Aprilia lavora sull'anti-dive per la MotoGP
A Noale spunta un brevetto per un sistema anti-affondamento che potrebbe regalare interessanti vantaggi ai piloti della Aprilia RS-GP
A volte ritornano
Un esempio potrebbe essere l’anti-dive meccanico che compare in un brevetto a nome di Paolo Angelin (il responsabile della dinamica veicolo e dello sviluppo in pista di Aprilia Racing). Si tratta di una soluzione che qualcuno ricorderà dagli anni 80, quando i limiti dell’idraulica delle sospensioni del tempo avevano spinto a cercare un modo per limitare l’affondamento in frenata: un cruccio talmente forte per tecnici e piloti dell’epoca da aver condotto a esperimenti radicali come la Elf-Honda, la cui sospensione anteriore a monobraccio oscillante nasceva proprio per separare in modo definitivo le sollecitazioni verticali (sospensione) da quelle orizzontali (frenata). Il naturale affondamento in frenata delle sospensioni telescopiche è infatti benefico da certi punti di vista, perché riducendo l’avancorsa aiuta l’inserimento. Ma quando le cose vengono portate all'estremo come in MotoGP, diventa importante poter controllare i trasferimenti di carico. Questo viene fatto con assetti tendenzialmente più rigidi, ma le pazzesche decelerazioni delle racer moderne richiedono ormai molle e idrauliche così sostenute che poi la sensibilità va inevitabilmente a farsi benedire, mentre anche il mono finisce per lavorare scarico e andare in difficoltà. Per cui avere una carta in più per governare l’assetto può fare la differenza (come ha appena mostrato Ducati, pur se in un altro ambito, con il sistema che abbassa la moto in partenza).La Kawasaki KR 500 GP del 1981 era dotata di un vistoso anti-dive meccanico applicato alle pinze anteriori, soluzione presto abbandonata per il suo comportamento troppo schematico
A cosa serve l'anti-dive
Bene: gli anti-dive meccanici sono sistemi che servono appunto a differenziare il comportamento della forcella: affondamento "libero" in risposta a una irregolarità del fondo stradale (forza verticale), ma affondamento limitato in risposta a una frenata (forza orizzontale). Si tratta insomma di sistemi anti-affondamento, da cui il loro nome. Il modo in cui questo veniva fatto sulle vecchie 500 2T era di fissare la pinza freno non al piedino, ma alla piastra forcella (o al telaio, o a uno stelo) attraverso una bielletta. In questo modo, in frenata la pinza freno tendeva a ruotare nello stesso senso della ruota, trascinata dal disco, e attraverso la bielletta spingeva le piastre verso l'alto, ostacolando l'affondamento; se invece la moto incontrava un avvallamento, la forcella poteva affondare liberamente, senza interferenze da parte della bielletta.Il "cilindretto dorato" dell'anti-dive idraulico ebbe una breve stagione di gloria tra le replica stradali attorno al 1985. Poi fu spazzato via dall'arrivo delle forcelle rovesciate
Un sistema rudimentale
Sulle replica stradali come la Suzuki RG 500 Gamma (ma anche molte 125 italiane) ebbe un certo successo la versione idraulica, basata su una speciale cartuccia comunicante con l’impianto frenante, che quando era messo in pressione chiudeva uno spillo rendendo l'idraulica più "dura". In entrambi i casi, però, l'anti-dive venne abbandonato nel giro di qualche stagione, in parte per il miglioramento dell’idraulica delle forcelle con l’arrivo delle rovesciate e in parte perché il gioco, come si dice, non valeva la candela: l’anti-dive meccanico era difficile da mettere a punto e troppo rudimentale per funzionare bene. In particolare, il comportamento dell’anteriore poteva diventare di difficile lettura, anche perché il carico gravante sulla gomma anteriore (e quindi la sua aderenza) non era completamente sotto controllo per il pilota – e le coperture dell’epoca non brillavano per comunicatività. L’arrivo delle sospensioni elettroniche, con la loro sofisticata capacità di reazione a ogni imprevisto, avrebbe definitivamente messo la pietra tombale sugli anti-dive meccanici… non fosse però che le sospensioni elettroniche sono vietate in MotoGP. Ecco perché Aprilia ha provato a rendere il sistema a bielletta un po’ più sofisticato.aprilia punta su un meccanismo più raffinato per gestire la forza anti-affondamento in modo progressivo
Il segreto di Aprilia: la progressività
Questo grazie all’introduzione di un biellismo più complesso, per gestire in maniera più raffinata l’equilibrio tra la spinta verso l'alto che risulta dall’azione frenante e le forze di affondamento legate al trasferimento di carico. Anche qui quindi la pinza freno può ruotare attorno al perno ruota trascinata dal disco in frenata, ma anziché scaricare la forza di reazione direttamente sulle piastre o sullo stelo forcella attraverso la bielletta, lo fa per il tramite di un meccanismo intermedio che prevede una camma e un profilo scanalato. In questo modo è possibile dare una “progressività” alla forza che contrasta l’affondamento, un po’ come fanno i leveraggi del mono al retrotreno. Il brevetto parla poi di possibili molle di richiamo per compensare i giochi e limitare le vibrazioni, ma questo è un aspetto secondario. La cosa importante è infatti che con questo “quadrilatero modificato” è possibile gestire con una certa libertà l’equilibrio tra il trasferimento di carico e la forza anti-dive generata dalla frenata. In particolare, è possibile portare progressivamente a zero questa forza via via che la forcella affonda, in modo che a un certo punto il suo comportamento torni completamente “libero” regalando la necessaria sensibilità sui piccoli avvallamenti quando si trova dalle parti del fondo corsa, o ancora in percorrenza a centro curva.Regolando opportunamente la geometria del sistema, è possibile calibrare con precisione l'andamento della forza di contrasto in funzione dell'affondamento