino quasi a Orange.
Gli ultimi 50 Km, sono tra vigneti a perdita d'occhio: centinaia di ettari di vigneti bassi… Di cui assaggeremo il vino a cena.
Prima di giungere ad Orange facciamo una deviazione per Vaison la Romaine: bei ruderi romani, una chiesa romanica perfetta, ma che non abbiamo potuto visitare perché era in corso una funzione religiosa con gente elegantissima, e un borgo medioevale che non abbiamo potuto percorrere per mancanza di tempo. Resta la voglia di tornarci, e lo faremo.
Giunti ad Orange, la sorpresa terribile arriva con l'Hotel prenotato: ad oltre 2 Km dal centro della città, un hotel terrificante, anche se con l'insegna, usurpata, della Logis de France.
Brutto, in una strada trafficatissima, malmesso… scappiamo in centro e grazie alla gentilezza della signorina dell'Office du Tourisme troviamo posto all'Hotel Lou Cigaloun, camera piccola ma confortevole, in peno centro.
Il gestore, forse proprietario, ci accoglie con grande simpatia: "Ah, les vraies touristes italiens avec le Vespino!".
Cena al "la Sangria", con un fantastico piatto di triglie al pesto (!) con verdure grigliate. Davvero buono.
Giorno 3, martedì 2 agosto: da Orange ad Albi – 314 Km
La mattina si preannuncia calda e il cielo è velato da un'ombra di nubi. Ci dirigiamo a Sud, lungo la provinciale 976, diretti al Pont du Gard. Seguiamo le indicazioni per Uzes, villaggio medievale che ci è stato consigliato caldamente di visitare, ma non sarà possibile, per la consueta mancanza di tempo: decisamente abbiamo sottovalutato la nostra resistenza, e l'impegno, soprattutto, necessario a percorrere le tortuose strade di Francia.
Sandro, addirittura si chiede, e non sarà la prima volta, se la Francia abbia o meno una pianura.
La nostra convinzione che passate le Alpi sarebbe stato un unico bassopiano fino all'Oceano verrà completamente smentita, e non soltanto oggi.
Quando arriviamo a St.Jean du Gard, il primo dubbio: sponda destra o sponda sinistra? Optiamo per la sponda sinistra, che si trova già nella successiva direzione di marcia. Finiamo, così, in un costoso parcheggio a pagamento (15 €!!!), che per una piccola vespa, solo un paio d'ore, sembra davvero eccessivo.
Forse (e ci resta il dubbio), se avessimo optato per l'altra sponda, il parcheggio sarebbe stato gratuito, ma avremmo allungato la strada di circa 15 km. Ne valeva la pena? Direi di no. Il Pont du Gard è forse uno dei più importanti siti romani della Francia.
Costruito verso ii 19 a.C. era in realtà un acquedotto che serviva per portare l'acqua alla città di Nimes con una portata di circa 20.000 mq di acqua al giorno e consentire agli abitanti di superare lunghi periodi di assedio.
Ci sorge il dubbio: ma non sarebbe stato semplice per gli assedianti interrompere il flusso dell'acqua e azzerare così i rifornimenti? Qualcosa mi dice che mi mancano preziose informazioni storiche…
La visita è breve, ma profondamente significativa. La struttura è perfettamente conservata, e mantiene intatta, o quasi, un'atmosfera antica. Siamo fortunati: c'è poca gente stamani in visita, qualche giapponese, qualche bambino.
Ma il ponte si presta alle foto più belle, imponente, scenografico, toccante.
Quando ripartiamo, ci lascia un ricordo indelebile: è da quando ero bambina che desideravo visitare questo luogo, come Carnac o Mont Saint Michel lo scorso anno, … ma questa è un'altra storia.
Decidiamo di risparmiare un po', e scegliamo di mangiarci un panino, così, lungo la strada, avvistata una bella panetteria ci facciamo fare due bei panini col saucisson.
E mentre il cielo si incupisce e minaccia pioggia ci fermiamo sulla piazzetta del municipio di un minuscolo paese.
Qui incrociamo un motociclista incontrato ieri scendendo da Briancon: è diretto al Parco delle Cevennes, dove intende trascorrere qualche giorno a camminare.
Ci parla di un posto fantastico, dove un meteorite ha scavato un cratere, di paesi incastonati nella montagna.
Ringraziamo delle informazioni, ma decliniamo l'invito: la nostra vespa non può permettersi deviazioni dal percorso stabilito, o non arriveremo mai all'Oceano. Anche noi, però, ci troveremo ad attraversare le propaggini meridionali del parco, e sarà una delle strade più belle che percorreremo in questo viaggio. Il TomTom si ostina a mandarci a ovest, ma ovest incombono nubi temporalesche davvero inquietanti. Continuiamo ad andare verso Nord, allora, ed è solo ad Saint Affrique, che scendiamo verso Sud ovest e ci dirigiamo verso Albi, la nostra meta odierna.
La strada si fa sempre più stretta, siamo in un dedalo di provinciali e comunali, attraversiamo canyon con pareti erte e strapiombanti. La vegetazione cambia continuamente: a tratti è quella di alta montagna, altrove è arida e quasi stentata, su rocce bianche ed erose dal vento e dalla pioggia.
Piccoli torrenti si fanno strada a fondo valle, mentre i falchi, di ogni dimensione, ruotano in cerchi ampi sopra di noi, che attraversiamo boschi fitti e aride salite. Un passo più ripido degli altri, con una serie di tornanti (ma sempre con un fondo stradale perfetto) ci porta in cima da un altopiano.
Da qui lo sguardo spazia in ogni direzione sulla dorsale meridionale delle Cevennes. Il cielo è coperto, ma non minaccia più pioggia. Soffia un vento teso, ma gradevole. La discesa è pura goduria, tra strade sempre perfette, con curve dolci e divertenti, in un paesaggio libero dalla presenza umana.
Giungiamo ad Albi. L'Hotel Les Pastellier è un piccolo hotel di design: il proprietario ci riceve alla reception e alla richiesta di un posto dove ricoverare la vespa, dice: nessun problema.
L'hotel non dispone di un parcheggio proprio e nemmeno di un garage, ma per la nostra vespa viene messa a disposizione la sala riunioni dell'hotel, cui si accede con una rampa di legno direttamente dalla vetrina sulla strada.
La sala è piena di oggetti di antiquariato, mobili e tappeti. Scopriremo, poi, che l'indomani alle 13 in quella sala verrà ospitata una vendita di antichità. Noi sbarchiamo lì, prendiamo i nostri bagagli e ci rechiamo in una minuscola camera, in cui ogni oggetto, dalla lampada da tavolo, al posacenere, dal bicchiere allo specchio è un elemento di design: riconosciamo oggetti di Kartell, di Vitra. Bella camera, coloratissima, in cui ci viene anche offerta una bevanda calda: caffè, tè, o infusi, graditissimi, dopo il lungo viaggio di oggi (circa 300 km, di cui 280, fatti a partire dalle 11:30). Dopo una doccia usciamo e ci mescoliamo alla folla per le strade di Albi. E' l'ora dell'aperitivo, e mentre un folto gruppo di persone assiste alla rappresentazione di un gruppo folk, che canta e suona melodie molto francesi, dall'aria vagamente celtica, ci avviamo verso l'immensa mole della cattedrale. L'impressione che ci suscita è quella di enormità, di una dimensione colossale inusitata, e questo nonostante già al mattino, al cospetto dell'enorme acquedotto romano abbiamo avuto modo di confrontarci con strutture architettoniche di dimensioni inusuali. La cattedrale di Albi sorge da mura poderose al centro di una piazza grandissima.
