Moto & Scooter
Derbi GP1 50: l’isola del tesoro
Un viaggio travagliato con doppio premio finale: la bellezza e il clima di Palma di Maiorca e la piacevolezza di uno scooter 50 capace di eccitare anche chi non ha più 14 anni, ma sa apprezzare grinta, raffinatezze e un design che fa la differenza
di Lorenzo Miniati
Palma di Maiorca - Ricordo benissimo il mio primo “cinquantino”. Me lo ricordo come se fosse adesso, nonostante siano passati già diversi anni. Era il classico “tubone” degli anni Ottanta: sella lunga, manubrio leggermente curvato all’indietro e serbatoio costituito da un unico trave a sezione circolare piegato ad angolo ottuso (in pratica un grosso tubo - da cui il nome), che faceva anche da telaio.
Oggi le cose sono un po’ cambiate. Il fenomeno degli scooter ha ormai monopolizzato quasi del tutto il mercato dei ciclomotori, con offerte e tipologie estremamente diversificate, tuttavia il riferimento in testa agli indici di gradimento, quello che fa sognare i ragazzi classe 1991, è ancora lo stesso: la moto da corsa. Ci troviamo infatti a parlare di un 50 cc che, se da una parte rientra nei canoni scooteristici per via della frizione automatica e per l’assenza di un vero e proprio serbatoio tra le gambe del pilota, dall’altra presenta elementi propri del bagaglio motociclistico quali telaio perimetrale, motore centrale, forcellone oscillante e trasmissione finale a catena.
A proporlo è la Derbi e il suo nome va dritto al nocciolo della questione: GP1, vale a dire la massima espressione del mezzo a due ruote. Con questo prodotto, la Casa spagnola mette in atto una strategia nuova, tesa a competere con i costruttori del Far East (Cina e India) facendo leva su tecnologia e innovazione, piuttosto che sul fronte “listino”. Un mezzo in grado di offrire ai giovani il massimo in termini di contenuto e dove il prezzo d’acquisto, di 2.690 Euro franco concessionario, sia giustificato da un livello componentistico di pregio, proveniente dalla gamma sportiva targata.
Il GP1 rappresenta dunque una sorta di anello di congiunzione tra il mondo dei motociclisti esperti e quello dei debuttanti, con l’obiettivo di prendere il meglio da entrambi. Così appare analizzandone i dettagli sulla carta e altrettanto confermano le impressioni dopo aver avuto l’occasione di provarlo nel corso del lancio ufficiale sull’Isola di Maiorca.
Deve esserci stato qualcuno che una volta ha detto: “Ogni uomo è come un’isola”, alludendo forse al fatto che noi tutti viviamo in un mondo fatto di singole persone che, pur interagendo tra loro, permangono nella loro individualità, come se fossero isolate, appunto. Qualcun altro, poi, deve aver ribattuto dicendo: “Nessun uomo è un isola”, sostenendo che, viceversa, nessuno riesce a mantenersi incontaminato lungo il cammino della vita, ma assorbe e subisce quotidianamente le influenze altrui.
Non sono in grado di dire chi tra i due avesse ragione, sta di fatto che se dovessi paragonare una persona all’Isola di Maiorca, sarebbe senza dubbio una gran bella donna, magari non giovanissima, ma carica di forte vitalità. Un tipo alla Afef (per chi non la conoscesse è la moglie di Tronchetti Provera), con quel fascino mediterraneo frammisto a connotati arabi e sfumature caraibiche, come lo sono le baie, le spiagge, le chiese, gli edifici pubblici e gli eleganti palazzi del capoluogo Palma.
