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Neil Peart: quando la moto salva l’anima

Marco Gentili
di Marco Gentili il 28/02/2020 in Attualità
Neil Peart: quando la moto salva l’anima
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Il batterista dei Rush non è stato solo il più grande interprete del suo strumento degli ultimi 50 anni, ma anche il testimone di come la moto può aiutare a superare i momenti difficili della vita

Se chiedi a un batterista di 14 anni chi vorrebbe essere da grande, la risposta è sempre la stessa: Neil Peart, l’uomo dietro alle pelli dei Rush. Se negli ultimi quattro decenni avete vissuto in una grotta con del cotone nei condotti uditivi, è giusto che sappiate che stiamo parlando del più grande batterista degli ultimi 50 anni. Peart, scomparso per un tumore al cervello a 67 anni, pochi giorni dopo l’inizio del 2020, è stato qualcosa di simile a Jimi Hendrix per i chitarristi. Anzi, direi di superiore, perché magari di shredder influenti ce ne sono stati anche altri. Ma qualunque sia il genere che si suona, tutti i drummer daranno sempre la stessa risposta.

Il perché è presto detto: basta ascoltare i virtuosismi jazzistici e i cambi di ritmo de “La Villa Strangiato”, oppure l’obbligato in cinque quarti di “YYZ” (è su questo formidabile banco di prova che almeno quattro generazioni di musicisti e band di ogni latitudine hanno misurato la loro capacità di suonare) per capire di cosa stiamo parlando. Tecnica non fine a se stessa, ma unita alla melodia e finalizzata alla creazione di musica. Il tempo dispari divulgato alle masse.

 

Neil Peart: quando la moto salva l’anima
Il libro di Neil Peart nell'edizione italiana (Tsunami edizioni)

I TEMPI DISPARI DELLA VITA

“Tempo dispari” in inglese si dice “odd-time”. Ma “odd” significa anche difficoltà. Le stesse che Peart ha dovuto superare nell’ultima parte della sua vita, con la scomparsa della figlia Selena in un incidente stradale nel 1997 e quella della moglie Jacqueline l’anno seguente. Grazie all’aiuto di una motocicletta. In sella a una BMW R 1100 GS, Peart ha attraversato il Nordamerica e macinato migliaia di chilometri in solitaria, alla scoperta di sé e del senso della vita.

Un’avventura su due ruote che ha raccontato in un bellissimo libro-diario intitolato “Ghost Rider” e uscito nel giugno 2002 (esiste anche in italiano, si chiama “Il viaggiatore fantasma”, Tsunami Edizioni). Una lettura da riscoprire e da apprezzare. Merito - anche - della felice penna di Peart, paroliere sopraffino oltre che musicista. Lettura che è anche da ascoltare: “Ghost Rider” è pure il titolo di una canzone contenuta in “Vapor Trails” (2002).

(tratto da Dueruote, gennaio 2020, Ultima pagina)

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