Attualità
LeoVince: di nuovo in pista, parola di Sergio LEONE
Dopo i fasti degli anni 90, la durissima crisi e la rinascita. Che passa dal ritorno alle gare e da un reparto ricerca e sviluppo tutto italiano. Intervista con Sergio Leone, responsabile tecnico dell'azienda piemontese specializzata in impianti di scarico
Dici LeoVince e la mente va subito ai mitici anni 80 e 90, quando le marmitte con l'espansione erano un must tra i ragazzini che volevano scooter più rumorosi e performanti. In quegli anni gloriosi, l'azienda piemontese nata nel 1987 da una costola del Gruppo Sito ne produceva oltre 800mila pezzi all'anno. Il resto è storia: il mercato dei ciclomotori è franato, azzoppando le aziende produttrici di carburatori così come quelle che realizzavano scarichi aftermarket. Poi il ridimensionamento, il fallimento e la rinascita sotto l'ala della Adler (azienda nota per la produzione di frizioni e primi equipaggiamenti; ndr), che ha rilevato il brand. A unire le due stagioni della vita di LeoVince c'è sempre lui: Sergio Leone, 31 anni trascorsi con passione sempre nella stessa azienda. È lui a portarci in giro per il reparto ricerca e sviluppo.
Leone, cosa è LeoVince oggi?
"Un'azienda che sta ripartendo da un nome forte, che vale 240mila pezzi prodotti all'anno e che sta rilanciando una gamma prodotto (con le LV-10, le GP ONE e le LV Pro in acciaio inox o carbonio presentate a EICMA; ndr). E che presto tornerà nel mondo delle corse".
Che tempi vi date per il ritorno alla velocità?
"Dal prossimo anno torneremo in Moto2 e Moto3 in qualità di sponsor, dal 2019 contiamo di essere il fornitore ufficiale di qualche team. Oggi non possiamo più permetterci di stare lontani dalle gare".
Perché? Il mondo dell'aftermarket non rende più come una volta?
"È tutto un discorso di immagine. Per sfondare sui mercati asiatici la presenza nel mondo delle corse è basilare. Per quel che riguarda la strada, invece, non è mai stata così elevata la voglia di cambiare lo scarico alla propria moto. E abbiamo avuto le richieste più impensabili proprio all'ultimo Eicma".
Ci faccia qualche esempio.
"Il nostro importatore inglese ci ha chiesto di sviluppare un prodotto racing (ossia non omologato per la strada, ndr) per la Ducati Multistrada. Ciò spiega come cambiano i gusti del pubblico. Una volta la nostra produzione era orientata alle supersportive e ai cinquantini. Oggi invece tutti vogliono cambiare lo scarico alla propria moto".
Ha un senso, con i regolamenti Euro4, cambiare lo scarico della moto?
"Certo. Noi produciamo sia scarichi omologati per la strada, che quindi consentono un miglioramento prestazionale che non può essere superiore al 5% della potenza della moto, sia componenti non omologati. E sono sempre moltissimi quelli che preferiscono scarichi racing, ossia senza catalizzatore e Db-killer, che offrono un aumento di potenza decisamente superiore. Anche correndo il rischio di essere fermati dalla polizia e di beccarsi una multa salatissima".
Siete ancora molto forti in Europa, dove i limiti sono severi. Com'è la situazione all'estero?
"Negli Stati Uniti, o meglio, in alcuni degli stati federati, sono molto meno severi sul fronte dell'inquinamento acustico, che in Europa non permette di commercializzare scarichi più rumorosi di 77,4 Db nei test dinamici. In Cina e in Asia invece c'è una deregulation totale. Faccia conto che in Cina i nostri prodotti di punta sono i silenziatori, poi sono i clienti finali ad arrangiarsi come meglio credono nell'installazione".
Quali sono i motivi per cui un utente decide di cambiare lo scarico?
"Il primo motivo è la riduzione di peso che uno scarico aftermarket garantisce rispetto a uno di serie. Il secondo riguarda l'estetica: tutti vogliono moto belle da vedere, e il punto dolente dei mezzi che escono dalla fabbrica è proprio lo styling del silenziatore. Solo da ultimo arriva il discorso legato alle prestazioni".
