Attualità
KTM sta per chiudere? Ci risponde il direttore vendite Florian Kecht
Il membro del board riassume la situazione dell’azienda: "Abbiamo preso decisioni sbagliate ma invertiremo la rotta: a EICMA saremo presenti con 22 novità. Nel racing stiamo rimodulando le attività"
KTM sta per chiudere? Di recente si è sentita anche questa, tra le tante voci di corridoio. Che l’azienda austriaca non stia vivendo il proprio momento migliore è chiaro, i pessimi risultati finanziari del primo semestre del 2024 sono pubblici, ma da qui a trarre frettolose conclusioni ce ne passa.
È cascata a fagiolo l’occasione di una visita in azienda, tra Mattighofen e Munderfing, sedi degli stabilimenti austriaci, per dare un’occhiata da dentro, per capire cosa stia succedendo e che aria tiri oltralpe. In particolare, abbiamo avuto un confronto con Florian Kecht, Chief Sales Officer nel Board of Directors di KTM AG e uno dei tasselli più importanti di tutta la gerarchia guidata dall’amministratore delegato Stefan Pierer.
“È un momento non semplice per l’azienda, è un dato di fatto, non possiamo farne segreto. I primi mesi dell’anno sono stati molto difficili, il primo semestre ha portato ricavi appena superiori ad 1 miliardo, il 27% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e il risultato netto è in negativo di quasi 200 milioni di euro. Un calo trasversale a tutti i nostri mercati e a tutti i nostri brand. Non ci nascondiamo, abbiamo fatto peggio di altri, abbiamo preso decisioni sbagliate.
Parte del problema deriva dal business delle biciclette (mercato che al momento è in grande crisi generale n.d.r.), ma una grossa fetta, 78 milioni, viene anche dalla divisione motociclette.
Ma assieme ai numeri, abbiamo anche annunciato di sentirci come non mai fiduciosi della nostra capacità di rovesciare la situazione. Il prodotto rimane eccellente, la forza dei nostri marchi è sempre la stessa così come l’impegno della proprietà, e il fatto che stiamo vivendo un momento difficile non deve porre alcun punto di domanda sul nostro futuro. È una situazione sgradevole, ma è assolutamente gestibile. E questo nostro sentimento è parte integrante del messaggio, tanto quanto i dati numerici”.
Preso atto della situazione, qual è a grandi linee il piano aziendale per risanarla e, come si suol dire, tornare più forti di prima?
“La nostra strategia di mettere la crescita davanti a tutto e perseguirla ad ogni costo doveva terminare perché ultimamente non ci stava portando da nessuna parte. Ha effettivamente accresciuto il nostro potenziale e ci ha portato molte nuove opportunità, ma a fine 2023 era già chiaro che avremmo dovuto cambiare direzione se non avessimo voluto danneggiare i marchi e mettere l’azienda in una situazione davvero pericolosa.
Quindi, a inizio 2024, abbiamo messo da parte l’obiettivo crescita a tutti i costi e abbiamo iniziato un cammino per tornare ad essere un marchio premium come siamo a lungo stati, aspetto che avevamo perso di vista perseguendo unicamente la crescita. Ci siamo dunque imbarcati in questa trasformazione, ed è una grande trasformazione, perché è da dopo la crisi finanziaria globale del 2008 che abbiamo sempre registrato un 8-10% di crescita annua. Trovarci in una situazione in cui la crescita non è più il credo primario è un grande cambio culturale.
Non è qualcosa che si concretizza da un giorno all’altro, ma il mio messaggio vuole essere che la trasformazione è iniziata e sta procedendo. Nel nostro cammino per tornare essere premium, il primo passo è ridimensionare gli affari e ritrovare l’equilibrio tra la nostra capacità produttiva e la domanda del mercato. Ridurremo effettivamente la produzione delle moto fatte in Austria, e ciò è per assicurarsi che non ci sia un eccesso di disponibilità di prodotto, sia esso KTM, Husqvarna o GasGas.”
