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Prove della redazione

Triumph Scrambler

MariaVittoria Bernasconi il 25/07/2012 in Prove della redazione
Triumph Scrambler
Triumph Scrambler
865 cc / 39,7 kW (54 CV) / 2 cilindri in linea / Euro 2
€ 8.700

Anima British e scarichi alti per la nuova versione della bicilindrica. L'abbiamo portata sulla neve per testarne versatilità e adattamento a tutte le situazioni

La voglio. Un'affermazione che non ammette prosegui e discussioni, che addirittura annienta il valore di questo test. Forse mette anche in dubbio la funzione stessa del tester. Eppure è ciò che pronunciano le labbra dei ragazzi di cinquant'anni che la vedono per la prima volta. Senza bisogno di provarla, di sapere come va, fidandosi solo del proprio intuito e ricordando un vicino passato. Era il sogno dei «teens» degli anni '60, era l'idea di trasgressione a portata di mano, con i cerchi grandi e possibilità infinite. E a guidarla c'era lui, lo scanzonato Steve McQueen, che senza controfigura si lanciava oltre i confini di un campo di prigionia nel film cult «La grande fuga». È inutile girarci intorno, il mito nasce lì, e proprio lì la Triumph ritorna con la nuova Scrambler. Certo non è la stessa cosa: c'è molta più plastica e non si rischia più di incrinare la testa tra i bulloni di fissaggio e la camera di scoppio. Però la moto pesa grossomodo lo stesso, e in un confronto alla pari con la progenitrice perde qualcosa in fascino ma guadagna in potenza e affidabilità. Il punto è che, come nel lontano 1963 quando il mitico Steve correva in monoruota senza casco, viene voglia di fare qualsiasi cosa con questa Scrambler. Così, senza nemmeno cambiare le gomme, abbiamo deciso di affrontare addirittura la neve. Non quella un po' sporca che ha invaso le strade d'Italia nei gelidi giorni di fine gennaio, ma quella bianchissima d'alta quota delle Dolomiti del gruppo Sella.

Trentino in Triumph

Assonanze a parte, la scelta è insolita per la stagione: le valli e le montagne sono invase da sciatori increduli nel vedere una Scrambler correre al loro fianco sulle piste da sci. Ma le strade che si snodano da queste parti sono talmente tortuose e piacevoli, per una due ruote, che anche ora ne vale la pena. Partiamo infatti da Corvara, posta a 1.568 m sul livello del mare. La Scrambler, a freddo, fatica ad accendersi anche con l'arricchitore tutto inserito. Un vapore bianco di condensa accompagna la messa in moto, su un asfalto gelido ma pulito da quasi tutto il ghiaccio e la neve. Per precauzione sgonfiamo un po' le ottime Bridgestone Trail Wing 101 in maniera tale da aumentare il grip su fondi così insidiosi, tanto che ora è possibile affrontare anche i tratti innevati.

