Moto & Scooter
Test anteprima: MZ 1000S
La marca tedesca non aveva mai prodotto una simile moto, ma al primo tentativo ha centrato perfettamente l'obiettivo. È una bicilindrica molto ben progettata e realizzata che può offrire grandi soddisfazioni in ogni condizione di guida
di Alan Cathcart, foto Kel Edge
Dopo i consueti tre anni di gestazione dalle prime schermate al computer fino alla veste definitiva, la prima pluricilindrica a 4 tempi mai prodotta dalla MZ - l'ex marca della Germania Est oggi di proprietà del Gruppo malese Hong Leong - è ora pronta per arrivare nelle vetrine dei concessionari.
Una visita alla piccola ma moderna fabbrica posta sulle colline di Zschopau, sua sede storica nei pressi di Chemnitz, in vista della frontiera con la Repubblica Ceka, mi ha permesso di scoprire la genesi della MZ 1000S bicilindrica parallela 8 valvole, lanciata all'Intermot 2000 e finalmente in procinto di uscire dalla catena di montaggio, col suo inconfondibile stile firmato dallo studio Peter Kaumann, già stilista della BMW C1 e recentemente vincitore della medaglia d'argento dell'International Design Forum nel settore dei trasporti.
Ma una cosa comunque è l'estetica di una moto, un'altra come va, e l'opportunità di provare per primo la 1000S ha dato risposta alla domanda che tutti si erano posti osservando, tre anni fa, il prototipo di questo modello: può una marca come la MZ, nella cui storia non era mai comparsa una moto di più di 300 cc e mai una 4 tempi superiore a 125 cc, improvvisarsi costruttrice di una "big twin"?
Dopo aver provato la 1000S posso garantire che la MZ ha creato una moto dotata di grande personalità, con le tradizionali virtù di una classica bicilindrica inglese, ma rivista in modo da non doversi riferire a nessun altro modello concorrente. La moto è oggi una realtà e sarà disponibile da fine novembre 2003 dapprima sul mercato tedesco, al prezzo di 11.990 Euro.
Una sua prerogativa particolare, dovuta al modernissimo impianto di verniciatura dello stabilimento, è che ogni cliente potrà chiedere, all'atto della firma del contratto d'acquisto, una tinta di suo gusto personale, senza aggravio di costo e di tempi di consegna.
Ho passato tre giorni in sella alla 1000S lungo le strade della Sassonia, poi sulla pista (bagnata) del Sachsenring, infine su quella soleggiata di Hockenheim. Per prima cosa, a test ultimato, devo ammettere che è abbastanza imbarazzante per un pilota come me, che sul casco porta la bandiera inglese, costatare che è stato un costruttore tedesco, sostenuto da capitali malesi, ad aver costruito una moto che è esattamente ciò che dovrebbe essere oggi un'inglesissima Norton Commando, che invece dagli Inglesi è stata riproposta inutilmente con motore rotativo, in veste retrò, e addirittura in una mostruosa versione a 8 cilindri spacciata per supersportiva.
La prima volta che ho avviato il motore della 1000S e ho percorso i primi metri, ho comunque notato subito una differenza rispetto al classico bicilindrico parallelo inglese: nonostante la presenza di un contralbero di bilanciamento davanti all'albero motore, sulle pedane di guida si avvertono sensibili vibrazioni, ma ciò si verifica fortunatamente solo a bassi giri, dopodiché, sopra i 5000 giri, le vibrazioni si smorzano nettamente. Questo comportamento è esattamente opposto rispetto a quello dei bicilindrici inglesi con manovelle a 360°, dove all'aumentare del regime di rotazione crescevano in proporzione anche le vibrazioni. L'esperienza mi ha insegnato che i bicilindrici paralleli con manovelle a 180°, come appunto il motore MZ 1000, vibrano un po' ai regimi inferiori, per poi smettere quando si apre con decisione, e in genere hanno anche maggior potenza in alto.
Sulla MZ, quando si apre il gas le vibrazioni scompaiono lasciando il posto a una tonalità di scarico unica proveniente dai silenziatori Sebring catalizzati (Euro-2) montati sulle moto di pre-serie.
Il motore della 1000S ha un alesaggio di 96 mm e una corsa - relativamente lunga in relazione a quella dei propulsori concorrenti - di 69 mm, che però le conferisce una notevole coppia, che si aggira sui 10 kgm a 7500 giri, senza sacrificare la potenza massima, che è di 114 CV a 9000 giri. Si tratta quindi di un propulsore che può garantire grandi soddisfazioni di guida in tutte le condizioni, non risultando aggressivo ai regimi tranquilli, ma potendosi rivelare ben sostanzioso e grintoso in accelerazione una volta superati i 6200 giri.
