Moto & Scooter
Honda Hornet 900 2004
L’ultima versione dell’aggressiva maxi-naked giapponese offre la gradita novità delle sospensioni regolabili nell’idraulica e di un motore migliorato nell’erogazione e dotato di catalizzatore allo scarico
di Eliano Riva
La sana concorrenza tra le Case produttrici è quasi sempre un buon affare. Lo dimostra molto bene quanto sta accadendo nel filone delle naked , dove la crescita degli estimatori - da uno sparuto gruppo di nostalgici ad un sempre più importante esercito di motociclisti - ha portato all’aumento della concorrenza e dei modelli disponibili e ha obbligato chi era leader di settore ad evolvere le moto secondo le richieste dei clienti. Un’incombenza, alla quale ha dovuto sottostare anche il colosso nipponico Honda che, per reggere l’assalto di nuovi e vecchi concorrenti, ha dovuto impegnarsi e rimpolpare la dotazione tecnica dell’ammiraglia della sua gamma di naked.
Ci riferiamo, ovviamente, alla Hornet che, nata nel ‘96 con la versione 250 (mai arrivata in Italia) e diventata con la 600 del 1998 il destriero preferito da una marea di motociclisti, trova la sua massima espressione tecnica ed emotiva nella 900 , ed è appunto la 900 “model year” 2004 l’oggetto della nostra prova. Il modello è sostanzialmente immutato nella personalità e nel prezzo di 9.200 Euro f.c. ma, finalmente, ora è dotato di sospensioni regolabili nell’idraulica, di migliori finiture e di un motore che, già entusiasmante in termini di prestazioni globali, è più ecologico, fruibile e gustoso nell’erogazione.
Un pacchetto di modifiche, quello appena menzionato, reclamato da molti sin dall’esordio della Hornet 900 che risale all’autunno 2001 e che adesso la rendono ancor più amichevole, efficace e divertente nelle diverse forme d’utilizzo cui si presta e più appetibile anche per chi, su strade tortuose, ogni tanto vuole smettere la maschera del motociclista “pacifico” e dare battaglia a moto d’ambizioni ben più sportive.
Squadra vincente non si cambia, è un proverbio trito e ritrito che calza a pennello alla maxi Hornet ‘04 che nel layout complessivo, rispetto alla precedente, non cambia praticamente di una virgola. Sotto questo aspetto, infatti, ai designer e ai tecnici della Honda non si può che rinnovare l’apprezzamento per quanto di buono sono riusciti a realizzare con così pochi “pezzi”.
Le linee semplici e tese del profilo, il telaio praticamente invisibile , il motore che sembra direttamente appeso al serbatoio, l’affilato codino, gli scarichi rialzati e tutte le parti tecniche spudoratamente in vista, confermano infatti la Hornet quale esponente di riferimento della moderna moto minimalista, dove, anche le cose normalmente brutte da osservare, come ad esempio la grezza scatola filtro posizionata dietro la base dei cilindri, non fanno gridare allo scandalo.
Il connubio tra la semplicità del design, l’allestimento sostanzialmente economico e un motorone d’assoluto prestigio è una formula che rende la Hornet inossidabile al trascorrere del tempo e che indiscutibilmente, pur senza rapire con effetti speciali, è appagante per utenti d’origini e pretese motociclistiche addirittura contrastanti.
Tre le livree: blu, argento e nero metallizzato, oltre all’inedita – in Casa Honda - versione con finitura opaca (soltanto blu). La migliorata definizione dei dettagli estetici e tecnici a vista, come ad esempio l’involucro del cruscotto, ora completamente cromato e una parte centrale e posteriore bassa della moto caratterizzata dalla forte impronta high-tech offerta dal gruppo motore/forcellone d’alluminio, completano molto bene un profilo estetico, emotivo e tecnico, che anche se non brilla di luce propria per la qualità della finitura, trova un favorevole punto d’equilibrio nell’abbordabile prezzo d’acquisto.
In tema di tecnica, la filosofia costruttiva imposta dalla Honda ai responsabili del progetto Hornet, fin dalle origini era improntata al massimo contenimento dei costi, e anche per la maxi i tecnici giapponesi hanno seguito alla lettera questo tipo d’impostazione.
Soluzioni tecniche innovative e costose, infatti, l’Hornet 900 non ne propone e da qualsiasi punto di vista si esamini la moto, emerge come per raggiungere lo scopo i progettisti abbiano puntato tutto sulla massima semplicità strutturale. Il telaio, infatti, nel disegno è quanto di più semplice si possa immaginare. Realizzato in tubi quadri e rettangolari d’acciaio e con reggisella fisso, già a prima vista si distingue per l’aspetto da autentica “spina dorsale” della moto, mentre, per assicurare la necessaria rigidità, il propulsore ha una funzione parzialmente portante.
