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Test a Testa #14 - Ducati Hypermotard 698 RVE VS KTM 690 SMC R
L'attesissima sfida tra le due supermoto stradali più vicine al regno dei cordoli: la veterana KTM 690 SMC R e la recente Ducati Hypermotard Mono 698 RVE. Qual è la più efficace? Per scoprirlo le abbiamo portate a Castelletto di Branduzzo
Sigle, sigle, sigle. Se c’è una cosa che non manca oggi sono le sigle, che in questo caso identificano due moto ben precise: le motard monocilindriche più potenti in circolazione. Monocilindriche significa anche leggere e tecniche: non le 450 racing senza targa, ma moto che è possibile guidare sia su strada che tra i cordoli.
La KTM 690 SMC R è sulla piazza da più tempo, insieme alle sorelle Husqvarna e GASGAS da lei derivate. SMC sta per Supermoto Competizione, e la R aggiunge un tocco racing: di fatto è l’unica variante orange oggi in listino. La cilindrata del mitologico motore LC4 è arrivata a 692,7 cc per 75 CV e 73,5 Nm di coppia.
Ducati risponde ora con la Hypermotard 698 Mono, qui nella variante RVE con livrea “graffiti” ispirata alla concept su base 950 del 2020: di fatto cambia solo la grafica e c’è il quickshifter di serie. Anche Ducati propone da molti anni la sua Hypermotard, presentata a Eicma 2005 e venduta dal 2007 con motore bicilindrico a L. Solo quest’anno però è arrivata la versione mono, basata su un motore che sulle Hypermotard non si era mai visto, il Testastretta Superquadro 1299, “tagliato a metà” e con alesaggio leggermente maggiorato per recuperare coppia ai medi.
Abbiamo già dedicato un video al confronto tra questi due motori che sono attualmente i due monocilindrici stradali più tecnologici e potenti del mondo. Il più estremo dei due è il Ducati, che tiene fede al nome con misure molto superquadre e un’erogazione più spostata agli alti regimi. Il nome 698 trae in inganno, perché in realtà la cilindrata è inferiore al KTM LC4 e si ferma a 656 cc. Quello che è maggiore è l’alesaggio, di ben 116 mm contro “soli” 105 mm (A/C = 1,86 contro 1,31). La potenza massima è di 77,5 CV erogati a 9.750 giri, contro gli 8.000 giri del KTM che è comunque un motore dall’allungo strepitoso, come non si era mai visto su un mono comunque nato per uso stradale.
Scuola KTM contro scuola Ducati
Ducati è insomma più estrema in tutto, dalle misure al diametro dei corpi farfallati (ovali da 62 mm contro i 50 mm di KTM), dalle enormi valvole di aspirazione in titanio ai coperchi in magnesio. La gestione è RBW in entrambi i casi, ma il 698 ha la peculiarità della distribuzione desmodromica.
Il telaio è su entrambe le moto un traliccio in tubi di acciaio, soluzione nella storia di entrambe le Case e comunque con conformazioni piuttosto diverse. Le sospensioni KTM sono WP APEX, con forcella rovesciata da 48 mm con molle in acciaio su entrambi i lati e circuiti idraulici separati: compressione nello stelo sinistro ed estensione nel destro. Le ruote a raggi da 17” calzano gomme Bridgestone Battlax S21 con freni Brembo e pinza anteriore M4.32 e disco da 320 mm. La 690 SMC R ha la particolarità del telaietto posteriore in polimero autoportante che realizza anche il serbatoio, con effetti sulla distribuzione dei pesi e sull’ergonomia. L’elettronica ha due riding mode: il mode Supermoto ha una risposta del gas più morbida, l’ABS disattivato al posteriore e settaggi dedicati per TC e anti-wheelie. C’è la frizione anti-saltellamento e il quickshifter è di serie.