Solo camminandoci ci rendiamo conto dell'effettiva dimensione della piazza e, per confronto, dell'edificio.
Le torri che affiancano la struttura sono altissime, il portale scolpito e magnificamente decorato si innalza al termine di una ampia scalinata sul lato della chiesa. Tutto ha proporzioni enormi. Siamo colpiti ed esterrefatti, "bellissima" è un aggettivo limitante. Purtroppo è tardi e non possiamo entrare. Ripieghiamo sulla cena, quindi, e cerchiamo, sulla saggia guida Lonely Planet un consiglio. Subito decidiamo per il ristorante "Le Lautrec", che occupa le stalle della grande casa di famiglia di Toulouse Lautrec, il grande pittore nato proprio qui ad Albi.
Il ristorante è rinomato e serve una cucina tipica del territorio, rivisitata e aggiornata con i dettami della cucina moderna.
L'ambiente è raffinato, anche sul dehor, dove ci sediamo, su di una specie di pergolato sito in strada proprio di fronte alla porta della casa natale di Lautrec. Cena assolutamente memorabile (agnello arrosto, Sandro, e tagliata di manzo, Anna, con salsa allo zafferano, prugne e verdure al forno, servite in cartoccio) ….Come il vino (Dom Salvy).
Proseguiamo la visita della città, tra vie ora meno affollate, ma per questo ancora più suggestive. Ci rechiamo attraverso il quartiere ebraico della città fino al ponte vecchio, di epoca medievale, e da qui torniamo verso il mercato coperto, dalle pareti curiosamente decorate.
Qui un altro gruppo si sta esibendo in musiche da ballo, e sono in molti ad applaudire.
Ma siamo sfiniti e torniamo in hotel, decidendo che l'indomani non andremo a Tolosa, cui avremmo dovuto dedicare una visita estremamente sommaria, ma resteremo qui nella bella Albi, per visitare la cattedrale.
La mattina si preannuncia calda e il cielo è velato da un'ombra di nubi. Ci dirigiamo a Sud, lungo la provinciale 976, diretti al Pont du Gard. Seguiamo le indicazioni per Uzes, villaggio medievale che ci è stato consigliato caldamente di visitare, ma non sarà possibile, per la consueta mancanza di tempo: decisamente abbiamo sottovalutato la nostra resistenza, e l'impegno, soprattutto, necessario a percorrere le tortuose strade di Francia.
Sandro, addirittura si chiede, e non sarà la prima volta, se la Francia abbia o meno una pianura.
La nostra convinzione che passate le Alpi sarebbe stato un unico bassopiano fino all'Oceano verrà completamente smentita, e non soltanto oggi.
Quando arriviamo a St.Jean du Gard, il primo dubbio: sponda destra o sponda sinistra? Optiamo per la sponda sinistra, che si trova già nella successiva direzione di marcia. Finiamo, così, in un costoso parcheggio a pagamento (15 €!!!), che per una piccola vespa, solo un paio d'ore, sembra davvero eccessivo.
Forse (e ci resta il dubbio), se avessimo optato per l'altra sponda, il parcheggio sarebbe stato gratuito, ma avremmo allungato la strada di circa 15 km. Ne valeva la pena? Direi di no. Il Pont du Gard è forse uno dei più importanti siti romani della Francia.
Costruito verso ii 19 a.C. era in realtà un acquedotto che serviva per portare l'acqua alla città di Nimes con una portata di circa 20.000 mq di acqua al giorno e consentire agli abitanti di superare lunghi periodi di assedio.
Ci sorge il dubbio: ma non sarebbe stato semplice per gli assedianti interrompere il flusso dell'acqua e azzerare così i rifornimenti? Qualcosa mi dice che mi mancano preziose informazioni storiche…
La visita è breve, ma profondamente significativa. La struttura è perfettamente conservata, e mantiene intatta, o quasi, un'atmosfera antica. Siamo fortunati: c'è poca gente stamani in visita, qualche giapponese, qualche bambino.
Ma il ponte si presta alle foto più belle, imponente, scenografico, toccante.
Quando ripartiamo, ci lascia un ricordo indelebile: è da quando ero bambina che desideravo visitare questo luogo, come Carnac o Mont Saint Michel lo scorso anno, … ma questa è un'altra storia.
Decidiamo di risparmiare un po', e scegliamo di mangiarci un panino, così, lungo la strada, avvistata una bella panetteria ci facciamo fare due bei panini col saucisson.
E mentre il cielo si incupisce e minaccia pioggia ci fermiamo sulla piazzetta del municipio di un minuscolo paese.
Qui incrociamo un motociclista incontrato ieri scendendo da Briancon: è diretto al Parco delle Cevennes, dove intende trascorrere qualche giorno a camminare.
Ci parla di un posto fantastico, dove un meteorite ha scavato un cratere, di paesi incastonati nella montagna.
Ringraziamo delle informazioni, ma decliniamo l'invito: la nostra vespa non può permettersi deviazioni dal percorso stabilito, o non arriveremo mai all'Oceano. Anche noi, però, ci troveremo ad attraversare le propaggini meridionali del parco, e sarà una delle strade più belle che percorreremo in questo viaggio. Il TomTom si ostina a mandarci a ovest, ma ovest incombono nubi temporalesche davvero inquietanti. Continuiamo ad andare verso Nord, allora, ed è solo ad Saint Affrique, che scendiamo verso Sud ovest e ci dirigiamo verso Albi, la nostra meta odierna.
La strada si fa sempre più stretta, siamo in un dedalo di provinciali e comunali, attraversiamo canyon con pareti erte e strapiombanti. La vegetazione cambia continuamente: a tratti è quella di alta montagna, altrove è arida e quasi stentata, su rocce bianche ed erose dal vento e dalla pioggia.
Piccoli torrenti si fanno strada a fondo valle, mentre i falchi, di ogni dimensione, ruotano in cerchi ampi sopra di noi, che attraversiamo boschi fitti e aride salite. Un passo più ripido degli altri, con una serie di tornanti (ma sempre con un fondo stradale perfetto) ci porta in cima da un altopiano.
Da qui lo sguardo spazia in ogni direzione sulla dorsale meridionale delle Cevennes. Il cielo è coperto, ma non minaccia più pioggia. Soffia un vento teso, ma gradevole. La discesa è pura goduria, tra strade sempre perfette, con curve dolci e divertenti, in un paesaggio libero dalla presenza umana.