Tra le voci che sono girate, c’è anche quella che KTM abbia spostato tutta la produzione delle moto da fuoristrada in Cina. Cosa c’è di vero?
“Mi domando da dove sia uscita. Ad ogni modo, se consideriamo una produzione globale annua di circa 250.000 moto, 12.000 di queste vengono dalla Cina, ma non è una novità. 2 modelli su circa 200 sono prodotti in Cina, la 790 Duke e la 790 Adventure, e non è qualcosa di cui ci dovremmo vergognare, perché queste moto non sono costruite da qualcuno a caso, ma da CFMoto, un nostro partner strategico con cui collaboriamo su moltissimi livelli; ad esempio loro sono il nostro distributore in Cina e noi siamo il loro importatore sui principali mercati europei. Non c’è nessuna intenzione di spostare in Cina qualsiasi cosa che sia premium e orientata alla performance. Siamo qui per rimanere e la Cina ha il suo posto, come lo ha sempre avuto".
Altre aziende, per lo più nel mondo delle biciclette, hanno optato per un approccio diretto al consumatore per tagliare una parte dei costi. È qualcosa che voi avete preso o prenderete in considerazione?
“No, i dealer sono lo zoccolo duro del nostro business, non abbiamo nessuna intenzione di andare diretti al consumatore come hanno deciso di fare alcuni nostri competitor. Le concessionarie stanno assieme a noi vivendo un momento difficile, in termini di eccesso di magazzino e di decrescita dei margini, ma come li supportiamo nei momenti positivi, li supportiamo in quelli negativi. Ecco che una grossa fetta della nostra liquidità, buona parte di quei 78 milioni che menzionavo poco fa, serve ad assicurarci che loro sopravvivano a questo periodo. Vengono spesi per attività di marketing, eventi, programmi racing, qualsiasi cosa per far sì che i clienti continuino a varcare le loro porte".
C’è qualcuno che ha sostenuto che KTM si stia tirando fuori dal mondo del racing, cosa ci può dire?
“Siamo presenti in praticamente qualsiasi categoria di competizioni al mondo, KTM è sinonimo di racing, altrimenti non avremmo 342 differenti campioni del mondo. La verità è che stiamo rimodulando le attività. KTM è il più racing fra i nostri brand e quindi cerchiamo di salvaguardarlo per primo, ecco perché l’anno prossimo in MotoGP ci saranno 4 KTM. Non vogliamo castigare gli altri marchi, è una decisione strategica, non una necessità finanziaria. Oltretutto, pensateci, se dovessimo avere lo stesso impegno con tutti e tre i marchi, semplicemente non ci sarebbero abbastanza piloti. Ecco che stiamo rivedendo la strategia di come e dove spingere i marchi con le attività sportive.
Aggiungo: spendiamo circa 100 milioni all’anno in attività racing, e se mettiamo questa cifra in proporzione al fatturato, credo non ci sia un’azienda al mondo più impegnata di noi nelle corse. Se uscissimo di scena, cosa resterebbe? A livello globale e tra tutti gli sport, lo spettacolo diventerebbe solo una frazione di quello che è ora.
Per chiudere il mio discorso, vi invito a ignorare i discorsi senza senso che si sono sentiti, questi creano dubbi e incertezze inutili e dannose con i partner, con i clienti e possibilmente anche con i media. Spero a questo punto che non ci siano dubbi sul fatto che il nostro futuro come maggior costruttore europeo di motociclette è luminoso. Ci rivedremo a EICMA, dove saremo presenti con lo stand più grande che abbiamo mai avuto e sveleremo 22 nuovi modelli".
Se dalla visita in azienda è trasparso un messaggio, è che KTM c’è ancora e che la carne al fuoco è parecchia. Dopotutto, il calo del 2024 rispetto al 2023 va inquadrato in un contesto di crescita, che ha visto la potenza austriaca espandersi in modo esponenziale dalla rinascita del 1992, sino ad occupare, come ribadito da Kecht, la posizione di primo produttore di moto europeo.
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