Potenza d'altri tempi

Quasi si rimpiange che in Triumph non abbiano pensato di rimettere a questa Scrambler l'accensione a pedale, sarebbe stato un tocco raffinato, soprattutto considerato il propulsore adottato. Si tratta del bicilindrico raffreddato ad aria da 865 cc della Thruxton con manovellismo a 270°, fasatura che rende l'erogazione più morbida pur sebbene a discapito delle vibrazioni che infatti qui sono smorzate da un doppio contralbero. La coppia sembra molto simile alla sorella sportiva, anche se effettivamente è stati modificato il regime di picco massimo: da 7.000 si passa a 5.000 giri per i 69 Nm della nuova nata, così da renderla ancora più fruibile nei percorsi misti e sugli sterrati. Efficiente e confortevole al contempo, la forcella ha steli da 41 mm, ed è regolabile nel precarico, dall'escursione lunga per sopportare dossi e cunette. Ricercati e funzionali gli ammortizzatori posteriori con precarico molla regolabile. Il manubrio è largo e comodo, da vera scrambler, più appagante esteticamente col traversino optional, da cross d'altri tempi, con tanto di salsicciotto griffato. Lo stile vintage che tanto piace in questo periodo viene sottolineato soprattutto dal doppio scarico che corre in alto, sul fianco destro della moto (contrariamente a quello che accadeva con le vecchie TR5 e TR6 in cui era posizionato a sinistra). I paracalore funzionano bene, anche se esteticamente sono perfettibili, mentre il suono che la Triumph diffonde è decisamente troppo poco incisivo rispetto ai tempi passati. Ma questo è lo scotto da pagare per essere in linea con le normative sull'inquinamento acustico e con quella Euro2. Peccato, perché con gli scarichi aperti il sound è davvero «sixties», acido e borbottante, soprattutto tra queste valli che non conoscono traffico. In Alto Adige ci sono norme molto severe relativamente alla circolazione dei motocicli; ad esempio è vietato lasciare le strade battute e inoltrarsi per campi ed è vietata la circolazione alle motoslitte. Qui i sentieri sono attrezzati per escursioni e passeggiate a piedi, in bici e a cavallo. Niente motori dunque fuori dai tracciati permessi! Noi ci siamo addentrati per la nostra prova solo su alcuni percorsi asfaltati che d'inverno diventano piste e passaggi innevati.

Quasi un'enduro

La Scrambler sullo sterrato si guida quasi meglio che su strada, infatti si sta più comodi in piedi che seduti in sella. In questo contesto sono d'obbligo alcuni accessori, che secondo noi avrebbero dovuto far parte della dotazione standard, come il paramotore e la bellissima griglia parafaro. Bisogna fare attenzione a dove si mettono le ruote anche perché il parafango anteriore, purtroppo in plastica, è molto vicino al pneumatico e rischia di riempirsi di terra e detriti. Nel caso si montassero gomme tassellate è inevitabile eliminarlo del tutto, come il paracatena. Durante il test abbiamo giocato duro con la Triumph: da maleducati l'abbiamo intraversata fino al limite di caduta, l'abbiamo strapazzata, spinta quando si è inchiodata nella neve fresca e abbiamo usato i suoi 54 CV fino a brunire i collettori di scarico. Lei non si è mai tirata indietro, ma ha mostrato alcuni limiti da lady inglese che mal si accompagnano al nome Scrambler. Infatti, se malauguratamente la si appoggia a terra su un fianco, le leve di frizione e freno non si rompono nella mezzeria (nel punto che di solito è indebolito da un taglio ad hoc) ma in alto, sopra al nottolino per la regolazione. Così si rimane a piedi. Le frecce e il brutto faro posteriore sono in plastica cromata: complice il freddo e una botta di troppo il fanalino ha ceduto, dondolando triste per il resto del viaggio. Peccato per questi dettagli che ci si aspetterebbe di maggior robustezza dalle «solide Triumph»: moto dallo stile inconfondibile, rifinite a mano e dal peso rilevante, caratteristiche che dovrebbero essere mantenute a dispetto della leggera ma prosaica plastica. Essenziale la strumentazione, che mostra un unico tachimetro analogico con quattro spie sui fianchi in alluminio e la rotellina per la regolazione del conteggio parziale.