Ducati monta invece una forcella rovesciata Marzocchi da 45 mm di diametro e un mono ZF Sachs. I cerchi sono in questo caso in lega, sempre con pinza anteriore Brembo M4.32 ma un disco da 330 mm dedicato, con flangia in alluminio; le gomme sono Pirelli Diablo Rosso IV. Anche qua, in perfetto stile Ducati, non manca una ricca elettronica basata su piattaforma inerziale e strategie cornering dedicate per ABS e anti-wheelie. Quattro i riding mode, personalizzabili per controllare un po’ di tutto, dal freno motore al launch control. Frizione anti-saltellamento e quickshifter optional sulla versione base, di serie sulla RVE.
Quanto alle quote, Ducati è un po’ più corta e puntata in avanti, con l’interasse di 1.443 mm contro 1.476 mm e la sella a 904 mm contro 892 mm; il peso a secco è di 150 kg per entrambe.
KTM 690 SMC R e Ducati Hypermotard 698 su strada
Tra i due progetti c’è una decina d’anni abbondante, ma non diremmo che è questo che fa la differenza. È piuttosto il retroterra culturale delle due aziende: KTM che proviene da una lunghissima esperienza off-road e Ducati cresciuta tra i cordoli. È un po’ come ritrovare tra le moto la sfida originaria del Motard, nato per mettere a confronto crossisti e pistaioli in condizioni ibride e vedere “chi va più forte”.
Chi va più forte in pista ve lo diciamo fra poco, ma intanto facciamo il punto su come vanno su strada, che è l’utilizzo che la maggior parte degli acquirenti farà di questi mezzi. KTM, dicevamo, è partita da una base meccanica comunque pensata per l’off, e per quanto continuamente affinata, ritoccata, arricchita di elettronica (RBW, quickshifter up/down, ABS cornering), questa declinazione si sente, si vede e si tocca. In “touch & feel”, come dicono gli americani, è davvero da off-road: nei blocchetti al manubrio ripresi dalle EXC da enduro, nello strumento LCD minimal e senza comandi remoti, nelle plastiche, nella forma e nel rivestimento della sella, nel faro che illumina pochino a meno di non poter mettere l’abbagliante. E questi sono se vogliamo i dettagli, ma la sostanza è la stessa: un motore maschio ma anche ruvido, che scalcia ai regimi più bassi, vibra in modo percepibile anche se non fastidioso ed è rapido a prendere i giri. Il quickshifter funziona bene, ma in modo più "elementare" nella sua funzione di interrompere la corrente per un po’ e stop. C'è comunque una differenza avvertibile tra mappa 1, con cambi marcia più lenti, e la più rapida mappa 2.
La 690 SMC R, scusate la banalità, è Ready To Race: vuole correre, solida sulle sue sospensioni WP e rapida nella discesa in piega. Chiede una guida aggressiva, stacca piega accelera, è riluttante ad andare a passeggio.
KTM più "off", Ducati più stradale
La Hypermotard Mono, al confronto, sembra veramente arrivare da un altro pianeta, un pianeta asfaltato. E i 10 anni in meno si vedono. Forse un po’ meno curata in qualche montaggio, offre però un’esperienza a bordo quasi da moto stradale: i blocchetti elettrici sono quelli della Monster, lo strumento è un LCD da 3,8” a fondo nero brillante, ben leggibile e ricco di informazioni, ci sono quattro riding mode e numerose opzioni per l’ABS, anche qui cornering, il controllo di trazione, il launch control e l’anti-wheelie.
È più alta di sella, quando sali lo senti; ma poi una volta a bordo l’ergonomia è simile. Avendo il serbatoio in posizione tradizionale e non sotto la sella è un po’ più larga davanti e un po’ più stretta dietro. Il Testastretta Superquadro Mono all’avvio ha un rumore fin troppo ovattato, ma guidando non delude in fatto di timbrica, e nemmeno di erogazione. Se il KTM LC4 aveva portato l’allungo dei monocilindrici stradali a livelli mai visti, il nuovo Ducati fa un altro passo avanti aggiungendo una buona dose di fruibilità. Usato sotto ai 6.000 giri – vuol dire 130 km/h in sesta – permette di andare a spasso trotterellando in grande tranquillità, rimanendo sorprendentemente trattabile anche ai bassi. Dai 6.000 in poi la moto si trasforma, prendendo giri con rapidità fino ai 10.000 e assicurando tutto quello che serve per andare veloci.
