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Moto & Scooter

Ducati Superleggera V4: leggera come un sogno

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Svelata la nuova ipersportiva in edizione limitata: più leggera della Panigale SBK e della vecchia Panigale V2, racchiude tutto il meglio di quanto Ducati sappia fare in termini di materiali, elettronica e aerodinamica

Quando nel 2006 presentarono la Desmosedici RR, in Ducati promisero che sarebbe rimasta unica: e hanno mantenuto la parola, perché dopo di allora non c’è stata nessun’altra “MotoGP targata”. Il ruolo di ammiraglia tecnologica di Bologna è stato assunto dalla saga delle Superleggera, che estremizza i concetti già espressi dalle rosse stradali e che culmina oggi nella Superleggera V4. Nome in codice “Project 1708” (cioè ottavo progetto partito nel 2017), questa moto è probabilmente destinata a rimanere l’apice della generazione attuale delle SBK di Borgo Panigale (la sesta, per gli appassionati di storia Ducati), come la precedente Superleggera 1299 lo fu della precedente (la quinta, quella delle Panigale bicilindriche).
La bandiera di questo filone di moto è ovviamente la riduzione del peso, che riprende una tradizione di tutta la storia Ducati e si riallaccia idealmente alla 900 Superlight del 1992. Se quella però era veramente una 900 SS alleggerita con ruote bicomponente in alluminio e magnesio e qualche componente in fibra di carbonio, la sua pronipote è una moto piuttosto diversa dalla Panigale V4 R da cui prende le mosse. Non c’è infatti solo un peso che scende a 159 kg (gli stessi della precedente Superleggera 1299): cambiano anche le quote, l’elettronica e il carico aerodinamico, per cercare di dare la massima efficacia a un pacchetto dal rapporto peso/potenza mai visto su strada.

Il cuore della Superleggera è il Desmosedici stradale in versione estremizzata da 224 CV per ridurre il peso, limando grammo per grammo con una meticolosità che una volta avremmo definito giapponese

Motore: il segreto è nello scarico

Partiamo dal motore, il cuore di ogni Ducati. Si tratta di un Desmosedici stradale in versione estremizzata per ridurre il peso, limando grammo per grammo con una meticolosità che una volta avremmo definito giapponese. Tra viti in titanio e frizione che torna gloriosamente a secco grazie al componente fornito da STM, se ne vanno 2,8 kg. La potenza lievita fino a 224 CV grazie alla miglior fluidodinamica dello scarico Akrapovic – una straordinaria scultura in titanio – mentre la parte di aspirazione resta la stessa. La fasatura del Desmo è realizzata manualmente esemplare per esemplare come sulle moto da corsa, da un meccanico che poi “firma” una targhetta applicata sulle teste. E con il kit racing si sale addirittura a 234 CV (con un diverso scarico dedicato) a un regime che cresce fino a 15.500 giri, e 120 Nm di coppia a 11.750 giri/min: la Panigale ufficiale non è lontana, anche perché con i suoi 152 kg la Superleggera kittata pesa meno di quanto consenta il regolamento SBK. E il tempo realizzato dal solito Alessandro Valia al Mugello è uno strabiliante 1’52”4: un paio di secondi più veloce della Panigale 1299 Superleggera col motore V2, un secondo e mezzo meglio della V4 S e poco lontano dal tempo fatto da segnare da Michele Pirro con la Panigale SBK.

Ciclistica: full carbon

Ma il meglio arriva quando si guarda la parte ciclistica della Superleggera V4 e si capisce quanto lavoro sia stato fatto per levare addirittura 16 kg da una moto già leggera come la Panigale V4. Telaio, telaietto e ruote sono tutti in fibra carbonio, il che rende la Superleggera V4 l’unica moto omologata per uso stradale con una ciclistica 100% in carbonio. Il telaio e il telaietto pesano come se fossero fatti di cartoncino: sono realizzati con fibre ad alta resistenza e inserti di alluminio inseriti in fase di laminazione del composito. Il risparmio rispetto al Front Frame in alluminio della Panigale V4 è di 1,2 kg per il telaio e altrettanto per il telaietto. Il componente di cui vanno più fieri a Bologna è forse il forcellone monobraccio, più leggero di 800 grammi rispetto a quello di serie nonostante sia più lungo di 11 mm. L’interasse cresciuto a 1.480 mm è stato reso necessario per spostare peso sull’avantreno e massimizzare stabilità e trazione della Superleggera. Carbonio anche per i cerchi BST, a cinque razze e con mozzi in alluminio avvitati al composito, che hanno consentito un alleggerimento di 3,4 kg rispetto a quelli della moto di serie.

Quando nel 2006 presentarono la Desmosedici RR, in Ducati promisero che sarebbe rimasta unica: e hanno mantenuto la parola, perché dopo di allora non c’è stata nessun’altra “MotoGP targata”. Il ruolo di ammiraglia tecnologica di Bologna è stato assunto dalla saga delle Superleggera, che estremizza i concetti già espressi dalle rosse stradali e che culmina oggi nella Superleggera V4

