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Ducati DesertX Rally: la super dotata +VIDEO+
Roberto Ungaro è andato nel deserto di Agafay, in Marocco, per provare la nuova Ducati Desert X Rally, la versione più offroad della moto di Borgo Panigale
Tutto in una parola, Rally. E mai come finora, per lo meno nei componenti, quel termine ha un senso. Perché questa versione cattiva della Desert X ha sospensioni professionali, dettagli pregiati (lavorazioni dal pieno) e accorgimenti votati all’uso in Off vero (ex il parafango alto). Per una volta, non è il marketing a dettare legge, ma la funzione. Il suo V a elle non aiuta a giocare nello stretto.
SOSPENSIONI E DETTAGLI RACING
Partiamo col dire dove cambia rispetto alla standard. Parafango alto al posto di quello basso, in plastica semplice, molto morbida e privo di grafica. Sulle prime stona su una Ducati, che ci ha abituato a un livello di finiture premium anche dove l’occhio non vede. Però, ragionando, questa è una scelta dettata dalla funzione, perché in Off deve piegarsi senza rompersi e deve costare poco perché capita spesso di doverlo sostituire. Quindi, giusto così.
Grafiche sul serbatoio in crystal (adesive), anche quelle pratiche, perché resistono meglio a sabbia e terra. Sella unica invece che sdoppiata, più alta di 20 mm (910). La sella della standard, però, è montabile anche qui. Reparto sospensioni stravolto, con 20 mm in più di escursione sia davanti che dietro (250 anteriore, 240 posteriore). Sono Kayaba, forcella da 48 mm (invece che 46) a cartuccia chiusa, con trattamento per la scorrevolezza. Mono con pistone da 46 mm invece che da 40, con regolazione di alte/basse velocità.
C’è un ammortizzatore di sterzo Ohlins di serie. Forcellone identico nella lunghezza, ma con l’attacco del mono posizionato più indietro. Leve di freno posteriore (regolabile) e cambio ricavate dal pieno, così come i mozzi, le piastre della forcella e il castello che serra i riser. Cerchi Takasago di qualità, non tubeless (risparmio di 0,5 kg), raggi in acciaio/carbonio, ruota posteriore più stretta, da 4,00 invece che 4,50 (il tassello ha più appoggio in Off, poiché il profilo della gomma è più arrotondato). Piastra paramotore in carbonio forgiato.
Peso dichiarato di 211 kg, 1 in più della normale (l’aggravio maggiore deriva dalla forcella). 280 mm la luce a terra, buona. La potenza rimane invariata, 110 CV (70 nella modalità di guida Enduro), così come inalterati restano i riding mode. In occasione del test in Marocco c’è stato un affinamento del settaggio della mappa Rally: il DTC (controllo di trazione) è stato reso meno invasivo, grazie al battistrada più aggressivo (Pirelli Scorpion Rally in luogo delle Pirelli STR che monta la standard).
Infine il prezzo: 22.490 euro, al posto dei 17.290 della base. Costa tanto questa moto, ma si pensi che solo la forcella viene 4mila euro, il mono millesei, e le dotazioni tecniche di cui è impreziosita sono molte. Quindi, bisogna fare 1+1.
BENE (MA NON BENISSIMO) IN OFF
Sella alta, si tocca con un piede se si è alti 175 cm, manubrio non vicino (le braccia rimangono distese) e triangolazione azzeccatissima, con quest’ultimo bello rialzato. Una posizione di dominio, con un’imbottitura della sella perfetta. Molto Off. Il plexi ripara bene in altezza, meno le spalle, però non hai nessun ingombro davanti agli occhi, e questo a me fa impazzire, visto di che moto si tratta. In fuoristrada meno ostacoli visivi hai fra te e il terreno e meglio è.
Manopole dal grande grip (la sella un po’ meno), leve dalla ergonomia giusta e specchi solidi, funzionali. Lo strumento verticale è identico alla standard, così come la grafica e l’interfaccia. Sulle prime è affollato di indicazioni e non è semplice la sua fruizione, poi si impara ed è immediato lo switch tra le calibrazioni. Da ferma, fai partire la forcella e rimani basito per come parte bene.
Scorre che è un piacere, è libera come solo le moto ufficiali lo sono. Capisci che questa Kayaba è seria, è di qualità. Su asfalto questa moto è meravigliosa, ha un 21” che sembra quasi un 19”, poche rinunce alla pulizia di conduzione, alle belle linee, al passo svelto. Non c’è precarietà. Lo avevamo scoperto con la normale, e qui è una conferma. Lo stupore è che non ha troppi cambi di carico, non dondola, non fa pesare la sua maggiore escursione. Sì, è un filo meno rigorosa, i tasselli più marcati si sentono (ma più per il rumore, perché non ci si sente sulle uova), e, di fatto, non ci sono le rinunce che penseresti di avere. Merito delle sospensioni, della bontà ciclistica e di un’elettronica molto a punto.
Frenata puntuale, rigorosa, bella risposta del motore ai medi regimi. In basso è più liquida di altri V-twin paralleli, ed è anche meno trattabile, ma come arriva la prima spinta importante è corposa, tonica, spinge forte. Con quella timbrica che solo Ducati ha. Carattere. Fai strada, metti marce e vai veloce. Con un cambio che ti viene sempre dietro. Nessuna esitazione del quick-shift, anche se lasci il dito o e le dita appoggiate sulla leva della frizione.
Bellissima Enduro, più stradale di quanto farebbe presupporre la sua estetica. Come arriva lo sterrato ti alzi in piedi, e lì ti rendi conto che il serbatoio è largo (21 litri), se avanzi col corpo le ginocchia si aprono, fatichi a stringere le gambe per guidarla “con le rotule” e per scaricare il peso sulle pedane nelle derapate controllate (su quella sinistra o destra a seconda della curva).
Le maxi si guidano di gas, avanzando con il corpo, e lei non ti aiuta in questa movenza. Il cilindro posteriore, abbracciato dal telaio e poi ancora dal serbatoio, allarga quel punto vitale. I V-twin paralleli, specie se inclinati in avanti, lasciano più snella quella parte centrale, con tutte le conseguenze del caso. Il peso c’è, del resto è una maxi, ma è più l’ingombro del motore in senso longitudinale a creare inibizione. Peccato perché l’elettronica funziona a meraviglia, l’erogazione è fluida, e tra le mani hai uno strumento con cui vorresti spingere molto di più. Anche perché la forcella fa i miracoli: copia il fine, ma incassa anche la pietra grossa, è sensibile e al tempo stesso controllata. Mai uno scherzo. Meravigliosa… Ecco perché abbiamo scritto nel titolo che è super dotata.
Solo quel dettaglio ti farebbe innamorare di lei. Sì, si pagano un po’ le conseguenze della sua architettura motoristica (il V di 90° longitudinale), ma questo solo se hai mestiere e vuoi guidarla spremendola nel brutto, nello stretto, snaturandole un po’ il carattere di globetrotter. Negli spazi ampi e compatti sa regalare grandi emozioni. E, su asfalto, la vorresti guidare un giorno sì e l’altro sì.
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