Giungiamo ad Albi. L'Hotel Les Pastellier è un piccolo hotel di design: il proprietario ci riceve alla reception e alla richiesta di un posto dove ricoverare la vespa, dice: nessun problema.
L'hotel non dispone di un parcheggio proprio e nemmeno di un garage, ma per la nostra vespa viene messa a disposizione la sala riunioni dell'hotel, cui si accede con una rampa di legno direttamente dalla vetrina sulla strada.
La sala è piena di oggetti di antiquariato, mobili e tappeti. Scopriremo, poi, che l'indomani alle 13 in quella sala verrà ospitata una vendita di antichità. Noi sbarchiamo lì, prendiamo i nostri bagagli e ci rechiamo in una minuscola camera, in cui ogni oggetto, dalla lampada da tavolo, al posacenere, dal bicchiere allo specchio è un elemento di design: riconosciamo oggetti di Kartell, di Vitra. Bella camera, coloratissima, in cui ci viene anche offerta una bevanda calda: caffè, tè, o infusi, graditissimi, dopo il lungo viaggio di oggi (circa 300 km, di cui 280, fatti a partire dalle 11:30). Dopo una doccia usciamo e ci mescoliamo alla folla per le strade di Albi. E' l'ora dell'aperitivo, e mentre un folto gruppo di persone assiste alla rappresentazione di un gruppo folk, che canta e suona melodie molto francesi, dall'aria vagamente celtica, ci avviamo verso l'immensa mole della cattedrale. L'impressione che ci suscita è quella di enormità, di una dimensione colossale inusitata, e questo nonostante già al mattino, al cospetto dell'enorme acquedotto romano abbiamo avuto modo di confrontarci con strutture architettoniche di dimensioni inusuali. La cattedrale di Albi sorge da mura poderose al centro di una piazza grandissima.
Solo camminandoci ci rendiamo conto dell'effettiva dimensione della piazza e, per confronto, dell'edificio.
Le torri che affiancano la struttura sono altissime, il portale scolpito e magnificamente decorato si innalza al termine di una ampia scalinata sul lato della chiesa. Tutto ha proporzioni enormi. Siamo colpiti ed esterrefatti, "bellissima" è un aggettivo limitante. Purtroppo è tardi e non possiamo entrare. Ripieghiamo sulla cena, quindi, e cerchiamo, sulla saggia guida Lonely Planet un consiglio. Subito decidiamo per il ristorante "Le Lautrec", che occupa le stalle della grande casa di famiglia di Toulouse Lautrec, il grande pittore nato proprio qui ad Albi.
Il ristorante è rinomato e serve una cucina tipica del territorio, rivisitata e aggiornata con i dettami della cucina moderna.
L'ambiente è raffinato, anche sul dehor, dove ci sediamo, su di una specie di pergolato sito in strada proprio di fronte alla porta della casa natale di Lautrec. Cena assolutamente memorabile (agnello arrosto, Sandro, e tagliata di manzo, Anna, con salsa allo zafferano, prugne e verdure al forno, servite in cartoccio) ….Come il vino (Dom Salvy).
Proseguiamo la visita della città, tra vie ora meno affollate, ma per questo ancora più suggestive. Ci rechiamo attraverso il quartiere ebraico della città fino al ponte vecchio, di epoca medievale, e da qui torniamo verso il mercato coperto, dalle pareti curiosamente decorate.
Qui un altro gruppo si sta esibendo in musiche da ballo, e sono in molti ad applaudire.
Ma siamo sfiniti e torniamo in hotel, decidendo che l'indomani non andremo a Tolosa, cui avremmo dovuto dedicare una visita estremamente sommaria, ma resteremo qui nella bella Albi, per visitare la cattedrale.
Giorno 4, martedì 3 agosto: da Albi ad Auch – 169 Km
La mattina è dedicata interamente ad Albi. E' bello passeggiare per le sue strade mentre si risvegliano le attività commerciali, si aprono i negozi, si puliscono le strade.
Nella cattedrale c'è poca gente e riusciamo a fare anche qualche foto. Ci dedichiamo anche una attenta visita con il supporto della audioguida in italiano. Ci verrà spiegato il motivo per cui la chiesa venne eretta in questa forma, per dimostrare la potenza della chiesa di Roma al termine della crociata contro i Catari (o Albigesi, appunto).
La struttura squadrata e possente, priva di orpelli, e simile ad una fortezza richiamava alla potenza di dio, che nulla può sconfiggere, e la voluta serietà dell'esterno era un messaggio per gli Albigesi che avevano spesso criticato l'eccessivo sfarzo e gli sprechi degli ecclesiastici. Successivamente, però, la cattedrale fu arricchita con dipinti per ogni dove, e con un grandioso coro scolpito riccamente in pietra che tuttora rappresenta una incredibile meraviglia.
Purtroppo il tempo a nostra disposizione qui ad Albi è terminato, e non riusciamo a visitare il museo Toulouse Lautrec.
Resta anche qui la voglia di tornare. Partiamo, quindi, non senza esserci procurati il pranzo, a base di panini e dolcetti, che mangeremo lungo la strada, più avanti, di nuovo seduti su di una panchina della piazza di un municipio, dotato persino di toilette pubblica. Anche oggi sembra una giornata uggiosa e siamo un po' preoccupati per le nubi all'orizzonte, che se da un lato minacciano pioggia, dall'altro contribuiscono a mantenere gradevole la temperatura.
Verso Auch attraversiamo vigneti a perdita d'occhio, piccoli bassi vigneti e la strada continua a scorrere su e giù con salite e discese dolcissime, e campi a perdita d'occhio.
Auch è la capitale della Guascogna e il solo nome fa scattare il ricordo dei romanzi letti da bambini ( a riletti da grandi): d'Artagnan e i tre moschettieri saranno sempre presenti nei miei pensieri per tutta la giornata. Tutti per uno e uno per tutti, scriviamo sulla cartolina che mandiamo a James in Australia, mentre cerco di individuare nelle persone che incontro quel carattere "guascone" che Dumas descriveva come un po' cialtrone e attaccabrighe. Niente di tutto ciò riscontriamo tra il preparatissimo e cordialissimo personale dell'Hotel de France che ci accoglie e ci coccolerà come di rado ci è capitato.
L'Hotel è davvero unico nel suo genere: appartiene alla catena Logis de France, e porta con onore i suoi tre caminetti e le sue tre pentole, segno di massima distinzione nella ricezione degli ospiti e nella buona tavola.
Alla reception la ragazza si sforza di spiegarci in italiano che sono desolati, ma l'hotel è in ristrutturazione. Ma non temete dice, non sentirete alcun rumore. Purtroppo la camera che avevate prenotato è in ristrutturazione, ma vi abbiamo assegnato una camera di categoria superiore allo stesso prezzo, e vi offriamo la colazione gratuita a titolo di risarcimento per il disagio. Incredibile. L'albergo è uno splendido edifico del tardo settecento, arredato con stile e mobili d'epoca.