Meneggevolezza su strada

Le quote di questa Scrambler sono una via di mezzo tra la sportiva Thruxton e la classica Bonnie: ne esce una moto fruibile e facile, che si inserisce con precisione in curva e sfoggia una buona stabilità in appoggio. Nei cambi di direzione è rapida anche se sembra più pesante dei suoi 205 kg, forse per l'aumentata altezza del baricentro. La sella raggiunge gli 810 mm ma le manovre da fermo sono semplici, come la frenata sincera e morbida. Il disco anteriore con pinza a due pistoncini non blocca e ben si abbina alla forcella dalla buona taratura di compromesso. In curva la moto tende a raddrizzare se si corregge la traiettoria pinzando, meglio quindi usare il più blando freno posteriore che aziona una pompa a due pistoncini su un disco dal diametro inferiore. Impossibile parlare di protezione aerodinamica su questa spartana Scrambler che permette velocità di crociera contenute nei limiti del codice della strada e si presta meglio a brevi scampagnate che a lunghi tragitti. Il motore spinge in modo brillante fino a 5.000 giri, poi la velocità aumenta senza brividi, allungando fino ai 7.000. Stabile e precisa nel percorrere le strade di montagna, si infiamma nel fuoristrada: non accetta salti alla McQueen, ma se le cava con una buona rigidità dell'assetto e una taratura delle sospensioni media. Il suo difetto più grande sullo sterrato rimane comunque il peso. Si può dire che i nostalgici abbiano ragione: in fondo quello che conta in una motocicletta del genere è l'anima e le scrambler suscitano ancora emozioni e brividi negli appassionati, quindi ben venga questa moderna rivisitazione. Per ora rimaniamo con un paio di dubbi: la Ducati raccoglierà la sfida inglese? E questa nuova Triumph Scrambler sarebbe piaciuta a Steve?
Tutto nasce dalle competizioni: Edward Turner, presidente Triumph negli anni '40, accettò di far competere un modello della casa inglese alla Sei Giorni del 1948, rigorosamente derivato da un modello di serie. Nacque così il prototipo, ibrido nato dal motore bicilindrico da 500 cc della Speed Twin (opportunamente modificato e alleggerito della testa in ghisa, sostituita con una in alluminio) e dal telaio della TRW. Il prototipo vinse la gara nella classe Trophy, e nel 1949 seguì la produzione di serie del modello TR5, detto appunto Trophy. Questo modello rimase in gamma fino al '58, ma fu sostituito dalla più potente TR6, che montava il bicilindrico del Tiger 110, mantenendo la ciclistica della TR5. Nel 1963, accanto ai modelli da 500 cc, la produzione di serie viene arricchita del modello TR6 Unit, declinato nel 1966 in TR6R per la strada e TR6C per il fuoristrada, con motore Unit da 650 cc. Il telaio è un monoculla sdoppiata sotto il motore, con il forcellone fissato anche alle piastre posteriori del propulsore. In questa versione del motore Unit la catena per la trasmissione primaria è duplex ed è presente un pattino tendicatena. La forcella ha le molle esterne e il freno anteriore a tamburo è da 8' monocamma. Un gioiello, con la sella anche per il passeggero, studiato principalmente per il mercato americano. Ed è proprio questa la moto con cui Steve McQueen partecipa alla Sei Giorni del 1964 con il numero 278, e che guiderà, camuffata da tedesca militare, nella rocambolesca scena del film «La grande fuga», in cui verrà sostituito dall'amico e compagno di team Bud Ekins solo per uno spettacolare salto, per volere del regista. Il modello TR6 finisce di essere prodotto nel 1973, con la sigla TR6VC.
Così è la Scrambler, così fanno gli inglesi. La sbatti in strada in una giornata d'inverno, di quelle col freddo che ti taglia la faccia e te ne vai sulle Dolomiti. Non c'è niente di estremo in un viaggetto del genere per gente che usa la spider aperta quando diluvia. Gli inglesi appunto, mica noi. Però se uno la prende significa che si sente almeno un po' british dentro, con quel gusto per l'eleganza naturale, la coppia, i borbottii, le linee vecchie che non invecchiano lasciandosi definire semplicemente di classe. Con la Scrambler, nel pieno di questo «freezing january», succede che prima guardano lei e poi guardano te, come fossi matto. Avreste dovuto vedere gli sciatori di Corvara; si sono presi dei rischi incommensurabili. Mica per evitare le due Scrambler che abbiamo portato in pista (da sci, verde, facile, per carità), quanto piuttosto per evitare di sbattere il muso a terra mentre si voltavano a guardarla. Abbiamo sotto un tassello moscio che sulla neve inorridisce; eppure la moto con marcia bassa e un filo di gas, avanza fino allo skilift, chiedendoti di alzarti in piedi a patto che tu riesca ad adattarti a quegli scarichi che mantengono un poco innaturalmente aperta la gamba destra. Non che mi aspettassi un'enduro, no, però sotto sotto capisco che McQueen avesse nel cuore l'idea di portarla in posti assurdi. Salvo tradurla in realtà, facendosi leggenda e spremendo un mito da una moto nata per scorrazzare in lungo e in largo, non certo per una Sei Giorni. Non va strapazzata insomma, perché è una Scrambler che esce dal mucchio, non una enduro. Non è la moto totale comunemente intesa (che non esiste), ma una dolcissima compagna di viaggio, di spesa, di aperitivo, di casa-ufficio, che si lascia parcheggiare in un prato se nello zaino hai messo una bella tovaglia a quadretti e posate d'argento per un picnic nel Surrey o nel Chianti. Ha un motore pienotto, godibile, che lascia riposare il piede sinistro perché se ne esce sempre, senza la preoccupazione di cambiare marcia. Quando attorno hai le Dolomiti della Val Badia, pare che anche lei stia guardando il paesaggio, quieta, snella con una gradevole propensione al graffio che la rende un po' snob. E se diciamo graffio, intendiamo uno strapazzo ogni tanto: sul gas, sulla frizione, sui freni, su quel telaio che quando accenna a spazzolare l'asfalto non la fa sembrare fuori posto in una foto. L'abbiamo cacciata sul ghiaccio verde, in buche di neve impossibili per lei che è pesante, per la plastica al color del cromo del suo faro posteriore che ha fatto crack con un niente. Ecco, per quei particolari oserei un'invocazione al metallo vero, pur concedendole l'attenuante di un freddo fuori dal normale al quale lei, la Scrambler, ha reagito con una originale colorazione violacea dei collettori di scarico. Come un rossore sulle gote di una snobbettina colta in fallo.

