Ducati Streetfighter V2S: la prova su strada +VIDEO+

Dimenticatevi tutte le Streetfighter precedenti. Non dovete dimenticare altro, nemmeno quel carattere tipico del bicilindrico a L Made in Borgo Panigale. Sì, perché il motore della nuova Streetfighter V2 è tutto nuovo, è lo stesso della Panigale V2, ed è quel propulsore tanto discusso ancor prima di essere stato inserito in una moto fatta e finita. Per alcuni ducatisti, è stato un sacrilegio. E va bene, partiamo da questo: sbagliate. Ve lo dice uno che si è motociclisticamente svezzato su una 851, usata come moto per tutti gli usi, dalla pista al turismo. E il sottoscritto, su questa nuova bolognese, ha trovato una netta affinità con tutti i bicilindrici a quattro valvole del passato, recente e non. Persino con il telaio a traliccio, che in questo caso ha lasciato il posto ad uno statuario monoscocca in alluminio.

Ducati Streetfighter V2S: quanto costa

Stravolgersi senza davvero cambiare, è questo il punto. Ed è un punto positivo se si ha una storia come quella di Ducati e, soprattutto, se si vuole allargare il proprio mercato senza allontanare gli aficionados di lungo corso. Accontentare chi c’era e chi verrà non è cosa semplice: il rischio è alto, ma chi costruisce moto, e vuole stare sul mercato, questo deve fare; assicurarsi un futuro in un settore dove, al momento, vince chi offre di più a meno, è la sfida del momento. Ecco, a proposito di posizionamento: qui siamo al livello alto del listino. La Streetfighter V2S è una naked medio grande (cuba 890 cc) che costa 18.290 euro. La versione senza il suffisso “S”, che non ha componentistica Ohlins e monta particolari meno raffinati, costa 15.890 euro. Tanti? Sì. Troppi? Dipende da cosa state cercando. A ragionare come dal salumiere, il prezzo a cavallo è altissimo: 152 euro/cv (la potenza massima è di 120 cv). Se invece pensiamo in termini di prestigio, raffinatezza, e status, beh, i conti tornano di più.

Ducati Streetfighter V2S: una vera Ducati 

E non vi ho ancora parlato di guida. Faccio un passo indietro: come vi dicevo il nuovo bicilindrico ricorda i vecchi pomponi, nel loro aspetto migliore. A raccontarvi innegabilmente che la genesi è quella, è la pistonata che vi arriva quando aprite il gas. Provo a trasformare la sensazione in onomatopeico: “brrrooooop”, e si fa strada. Quella spinta, quegli scoppi, vi arrivano direttamente in pancia. Non ce ne sono molti di motori così: il tre cilindri gracchia, il quattro sibila, il due in linea trotta, questo scalpita. In Ducati hanno sincronizzato questi scoppi con una rapportatura perfetta per goderveli. Prima, seconda, terza, quarta, le marce vanno bene tutte, in tutte le situazioni. A velocità autostradali (130 km/h) il twin bolognese trotta in relax lasciandovi nella manetta una buona riserva di coppia e potenza, doveste mai lasciarvi qualcuno o qualcosa alle spalle. Tanta elasticità, dunque: non è sempre stato così per le bolognesi. Comunque la userete poco in autostrada, lo so. E allora andiamo fra le curve, ma partendo da fermi. Vi dicevo che questa Streetfighter non assomiglia a nessun’altra. È vero. Innanzitutto, è comoda: strettissima sui fianchi e sul serbatoio, larga di manubrio e bassa da terra. Le sorelle che l’hanno preceduta erano tendenzialmente nervose, puntate sul davanti, arrabbiate. Qui si guida piatti, con il manubrio largo e alla giusta altezza e il sedere in piano. Questa democratizzazione non ha comunque tolto efficacia a questa naked: il peso di 175 kg scompare in movimento e la ciclistica è pronta a rispondere ad ogni esigenza senza scomporsi. Nel vero senso della parola.

Ducati Streetfighter V2S: diamo i numeri

120 cavalli, ormai, non fanno più notizia ma sulla Streetfighter si possono godere sia andando a spasso, che alzando il ritmo. Nel misto più guidato stupiscono la stabilità e la velocità di discesa in piega: la moto va esattamente dove volete indirizzarla e non si muove d’una virgola dalla traiettoria che avete scelto. Eccellente. Dovete però ricordarvi che si tratta di un bicilindrico a L che, seppur ruotato di 20° verso il posteriore e incastonato in un (bellissimo!) telaio monoscocca in alluminio, determina quote ciclistiche piuttosto morbide. L’interasse, ad esempio, è di 1.493 mm, che non sono pochi (per fare un raffronto, la Honda Hornet 1000 si ferma a quota 1.455, la Triumph Street Triple 765 a 1.399 mm)… Insomma, la Streetfighter non è una moto corta e ve lo comunica in uscita di curva, dove va un po’ indirizzata con il corpo. Non preoccupatevi, ci si prende subito la mano perché il peso ridotto e la posizione di guida neutra vi aiuteranno a divertirvi senza ulteriori pensieri. Questa caratteristica vi ricorda qualcosa? Sì, le care, granitiche e sincere ciclistiche Made in Italy. E vi racconta anche quanta distanza sia stata messa fra questa e le precedenti Streetfighter, storicamente più reattive che solide in fase di percorrenza.

Poi c’è l’elettronica che completa il quadro: ABS Cornering con funzione “slide by brake” dal livello 2, Traction Control , Wheelie Control, Brake Control, quickshifter di nuova generazione, 4 riding modes, 3 power modes  e, sulla versione “S” di serie mentre accessori sulla standard, il Ducati Power Launch e il Pit Limiter. Tutte le informazioni vengono visualizzate nel display TFT da 5”, predisposto anche per la navigazione “turn-by-turn” e il TPMS (opzionali insieme al cruise control e alla presa USB). Insomma, anche senza attingere alla lista degli optional, c’è tutto quello che si può desiderare per divertirsi (in sicurezza) nelle più svariate condizioni.

Ducati Streetfighter V2S: disponibile a provarla!

Contenuti, dunque, carattere, indubbiamente, e tecnologia. C’è un’altra cosa che mi preme dire: la Streetfighter V2, spogliata delle carenature, è un capolavoro. Durante la presentazione l’ho guardata e riguardata e devo ammettere che non ho provato nostalgia per il caro e vecchio traliccio. Il motore aggrappato al monoscocca è ancora protagonista e la cura costruttiva è evidente anche nei più piccoli particolari, e senza nulla addosso. Non è cosa da poco: vuol dire essere belli senza trucco alcuno. Il motore ha funzione portante e il forcellone a doppio braccio è ancorato direttamente al cilindro posteriore. Anche questa, non è una soluzione inedita per Ducati e premia la pulizia di tutte le forme. Le sovrastrutture, snelle, non sono da meno: bello il gruppo ottico anteriore che carica la ruota, sottolineato dall’andamento delle cover radiatori, aggressivo il posteriore, alto e corto. Nella vista posteriore, poi, parte da protagonisti la fanno la coppia di silenziatori alti, compattissimi. Suggerirei, ai ducatisti di buona memoria, di fare un test drive di questa moto prima di prendere le distanze con un progetto che, di fatto, rompe con la tradizione. Chi, ad esempio, ha amato il Monster troverà ben più di una assonanza. La moto è già disponibile presso la rete ufficiale, se vi punge vaghezza di toccare con mano. La standard è proposta in versione biposto, per la “S” pedaline e sella passeggero sono opzionali…