Ci sono molti dettagli e accessori di grande buon gusto. La camera è spaziosa, il bagno enorme (c'è persino il bidet, una vera rarità in Francia!). Dopo la visita di rito alla cattedrale e al monumento a D'Artagnan (come trascurarlo), ci concediamo una cena che non scorderemo mai più, nel bistrot dell'hotel.
Gustiamo una tipica cena guascone a base di anatra, cucinata in mille modi diversi, e beviamo autentico vino guascone (Chiroulet Terroir Gascon), e alla fine, il sommelier ci offrirà un meraviglioso armagnac guascone. Vive la France!
Giorno 5, giovedì 4 agosto: da Auch a St.Jean de Luz - 244 Km
Partiamo e seguendo il Tom Tom finiamo in autostrada. Immaginavo una cosa del genere.
Già nel pianificare la tappa, ricordo, avevo notato come, andando verso l'Oceano diventava sempre più difficile non imbattersi in autostrade e strade ad alta percorrenza, tutto ciò che noi non volevamo. Decidiamo quindi di ingannare "Tommasino", e usciamo di iniziativa dall'autostrada.
Fa molto caldo, e all'ombra di un albero facciamo un punto mappa e identifichiamo alcuni paesi che vogliamo attraversare, per giungere alla costa, questi e non altri, per essere certi di non finire in strade ad alta percorrenza.
Eccoci dunque a vagare tra campi infiniti di girasoli, vigneti, e oliveti a perdita d'occhio, su di un dolce paesaggio collinare, molto diverso dalle aspre montagne della parte centrale attraversate finora. I declivi sono dolcissimi ed è divertente e piacevole percorrere queste strade.
Solo verso Biarritz siamo "costretti" ad immetterci in una strada di grande traffico che ci accompagnerà fino a St.Jean deLuz.
Ma siamo nelle prime ore di un pomeriggio assolato, e arriviamo in hotel proprio quando la gente inizia a spostarsi per andare in spiaggia. L'Hotel De la Poste è un antico edificio del '700, che vanta tra i suoi illustri ospiti storici anche il generale La Fayette, in procinto di imbarcarsi per gli Stati Uniti. La camera è spaziosa e comoda , ma ha un grande difetto: la porta finestra si apre su di una terrazza che è in comune con altre camere e, cosa ben peggiore, sull'entrata posteriore dell'hotel. Chiunque potrebbe entrare in camera nostra in qualunque momento, anche perché le finestre non hanno certo un'aria solida (forse anche queste risalgono al 1700?). Decidiamo di fare buon viso a cattivo gioco: non abbiamo voglia di protestare e confidiamo nella fortuna, nella fama dell'hotel, e nelle telecamere di sorveglianza, che, anche se non le vediamo, ci auguriamo tanto che ci siano. St.Jean de Luz è una deliziosa cittadina di mare, un po' snob, molto vivace, piena di negozi e locali, con una ampia e bellissima spiaggia affacciata sulla baia, protetta da scogli.
La spiaggia è delimitata, verso la città, da una diga in pietra alta alcuni metri, sulla cui sommità si sviluppa la passeggiata lungomare.
La diga è stata costruita nei secoli passati per proteggere il paese dalle distruttive mareggiate invernali.
Deve essere uno spettacolo maestoso quello delle onde che, mangiata la spiaggia, si frangono sulla bastionata di pietra, scaraventando spuma e spruzzi fin dentro le case, sui balconi e sui tetti, anche se a vederlo adesso, in totale calma piatta, si è portati a dubitare di tanta furia.
Eppure le cronache raccontano episodi drammatici del 19° secolo, quando il paese venne sommerso e numerose furono le vittime: in diversi punti della città troveremo cartelli informativi a memoria di quegli episodi.
Mangiamo un gelato davvero squisito allo Txomin, mentre per cena seguiamo ancora una volta la Guida Lonely Planet, e ci rechiamo al porto, dove una trattoria molto caratteristica, la "Grillerie du Port", serve pesce freschissimo (il pescato del giorno) e a prezzi davvero contenuti offre sardine e tonno ai ferri.
Un bella insalata e una brocca di vino bianco completano la cena. Sembra di stare alla festa de l'Unità: si paga alla cassa, ci si siede e poi "il ragazzo" ti prende lo scontrino e ti porta i piatti ordinati. Veloce ed efficiente e il pesce è buonissimo.
La serata finisce sulla diga, a mangiare dolcetti tipici, i macarons, a base di mandorle, comprati alla "Maison Adam".
La mattina è dedicata interamente ad Albi. E' bello passeggiare per le sue strade mentre si risvegliano le attività commerciali, si aprono i negozi, si puliscono le strade.
Nella cattedrale c'è poca gente e riusciamo a fare anche qualche foto. Ci dedichiamo anche una attenta visita con il supporto della audioguida in italiano. Ci verrà spiegato il motivo per cui la chiesa venne eretta in questa forma, per dimostrare la potenza della chiesa di Roma al termine della crociata contro i Catari (o Albigesi, appunto).
La struttura squadrata e possente, priva di orpelli, e simile ad una fortezza richiamava alla potenza di dio, che nulla può sconfiggere, e la voluta serietà dell'esterno era un messaggio per gli Albigesi che avevano spesso criticato l'eccessivo sfarzo e gli sprechi degli ecclesiastici. Successivamente, però, la cattedrale fu arricchita con dipinti per ogni dove, e con un grandioso coro scolpito riccamente in pietra che tuttora rappresenta una incredibile meraviglia.
Purtroppo il tempo a nostra disposizione qui ad Albi è terminato, e non riusciamo a visitare il museo Toulouse Lautrec.
Resta anche qui la voglia di tornare. Partiamo, quindi, non senza esserci procurati il pranzo, a base di panini e dolcetti, che mangeremo lungo la strada, più avanti, di nuovo seduti su di una panchina della piazza di un municipio, dotato persino di toilette pubblica. Anche oggi sembra una giornata uggiosa e siamo un po' preoccupati per le nubi all'orizzonte, che se da un lato minacciano pioggia, dall'altro contribuiscono a mantenere gradevole la temperatura.
Verso Auch attraversiamo vigneti a perdita d'occhio, piccoli bassi vigneti e la strada continua a scorrere su e giù con salite e discese dolcissime, e campi a perdita d'occhio.
Auch è la capitale della Guascogna e il solo nome fa scattare il ricordo dei romanzi letti da bambini ( a riletti da grandi): d'Artagnan e i tre moschettieri saranno sempre presenti nei miei pensieri per tutta la giornata. Tutti per uno e uno per tutti, scriviamo sulla cartolina che mandiamo a James in Australia, mentre cerco di individuare nelle persone che incontro quel carattere "guascone" che Dumas descriveva come un po' cialtrone e attaccabrighe. Niente di tutto ciò riscontriamo tra il preparatissimo e cordialissimo personale dell'Hotel de France che ci accoglie e ci coccolerà come di rado ci è capitato.