Dati Tecnici

 
Triumph
Scrambler

Motore

bicilindrico parallelo a 4 tempi, raffreddamento ad aria; alesaggio per corsa 90x68 mm; cilindrata 865 cc; rapporto di compressione 9,2:1. Distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro. Alimentazione a carburatori da 36 mm con sensore elettronico di apertura farfalle. Capacità serbatoio carburante 16 litri . Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione

primaria ad ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio con comando meccanico. Cambio a cinque marce.

Ciclistica

telaio a doppia culla in tubi di acciaio; sospensione anteriore, forcella da 41 mm regolabile nel pecarico, escursione ruota 120 mm; sospensione posteriore, forcellone con doppio ammortizzatore regolabile nel precarico, escursione ruota 105 mm. Cerchi: anteriore 19x2,5”, posteriore 17x3,5”. Pneumatici: anteriore 100/90-19, posteriore 130/80-17. Freni: anteriore a disco flottante in acciaio da 310 mm e pinza a 2 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 255 mm e pinza a doppio pistoncino.

Dimensioni

lunghezza 2.204, larghezza 865, altezza sella 810, interasse 1.480. Peso a secco 205 kg.

Prestazioni

potenza 39,8 kW (54 CV) a 7.000 giri, coppia 69 Nm (7 kgm) a 5.000 giri.

Prestazioni

Il commento del centro prove

In accelerazione il controllo dell’avantreno è agevole e la moto non tende a impennare nonostante la distribuzione dei pesi e l’altezza del baricentro. La frizione è ben modulabile e regge bene agli strapazzi, il cambio non è rapidissimo ma è preciso. Nelle decelerazioni le migliori prestazioni si ottengono utilizzando entrambi i freni. Nelle vere e proprie staccate a velocità elevate, il freno anteriore, se usato da solo ha mostrato segni di fading. l motore ha un’erogazione progressiva, piena fino ai 130 km/h. Oltre questa velocità fa molta fatica a raggiungere la velocità massima. La posizione in sella è comoda, con le pedane ad altezza giusta e un raggio di sterzata ampio. Il manubrio è particolarmente largo e semplifica le manovre da fermo.

