Attualità
Come si è evoluta la strumentazione delle motociclette?
Dai primi strumenti analogici degli anni ’20, sino ai TFT touch da fare invidia a molte automobili. Tachimetri e contagiri hanno nel mezzo vissuto fasi intermedie con cruscotti LCD e ibridi di vario genere. E in futuro cosa ci aspetta?
Spesso non ci si pensa nemmeno, ma è la parte della moto che osserviamo per la maggior parte del tempo, e di gran lunga. Non il frontale, non i tre quarti posteriori. La strumentazione, parrà una banalità ma è solo lei che teniamo sott’occhio durante la guida, e quindi, forse, andrebbe valutata con più attenzione di quanta ne venga spesso prestata.
Nella storia se ne sono viste di ogni tipo, e la fisiologica evoluzione della tecnica ha portato in certi casi a motociclette dotate di strumentazione da far invidia a certe automobili di fascia medio alta, con display touchscreen a colori da 10 o più pollici che contengono informazioni aggiornate anche su cos’abbia mangiato a colazione l’ingegnere che ha progettato la moto. Ma, ovviamente, non è sempre stato così.
Alcuni lo chiamano progresso, altri la chiamano sovra complicazione, quel che è chiaro è che gli strumenti delle moto odierne non hanno più niente a che fare con i primi tachimetri analogici. Ma come siamo arrivati dove siamo arrivati? E cosa c’è stato nel mezzo?
LA NASCITA DEGLI STRUMENTI ANALOGICI
L’inizio della storia della strumentazione da moto la si fa risalire agli anni ’20 del ‘900, e le testimonianze che siamo riusciti a scovare parlano delle inglesi Brough Superior dotate di grandi tachimetri a marchio Smiths, imitate di lì a poco dalle Vincent Black Shadow, con strumenti da 5”. Pezzi ormai talmente rari e ricercati che, ad una recente asta di Bonhams, due di questi tachimetri sono stati venduti per circa 1.400 sterline ciascuno. L’obbligatorietà dello strumento, per lo meno in Inghilterra, la si fa risalire invece a qualche tempo dopo, al 1937, quando il tachimetro divenne requisito essenziale per qualsiasi mezzo che potesse legalmente superare le 25 miglia orarie. In Europa, tale vincolo per i mezzi a 2 o 3 ruote arrivò addirittura nel 2001, nel 2002 per i ciclomotori. Solo dagli anni ’50 l’installazione di tachimetri e delle più basilari spie di avvertimento divenne normale, mentre negli anni ’60, con l’arrivo sul mercato di motori più performanti e capaci di girare più in alto, si introdusse l’accoppiata tachimetro-contagiri. Questa configurazione rimase lo standard grossomodo sino alla fine degli anni ’90, ma, ovviamente, si registrano delle eccezioni.
Già nei primi anni ’70 Suzuki sperimentò un indicatore delle marce, un sistema meccanico installato sulle moto della gamma GT. Sempre Suzuki fu una delle prime a offrire un cruscotto particolarmente elaborato e che fosse, in un certo modo, oggetto di design. In particolare, si ricorda, in pochi a dire il vero, la poco fortunata RE5 con motore Wankel, disegnata da Giorgetto Giugiaro e dotata di uno strano cilindro posizionato trasversalmente sopra al fanale anteriore e contenente tachimetro, contagiri, indicatore temperatura refrigerante, spie della riserva, della temperatura e della pressione dell’olio, della folle, degli indicatori di direzione e del faro abbagliante.
Grossomodo da metà anni ’80, quando avvolgenti carene divennero d’uso comune, iniziarono a diffondersi cruscotti con quadranti multipli, sempre più completi e assimilabili a quelli automobilistici. Gli indicatori delle temperature divennero infine la norma. Ancora Suzuki fece storia con la GSX-R 750 del 1985, una delle prime “race replica”; questa recava il contagiri al centro, con fondo bianco, tachimetro sulla sinistra, a fondo nero, e sulla destra stava un sin troppo ampio indicatore del livello del carburante.
L’AVVENTO DEL DIGITALE: I PRIMI LCD
Un primo segno di futuro arrivò nel 1991 con la Bimota Tesi 1D, recante un cruscotto interamente digitaleavanti anni luce per l’epoca. Striscia LCD a fondo azzurro, pannelli separati per temperatura, velocità, doppi contachilometri e livello del carburante. Per definizione, era una Bimota, era così esclusiva e di nicchia che ebbe poca influenza. Segui a ruota la Honda NR 750 del 1992, quella a pistoni ovali, che portava in dote una bellissima strumentazione ibrida. Pannello di fondo in carbonio, grosso contagiri centrale e altri quattro indicatori analogici per temperatura olio e acqua, indicatore carburante e pressione olio. Il tutto, sormontato da un display digitale con tachimetro e contachilometri totale e parziale, condito dalla dicitura “32 Valves”. Un altro passo verso la modernità lo compì la Yamaha R1 del 1998, con una strumentazione che di analogico aveva ormai solo il contagiri. Tachimetro, contachilometri e temperatura del refrigerante diventavano digitali con schermi LCD, mentre si abbandonavano del tutto gli indicatori relativi a temperatura e pressione dell’olio e al livello del carburante, quest’ultimo rimpiazzato da una spia della riserva.
Il successivo step arrivò un’altra decina d’anni più tardi e accompagnò le prime moto con comando del gas ride-by-wire. Questo, rese possibile l’introduzione delle mappe motore e dei primi “riding mode”. Diventò quindi necessaria una strumentazione che rendesse leggibili e fruibili tali funzionalità. La Ducati Multistrada del 2010 alzò il livello integrando queste funzioni con modalità di sospensione elettronica regolabili, portando a display LCD (e comandi) ancora più complessi. Ma fu la BMW K1600GT, seguita rapidamente dalla prima Ducati Diavel del 2011, a introdurre i display TFT sulle moto.
LO SCALINO PIÙ RECENTE: IL TFT
Sviluppato inizialmente per le auto, il cruscotto TFT (thin film transistor - transistor a film sottile) è un’evoluzione del display digitale LCD e rappresenta un modo efficace per mostrare molte informazioni al pilota in modo chiaro, rendendo possibile una vasta scelta di layout e colori. Inizialmente piuttosto piccoli rispetto a un display LCD, i TFT sono rapidamente cresciuti in dimensioni e complessità, venendo adottati da quasi tutti i produttori, al punto che oggi è raro trovare una moto con quadranti analogici o un LCD.
La più recente evoluzione sembrano essere gli strumenti delle ultime KTM, con schermi TFT touch da 8 e 8,8”, i primi montati verticalmente sulle 1390 Adventure, i secondi montati orizzontalmente sulle Super Duke. Sono loro a rappresentare la prossima generazione delle strumentazione da moto, con “pulsanti virtuali” integrati che eliminano la necessità di interruttori ausiliari, e un design che permette una personalizzazione senza precedenti, come la possibilità di configurare funzionalità split-screen. Ci sono poi BMW e Harley-Davidson, che già qualche mese fa hanno lanciato schermi TFT delle dimensioni automobilistichemenzionate in apertura, rispettivamente 10,25 e 12,3”.