L'Hotel è davvero unico nel suo genere: appartiene alla catena Logis de France, e porta con onore i suoi tre caminetti e le sue tre pentole, segno di massima distinzione nella ricezione degli ospiti e nella buona tavola.
Alla reception la ragazza si sforza di spiegarci in italiano che sono desolati, ma l'hotel è in ristrutturazione. Ma non temete dice, non sentirete alcun rumore. Purtroppo la camera che avevate prenotato è in ristrutturazione, ma vi abbiamo assegnato una camera di categoria superiore allo stesso prezzo, e vi offriamo la colazione gratuita a titolo di risarcimento per il disagio. Incredibile. L'albergo è uno splendido edifico del tardo settecento, arredato con stile e mobili d'epoca.
Ci sono molti dettagli e accessori di grande buon gusto. La camera è spaziosa, il bagno enorme (c'è persino il bidet, una vera rarità in Francia!). Dopo la visita di rito alla cattedrale e al monumento a D'Artagnan (come trascurarlo), ci concediamo una cena che non scorderemo mai più, nel bistrot dell'hotel.
Gustiamo una tipica cena guascone a base di anatra, cucinata in mille modi diversi, e beviamo autentico vino guascone (Chiroulet Terroir Gascon), e alla fine, il sommelier ci offrirà un meraviglioso armagnac guascone. Vive la France!
Giorno 5, giovedì 4 agosto: da Auch a St.Jean de Luz - 244 Km
Partiamo e seguendo il Tom Tom finiamo in autostrada. Immaginavo una cosa del genere.
Già nel pianificare la tappa, ricordo, avevo notato come, andando verso l'Oceano diventava sempre più difficile non imbattersi in autostrade e strade ad alta percorrenza, tutto ciò che noi non volevamo. Decidiamo quindi di ingannare "Tommasino", e usciamo di iniziativa dall'autostrada.
Fa molto caldo, e all'ombra di un albero facciamo un punto mappa e identifichiamo alcuni paesi che vogliamo attraversare, per giungere alla costa, questi e non altri, per essere certi di non finire in strade ad alta percorrenza.
Eccoci dunque a vagare tra campi infiniti di girasoli, vigneti, e oliveti a perdita d'occhio, su di un dolce paesaggio collinare, molto diverso dalle aspre montagne della parte centrale attraversate finora. I declivi sono dolcissimi ed è divertente e piacevole percorrere queste strade.
Solo verso Biarritz siamo "costretti" ad immetterci in una strada di grande traffico che ci accompagnerà fino a St.Jean deLuz.
Ma siamo nelle prime ore di un pomeriggio assolato, e arriviamo in hotel proprio quando la gente inizia a spostarsi per andare in spiaggia. L'Hotel De la Poste è un antico edificio del '700, che vanta tra i suoi illustri ospiti storici anche il generale La Fayette, in procinto di imbarcarsi per gli Stati Uniti. La camera è spaziosa e comoda , ma ha un grande difetto: la porta finestra si apre su di una terrazza che è in comune con altre camere e, cosa ben peggiore, sull'entrata posteriore dell'hotel. Chiunque potrebbe entrare in camera nostra in qualunque momento, anche perché le finestre non hanno certo un'aria solida (forse anche queste risalgono al 1700?). Decidiamo di fare buon viso a cattivo gioco: non abbiamo voglia di protestare e confidiamo nella fortuna, nella fama dell'hotel, e nelle telecamere di sorveglianza, che, anche se non le vediamo, ci auguriamo tanto che ci siano. St.Jean de Luz è una deliziosa cittadina di mare, un po' snob, molto vivace, piena di negozi e locali, con una ampia e bellissima spiaggia affacciata sulla baia, protetta da scogli.
La spiaggia è delimitata, verso la città, da una diga in pietra alta alcuni metri, sulla cui sommità si sviluppa la passeggiata lungomare.
La diga è stata costruita nei secoli passati per proteggere il paese dalle distruttive mareggiate invernali.
Deve essere uno spettacolo maestoso quello delle onde che, mangiata la spiaggia, si frangono sulla bastionata di pietra, scaraventando spuma e spruzzi fin dentro le case, sui balconi e sui tetti, anche se a vederlo adesso, in totale calma piatta, si è portati a dubitare di tanta furia.
Eppure le cronache raccontano episodi drammatici del 19° secolo, quando il paese venne sommerso e numerose furono le vittime: in diversi punti della città troveremo cartelli informativi a memoria di quegli episodi.
Mangiamo un gelato davvero squisito allo Txomin, mentre per cena seguiamo ancora una volta la Guida Lonely Planet, e ci rechiamo al porto, dove una trattoria molto caratteristica, la "Grillerie du Port", serve pesce freschissimo (il pescato del giorno) e a prezzi davvero contenuti offre sardine e tonno ai ferri.
Un bella insalata e una brocca di vino bianco completano la cena. Sembra di stare alla festa de l'Unità: si paga alla cassa, ci si siede e poi "il ragazzo" ti prende lo scontrino e ti porta i piatti ordinati. Veloce ed efficiente e il pesce è buonissimo.
La serata finisce sulla diga, a mangiare dolcetti tipici, i macarons, a base di mandorle, comprati alla "Maison Adam".
Giorno 6, venerdì 5 agosto: Bayonne e St.Jean de Luz
E' bello svegliarsi al mattino e sapere che almeno per oggi possiamo prendercela comoda, senza l'affanno della preparazione dei bagagli, senza la fretta di mettersi in viaggio per macinare i chilometri che ci separano dalla prossima meta e dal prossimo albergo. Se fino alla sera prima eravamo incerti sul da farsi (un giorno di sosta non va comunque sprecato!), dubbiosi tra il concederci una giornata in spiaggia, tra bagni e sole, e una giornata di visita culturale ad una delle belle città vicine, ora, al risveglio, la voglia di fare, vedere e vagabondare è più forte della voglia di oziare e rilassarsi in spiaggia.
Così decidiamo di andare a visitare la vicina Bayonne, lasciando, per questa volta, la vespa a dormire nel suo parcheggio sotterraneo e sicuro, e usando un bel treno delle ferrovie francesi. L'efficienza francese, che fin qui avevamo più volte ammirato, sembra subito sparire di fronte alla lunga ed estenuante coda alla biglietteria.
Ogni operazione sembra eterna e non riusciamo a capire perché.
Il treno per Bayonne arriva e parte, e noi sempre in coda. Quando finalmente è il nostro turno, scopriamo che il biglietto non è semplicemente kilometrico, come da noi, ma prevede anche la prenotazione su quello specifico treno.
Viene prenotato un posto "generico", senza numero di sedile e carrozza, ma, per esempio, per il ritorno, non sapendo noi a che ora tornare, ci vengono offerte tre chances, quei treni e non altri. Incredibilmente macchinoso.
Ci verrà fornito poi un pacchetto di quattro biglietti e un voucher con l'elenco dei treni "papabili" per il ritorno.
Efficiente, forse, ma lungo, e macchinoso, e soprattutto lento.
