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Aprilia Tuareg 660: la (prima) PROVA! 

Redazione
dalla Redazione foto Marcello Mannoni© il 18/10/2021 in Anteprime
Aprilia Tuareg 660: la (prima) PROVA! 
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Porta un nome mitico ma è tutta nuova: ha il due cilindri 660 e una ciclistica dedicata che la rende efficacissima in off-road, ma anche bella da guidare su strada. Le concorrenti sono avvisate

Sarebbe facile partire dal 1986, nel pieno della gloria della Dakar africana e della rinascita dell’Italia a due ruote. Sulle complicate rotte che portavano da Parigi a Dakar si vedeva di tutto, dagli scooter alle 4 cilindri in linea, e Aprilia pur non avendo allora le risorse per correre la gara fu tra le prime a capire la potenza di quel sogno. Aveva in gamma un endurina stradale dal fascino modesto, la ETX 125: bastarono un serbatoio più grande e un nuovo nome per creare il mito della Tuareg.

Aprilia Tuareg 660: la (prima) PROVA! 

Pezzi di storia

Era un mondo più semplice, ma la scommessa non fu poi così facile: capito di avere per le mani una potenziale icona, a Noale non si fecero scappare l’occasione rilanciando in pochi mesi con le versioni 350 e 600 4T e soprattutto con il modello Wind dotato di mezza carena, che fece definitivamente girare la testa anche ai “grandi”. Abbandonata forse un po’ troppo frettolosamente nel 1994 per far posto alla Pegaso, la Tuareg torna ora per riprendersi il posto che le spetta al centro della gamma veneta.

Oggi però il mondo non è più così semplice e non sono bastati due ritocchi a un progetto esistente, anche perché di progetti esistenti non ce n’erano. Quello che c’era era il motore bicilindrico 660 della piattaforma RS/Tuono, stradale e completamente diversa. Così, per arrivare a dare alla gente quello che la gente sogna, a Noale hanno dovuto fare un percorso enormemente più complesso.

Aprilia Tuareg 660: la (prima) PROVA! 

L’unica cosa che resta di quel 1986 è più o meno il nome, perché Aprilia non ha il vintage nelle sue corde ed è un’azienda che ha sempre guardato orgogliosamente avanti. Eccola qua allora la Tuareg 660, una moto perfettamente in linea coi tempi, bicilindrica, corretta nelle dimensioni e nelle prestazioni, ricca di tecnologia con quell’indole fuoristradistica che è tornato di moda. Non è una crossover, anzi punta ad essere la bicilindrica più a suo agio quando finisce l’asfalto, sfidando un altro pezzo di storia tornato in vita e al successo come la Yamaha Ténéré 700.

La Tuareg e la Ténéré sono se vogliamo le moto della grande sintesi, dopo che produzione e corse avevano preso strade diverse al termine dell’era delle “navi del deserto”, le grandi bicilindriche che dominavano le piste africane e le classifiche di vendita europee. Dal 2000 in poi le moto della Dakar sono diventate sempre più piccole e agili, fino alle attuali mono 450, mentre le maxienduro diventavano sempre più grosse, pesanti e votate all’asfalto.

Il recente ritorno di interesse per l’off-road e l’adventouring sta ora producendo una generazione di bicilindriche più compatte e versatili, che come una volta sono a loro agio sia su asfalto che su terra. Come una volta per modo di dire, perché nel frattempo le aspettative della gente sono cresciute di molto; ma qui entra in gioco l’immenso know-how ciclistico di Aprilia, che ha permesso di mantenere elevata la guidabilità su strada pur con quote ciclistiche un po’ più estreme rispetto alla concorrenza.

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Forma e funzione

La prima battaglia si vince comunque dal concessionario, e Aprilia come detto ha volutamente rinunciato agli omaggi alle sue icone del passato, se non nella gamma cromatica. Come sulle moto da off-road specialistico, le decisioni sono state guidate dalla funzionalità: zero fianchetti e un frontale costruito con un plexi trasparente e da un leggerissimo telaietto a vista in plastica caricata con fibra, che regge faro e cruscotto; tecnica anche la parte posteriore, senza fianchetti verniciati per lasciare la moto più stretta. La sella è piatta e stretta nella parte centrale; per coniugare un’altezza accettabile con un’ampia escursione, la ruota può “entrare” nel telaietto arrivando fin quasi a sfiorare il fondo sella del passeggero.