Nel reparto sospensioni, invece, la maxi Hornet ‘04 propone l’evoluzione più attesa per questo modello e auspicata sin dalla sua presentazione nell’autunno del 2001, vale a dire, un gruppo forcella/ammortizzatore regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione che consente di sfruttare più a fondo e con maggiore divertimento e sicurezza d’azione il gran potenziale offerto dal propulsore.
Entrando nei dettagli, la forcella, di impostazione tradizionale con steli di 43 mm e 109 mm d’escursione, finalmente ha guadagnato un pratico registro a cursore per il precarico molla e un pompate idraulico regolabile nel freno d’estensione, mentre, il sistema posteriore non progressivo e con massiccio forcellone d’alluminio, adesso può contare su un ammortizzatore idraulico con serbatoio separato adeguato al brillante carattere della moto.
il propulsore che equipaggia la maxi Hornet è concettualmente nato con la rivoluzionaria CBR 900RR Fireblade del 92 e fa parte della folta schiera di supermotori con molte medaglie al valore puntate al petto che, l’enorme evoluzione subita in termini di prestazioni dalle ultra sportive di fine e inizio millennio, ha lasciato sul "campo di battaglia". Un mondo di “rottami” da gioielleria motoristica, quello appena menzionato, che adesso rappresenta il miglior serbatoio di linfa vitale per le naked più prestigiose e che Honda, per prima, ha saputo sfruttare a dovere, consentendo al settore di cancellare l’alone nostalgico che lo circondava e aprendo le porte delle alte prestazioni alla vasta platea motociclistica “allergica” ai mezzi manubri.
Accantonato nel 98 e riscoperto da Honda nel 2001, infatti, il quattro cilindri della Hornet non è affatto superato e merita alla grande il ruolo di protagonista assoluto che ha nell’aspetto e nella personalità della moto. Caratterizzato da una distribuzione bialbero a camme in testa con 16 valvole, dal raffreddamento a liquido e da cilindri ricavati nella sezione superiore del carter motore, sotto il profilo progettuale non offre gli spunti tecnici “esoterici” delle racing stradali ultima generazione ma, in settori motociclistici che non puntano tutto sulle performance assolute, è sicuramente tre i leader di categoria. Rispetto al gran motore dal quale deriva, ovviamente è stato oggetto di un’attenta rivisitazione complessiva per adattarne le caratteristiche dinamiche al diverso e più eterogeneo campo d’utilizzo e ha guadagnato l’efficiente sistema d’alimentazione ad iniezione elettronica PGM –F1 che equipaggia la crema dei più recenti motori Honda.
Da quest’anno, poi, il 919 cc della Hornet è dotato di sistema di scarico catalizzato che rispetta pienamente le normative antinquinamento Euro2. Un fatto di non secondaria importanza, che ha portato i progettisti a rivedere anche la mappatura della centralina elettronica che gestisce il sistema accensione/iniezione; per perfezionare e “ripulire” l’erogazione di potenza e coppia nel regime di rotazione che va da 3000 a 7000 giri, situazione in cui vengono verificate le emissioni nocive e che, di fatto, è proprio quello più utilizzato nella maggior parte delle tipologie d’utilizzo alle quali la moto si presta.
Tra i vari elementi che maggiormente identificano le naked come moto avvincenti per molti motociclisti, la favorevole accoglienza riservata a pilota e passeggero è senz’altro uno dei più importanti, e in quest’ambito l’Honda Hornet è davvero maestra. Nonostante le dimensioni compatte della moto, infatti, i progettisti nipponici sono riusciti a ricavare un posto guida da riferimento di categoria e dove piloti d’ogni taglia possono trovare in sella la posizione ideale.
La ben rastremata zona di confluenza sella/serbatoio, il compatto manubrio non eccessivamente alto e avanzato e le pedane leggermente arretrate, pongono su un piatto d’argento tutte le caratteristiche normalmente desiderabili da questo tipo di moto. I punti di contatto su manubrio, sella e pedane offerti dalla Hornet 900 disegnano una posizione di guida assolutamente naturale che immediatamente regala la confortante sensazione di totale controllo del veicolo anche ai meno esperti e che in sintesi sono il presupposto migliore per “gustare” subito e in pieno tutto il potenziale di praticità e divertimento che la moto può dare. Un dato di fatto incontrovertibile cui, in barba all’economicità delle componenti utilizzate, contribuisce attivamente anche il reparto comandi e accessori.
Leve e pulsanti elettrici al manubrio sono consueti, ma morbidi da azionare e sono esattamente dove ci si attende di trovarli, lo stesso dicasi per i pedali di cambio e freno posteriore, nonostante la qualità “ferrea” e le fattezze degne di una moto da enduro e non di una stradale, sono efficienti e sempre a portata di piede. Il cruscotto misto analogico/digitale dal disegno semplice e ben leggibile, ora dotato anche di funzione orologio, i retrovisori un po’ demodé ma stabili e sufficientemente ampi nella visuale, poi, chiudono un quadro certamente poco ricercato ma, all’atto pratico, sostanzialmente inoppugnabile per efficienza.
