Anteprime
Voge 300 Rally, il mondo adventure inizia da qui
Con un prezzo di 4.820 euro c.i.m. è la più accessibile adventure sul mercato. Dotazione completa, ruote da 21-18", dà il suo meglio fuori dall'asfalto: senza fretta va dappertutto e mette voglia di esplorare. Il tallone d'Achille? Le vibrazioni oltre i 90 km/h
Partiamo dalla fine. Ero nel bosco. Tra un single track e un passaggio insidioso ci stavo prendendo gusto. Poi la sassaia, poi il guado. A un certo momento ho spento il motore e ho tirato il fiato. E ho capito che, nel suo proporsi come moto d’accesso al pianeta on/off, il suo bello la Voge Valico 300 Rally lo dà proprio in off. Fuori dall’asfalto. È qui che trova “il suo perché”.
Certo non era insospettabile in un’analisi a tavolino: le ruote da 21”-18” e il peso dichiarato di 150 kg a secco potevano essere buoni indizi. Pure la presenza di un parafango alto e dei paramani avvolgenti poteva dare l’idea di una moto ben disposta a cacciarsi nei guai. E anche le barre in tubo per evitare danni quando la si appoggia a terra confermavano l’indole avventurosa, insieme alla protezione sotto al motore in plastica. Ma non era affatto scontato che la 300 Rally potesse muoversi così bene in fuoristrada. Non era scontato perché ci è spesso successo di guidare moto che sulla carta ispirano per l’utilizzo on/off, ma che poi alla prova dei fatti si rivelano impacciate. Le geometrie sbagliate, il baricentro alto, le sospensioni dalla risposta infida, le ginocchia che picchiano contro il serbatoio… nulla di tutto questo con la 300 Rally di Voge.
CAMBIO OLIO A 5.000 KM
E allora guardiamo da vicino questa adventure che strizza l’occhio ai ragazzi come ai motociclisti di ritorno. Il motore è un monocilindrico adatto all’uso stradale e non certo condannato alla manutenzione “a ore” dei 4T racing. Il cambio olio (1,4 litri con sostituzione del filtro) è infatti previsto ogni 5.000 km. Le misure di alesaggio e corsa (78 x 61,2 mm) portano a una cilindrata di 292 cc. La ricetta è moderna (distribuzione bialbero 4 valvole, raffreddamento a liquido) ma senza particolari picchi tecnologici. L’iniezione elettronica, per esempio, prevede un corpo farfallato di tipo tradizionale e non ride-by-wire. E va benissimo così. I radiatori sono due, separati e a sviluppo verticale, soluzione introdotta anni fa proprio dalle moto da off-road specialistico. Il serbatoio non è da dakariana: 11 litri, che bastano e avanzano perché il 300 beve poco (31 chilometri con un litro dichiarati da VOGE secondo il ciclo WMTC). Il telaio in acciaio è una struttura a doppia trave che ricorda quelli (in alluminio) delle jap da cross: il motore è avvolto da una culla che si sdoppia all'altezza dello scarico. L’interasse è di 1430 mm. Il reparto sospensioni prevede una forcella rovesciata da 41 mm (nessuna regolazione) e un mono regolabile nel precarico molla con l’apposita chiave per la ghiera, linkato al forcellone in acciaio con leveraggi. L’escursione dichiarata della forcella è di 205 mm, un valore adeguato a una moto a 360° come questa.
IL PONTE DI COMANDO
La scheda tecnica racconta di una sella a 905 millimetri da terra, un dato che non deve spaventare però, perché una volta a bordo la 300 Rally si schiaccia abbastanza sul posteriore. Inoltre la sella stessa non è certo larga, e questo permette di appoggiare almeno un piede in sicurezza anche a chi è alto meno dei 178 cm del sottoscritto. La triangolazione è giusta, apprezzabile su strada ma soprattutto in off-road: le ginocchia non picchiano contro il serbatoio nella guida in piedi e questo è un primo aspetto che piacerà a chi vuole infangarsi. Il manubrio è a sezione variabile, dalla piega giusta, e l’altezza è quasi ideale. Certo che se fosse un filo più alto sarebbe perfetto nell’ottica di stare tutto il giorno in piedi sulle ampie pedanone da rally a godersi infiniti sterrati, questione di un paio di centimetri che si potrebbero trovare con dei riser.
Dietro al plexi, non regolabile ma della giusta misura, c’è un piccolo display dall’utilizzo molto semplice. Ci dà le informazioni di base (velocità, regime, chilometraggio totale e parziale) e anche qualcosa di più: la marcia inserita. Manca invece l’orologio: dovremo attorcigliarne attorno al manubrio uno economico di plastica (una volta si diceva del Dixan) come fanno gli enduristi per entrare in prova speciale al momento giusto? O forse guarderemo l’ora dallo smartphone o da un piccolo GPS... visto che di fianco alla strumentazione c’è una comodissima presa USB. I pneumatici sono marchiati Timsun: tassellati ma non in modo aggressivo, sono una giusta via di mezzo. Hanno misure di 3.00-21” davanti e 5.10-18” dietro, quindi presentano uno standard che in Europa oggi è poco diffuso. Questo è un limite se si decide di cambiare le gomme scegliendo una marca o un modello diverso, perché non sono molte le alternative disponibili sul mercato con questo standard. Di sicuro ce ne sono molte meno rispetto, tanto per fare un esempio, al più comune anteriore da 90/90-21” usato sulla stragrande maggioranza delle on/off.