Il tappo serbatoio a corona in plastica è l’unica nota vecchio stile della Tuareg 660; è come quelli delle moto da gara: prima di tutto pratico. Dettagli? Sì, ma è segno che c’è una direzione perseguita con coerenza. Il serbatoio poco a vista e molto “inglobato” nel layout della moto ha una struttura piuttosto verticale, in modo da cambiare poco la distribuzione dei pesi da pieno a vuoto. Davanti lascia spazio all’air-box che aspira nel punto più alto, libero da polvere e umidità. Cura da off-road per l’accessibilità del filtro aria, che si raggiunge agevolmente togliendo la cover serbatoio e un coperchietto.

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Twin rivisto, ciclistica ad hoc

Quanto al motore, detto che la scelta del twin parallelo è fondamentale per avere la massima libertà progettuale in tempi particolarmente complessi, la Tuareg è già Euro5+ ready. Rispetto alle sorelle ha alberi a camme con diversa fasatura e alzata: la potenza massima per lei è meno importante rispetto alla coppia sotto.

Sempre per questo i condotti di aspirazione dall’air-box agli iniettori sono decisamente lunghi rispetto alle stradali e cambia ovviamente lo scarico, con una sonda lambda per cilindro per avere la calibrazione più precisa possibile. Le mappature della centralina sono specifiche, il radiatore è più grande e con doppia ventola e la coppa dell’olio non è profonda come sulle stradali (per pescare alle massime pieghe), ma ha dei setti anti-scuotimento interni e offre molta luce a terra. La trasmissione ha le prime due marce più corte e la finale pure accorciata: due denti di pignone in meno rispetto alle stradali.

Per sopportare le sollecitazioni del fuoristrada tosto, il motore è ancorato al telaio in 6 punti contro i 2 della Tuono. L’originale struttura a traliccio in acciaio con due protuberanze in alluminio serve a ottenere le rigidezze desiderate – un’autentica ossessione in Aprilia – sia a livello flessionale (atterraggi, frenate) che a livello torsionale (curva). Il telaietto non è smontabile come sulle off-road specialistiche, perché questa moto doveva offrire una capacità di carico da categoria superiore (pilota, passeggero, tre borse in alluminio) e si è preferita una robusta saldatura. La scelta più stradale sulla Tuareg 660 è in realtà un’altra e riguarda le ruote, che sono tubeless con raggi tangenziali. Per il fuoristrada spinto sono rigide, ma risultano più performanti e sicure su asfalto e chi vuole sfruttare il 100% del potenziale off-road della nuova Aprilia può cambiare ruote e pneumatici.

Come sempre tra i pezzi forti di Aprilia l’elettronica, con il pacchetto APRC e 3 riding mode (Explorer, Urban e Offroad in cui l’ABS è solo anteriore e si può poi disinserirlo completamente) più uno custom con 3 livelli di freno motore, 3 di risposta al comando del gas e regolazioni per traction control e ABS. Non manca il TFT 5” antiriflesso e con sensore crepuscolare automatico; caratteristico il proiettore full led: se sulle Aprilia stradali ci sono 3 occhi grandi, qui è tutto più piccolo e compatto, ma con un’alta resa luminosa e una riconoscibile firma DRL.

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Il battesimo della terra

Come va la nuova Tuareg 660? Se conoscete la Ténéré 700, il parallelo tra le due è immediato: l’Aprilia ti ricorda subito la Yamaha sia su strada che, soprattutto, in fuoristrada. Ci sono però delle differenze. Al contrario della Ténéré che è altissima di sella, qui anche chi non è un gigante tocca bene terra con entrambi i piedi; di converso, chi supera i 180 cm si troverà un po’ infossato, ma è comunque disponibile una sella rialzata. I comandi sono tutti a portata di mano, la frizione a cavo ma davvero morbida, i freni modulabili ma precisi quando si vuole pinzare e le Pirelli Scorpion STR di serie sorprendono sempre per quanto vanno bene in strada.

Qui l’Aprilia è divertente ma va anche veloce: il motore in mappa Explorer gira molto pieno ai medi e libero in alto; da guidare è un piacere, anche se la sella bassa non ci consentiva di caricare l’avantreno come avremmo voluto. Il telaio della Tuareg fa presto scomparire le sensazioni tipiche del 21” davanti e la moto è piacevolmente reattiva, pur senza arrivare al piglio quasi da naked di una KTM 890 Adventure. Si guida benissimo di scorrevolezza nelle marce alte, ma (ancora una volta come la Ténéré) la puoi usare anche da motardona, staccando l’ABS al posteriore ed entrando in curva in derapata.