In merito all’accoglienza riservata al passeggero,poi, possiamo notare che gli è stata riservata una porzione di sella abbastanza ampia, sufficientemente imbottita e poco rialzata rispetto a quella del pilota, mentre le pedane distanti dal piano di seduta e non molto avanzate e il ben fatto maniglione posteriore, compongono un puzzle che permette anche al secondo d’apprezzare senza significativo stress l’ebbrezza della gita in moto a medio raggio.
Alla prova dei fatti, per dimenticare le incertezze che l’evidente economicità complessiva del progetto può suscitare, basta accomodarsi in sella alla moto, ruotare la chiave di contatto, avviare il propulsore e uscire dal box di casa. Il motore sembra docile come un agnellino, ma è sempre ben presente a ogni minima rotazione del gas già da 1000 giri, inoltre la grande maneggevolezza e rapidità di risposta all’azione del pilota che dimostra anche in spazi angusti (paragonabile a quella offerta dalla 600 cc) infatti, lasciano subito intuire quanto la maxi Hornet sia sincera e facile da comprendere e di quanto gran divertimento può procurare in ogni frangente della guida su strada.
In città, grazie alla posizione di guida e alle dimensioni compatte per una maxi, più che un calabrone pare una libellula, trasformando anche il tragitto casa-ufficio in un appagante atto liberatorio dallo stress quotidiano. Nonostante il peso superiore, infatti, la maxi Hornet rivela la stessa intuitività d’azione che ha fatto la fortuna della 600, mentre il motore, che ti tira fuori da qualsiasi curva e da qualsiasi situazione con una semplice manata sull’acceleratore e rende il gioco della guida un esercizio ancor più facile, sicuro e divertente.
Ciò è evidentissimo su strade lontane dalla città, dove anche ad andatura da passeggio, per effettuare un sorpasso, basta soltanto variare l’apertura del comando del gas con qualsiasi marcia inserita. Esattamente come per pennellare gustose curve e controcurve su una turistica strada di montagna dove, se amate la guida con passo veloce e “pulito” piuttosto che quella più aggressiva, la Hornet 900 m.y. 2004 saprà accontentare quasi tutti.
Infatti grazie alle nuove sospensioni regolabili, che consentono di passare dalla taratura supersoft di serie ad una configurazione sportiveggiante, l’intuitività di guida e l’ampio margine di ripresa dell’errore risultano enfatizzate quel che basta per cogliere prestazioni e soddisfazioni molto più appaganti di quanto l’indole pacifica della moto lascerebbe presupporre. Gli evidenti, ma sempre facilmente controllabili ondeggi e scuotimenti, proposti da un telaio non progettato per l’azione sportiva pura, poi, avvertono chiaramente quando si è raggiunto il limite ed è giunto il momento di chiudere il gas.
Honda Hornet 900 – 2004
Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia con raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 71x58 mm, cilindrata 919 cc, rapporto di compressione 10,8:1. Distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione forzata a carter umido. Alimentazione: sistema d’iniezione elettronica PGM-FI con corpi sfarfallati di 36 mm, capacità serbatoio 19 litri di cui 4 di riserva. Accensione: elettronica digitale integrata con l’iniezione, 1 candela per cilindro. Avviamento: elettrico. Sistema di scarico: 4 in 1 in 2 con catalizzatore.
Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, frizione multidisco in bagno d’olio con comando meccanico, cambio a 6 marce, finale a catena con o-ring.
Ciclistica: monotrave superiore in tubi d’acciaio, inclinazione asse di sterzo 25°, avancorsa 98 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica a cartuccia regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione, steli di 43 mm, escursione 120 mm. Sospensione posteriore: con ammortizzatore idraulico regolabile nel precarico molla su 7 posizioni e nel freno idraulico in estensione, escursione ruota 128 mm. Ruote: cerchio anteriore in lega d’alluminio, pneumatico 120/70-17”, posteriore in lega d’alluminio, pneumatico 180/55-17”. Freni: anteriore a doppio disco di 296 mm con pinze a 4 pistoncini, posteriore a disco di 240 mm con pinza a pistoncino singolo.
Dimensioni e peso: interasse 1460 mm, lunghezza 2125 mm, larghezza 750, altezza sella 795 mm. Peso a secco 194 kg.
Prestazioni: potenza 110 CV (81 kw) a 9000 giri., coppia 9,38 kgm (92 Nm) a 6500 giri, velocità massima n.d.
Omologazione Euro-1-2: si’
Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.