Ducati Panigale V4S: un gran passo in avanti
Un lieve face lift, un’elettronica ancora più evoluta, una ciclistica affinata e una nuova aerodinamica… In pista sul tracciato del Bahrein per provare la nuova Ducati Panigale V4S. Un sogno (già in vendita) a partire da 23.490 euro f.c.
Cambia la linea dell’anteriore con una carena più larga mutuata dalla V4 R, un cupolino di impronta decisamente racing e l’introduzione delle chiacchierate “ali” in grado di dare carico aerodinamico all’anteriore (fino a 37 kg a 300 km/h) per diminuire il galleggiamento della ruota in accelerazione
Missione compiuta
Convocati alla presentazione stampa del model year 2020, siamo partiti alla volta dell’esotico Bahrein dove la nostra bella ci aspettava ancora una volta, carica di nuove promesse. Siamo partiti pieni di curiosità dopo che mamma Ducati aveva apertamente dichiarato che – anche in base alle indicazioni della stampa specializzata – la figlia prediletta avrebbe reso le sue stellari prestazioni più accessibili non solo a piloti sopraffini, permettendo anche a utenti della pista meno smaliziati di concludere un turno di track day senza avere per forza gli occhi fuori dalle orbite. Bene, dal volo che ci riporta in Italia possiamo dirvi che l’obiettivo è assolutamente centrato. Potremmo anche chiuderla qui. Invece immaginiamo che anche voi moriate dalla voglia di sapere qualcosa in più del nuovo carattere della Panigale V4 S, e come le abbiano giovato tutte le modifiche fatte con l’unico scopo di renderla più amichevole, meno faticosa ma se possibile ancora più performante.L’elettronica ha subito un affinamento attingendo, come sempre avviene in casa Ducati, dall’esperienza fatta in MotoGP
Stessa potenza, nuovo assetto, elettronica evoluta
Tanto per cominciare c’è un lieve face lift: cambia la linea dell’anteriore con una carena più larga mutuata dalla V4 R, un cupolino di impronta decisamente racing e l’introduzione delle chiacchierate “ali” in grado di dare carico aerodinamico all’anteriore (fino a 37 kg a 300 km/h) per diminuire il galleggiamento della ruota in accelerazione. Correzioni anche a livello ciclistico, con molle di forcella e mono leggermente più precaricate e meno rigide, ammortizzatore posteriore più lungo (che ha alzato la sella di 5 mm), ottimizzazione del telaio ‘front frame’ ora meno rigido per diminuire lo stress del pneumatico anteriore e un innalzamento del baricentro di 5 mm. L’assetto insomma è un po’ differente. L’elettronica ha subito un affinamento attingendo, come sempre avviene in casa Ducati, dall’esperienza fatta in MotoGP. L’intervento dei vari sistemi elettronici di assistenza alla guida è ora decisamente più evoluto, a partire da DTC (Ducati Traction Control) che agisce in maniera predittiva, anticipando le eventuali perdite di aderenza ed evitando di sporcare la guida con interventi troppo decisi. Riviste anche le logiche delle mappe motore che ora rendono, nei primi tre rapporti, l’erogazione della potenza più gestibile e la risposta al comando del gas più raffinata e precisa. Tutto questo serve a rendere più sfruttabili prestazioni del motore che rimangono invariate rispetto alla versione precedente. Il V4 “Twin Pulse” a distribuzione desmodromica da 1.103 cc eroga 214 cavalli a 13.000 giri/min, con una coppia massima di 123,6 Nm a 10.000 giri/min.Ansia da prestazione
Come spesso succede quando si ha a che fare con ragazze fuori dal comune, quando arriva il momento di verificare sul campo i reali miglioramenti della Superbike bolognese veniamo colti da una leggera ansia. Non ci aiuta il fatto di giocare in territorio sconosciuto: il tracciato è nuovo per tutti, e online non esistono video onboard di moto per farsi un’idea di cosa ci aspetti. Quello del Bahrein è un tracciato più automobilistico, dannatamente tecnico e con velocità di punta altissime in più punti del tracciato. Così, per metterci più a nostro agio… Però ci fidiamo dei tecnici Ducati e diamo inizio alle danze. Ci aspettano circa 85 minuti di pista, suddivisi in turni da 15 minuti più un veloce warm up giusto per dare un’occhiata al tracciato. È proprio nel warm up che che la Panigale V4 S scopre subito le sue carte. Il feeling è aumentato in modo evidente e lo si sente fin dalle prime curve, l’erogazione della potenza è più controllata e la risposta al comando del gas rasenta la perfezione.La realtà parallela