In particolare è meravigliosa la gestione elettronica: dalla risposta al comando del gas nelle diverse mappe al modo in cui il quickshifter interviene e ridà coppia dopo il cambio marcia. La Hypermotard Mono appare veramente accordata come un violino: non te la immagini in una sky section rispetto alla SMC R che, come abbiamo detto, lascia trasparire tutto il suo DNA off-road. Questione di preferenze, ovviamente: essendo due fun-bike da sparo il comfort non è certo la priorità, ma la Ducati appare un po’ più versatile, diciamo che si presta meglio all’eventuale giro con la fidanzata. Parlando di comfort, ci è sembrata eccessivamente morbida la taratura di serie della forcella Marzocchi, che anche nell’uso disimpegnato affonda moltissimo non appena si tocca il freno: su una Supermoto è la regola, ma qui ci è apparsa veramente un po’ inconsistente, pur se chiudendo i freni idraulici la situazione migliora.
KTM 690 SMC R e Ducati Hypermotard 698 in pista
Abbiamo portato la nostra sfida tra i cordoli di Castelletto di Branduzzo, una pista storica per i motardisti italiani, con due piloti diversi per generazione e stile di guida: Gianni Borgiotti, rappresentante della "vecchia scuola" con la gamba fuori e la derapata in curva, e il giovane Edoardo Aquilano, pistaiolo che guida col ginocchio a terra.
Nonostante queste differenze, le loro sensazioni sono simili e il feeling generale delle due moto si conferma, ma nella guida estremizzata della pista l'ago della bilancia si sposta un po’. La KTM è una moto di cui ti fidi subito, dà un’ottima sensazione di sincerità e stabilità e appare molto poco “filtrata”, cosa che al pilota piace sempre. Ha una buona ergonomia che richiama le motard 450 racing, pur con dimensioni generali più abbondanti, e un motore pronto, con una buona spinta ai bassi e una bella schiena, pur se meno rapido a prendere giri rispetto a Ducati. Anche in pista emerge un tasso maggiore di vibrazioni rispetto alla bolognese, ulteriore aspetto che riporta più al mondo fuoristradistico, ma è sicuramente una moto più "pronto pista".
La Ducati dà la sensazione di essere più tecnologica e di assistere di più il pilota durante la guida, cosa che richiede un po’ di tempo in più per “interpretare” correttamente le sue reazioni. Ha una posizione in sella efficace, con il manubrio largo quanto quello della rivale ma leggermente più basso, e un motore meno pronto ai bassi ma con più allungo, che inoltre vibra meno. Più efficace anche in fase di cambiata, paga sospensioni che anche nel set-up più sportivo restano un po’ morbide, con una forcella cedevole e un posteriore che in frenata si scarica molto; in compenso una volta inserita in curva è efficace in percorrenza. In generale è meno adatta alla guida di traverso, più pensata per il Motard moderno, ginocchio a terra.
And the winner is...
Test a testa veramente difficile questo, con un monumento del mondo Supermoto come la KTM SMC R incalzata dalla giovane e ambiziosa Ducati Hypermotard Mono 698. Ancora una volta abbiamo trovato caratteri decisamente diversi prodotti da ricette apparentemente piuttosto simili.
Su strada Ducati fa valere la freschezza di progetto e l’eccellenza assoluta del suo comparto elettronico, che rende la Hyper più gradevole e versatile. In pista KTM fa la differenza per la qualità del comparto sospensioni e la grande fiducia che riesce a ispirare da subito. È un Test a testa che può avere verdetti diversi a seconda del contesto: su strada la preferenza va a Ducati, ma tra i cordoli va a KTM.
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