Carbonio e magnesio

Quello che non è in titanio è in magnesio, come rivela l’abbondanza di parti dorate sulla moto. Persino la molla del mono Öhlins TTX36 non è in acciaio ma in titanio (-300 g), i registri sono ricavati dal pieno e le valvole interne sono diverse, con una idraulica affinata di derivazione racing e molto più sensibile alle basse velocità. La forcella è una Öhlins NPX25/30 pressurizzata, alleggerita (-300 g) con piedini e piastre ricavati dal pieno e alleggeriti. Altri 120 grammi se ne vanno dalla testa di sterzo. Non c’è invece il sistema di controllo semiattivo delle sospensioni per questioni di peso e anche per affinità con il mondo racing. Un kg e 400 grammi se ne vanno grazie alla catena Regina ORAW2 e alla corona in ergal, mentre i freni sono Brembo con dischi da 330 mm e pinze Stylema R, fornite a Ducati in esclusiva per questo progetto. Hanno pistoncini di derivazione racing con riporto superficiale anti incollaggio, fori di ventilazione e dissipatori di calore. Sono azionate da pinze MCS 19.21 con una leva fresata per ragioni aerodinamiche, e garantiscono molta più costanza di rendimento nei “long run” rispetto al (già ottimo) impianto della Panigale V4.

Elettronica: ancora più da pista

La Panigale V4 R ha già un’elettronica fra le migliori in assoluto (con il traction control DTC EVO 2, lo Slide Control e via dicendo), ma considerata la destinazione della Superleggera V4, i riding mode sono stati riorientati: via il “Road” per far posto a due “Race”: “A” con potenza piena in tutte le marce per le piste scorrevoli, “B” con potenza limitata nei primi tre rapporti per le piste tortuose con ripartenze. Si possono poi avere 5 riding mode personalizzati, ad esempio dedicati alle piste su cui si gira più spesso, richiamabili facilmente da manubrio. Sul TFT da 5,5” si possono memorizzare e richiamare, pltre al “lap time” al traguardo 5 intertempi per ogni circuito; mentre montando lo scarico racing si attiva una schermata sul TFT che è quasi identica a quella voluta da Dovi sulla sua moto.

Aerodinamica

L’elettronica moderna è una gran cosa, ma per andare forte è sempre meglio se l’elettronica lavora poco, in modo da minimizzare i tagli di potenza. Per far questo, la Superleggera V4 sfrutta non solo il diverso bilanciamento ciclistico ma anche un potente anti wheeling aerodinamico, costituito dalle vistose alette che riprendono fedelmente quelle della GP16, le più efficienti mai sviluppate da Ducati prima che i regolamenti le limitassero. Queste ali biplano, con profili complessi e generatori di vortice sulla principale, generano a 270 km/h 50 kg di schiacciamento verticale dell’anteriore contro i 30 kg dell’ultima Panigale V4, consentendo di accelerare più forte. Ma anche le carene fanno la loro parte. Ovviamente in carbonio, sono basate su quelle della V4 R, piuttosto diverse rispetto alla V4 S dopo essere passate per le mani del reparto corse che le ha allargate di 40 mm per lato per inserire meglio il pilota nella vena d’aria. Anche il cupolino è più largo di 15 mm, migliorando sia la penetrazione aerodinamica che il confort. Le pance non hanno più il concetto delle superfici sovrapposte, ma una superficie unica molto raccordata e con grandi feritoie per migliorare l’equilibrio delle pressioni e l'efficacia dei radiatori. Il centro stile ha comunque passato la mano su tutti i raccordi dei profili, sui dettagli del forcellone, sull’attacco del telaietto e aiutato a integrare le ali della GP16 su una carena piuttosto diversa.

Saranno solo 500 i fortunati a poter vivere le emozioni riservate dalla Superleggera V4. Che viene descritta come esagerata nella frenata (e non si fatica a crederlo, partendo dalla base già superlativa della Panigale V4 R), fulminea nel prendere la corda, strepitosa nel chiudere le traiettorie

SBK Experience

Saranno solo 500 i fortunati a poter vivere le emozioni riservate dalla Superleggera V4. Che viene descritta come esagerata nella frenata (e non si fatica a crederlo, partendo dalla base già superlativa della Panigale V4 R), fulminea nel prendere la corda, strepitosa nel chiudere le traiettorie. Anzi: buona parte di questi 500 probabilmente non la guiderà mai, accontentandosi di avere in salotto questa meraviglia dalla livrea ispirata alla GP19 e con il telaio e la chiave di accensione numerati, da brava edizione limitata. Inclusa nel prezzo ci sarà la “SBK experience”, ovvero una giornata al Mugello per provare in crescendo la Panigale V4, la Superleggera V4 e per finire la Panigale SBK con i piloti ufficiali Scott Redding e Chaz Davies.

Dreams matter

Ci sono poi 30 posti (da acquistare a parte) per la “MotoGP experience”, che prevede di arrivare a provare, sempre al Mugello, la Desmosedici GP20 di Dovi e Petrucci, con l’unica variante dei dischi freno in acciaio al posto di quelli in carbonio. Una sana pazzia che non si era ancora mai vista, né nel mondo auto né nel mondo moto: nessuno aveva mai fatto provare la propria F1 o MotoGP ai clienti. E del resto chi compra una Superleggera V4 – a 100.000 euro tondi – indubbiamente compra prima di tutto un sogno. E non c’è dubbio che, con la serie Superleggera, Ducati stia portando avanti un sogno: che non è più quello di una MotoGP targata, ma quello della moto stradale più vicina alle prestazioni di una MotoGP mai prodotta, grazie a un travaso comunque enorme di tecnologia dalla MotoGP in termini di motore, ciclistica, aerodinamica ed elettronica. “Dreams matter” hanno scritto a Bologna sotto questa moto. I sogni contano.
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