Poi arrivi sulla terra, ti alzi in piedi e trovi tutto al posto giusto: altezze, triangolazione, convogliatori. Di nuovo ricorda tanto la Ténéré, ma bastano pochi metri per capire che il bilanciamento non è lo stesso. La Yamaha ha il peso molto centrale e un avantreno “corto”, tutto orientato a renderla facile e intuitiva in off-road; sull’Aprilia non senti le masse in una determinata zona e questa distribuzione più uniforme, unita alle quote ciclistiche, si traduce in off-road in una grandissima stabilità. Pur avendo molta più escursione della Yamaha, sul veloce puoi tenere medie più alte senza che la moto scarti o abbia reazioni brusche. Nelle situazioni più tipicamente enduristiche, come lo stretto o il canale, la Ténéré è invece più svelta e agile. La Tuareg è una moto comunque ottima per il fuoristrada, ma con qualche compromesso in più in ottica stradale.

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Guida d’istinto

Ci è piaciuto molto il motore: rotondo e progressivo, senza la reattività esagerata del KTM 890. Non ci sono picchi di erogazione ma solo una bella coppia ai bassi che la rende piacevolissima in off-road: basta un colpo di frizione e l’ostacolo è alle spalle. E infatti la Tuareg dinamicamente funziona alla grande, e in fuoristrada sa divertire: derapate, impennate e salti sono semplici se si conosce la tecnica di base.

E se l’amalgama motore-telaio ci ha convinto, a livello di elettronica c’è un bel passo avanti rispetto a quanto offre Yamaha: il TFT da 5” e i comandi al manubrio sono di un altro pianeta, l’interfaccia è intuitiva nonostante le tante opzioni. Delle mappe la Urban è molto morbida, la Explorer più piena e disposta a svilupparsi agli alti e la Offroad ha una risposta molto diretta e pronta ai bassi, ma senza disorientare. E in più c’è sempre la possibilità di personalizzare la risposta al comando del gas, il freno motore e il traction control. Bene anche il quickshifter opzionale, piuttosto morbido anche se l’innesco della marcia si sente tanto.

In sintesi questa Aprilia Tuareg 660 è una moto che limita le complicazioni ma punta a offrire più di quanto la cilindrata lascerebbe presupporre, in larga parte riuscendoci. Da guidare è bella dappertutto: dà confidenza in off-road e su strada si guida da Aprilia: subito intuitiva, maneggevole, incisiva. Si direbbe una grandissima compagna di viaggio, che accetta di avventurarsi anche in tratti di enduro non estremo, ma tosto sì, e magari anche coi i valigioni pur se meglio forse in solitaria, visto che il posto per il secondo non è regale come su certe maxi Adventure. Una moto per mettere la tenda davvero dove vuoi, a un prezzo che dovrebbe attestarsi attorno ai 12.000 euro.

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La prova in sintesi, il radar di Dueruote

Con chi va confrontata la nuova Tuareg 660? Con la Yamaha Ténéré 700 ovviamente, ma pensiamo anche con le altre endurone sotto i 1.000 cc con anteriore da 21” e spiccata indole fuoristradistica: la KTM 890 Adventure R e la Triumph Tiger 900 Rally Pro. L’Aprilia segna un bel 10 in off-road come la Yamaha, mentre su strada è un punto sopra la Ténéré ma un po’ meno efficace rispetto alle altre due, più brave a nascondere il 21” davanti. Discorso analogo per le prestazioni: siamo un po’ sopra

la Ténéré ma ovviamente sotto le due 900. Il comparto meccanica ottiene comunque voti alti, freni a parte che non ci sono parsi particolarmente incisivi. Ottima la praticità, con una media che sfiora il 9 e migliorabile con le opzioni di sella alte o basse. E il rapporto qualità/prezzo? Nonostante alcune finiture non ci siano sembrate eccelse, la Tuareg 660 è al momento la moto che ci ha convinti di più: con un prezzo che si preannuncia attorno ai 12.000 euro costerà più di una Ténéré, ma molto meno rispetto alle altre europee, rispetto alle quali offre dotazioni e abitabilità sullo stesso piano.

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