Una moto di questo genere richiede un frequente uso del cambio. Quello a sei velocità della 1000S ha il difetto di essere un po' duro nelle tre marce inferiori, ma penso che il problema derivi dal non essere ancora una moto di serie e che possa comunque attenuarsi con l'uso; in compenso è abbastanza preciso e con i rapporti ben spaziati. A proposito di rapporti, ho scoperto che il cambio della MZ è addirittura estraibile semplicemente smontando un coperchio laterale del carter: una caratteristica che le sarà invidiata certamente da molto moto impegnate nel Mondiale Supersport e Superbike.
Ho apprezzato particolarmente la mappatura del motore: la 1000S ha un funzionamento regolare ed esente da strappi alla trasmissione fin da 2500 giri, e anche aprendo le farfalle dell'impianto di iniezione elettronica Johnson Control (ex Sagem) con corpi farfallati di 51 mm e singolo iniettore per cilindro, l'accelerazione è sempre fluida, potente e sicura.
Se il motore può aver bisogno degli ultimi ritocchi per entrare in produzione al meglio del suo potenziale, la ciclistica invece appare già perfettamente a punto e la moto si dimostra superbamente maneggevole, a dispetto dei suoi 210 kg a secco e dell'aspetto massiccio.
Il telaio tubolare in acciaio al cromo-molibdeno è infatti impostato come quello di una GP, col motore chiamato a far parte della struttura portante. Dotata di sospensioni che a prima vista sembrano piuttosto economiche e certamente non "racing", la MZ ostenta una geometria ciclistica abbastanza conservatrice, con 24,5° di inclinazione del cannotto di sterzo, 98 mm di avancorsa e un interasse relativamente lungo di 1430 mm.
Nell'uso, il "pacchetto" della ciclistica è sorprendentemente efficace, a cominciare dalla forcella Marzocchi upside-down completamente regolabile con steli di 43 mm, che ospita un perno ruota di grande diametro che esalta, grazie ad una assoluta rigidità del legame ruota-forcella, l'eccellente grip offerto dalla gomma Metzeler Sportech M1 (in pratica una Pirelli Diablo con battistrada diverso).
Le doti di maneggevolezza della MZ 1000S sono state sottolineate dal nuovo tracciato di Hockenheim, dove mi sono trovato a guidare una moto, fondamentalmente non concepita per essere una Superbike, che si è sempre trovata a suo agio, e constatando un eccellente lavoro delle sospensioni. non solo la forcella Marzocchi, ma anche la sospensione posteriore con forcellone forgiato/estruso in alluminio e monoammortizzatore Sachs.
La sensazione che offre questa moto è che sia stata progettata da veri motociclisti, e lo si nota anche da piccoli particolari come gli specchietti retrovisori, che non vibrano, sono belli a vedersi e offrono una visione ampia e chiara: da imitare! Lo si nota anche dalla perfetta efficienza del cavalletto laterale, facile da aprire e chiudere e con gamba della giusta lunghezza, nonché dal manubrio completamente regolabile, dalle pedane non troppo alte, ma che non toccano terra in curva e consentono una posizione di guida comoda, ma efficace, con le ginocchia ben inserite negli incavi del serbatoio e il pilota sufficientemente protetto dal cupolino.
La ciclistica della MZ trasmette una grande confidenza al pilota, è molto stabile anche nelle curve più veloci e mantiene bene la traiettoria pur a gas aperto senza sacrificare l'agilità. Nonostante il relativamente lungo interasse, non ha effetti negativi sulla direzionalità della ruota anteriore, e questo ha trovato conferma nella "S" dopo la Sachs Kurve, dove sei costretto ad un repentino cambio di direzione accelerando contemporaneamente: devo ammettere che molte moto dalle credenziali sportive ben più accentuate di quelle della MZ mi hanno costretto in questa sezione a togliere il gas per recuperare l'assetto corretto; la 1000S no.
La tradizionale geometria della ciclistica favorisce anche un ottimo comportamento in frenata. Il doppio disco Nissin con pinze a quattro pistoncini probabilmente non avrà lo stesso "morso" di un impianto Brembo con pinze radiali dell'ultima generazione, ma può certamente competere con un impianto italiano "normale" con pinze dello stesso tipo, e nella prova in pista il suo comportamento è stato del tutto soddisfacente, anche se occorre stare attenti a non sfruttare troppo il freno motore in assenza di una frizione con congegno antisaltellamento, e a non essere troppo energici nell'uso del freno posteriore.
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