Non serve molta strada per scaldare le gomme, visto che riceviamo la Panigale dalle mani dei meccanici appena spogliata dalle termocoperte che rivelano dei pornografici Pirelli Diablo Superbike, pronti a farsi maltrattare dalle tonnellate di coppia che è in grado di erogare il V4 italiano. Non resistiamo molto: al primo allungo andiamo subito a cercare il fondo corsa della manopola destra. E veniamo catapultati in una realtà parallela. La salita al limitatore è pressoché istantanea, in qualsiasi rapporto inserito. La curva davanti a noi pare venirci incontro velocizzata a 10X. Con la testa ficcata nella bolla d’aria creata dal cupolino, godiamo del latrato del V4 che pare non abbia mai fine, con i numeri della velocità indicati dal display che aumentano di venti in venti.Quello del Bahrein è un tracciato più automobilistico, dannatamente tecnico e con velocità di punta altissime in più punti del tracciato
Qualcosa è cambiato
Ma se la rabbia è la stessa di prima, sentiamo che qualcosa è davvero cambiato, in maniera importante. Mentre ci prepariamo con un po’ di timore agli ultimi 1.500-2.000 giri dell’allungo, quando la Panigale V4 diventava sempre scorbutica e complicata da gestire, la versione 2020 sbatte contro al limitatore chiedendo solo di infilare il rapporto successivo – aiutata da un quickshift dai tempi di cambiata minimizzati – per continuare la sua rincorsa al muro dei 300 km/h. Non arriva nessun ondeggiamento fastidioso a impedire di dare tutto il gas appena usciti dal punto di corda, con la ruota anteriore che galleggia nell’aria per decine e decine di metri. Ben prima della fine del rettilineo dei box, i numeri che indicano la velocità vengono sostituiti da tre trattini orizzontali: stiamo entrando nella realtà dei trecento, che in moto sono sempre un bell’andare. Chiamiamo in soccorso San Brembo per non restare nell’iperspazio all’avvicinarsi della prima curva, un ‘destra’ da percorrere a circa 50 km/h in seconda marcia. Le pinze monoblocco Stylema e i dischi da 330 mm di diametro sono chiamati a fare gli straordinari: dall’inizio della frenata a quando rilasciamo la leva passano circa sei secondi, un tempo interminabile che mette davvero a dura prova l’impianto. E di staccate altrettanto severe il circuito del Bahrein ne ha tre, il che spiega come mai, per la prima volta su una Ducati, a fine turno abbiamo rilevato un (leggerissimo) allungamento alla leva anteriore.La V4 in versione 2.0
Ma torniamo nel vento e nell’urlo dei 300 km/h e alla nostra prima staccata Entriamo senza patemi con la leva del freno ancora in mano, tranquilli per la presenza dell’ABS cornering che, con la mappa race impostata, funziona solo sulla ruota anteriore. La Panigale V4 S prende la corda in maniera perentoria, senza esitazioni, e segue la linea impostata con precisione chirurgica. Gas in mano per uscire come lanciati da una fionda, posteriore che si accuccia e gommone da 200/60 che lotta contro la furia dei 214 CV. Sul cruscotto le luci che si accendono intermittenti segnalano che il controllo di trazione sta facendo il suo sporco lavoro, lasciandoci tranquilli e con la mente sgombra da pensieri funesti. Solo un leggero accenno di sottosterzo, che compensiamo senza problemi uscendo un po’ più di sella verso l’interno della curva.Via 6 kg di peso, dentro altri 12 CV nel motore, e siamo a 168 kg e 226 CV rispettivamente... Ecco la V4 S Ducati Performance