Dire solamente "scarico" è troppo generico, nel vostro mondo. Quali sono i prodotti che vendono di più?
"Lo scarico completo va sempre meno di moda. I clienti, a meno che non siano costretti dalle specifiche strutturali della propria moto e scooter, che magari hanno lo scarico realizzato in pezzo unico, preferiscono lo slip-on (ossia lo scarico che si congiunge al collettore originale per mezzo di giunzione o boccola; ndr). Ciò permette una spesa minore e una resa ottimale".
Il vostro lavoro si svolge in officina, invece mi aspettavo di trovare un gruppo di tecnici impegnati a lavorare nella progettazione di fronte a un computer.
"Un conto è realizzare un collettore, un altro è fare un silenziatore. Quest'ultimo viene progettato di fronte a uno schermo, perché deve rispettare una serie di parametri che vanno codificati prima di mandarlo in produzione. Per il collettore si procede in modo inverso. È il tecnico che assembla i segmenti di tubo e le curve che formano lo scarico, immagina il giro che devono compiere, pensa qual è la soluzione ottimale per garantire la corretta portata di gas. Una volta realizzato il prototipo, che viene saldato e lavorato a mano, lo scarico viene testato al banco, per capire se si è riusciti a ottenere un risultato prestazionale in linea con le aspettative. Se la risposta è affermativa, realizziamo le cosiddette maschere, ossia uno stampo che ha tutte le specifiche per portare in produzione il collettore. È un processo che si definisce 'reverse engineering' e ha ancora una componente artigianale che è fondamentale. In LeoVince siamo fortunati: nel nostro R&D lavorano tecnici che sono motociclisti veri. C'è chi va in pista, chi fa motocross e chi enduro. Tutti sanno esattamente cosa vogliono ottenere dal loro lavoro, perché ci mettono davvero tanta passione".
Quanto conta la costruzione del collettore per incrementare la potenza?
"Moltissimo. Non dimentichiamo che l'Euro4 obbliga gli impianti di scarico a essere dotati di grossi catalizzatori, la cui funzione è quella di abbattere le emissioni nocive. La nostra sfida sugli scarichi omologati si gioca nel mantenere o migliorare la potenza dichiarata senza andare contro alle regole. Nello scarico racing invece possiamo ancora sbizzarrirci e ottenere potenze sempre maggiori. Tornando alla domanda, un collettore più lungo serve a dare brio a un motore che soffre di vuoti ai bassi regimi, per esempio. Ogni giro, ogni curvatura, non ha solo una funzione estetica, ma risulta decisiva nella prestazione della moto".
Leone, cosa è LeoVince oggi?
"Un'azienda che sta ripartendo da un nome forte, che vale 240mila pezzi prodotti all'anno e che sta rilanciando una gamma prodotto (con le LV-10, le GP ONE e le LV Pro in acciaio inox o carbonio presentate a EICMA; ndr). E che presto tornerà nel mondo delle corse".
Che tempi vi date per il ritorno alla velocità?
"Dal prossimo anno torneremo in Moto2 e Moto3 in qualità di sponsor, dal 2019 contiamo di essere il fornitore ufficiale di qualche team. Oggi non possiamo più permetterci di stare lontani dalle gare".
Perché? Il mondo dell'aftermarket non rende più come una volta?
"È tutto un discorso di immagine. Per sfondare sui mercati asiatici la presenza nel mondo delle corse è basilare. Per quel che riguarda la strada, invece, non è mai stata così elevata la voglia di cambiare lo scarico alla propria moto. E abbiamo avuto le richieste più impensabili proprio all'ultimo Eicma".
Ci faccia qualche esempio.
"Il nostro importatore inglese ci ha chiesto di sviluppare un prodotto racing (ossia non omologato per la strada, ndr) per la Ducati Multistrada. Ciò spiega come cambiano i gusti del pubblico. Una volta la nostra produzione era orientata alle supersportive e ai cinquantini. Oggi invece tutti vogliono cambiare lo scarico alla propria moto".
