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Africa

Dall'Italia al Sud Africa: 28esima tappa

di Anna & Fabio il 25/01/2011 in Africa

Ultimi giorno del viaggio, da dedicare alla visita di Cape Town e agli ultimi giri in attesa di imbarcare la moto. Poi un aereo che riporta i nostri viaggiatori in Italia

Dall'Italia al Sud Africa: 28esima tappa
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Chissà perché avvicinandosi a Cape Town i cartelli stradali cambiano e la città viene indicata come Kapstaad, il suo nome in africaans.
La giornata è "variabile", come sono tutte da queste parti: da lontano vediamo la Table Mountain coperta, come di regola, dalla sua "tablecloth", la sua tovaglia di nuvole che si diradano solo nel pomeriggio.
Restiamo sulla N2 fino al centro e in pochi minuti siamo arrivati al "backpacker" che abbiamo scelto. Scarichiamo i bagagli per l'ultima volta e cerchiamo un ricovero sicuro per la moto: ci hanno detto che non è molto igienico lasciarla in strada. Giriamo un paio di garage chiedendo se c'è posto: nel secondo incontriamo una gentilissima signora che ci offre il suo posto macchina, visto che resterà fuori città per qualche giorno. La cosa getta nella disperazione la sorveglianza che deve "accreditarci" e spiegarci tutte le procedure di sicurezza. Superiamo l'ostacolo in mezz'ora e con qualche mancia che alleggerisce le pratiche. Abbiamo il pomeriggio a disposizione: domani cominceremo con le pratiche di spedizione.
Anche se la tracce della segregazione razziale sono ben visibili, Cape Town sembra la città più interrazziale di tutto il Sud Africa. Restano però le colossali e poverissime township che la circondano e che a suo tempo erano state situate in modo da essere "poco visibili" e non deturpare il panorama. Si sta lavorando per riqualificarle e trasferire la popolazione dalle baracche di lamiera a nuove casette in muratura, piccole e scarne ma più confortevoli e durature. Purtroppo le baracche vengono subito occupate dai milioni di profughi che le altre nazioni africane producono senza sosta. Così si esasperano le tensioni fra le tribù indigene e i nuovi immigrati provenienti soprattutto da Somalia e Zimbabwe.
Con questi presupposti la convivenza pare impossibile e invece, proprio qui a Cape Town, si comincia a vedere la luce alla fine del tunnel. Capita spesso di trovare compagnie miste e molti locali hanno frequentatori di ogni razza. La vita intellettuale è vivace, molto variegata e sono presenti contributi molto diversi.
Speso il pomeriggio per un primo contatto, dedichiamo il giorno successivo alla spedizione della moto. Incontriamo il corriere e controlliamo costi e documenti. Pare tutto in ordine. I costi diminuiscono riducendo il volume e perciò mi rassegno a smontare le ruota anteriore: in questo modo il volume (e i costi) si riducono di circa un terzo. Per confezionare la cassa prendiamo appuntamento per lunedì, cosi avremo la moto per il weekend.
Ne approfittiamo per girare la città e soprattutto per visitare "il capo". Saliamo verso la Table Mountain e scavalchiamo il Kloof Nek raggiungendo Hout Bay. Poi seguiamo la costa fino a Capo di Buona Speranza, risalendo verso Simon's Town e poi di nuovo Cape Town. I panorami sono bellissimi e stranamente molto mediterranei, in certi angoli molto simili a certi angoli dell'isola d'Elba.
Lunedì abbiamo appuntamento con il falegname. E' molto fuori città, e visto che dobbiamo arrivare completamente senza benzina, giro da due giorni con il serbatoio posteriore vuoto. Questo rende la gitarella piuttosto complicata perché finiamo la benzina due volte prima di arrivare. Seccante ma non difficile riprendere la marcia: basta aprire i rubinetti e far affluire un po' di benzina, ripartire e sperare di averne abbastanza per arrivare a destinazione. Altrimenti si ripete la procedura quante volte serve.
L'operazione di imballaggio è infinitamente più confortevole di quella di Tehran: mi viene dato uno spazio adeguato e un aiutante che, oltre ad assomigliare a Mike Tyson in maniera impressionante, è in grado di sollevare e spostare la moto senza sforzo apparente. In un paio d'ore smonto tutto lo smontabile, mettiamo la moto sulla pedana, smonto la ruota e appoggiamo il tutto su una zeppa posizionata sotto al motore. A questo punto il più è fatto. Non resta che fissare la moto, salutarla e chiudere la cassa.
In un accesso di imprudenza e di fiducia infiliamo nella cassa anche le valigie laterali e i caschi, sperando di rivederli fra un paio di mesi.
Siamo formalmente liberi: dobbiamo solo assolvere alle ultime formalità e trovare un aereo che ci riporti in Italia.
Lo troviamo per il giorno dopo, perciò non ci restano che poche ore per comprare qualche regalino per gli amici che si sono occupati delle nostre cose per 5 mesi. Siamo quasi senza soldi e perciò dovranno accontentarsi davvero di poco. Peccato, perché senza di loro questo viaggio sarebbe stato impossibile.
Salutiamo gli amici che ci siamo fatti qua, saliamo sull'aereo alle 8 del mattino e scendiamo a Malpensa esattamente 24 ore dopo. Inclusi tre scali, un cambio di aereo, 7 film di varia qualità e un paio di pisolini interrotti da qualche pasto piuttosto discutibile.
Forse era meglio tornare in moto: in un paio di mesi si poteva fare.

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