Devo dire che non è stato facile arrivarci, ma ne valeva senz’altro la pena. All’ora prevista per il mio arrivo in terra spagnola, infatti, ero ancora all’aeroporto di Vienna per via di una coincidenza andata a farsi benedire… Cose che capitano. Nel frattempo, però, mentre dal cielo cadevano abbondanti fiocchi di neve, il GP1 ritratto sul depliant che avevo in mano mi teneva la mente occupata. Pensavo a quelle linee spigolose, che ricordano un po’ la Honda RC211, o quello scarico sotto il leveraggio della sospensione posteriore, a metà strada tra la Buell Firebolt e la KTM RC8.
E poi, il doppio trave che corre parallelo al motore, il forcellone in alluminio (parte forgiato e parte in estruso), il monoammortizzatore centrale, la pinza del freno anteriore ad attacco radiale, la luce di stop a led, gli indicatori di direzione integrati nella carrozzeria, le ruote da 14” a cinque razze: “Certo che questi quattordicenni sono proprio viziati - penso tra me e me - io alla loro età certa roba non me le sognavo neppure…” Meno male che, a questo punto, vengo richiamato “all’ordine” dalla hostess che annuncia l’imbarco per il mio volo: stavo cominciando a fare gli stessi discorsi che faceva mio padre quando si discuteva per l’acquisto del motorino. Si vede che sto invecchiando…
Tre ore dopo sono, viceversa, di nuovo “bambino”. Come un fanciullo rapito dai luccichii delle giostre, mi ritrovo di fronte a una schiera multicolore di GP1 ordinatamente disposti nel parcheggio di un piccolo kartodromo, teatro della prima tappa del test. Gli organizzatori non fanno nemmeno in tempo a fare le raccomandazioni di rito che i primi giornalisti sono già in pista… a gomiti larghi, col risultato che, quando arriva il mio turno, gran parte degli esemplari in prova hanno già la piccola carena sotto i poggiapiedi abbondantemente fresata da entrambi i lati.
Si entra a gruppi di cinque, per un totale di dieci giri a testa. Per inforcare il GP1 è necessario disporre di una discreta luce a terra (nel senso di altezza del cavallo), visto che la sella del passeggero è posta piuttosto in alto e i montanti del telaio impediscono di “aggirare l’ostacolo”.
Una volta a bordo, però, si rimane piacevolmente stupiti dallo spazio riservato alle ginocchia (cosa che a prima vista non si direbbe), tanto che anche i conducenti più alti non rischiano interferenze con i fianchi dello scudo anteriore. Il manubrio è di stampo sportivo: chiuso, non tanto largo, forse un po’ troppo arretrato, ma comunque dotato di sufficiente angolo di rotazione per effettuare senza problemi eventuali inversioni a U, mentre il piano di seduta è longitudinalmente abbastanza contenuto e non permette di arretrare più tanto con il bacino.
Si parte: fin dai primi metri il motore si dimostra estremamente brillante, perfettamente supportato dalla trasmissione mista (a cinghia nel carter, finale a catena), la quale, a differenza degli scooter tradizionali a motore oscillante, non influenza minimamente il comportamento della sospensione posteriore. La ciclistica, al centro della quale è posto il monocilindrico due tempi con raffreddamento a liquido di derivazione Piaggio, brilla per la grande neutralità, che favorisce la scorrevolezza a centro curva. Il merito è della ripartizione dei pesi “fifty-fifty” tra anteriore e posteriore, supportata a sua volta da una forcella estremamente rigorosa e da un ammortizzatore dal funzionamento progressivo, regolabile all’occorrenza su 4 posizioni di precarico.
L’unico che si discosta da questa impostazione così rigorosa è l’impianto frenante che, per quanto sufficientemente potente, denota una risposta fin troppo dolce. In ogni caso, almeno in pista, non c’è bisogno di tirare delle gran staccate: il modo più redditizio per guidare il GP1 è quello di farlo scorrere lungo traiettorie rotonde, senza mai ritrovarsi impiccati, avvalendosi delle ottime possibilità di piega offerte dai pneumatici e facendo affidamento sul generoso oltre che costante tiro da parte del motore.
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