ADV
Africa
Dall'Italia al Sud Africa: 25esima tappa
di Anna & Fabio
il 03/01/2011 in Africa
Il tragitto è funestato dalla pioggia, ma a Durban esce un pallido sole. Appena prima di partire per il Sani Pass, che è il più alto del continente e sconfina in Leshoto
Dall'Italia al Sud Africa: 25esima tappa
Arriviamo a Durban fra uno scroscio di pioggia e l'altro: fa molto freddo, speriamo che non duri perché siamo al limite di comfort con il nostro abbigliamento, per questioni di peso abbiamo ridotto al massimo la quantità di abiti a seguito.
Tutto si riduce ad un micropile, leggero e caldo ma non abbastanza. A questo uniamo la fodera termica delle giacche, una maglia e un paio di "mutandoni". Con tutto questo addosso riusciamo a sopportare temperature di circa 13 gradi. Infilandoci sopra la tuta antipioggia arriviamo qualche grado in meno e fino a 10 gradi riusciamo a sopravvivere. Se la temperatura si abbassa ulteriormente sono guai, qui siamo al limite.
Tutto si riduce ad un micropile, leggero e caldo ma non abbastanza. A questo uniamo la fodera termica delle giacche, una maglia e un paio di "mutandoni". Con tutto questo addosso riusciamo a sopportare temperature di circa 13 gradi. Infilandoci sopra la tuta antipioggia arriviamo qualche grado in meno e fino a 10 gradi riusciamo a sopravvivere. Se la temperatura si abbassa ulteriormente sono guai, qui siamo al limite.
A Durban, però, esce un pallido sole e ci sentiamo meglio: arriviamo senza difficoltà (sfuggendo a un incidente mortale con un furgone) al backpacker hostel che abbiamo scelto. Una villetta di un quartiere residenziale con un'atmosfera inequivocabilmente hippy. La zona del porto si stende sotto di noi, costellata di grattacieli.
La città è divisa in tre zone. La parte alta, costituita da centinaia di ville lussuose circondate da filo spinato e fili dell'alta tensione; la fascia intermedia di parchi e campi da golf, e la parte bassa, attorno al porto, dove ci sono uffici e grandi palazzi impersonali, da evitare dopo il tramonto. Le tracce della segregazione razziale sono ancora ben visibili: le vie commerciali sono strettamente divise, anche se scorrono parallele a meno di cento metri di distanza. Più a valle quella della popolazione di colore, in mezzo quella dei bianchi con i negozi di lusso, più su quella degli indiani, piena di ristorantini e shop che vendono di tutto.
Sono unite solo dai grandi supermercati, che hanno ingressi in tutte e tre le vie. Ci sono centinaia di homeless (quasi tutti di colore) che vivono sulle panchine e sotto i ponti. L'atmosfera è troppo schizofrenica per essere piacevole ma ci giriamo tutta la città, approfittando delle comodità che offre: grandi centri commerciali che hanno di tutto, ristoranti piacevoli e a buon prezzo e anche un parrucchiere "unisex". Cerchiamo anche di mettere a punto il percorso per i giorni successivi, ma riusciamo solo definire la nostra prossima tappa: il Sani Pass, il passo più alto di tutto il Sud Africa a quasi 2800 metri.
La città è divisa in tre zone. La parte alta, costituita da centinaia di ville lussuose circondate da filo spinato e fili dell'alta tensione; la fascia intermedia di parchi e campi da golf, e la parte bassa, attorno al porto, dove ci sono uffici e grandi palazzi impersonali, da evitare dopo il tramonto. Le tracce della segregazione razziale sono ancora ben visibili: le vie commerciali sono strettamente divise, anche se scorrono parallele a meno di cento metri di distanza. Più a valle quella della popolazione di colore, in mezzo quella dei bianchi con i negozi di lusso, più su quella degli indiani, piena di ristorantini e shop che vendono di tutto.
Sono unite solo dai grandi supermercati, che hanno ingressi in tutte e tre le vie. Ci sono centinaia di homeless (quasi tutti di colore) che vivono sulle panchine e sotto i ponti. L'atmosfera è troppo schizofrenica per essere piacevole ma ci giriamo tutta la città, approfittando delle comodità che offre: grandi centri commerciali che hanno di tutto, ristoranti piacevoli e a buon prezzo e anche un parrucchiere "unisex". Cerchiamo anche di mettere a punto il percorso per i giorni successivi, ma riusciamo solo definire la nostra prossima tappa: il Sani Pass, il passo più alto di tutto il Sud Africa a quasi 2800 metri.
Lo raggiungiamo domenica mattina incontrando un bel numero di moto che procedono in senso inverso: gli ultimi 60 chilometri sono su una pista di montagna piuttosto ripida e con grandi panorami.