Il viaggio dura meno di mezz'ora e purtroppo il treno corre nell'entroterra. Solo a tratti godiamo di fugaci scorci sul mare, e intravediamo per pochi istanti i surfisti sulle spiagge a nord di Biarritz. Il cielo e il mare sono grigi e la giornata sembra annunciarsi uggiosa. E' un bel sole, invece, quello che ci accoglierà a Bayonne. La cittadina è davvero graziosa.
Il centro è ricco di strade e stradine imbandierate: lo scorso weekend (l'ultimo di luglio) si è svolta la grande festa di Bayonne, che vede tutti, turisti e non, a centinaia e migliaia, ballare per strada tutti vestiti in bianco e rosso.
Anche oggi c'è festa, e fuori dalle mura è stata allestita un'area con bancherelle e zone ristoro.
Da un lato un maxi schermo proietta le fasi di selezione dei tori per la corrida della serata. Rabbrividisco e trovo sommamente incivile scegliere delle povere bestie per mandarle a morire in quel modo! Il tutto ha un'aria così turistica e artefatta che restiamo davvero pochissimo tempo. Preferiamo girare per le strade di Bayonne, gustare un'ottima insalata mista in un grazioso ristorante (Belzunce), e regalarci una confezione di cioccolatini artigianali.
Li compriamo da "Cazenave", forse la meno appariscente delle cioccolaterie della Rue Port Neuf, dove, sotto un fresco porticato, sono riunite tutte le migliori cioccolaterie di Bayonne. Il cioccolato è una delle specialità della città, da quando durante l'inquisizione spagnola i commercianti ebrei furono costretti a fuggire e aprirono le loro botteghe a Saint Esprit.
Nel 1860 Bayonne vantava già 130 chocolatiers, un numero superiore a quello dell'intera svizzera. Questi cioccolatini saranno la nostra goduria per un paio di giorni, li centellineremo, li gusteremo e ci riscalderanno delle prossime giornate, quando farà freddo.
E' ancora pieno pomeriggio quando decidiamo di tornare a St.Jean de Luz.
Un'informazione utile: a differenza di altri posti, in cui non abbiamo avuto alcun problema del genere, la toilette della stazione di Bayonne è quasi impraticabile per lo stato di abbandono e sudiciume. Davvero scoraggiante.
Giunti in albergo, nonostante un inquietante fronte nuvoloso avanzi all'orizzonte, da ovest, ci cambiamo e andiamo in spiaggia, a "pucciare" i piedi nell'Oceano. L'acqua è gelida, ma corroborante. La lunga camminata è piacevole, ma si alza un vento freddo, e decidiamo che la nostra giornata al mare finisce qui.
Torniamo in hotel sotto la pioggia. La sera ceniamo nuovamente alla "Grillerie du Port" e ci concediamo un dolcetto (tarte basque alla ciliegia) seduti nella piazza.
Giorno 7: sabato 6 agosto: St.Jean de Luz, San Sebastian (Donostia), Bilbao - 167 Km
Partiamo al mattino dopo la consueta ottima colazione, sotto un cielo grigiastro che presto lascia lo spazio al cielo azzurro e al sole. Cerchiamo di dirigerci verso la Spagna avanzando lungo la costa, ma presto ci perdiamo, sbagliamo strada e ci accorgiamo che l'unico modo per giungere velocemente a San Sebastian sembra proprio essere quello di percorrere l'autostrada. Così facciamo, non prima di avere comunque costeggiato il mare a Hendaye dove una foto della vespa manterrà il ricordo della costa. Il viaggio in autostrada non è poi così male, ed è piuttosto presto quando arriviamo a Donostia.
La spiaggia della Concha è davvero enorme: il golfo si estende da un lato all'altro in un'unica curva affollata di ombrelloni e sdraio. Ai margini, due penisole, al centro un'isola: è una costa ben riparata dal mare quella che vediamo.
Decidiamo di visitare la città vecchia e di girovagare per le viuzze strette su cui si affacciano negozi e locali ancora chiusi.
E' solo dopo le 11:30 che il borgo si anima e anche i bar iniziano ad imbandire con i pinchos i loro lunghi banconi.
Ci aggiriamo curiosi e un po' persi, fino a sceglierne uno, più per caso e per lo splendido aspetto delle tapas che per i consigli della guida. Mangiamo molto bene : un bocconcino con pesciolini marinati, un altro con chevre caldo e cotognata, altri con tonno, olive… Ci sarebbe da perderci la giornata, e il portafoglio.
Ma è ora di partire.
Proseguiamo lungo la costa: stavolta Tom Tom ci porta in un meraviglioso tour lungo le scogliere a picco sul mare della costa basca. La strada si inerpica nella vegetazione mediterranea, regalandoci scorci di mare azzurro tra le fronde, sopra calette nascoste, tra ville e casette isolate abbarbicate all'alta costa.
Un su e giù di rara bellezza, che ricorda certi tratti del Gargano, o la corniche di Montecarlo.
Poi la strada svolta nettamente verso l'interno, sotto un cielo che si fa grigio, e salendo tra le montagne, in direzione Bilbao, abbiamo quasi l'impressione di trovarci in montagna. Che stranezza! Un attimo fa eravamo al mare, ora in alta montagna.
Sono boschi di conifere, quelli ai lati della strada, che si sviluppa in ripidi saliscendi.
E dopo un'ultima deviazione, arriviamo alla periferia di Bilbao, e, infine la nota sagoma del museo Guggenheim si prospetta davanti a noi, al di là del fiume Bilbao, quasi di fronte al nostro Hotel.
L'Hotel Hesperia è bellissimo: le sue finestre e balconi colorati sono un'anticipazione della sobria eleganza, intrisa di design che lo caratterizza.
La camera è spaziosa, con un arredamento moderno e funzionale, e, soprattutto, con un lettone enorme e comodo. Bel viaggio! Siamo alla meta. Uscendo, la sera si è fatta piuttosto fresca ed è necessario un golf.
Tra le nubi temporalesche che ci minacciano scattiamo foto del Guggenheim e della città nuova, affascinante miscuglio di strutture modernissime ed edifici del primo novecento.
La città vecchia, invece, ricorda altre città basche ed è il consueto dedalo di viuzze, locali e ristoranti. E' bello perdersi tra quelle strade di mattoni, con tanta gente intorno.
Ceniamo (seguendo come al solito il consiglio della guida Lonely Planet) al Rio Oja, calle del Perro 6.
Cena meravigliosa: dopo il bacalao (al pilpil, con aglio e peperoncino, e al pimento cioè peperoni), gustiamo i chipirones in su tinta, calamari al nero, che resteranno nella nostra memoria come uno dei piatti indimenticabili della vacanza.
Il vino (Cosecha) è buonissimo e ne beviamo un'intera bottiglia. Il cameriere è simpatico, parla molto in fretta e non lo capiamo tanto bene. Lui però cerca di aiutarci e consigliarci in tutti i modi, velocissimo, cammina come se pattinasse, senza nemmeno sollevare i piedi da terra. Ci torneremo domani sera.