Ha un senso, con i regolamenti Euro4, cambiare lo scarico della moto?
"Certo. Noi produciamo sia scarichi omologati per la strada, che quindi consentono un miglioramento prestazionale che non può essere superiore al 5% della potenza della moto, sia componenti non omologati. E sono sempre moltissimi quelli che preferiscono scarichi racing, ossia senza catalizzatore e Db-killer, che offrono un aumento di potenza decisamente superiore. Anche correndo il rischio di essere fermati dalla polizia e di beccarsi una multa salatissima".
Siete ancora molto forti in Europa, dove i limiti sono severi. Com'è la situazione all'estero?
"Negli Stati Uniti, o meglio, in alcuni degli stati federati, sono molto meno severi sul fronte dell'inquinamento acustico, che in Europa non permette di commercializzare scarichi più rumorosi di 77,4 Db nei test dinamici. In Cina e in Asia invece c'è una deregulation totale. Faccia conto che in Cina i nostri prodotti di punta sono i silenziatori, poi sono i clienti finali ad arrangiarsi come meglio credono nell'installazione".
Quali sono i motivi per cui un utente decide di cambiare lo scarico?
"Il primo motivo è la riduzione di peso che uno scarico aftermarket garantisce rispetto a uno di serie. Il secondo riguarda l'estetica: tutti vogliono moto belle da vedere, e il punto dolente dei mezzi che escono dalla fabbrica è proprio lo styling del silenziatore. Solo da ultimo arriva il discorso legato alle prestazioni".
Dire solamente "scarico" è troppo generico, nel vostro mondo. Quali sono i prodotti che vendono di più?
"Lo scarico completo va sempre meno di moda. I clienti, a meno che non siano costretti dalle specifiche strutturali della propria moto e scooter, che magari hanno lo scarico realizzato in pezzo unico, preferiscono lo slip-on (ossia lo scarico che si congiunge al collettore originale per mezzo di giunzione o boccola; ndr). Ciò permette una spesa minore e una resa ottimale".
Il vostro lavoro si svolge in officina, invece mi aspettavo di trovare un gruppo di tecnici impegnati a lavorare nella progettazione di fronte a un computer.
"Un conto è realizzare un collettore, un altro è fare un silenziatore. Quest'ultimo viene progettato di fronte a uno schermo, perché deve rispettare una serie di parametri che vanno codificati prima di mandarlo in produzione. Per il collettore si procede in modo inverso. È il tecnico che assembla i segmenti di tubo e le curve che formano lo scarico, immagina il giro che devono compiere, pensa qual è la soluzione ottimale per garantire la corretta portata di gas. Una volta realizzato il prototipo, che viene saldato e lavorato a mano, lo scarico viene testato al banco, per capire se si è riusciti a ottenere un risultato prestazionale in linea con le aspettative. Se la risposta è affermativa, realizziamo le cosiddette maschere, ossia uno stampo che ha tutte le specifiche per portare in produzione il collettore. È un processo che si definisce 'reverse engineering' e ha ancora una componente artigianale che è fondamentale. In LeoVince siamo fortunati: nel nostro R&D lavorano tecnici che sono motociclisti veri. C'è chi va in pista, chi fa motocross e chi enduro. Tutti sanno esattamente cosa vogliono ottenere dal loro lavoro, perché ci mettono davvero tanta passione".
Quanto conta la costruzione del collettore per incrementare la potenza?
"Moltissimo. Non dimentichiamo che l'Euro4 obbliga gli impianti di scarico a essere dotati di grossi catalizzatori, la cui funzione è quella di abbattere le emissioni nocive. La nostra sfida sugli scarichi omologati si gioca nel mantenere o migliorare la potenza dichiarata senza andare contro alle regole. Nello scarico racing invece possiamo ancora sbizzarrirci e ottenere potenze sempre maggiori. Tornando alla domanda, un collettore più lungo serve a dare brio a un motore che soffre di vuoti ai bassi regimi, per esempio. Ogni giro, ogni curvatura, non ha solo una funzione estetica, ma risulta decisiva nella prestazione della moto".