Curva di accelerazione

Triumph Scrambler

Condizione della prova

Cielo sereno
Vento 1 m/s
Temperatura aria 7°C
Pressione atmosferica 1009 mb
Temperatura asfalto 1°C

Rilevamenti

 
Triumph
Scrambler

RILEVAMENTI

Velocità a 1500 m con partenza da fermo (tempo) 167,3 km/h (36,9 s)

ACCELERAZIONE

0-400 m 14,4 s (146,5 km/h)
0-1000 m 28,1 s (164,0 km/h)
0-90 km/h 4,8 s (72,0 m)
0-130 km/h 9,9 s (229,0 m)

PROVA SORPASSO (nella marcia più alta)

80-130 km/h 9,7 s (291,6 m)

FRENATA (compreso tempo di reazione convenzionale pari a 1 s)

130-80 km/h 2,5 s (79,4 m)
50-0 km/h 2,6 s (25,1 m)

CONSUMO

Urbano 15,0 km/l
Extraurbano 17,2 km/l
Autostrada (130 km/h indicati) 18,1 km/l

PESO

In ordine di marcia e serbatoio pieno 231,0 kg
Distribuzione masse senza conducente (% ant./post.) 45,0/55,0
Distribuzione masse con conducente (% ant./post.) 42,0/58,0

Pagelle

 
Triumph
Scrambler

In sella

3.5

La triangolazione sella-manubrio- pedane è comoda, per i lunghi tragitti invece risulta stancante. Sullo sterrato ci si adatta bene in piedi sulle pedane.

Comfort

3.0

E’ spartana ed essenziale, la sella è comoda anche per il passeggero. Pesante nelle manovre da ferma, vibra abbastanza ad alti regimi.

Dotazioni

2.5

Potrebbero essere più ricche: gli optional sono numerosi ma alcune dovrebbero far parte delle dotazioni standard.

Qualità percepita

3.5

Ottime le finiture, soprattutto i dettagli delle verniciature. Peccato solo che alcuni particolari siano economici, come frecce e faro posteriore.

Capacità carico

3.0

Non è una moto da turismo, ma con il portapacchi optional si puo caricare qualcosa.

Motore

4.0

Il bicilindrico spinge bene e allunga fino agli 7.000 giri. E’ fruibile nelle diverse situazioni e i suoi 54 CV si sfruttano da cima a fondo.

Trasmissione

4.0

È preciso e particolarmente silenzioso. Per la frizione non si rilevano particolarità.

Sospensioni

3.0

Taratura media sia all’anteriore sia al posteriore che si adatta discretamente sia all’asfalto sia allo sterrato leggero.

Freni

3.5

Frenata efficace se usati insieme i freni e nell’uso stradale: le ruote non si bloccano e l’anteriore non si scompone.

Su strada

3.0

Piacevole nella guida sul misto stretto ma stancante sui lunghi percorsi. Sul misto veloce risulta stabile e abbastanza precisa.

Versatilità

4.5

È il suo punto di forza: va bene un po’ ovunque e non si tira indietro se c’è da sporcarsi in fuoristrada. È divertente e si presta anche ad un uso prettamente cittadino anche se il manubrio largo può impedire i passaggi tra le auto al semaforo. Con qualche accessorio si può trasformare in sportiva o vera enduro.

Prezzo

3.5

Costa meno della Bonneville T100, ma al prezzo inferiore si accompagna anche una dotazione più povera in diversi dettagli.

Pregi e difetti

 
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Scrambler

PREGI

Erogazione fluida, Versatilità, Estetica

DIFETTI

Dettagli in plastica, Dotazioni standard povere

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