E' bello svegliarsi al mattino e sapere che almeno per oggi possiamo prendercela comoda, senza l'affanno della preparazione dei bagagli, senza la fretta di mettersi in viaggio per macinare i chilometri che ci separano dalla prossima meta e dal prossimo albergo. Se fino alla sera prima eravamo incerti sul da farsi (un giorno di sosta non va comunque sprecato!), dubbiosi tra il concederci una giornata in spiaggia, tra bagni e sole, e una giornata di visita culturale ad una delle belle città vicine, ora, al risveglio, la voglia di fare, vedere e vagabondare è più forte della voglia di oziare e rilassarsi in spiaggia.
Così decidiamo di andare a visitare la vicina Bayonne, lasciando, per questa volta, la vespa a dormire nel suo parcheggio sotterraneo e sicuro, e usando un bel treno delle ferrovie francesi. L'efficienza francese, che fin qui avevamo più volte ammirato, sembra subito sparire di fronte alla lunga ed estenuante coda alla biglietteria.
Ogni operazione sembra eterna e non riusciamo a capire perché.
Il treno per Bayonne arriva e parte, e noi sempre in coda. Quando finalmente è il nostro turno, scopriamo che il biglietto non è semplicemente kilometrico, come da noi, ma prevede anche la prenotazione su quello specifico treno.
Viene prenotato un posto "generico", senza numero di sedile e carrozza, ma, per esempio, per il ritorno, non sapendo noi a che ora tornare, ci vengono offerte tre chances, quei treni e non altri. Incredibilmente macchinoso.
Ci verrà fornito poi un pacchetto di quattro biglietti e un voucher con l'elenco dei treni "papabili" per il ritorno.
Efficiente, forse, ma lungo, e macchinoso, e soprattutto lento.
Il viaggio dura meno di mezz'ora e purtroppo il treno corre nell'entroterra. Solo a tratti godiamo di fugaci scorci sul mare, e intravediamo per pochi istanti i surfisti sulle spiagge a nord di Biarritz. Il cielo e il mare sono grigi e la giornata sembra annunciarsi uggiosa. E' un bel sole, invece, quello che ci accoglierà a Bayonne. La cittadina è davvero graziosa.
Il centro è ricco di strade e stradine imbandierate: lo scorso weekend (l'ultimo di luglio) si è svolta la grande festa di Bayonne, che vede tutti, turisti e non, a centinaia e migliaia, ballare per strada tutti vestiti in bianco e rosso.
Anche oggi c'è festa, e fuori dalle mura è stata allestita un'area con bancherelle e zone ristoro.
Da un lato un maxi schermo proietta le fasi di selezione dei tori per la corrida della serata. Rabbrividisco e trovo sommamente incivile scegliere delle povere bestie per mandarle a morire in quel modo! Il tutto ha un'aria così turistica e artefatta che restiamo davvero pochissimo tempo. Preferiamo girare per le strade di Bayonne, gustare un'ottima insalata mista in un grazioso ristorante (Belzunce), e regalarci una confezione di cioccolatini artigianali.
Li compriamo da "Cazenave", forse la meno appariscente delle cioccolaterie della Rue Port Neuf, dove, sotto un fresco porticato, sono riunite tutte le migliori cioccolaterie di Bayonne. Il cioccolato è una delle specialità della città, da quando durante l'inquisizione spagnola i commercianti ebrei furono costretti a fuggire e aprirono le loro botteghe a Saint Esprit.
Nel 1860 Bayonne vantava già 130 chocolatiers, un numero superiore a quello dell'intera svizzera. Questi cioccolatini saranno la nostra goduria per un paio di giorni, li centellineremo, li gusteremo e ci riscalderanno delle prossime giornate, quando farà freddo.
E' ancora pieno pomeriggio quando decidiamo di tornare a St.Jean de Luz.
Un'informazione utile: a differenza di altri posti, in cui non abbiamo avuto alcun problema del genere, la toilette della stazione di Bayonne è quasi impraticabile per lo stato di abbandono e sudiciume. Davvero scoraggiante.
Giunti in albergo, nonostante un inquietante fronte nuvoloso avanzi all'orizzonte, da ovest, ci cambiamo e andiamo in spiaggia, a "pucciare" i piedi nell'Oceano. L'acqua è gelida, ma corroborante. La lunga camminata è piacevole, ma si alza un vento freddo, e decidiamo che la nostra giornata al mare finisce qui.
Torniamo in hotel sotto la pioggia. La sera ceniamo nuovamente alla "Grillerie du Port" e ci concediamo un dolcetto (tarte basque alla ciliegia) seduti nella piazza.
Giorno 7: sabato 6 agosto: St.Jean de Luz, San Sebastian (Donostia), Bilbao - 167 Km
Partiamo al mattino dopo la consueta ottima colazione, sotto un cielo grigiastro che presto lascia lo spazio al cielo azzurro e al sole. Cerchiamo di dirigerci verso la Spagna avanzando lungo la costa, ma presto ci perdiamo, sbagliamo strada e ci accorgiamo che l'unico modo per giungere velocemente a San Sebastian sembra proprio essere quello di percorrere l'autostrada. Così facciamo, non prima di avere comunque costeggiato il mare a Hendaye dove una foto della vespa manterrà il ricordo della costa. Il viaggio in autostrada non è poi così male, ed è piuttosto presto quando arriviamo a Donostia.
La spiaggia della Concha è davvero enorme: il golfo si estende da un lato all'altro in un'unica curva affollata di ombrelloni e sdraio. Ai margini, due penisole, al centro un'isola: è una costa ben riparata dal mare quella che vediamo.
Decidiamo di visitare la città vecchia e di girovagare per le viuzze strette su cui si affacciano negozi e locali ancora chiusi.
E' solo dopo le 11:30 che il borgo si anima e anche i bar iniziano ad imbandire con i pinchos i loro lunghi banconi.
Ci aggiriamo curiosi e un po' persi, fino a sceglierne uno, più per caso e per lo splendido aspetto delle tapas che per i consigli della guida. Mangiamo molto bene : un bocconcino con pesciolini marinati, un altro con chevre caldo e cotognata, altri con tonno, olive… Ci sarebbe da perderci la giornata, e il portafoglio.
Ma è ora di partire.
Proseguiamo lungo la costa: stavolta Tom Tom ci porta in un meraviglioso tour lungo le scogliere a picco sul mare della costa basca. La strada si inerpica nella vegetazione mediterranea, regalandoci scorci di mare azzurro tra le fronde, sopra calette nascoste, tra ville e casette isolate abbarbicate all'alta costa.
Un su e giù di rara bellezza, che ricorda certi tratti del Gargano, o la corniche di Montecarlo.
Poi la strada svolta nettamente verso l'interno, sotto un cielo che si fa grigio, e salendo tra le montagne, in direzione Bilbao, abbiamo quasi l'impressione di trovarci in montagna. Che stranezza! Un attimo fa eravamo al mare, ora in alta montagna.
Sono boschi di conifere, quelli ai lati della strada, che si sviluppa in ripidi saliscendi.