A circa metà strada si sconfina in Leshoto, perciò occorre il passaporto e si paga una tassa. Ci fermiamo pochi minuti e ritorniamo indietro dirigendoci verso Kokstad, una cittadina fondata poco più di 100 anni fa grazie ad un accordo con una tribù locale che accettò una missione. Da allora si è sviluppata fino a diventare un punto di riferimento nella zona dell'Eastern Cape. Non c'è nulla di interessante ma ci sistemiamo in una graziosissima pensioncina popolata di cani, gatti e una simpatica famiglia.
Da Kokstad proseguiamo sulla N2 in direzione di Port Elizabeth. Abbiamo bisogno di fermarci in un luogo con una buona connessione internet per cercare un corriere che ci riporti a casa la moto (purtroppo ho deciso di smetterla con le mie idee di proseguire il viaggio). La strada corre parallela al mare e vorremmo raggiungerlo per vedere se troviamo una sistemazione. Scartiamo un paio di alternative, fra cui Coffee Bay e puntiamo su Kei Mouth. Il tempo si è rimesso al brutto. Ci arriviamo verso sera e non c'è nessuno, ma proprio nessuno. Siamo gli unici clienti della guesthouse e facciamo fatica a trovare un negozio aperto. In effetti gli orari dei negozi sono piuttosto punitivi: alle 5 sono già tutti chiusi. Ci infiliamo sotto le coperte e decidiamo che questo non è il posto giusto per fermarsi.
La mattina partiamo verso Port Elizabeth sotto una pioggia scrosciante che si dirada solo quando siamo in città. Che tristezza! Sembra costruita negli spazi lasciati liberi dei cantieri e dal porto. Ricorda i lati peggiori di Genova, senza avere nessuno dei suoi monumenti. Il mare c'è, ma è completamente nascosto dall'autostrada, da giganteschi silos e centinaia di gru. Di lontano vediamo lo stadio costruito per i mondiali di calcio, ma non è abbastanza per renderla interessante. Per fortuna la guesthouse è nella parte alta. La città è completamente fuori vista e questa è già una bella notizia. Facciamo appena in tempo a fare un giretto che ricomincia a piovere e non smette per due giorni che occupiamo selezionando una decina di corrieri e scrivendo un email a tutti: vediamo cosa rispondono
Poi improvvisamente spunta un bel sole caldo. E ce ne andiamo in tutta fretta.
www.1bike2people4aid.it
A circa metà strada si sconfina in Leshoto, perciò occorre il passaporto e si paga una tassa. Ci fermiamo pochi minuti e ritorniamo indietro dirigendoci verso Kokstad, una cittadina fondata poco più di 100 anni fa grazie ad un accordo con una tribù locale che accettò una missione. Da allora si è sviluppata fino a diventare un punto di riferimento nella zona dell'Eastern Cape. Non c'è nulla di interessante ma ci sistemiamo in una graziosissima pensioncina popolata di cani, gatti e una simpatica famiglia.
Da Kokstad proseguiamo sulla N2 in direzione di Port Elizabeth. Abbiamo bisogno di fermarci in un luogo con una buona connessione internet per cercare un corriere che ci riporti a casa la moto (purtroppo ho deciso di smetterla con le mie idee di proseguire il viaggio). La strada corre parallela al mare e vorremmo raggiungerlo per vedere se troviamo una sistemazione. Scartiamo un paio di alternative, fra cui Coffee Bay e puntiamo su Kei Mouth. Il tempo si è rimesso al brutto. Ci arriviamo verso sera e non c'è nessuno, ma proprio nessuno. Siamo gli unici clienti della guesthouse e facciamo fatica a trovare un negozio aperto. In effetti gli orari dei negozi sono piuttosto punitivi: alle 5 sono già tutti chiusi. Ci infiliamo sotto le coperte e decidiamo che questo non è il posto giusto per fermarsi.
La mattina partiamo verso Port Elizabeth sotto una pioggia scrosciante che si dirada solo quando siamo in città. Che tristezza! Sembra costruita negli spazi lasciati liberi dei cantieri e dal porto. Ricorda i lati peggiori di Genova, senza avere nessuno dei suoi monumenti. Il mare c'è, ma è completamente nascosto dall'autostrada, da giganteschi silos e centinaia di gru. Di lontano vediamo lo stadio costruito per i mondiali di calcio, ma non è abbastanza per renderla interessante. Per fortuna la guesthouse è nella parte alta. La città è completamente fuori vista e questa è già una bella notizia. Facciamo appena in tempo a fare un giretto che ricomincia a piovere e non smette per due giorni che occupiamo selezionando una decina di corrieri e scrivendo un email a tutti: vediamo cosa rispondono
Poi improvvisamente spunta un bel sole caldo. E ce ne andiamo in tutta fretta.
www.1bike2people4aid.it
Dall'Italia al Sud Africa: 25esima tappa
Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.