EROGAZIONE FACILE
Ma è ora di accendere il motore, che parte subito vispo con un tocco al bottoncino. Bel sound, per niente timido, direi addirittura gustoso per questi tempi di Euro5. Tira fuori una potenza di 28,6 CV a 9.000 giri, regime al quale viene dichiarata una velocità – in sesta – di 125 km/h. E ci si arriva anche abbastanza in fretta, con il contagiri che va proprio a lambire i 9.000. Quindi nella teoria la 300 Rally sarebbe anche abbastanza veloce per qualche trasferimento in autostrada attorno ai 120 km/h. “Veloce” in ottica dual sport, intendo, per evitare di mettere la moto sul carrello o sul furgone, come si fa con le enduro racing. Ho scritto al condizionale perché, nella realtà dei fatti, il suo passo su asfalto è di 90 km/h, perché oltre questa velocità le vibrazioni sotto al sedere si fanno fastidiose. Quindi non c’è nessun problema per effettuare un sorpasso, la stabilità a queste velocità è più che discreta, ma poi conviene tornare sotto i 100.
A questo punto, meglio stare lontani dalle autostrade e viaggiare sulle strade extraurbane o andare a cercarsi le stradine secondarie, meglio ancora se curvilinee. Il bilanciamento è giusto, le quote azzeccate: tra le curve la Rally è una moto intuitiva, con delle reazioni prevedibili. Certo la forcella, come su molte adventure, affonda parecchio in frenata, quindi meglio guidare puliti ed evitare le staccate all’ultimo.
Va benone pure in città la Rally, dove guizza via bella agile e assorbe tutti i colpi, dal pavé alle buche. Il cambio - a sei rapporti - è rapportato giusto, non troppo corto come su altre moto di piccola cilindrata, quindi non si sta lì a mettere una marcia dietro l’altra. La scheda tecnica indica una coppia massima di 25 Nm a 6.500 giri, che evidentemente sono spesi bene lungo tutto l’arco di utilizzo. L’erogazione è super facile, regolare lungo tutto il range di utilizzo, mai cattiva. Ottima idea quindi per chi inizia, visto che questa moto si può guidare con la patente A2.
TENDA SUL PORTAPACCHI E VIA...
Ma la Rally è una buona idea anche per chi ha una certa età e vuole una moto - magari una seconda moto - capace di fare un po’ di tutto. E qui tornano comodi i 150 chili a secco di cui dicevo all’inizio, perché quando vai a cacciarti nei sentieri, nei boschi, si sentono i 50/80 chili in meno rispetto alle maxiadventure, soprattutto nei passaggi difficili, quando si è in bilico e sbilanciarsi è un attimo. Ma non è solo il peso, è anche questione di feeling. A chiudere gli occhi si ha quasi l’impressione di essere su una enduro vera: per la triangolazione di guida, per il sound, per l’agilità. Ho detto “quasi” perché il tutto è rapportato a una moto tranquilla, che va pianino, che non ha il colpo di gas che te la fa alzare davanti al sasso. Ma questa Voge 300 è così facile che mette davvero voglia di esplorare, di andare a cercare quel passaggio un po’ più azzardato che con la maxi da 200 o 250 kg eviteresti a tutti i costi. E per arrampicarsi… si arrampica. Un trattorino niente male.
L’importante è andare con calma, perché le sospensioni danno sì un certo sostegno, ma non sono da moto racing né per scorrevolezza né per tono. E anche i pneumatici non specialistici nel fango fanno quel che possono. Ok i freni, non potenti (soprattutto il posteriore) ma adeguati alle prestazioni della moto, morbidi nella risposta: anche questo fa parte di una moto che non mette mai difficoltà. L’ABS è escludibile con un tastino, ottima scelta in ottica off-road come del resto quella della sella stretta e in pezzo unico, che non impaccia nei movimenti. L’imbottitura è più orientata al morbido e al primo contatto si rivela confortevole. C’è spazio anche per il passeggero, però le pedane sono un po’ altine, quindi questa moto va bene per portarlo in città, per un giretto, ma io non mi imbarcherei in grandi viaggi in coppia. Da solo, invece, andrei per boschi per un week-end intero, magari con la tenda sul portapacchi, perché alla fine è questa la voglia che ti mette la Voge 300 Rally. È qui che trova il suo senso ed è qui che dà un senso a certi aspetti rudi e di compromesso – normali su una dual sport – come le vibrazioni o come la tassellatura delle gomme, che richiede prudenza sull’asfalto bagnato.
LEI E LE ALTRE
Arrivata in Italia nel corso del 2022, la Valico 300 Rally è distribuita in Italia da Padana Sviluppo ed è prodotta da Voge, marchio del colosso cinese Loncin. Costa 4.820 euro c.i.m e - se escludiamo le 125 - è la più accessibile adventure con il 21” sul nostro mercato. Una moto unica, verrebbe da dire, se non fosse per la presenza della Honda CRF300 Rally (che a sua volta era stata preceduta dalla CRF250 Rally del 2017). La giapponese costa un bel pezzo di più (7.190 euro c.i.m.) della Voge, ma offre anche un bel pezzo di più in termini di qualità percepita e piacere di guida. E forse la rossa di Tokyo dovrà vedersela con una futura KTM 390 Adventure con il 21” (una rivista tedesca ne ha beccata una durante i collaudi). Al di là dei prezzi e del potenziale di ognuna di queste moto, in termini generali fa piacere che stia tornando a popolarsi il segmento delle adventure di piccola cilindrata. Ed è un attimo ripensare alle Honda XL 250 Paris-Dakar, alle Suzuki DR 350 e alle Yamaha XT 350. Ma questa è un’altra storia. Anzi, questa è “la” storia.
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