E dopo un'ultima deviazione, arriviamo alla periferia di Bilbao, e, infine la nota sagoma del museo Guggenheim si prospetta davanti a noi, al di là del fiume Bilbao, quasi di fronte al nostro Hotel.
L'Hotel Hesperia è bellissimo: le sue finestre e balconi colorati sono un'anticipazione della sobria eleganza, intrisa di design che lo caratterizza.
La camera è spaziosa, con un arredamento moderno e funzionale, e, soprattutto, con un lettone enorme e comodo. Bel viaggio! Siamo alla meta. Uscendo, la sera si è fatta piuttosto fresca ed è necessario un golf.
Tra le nubi temporalesche che ci minacciano scattiamo foto del Guggenheim e della città nuova, affascinante miscuglio di strutture modernissime ed edifici del primo novecento.
La città vecchia, invece, ricorda altre città basche ed è il consueto dedalo di viuzze, locali e ristoranti. E' bello perdersi tra quelle strade di mattoni, con tanta gente intorno.
Ceniamo (seguendo come al solito il consiglio della guida Lonely Planet) al Rio Oja, calle del Perro 6.
Cena meravigliosa: dopo il bacalao (al pilpil, con aglio e peperoncino, e al pimento cioè peperoni), gustiamo i chipirones in su tinta, calamari al nero, che resteranno nella nostra memoria come uno dei piatti indimenticabili della vacanza.
Il vino (Cosecha) è buonissimo e ne beviamo un'intera bottiglia. Il cameriere è simpatico, parla molto in fretta e non lo capiamo tanto bene. Lui però cerca di aiutarci e consigliarci in tutti i modi, velocissimo, cammina come se pattinasse, senza nemmeno sollevare i piedi da terra. Ci torneremo domani sera.
Giorno 8, domenica 7 agosto: Bilbao
Mattina dedicata interamente al museo Guggenheim: apertura alle 10, e restiamo fino alle 14:30.
Nonostante la guida Lonely Planet consigliasse di pranzare al ristorante del museo, preferiamo tornare alla città vecchia.
L'impressione del ristorante Guggenheim, infatti, è quella del tipico posto da turisti, prezzi alti e qualità frettolosa.
Forse perchè la guida non era recentissima e risaliva ai primi tempi di apertura del museo, quando ancora, forse, era necessario farsi un nome.
Finiamo in un ristorantino della città vecchia, La Deliciosa, calle Jardines 1, dove ci servono per un pelo: solo ormai quasi le 15:30, e a quell'ora la cucina chiude, con buona pace di coloro che pensano che in Spagna si mangia ad ogni ora.
Non possiamo nemmeno mangiare pinchos, o tapas, perchè è troppo tardi, o perché non è il posto adatto, o magari solo perchè non riusciamo a spiegarci e da bravi turisti "polli" mangiamo il menù del giorno, senza alcun rimpianto: la qualità è altissima. L'insalata mista con ventresca di tonno è un'armonia di sapori, e il rombo alla plancha davvero squisito.
La torta poi, fantastica e faceva parte del menù! Al pomeriggio ci dedichiamo una passeggiata da Bilbaini: prendiamo la funicolare, non senza aver faticato a trovarla, (scoprendo poi che era dietro il nostro hotel!) per raggiungere il posto più panoramico e straordinario della città, la collina di Artxanda, dove c'è un parco cittadino molto frequentato da famiglie, che domina la città.
Peccato che oggi ci sia tanta foschia e il panorama finisca presto assorbito da una caligine pallida.
Il mare, che supponiamo essere visibile in altre giornate più limpide di questa, oggi sembra assente, avvolto come è tra l'umidità della lontananza. Quando alla sera ci rechiamo a cena allo stesso ristorante del giorno prima vorremmo assaggiare, giusto per un confronto, il rombo alla piastra, ma è finito.
Ordiniamo allora un'insalata mista e due pesci sconosciuti: rape e lubina. L'insalata risulterà essere un replay di quella mangiata a pranzo, ottima ma molto nutriente e con tanto tonno. Scopriremo poi che il "rape" è la coda di rospo e la "lubina" la spigola.
Ci verranno presentati aperti a metà, squartati, con la testa aperta e cotti spiaccicati sulla plancia dopo essere stati interamente ricoperti di aglio tritato e erbe aromatiche.
Sono buonissimi, ma la digestione sarà una lotta ardua per tutta la notte.
Mattina dedicata interamente al museo Guggenheim: apertura alle 10, e restiamo fino alle 14:30.
Nonostante la guida Lonely Planet consigliasse di pranzare al ristorante del museo, preferiamo tornare alla città vecchia.
L'impressione del ristorante Guggenheim, infatti, è quella del tipico posto da turisti, prezzi alti e qualità frettolosa.
Forse perchè la guida non era recentissima e risaliva ai primi tempi di apertura del museo, quando ancora, forse, era necessario farsi un nome.
Finiamo in un ristorantino della città vecchia, La Deliciosa, calle Jardines 1, dove ci servono per un pelo: solo ormai quasi le 15:30, e a quell'ora la cucina chiude, con buona pace di coloro che pensano che in Spagna si mangia ad ogni ora.
Non possiamo nemmeno mangiare pinchos, o tapas, perchè è troppo tardi, o perché non è il posto adatto, o magari solo perchè non riusciamo a spiegarci e da bravi turisti "polli" mangiamo il menù del giorno, senza alcun rimpianto: la qualità è altissima. L'insalata mista con ventresca di tonno è un'armonia di sapori, e il rombo alla plancha davvero squisito.
La torta poi, fantastica e faceva parte del menù! Al pomeriggio ci dedichiamo una passeggiata da Bilbaini: prendiamo la funicolare, non senza aver faticato a trovarla, (scoprendo poi che era dietro il nostro hotel!) per raggiungere il posto più panoramico e straordinario della città, la collina di Artxanda, dove c'è un parco cittadino molto frequentato da famiglie, che domina la città.
Peccato che oggi ci sia tanta foschia e il panorama finisca presto assorbito da una caligine pallida.
Il mare, che supponiamo essere visibile in altre giornate più limpide di questa, oggi sembra assente, avvolto come è tra l'umidità della lontananza. Quando alla sera ci rechiamo a cena allo stesso ristorante del giorno prima vorremmo assaggiare, giusto per un confronto, il rombo alla piastra, ma è finito.
Ordiniamo allora un'insalata mista e due pesci sconosciuti: rape e lubina. L'insalata risulterà essere un replay di quella mangiata a pranzo, ottima ma molto nutriente e con tanto tonno. Scopriremo poi che il "rape" è la coda di rospo e la "lubina" la spigola.
Ci verranno presentati aperti a metà, squartati, con la testa aperta e cotti spiaccicati sulla plancia dopo essere stati interamente ricoperti di aglio tritato e erbe aromatiche.
Sono buonissimi, ma la digestione sarà una lotta ardua per tutta la notte.
SlowRidingEurope 2011: prima parte
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