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I viaggi dei lettori

A cinque passi da Tirano

Matteo, Anna, Giacomo e Chiara il 16/12/2013 in I viaggi dei lettori

Cinque celebri passi alpini, quattro amici. Quasi duemila chilometri, in sei giorni. Due moto: un'imponente e coppiosa Kappona dimensione Avventura e una robusta, agile e rassicurante Honda della stirpe CBF... siete pronti a partire? Allora iniziate a leggere il diario  di bordo dei nostri lettori

A cinque passi da Tirano
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Si parte prima dell'alba, in compagnia delle vischiose temperature di dantesca ispirazione, resistenti persino alla notte. Warm up in Vallesina, indispensabile per confermare la scelta di maglie poco termiche, ed ingresso nell'immutabile autostrada, soporifero ed inevitabile valico per transitare dal centro al nord Italia.
Ma scalando la piana padana, al volgere dell'olimpionico luglio, abbiamo misteriosamente seminato afa e panico da soffocamento. Immersi nel casco, ed appena accarezzati dai primi timidi raggi di sole romagnoli, non ci è sfuggita l'indicazione "Coriano", punto di corda perfetto per alzare l'acceleratore al cielo. Salendo ancora, pur restando poco sopra il livello del sempre più lontano mare, ecco il cartello "Mirandola": la manopola del gas ha scaricato il suo vigore verso terra, lasciandoci ascoltare l'appassionante impeto di donne e uomini che, per l'ennesima volta, ci mostreranno la vacuità della rassegnazione. Senza occultare alcuna cicatrice.

Tirano, adagiata al confine fra Italia e Svizzera, è il nostro approdo. Qualche gradevole ora di sonno per rigenerarsi al termine dell'andata, cullati da un fiabesco ruscello che scorre accanto alla finestra e da un variegato panorama sospeso fra docili colline ed aspre montagne, e si ingrana la marcia per la tappa inaugurale: il bel passo del Bernina. Tra curve più o meno veloci, su gomme ben ancorate all'asfalto, raggiungiamo la vetta carrabile (2.330 metri): moto in posa per la foto di rito, soste continue per immortalare gli ultimi ghiacciai, testando frizione e freni ai bordi della strada, e pranzetto superbo, a base di tagliatelle speck e noci e paradisiaci pizzoccheri, per i conducenti (Matteo e Giacomo) e le preziose navigatrici (Anna e Chiara). Inquietante miraggio a Livigno: la benzina ad una manciata di centesimi sopra l'Euro. Peccato solo non aver avuto un sidecar, lo avremmo riempito fino all'orlo!

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Decisamente soddisfatti, ed ormai allenati all'altitudine (o convinti di esserlo!), riprendiamo la via della nostra temporanea dimora (lo splendido BnB San Bernardo a Villa di Tirano), in trepidante attesa della sfiziosa colazione con torte caserecce e gustoso succo di mela. Ma, soprattutto, dell'agognata conquista: lo Stelvio. Le minacciose nubi non ci intimoriscono. Nemmeno i milioni di ripidi tornanti necessari per toccare i magnifici 2.758, da Bormio. Di fronte a cotanta rappresentazione naturale anche la poesia scarseggia: è sufficiente spalancare i sensi, scaraventando nel vuoto ciò che quotidianamente ingeriamo nelle frenetiche valli.

La medievale Glorenza, alle pendici dello Stelvio, assume un'aria vagamente malinconica, accentuata dalla perturbazione in costante avvicinamento. Gli scomodi antipioggia fanno il proprio dovere, pure in arrampicata sul parzialmente sterrato passo dell'Umbrail (2.503 metri), dove avvistiamo addirittura un capriolo.
Poi torna il sole, sfilando sopra le nostre visiere prima di nascondersi dietro le tempestose cime. Il terzo giorno di pieghe lo dedichiamo al celeberrimo Passo Gavia (2.652), invidiando i tanti ciclisti che, pedalata dopo pedalata, riescono a raggiungerlo: analoga sensazione abbiamo provato sullo Stelvio. Da Bormio, l'ascesa a motore, seppur impegnativa, ci appare piacevole. A differenza del versante di Ponte di Legno, i cui strapiombi, colorati di un verde molto meno stonato rispetto a quanto si avvista saltuariamente di sotto, sono notevoli. Obbligatoria la visita all'adiacente Passo del Tonale (1.884), meta di svariati motociclisti in assetto da guerra, diversi dei quali tedeschi: lo spread fra le due Nazioni, almeno in sella, appare decisamente ridotto. Via caschi, guanti e giubbotti.
Per salutare degnamente le Alpi, nell'ultima giornata lombardo-elvetica, optiamo per un'intensa escursione a piedi sopra Aprica, fino ai laghi Nero e Verde, a circa 2.000 metri. Con tanto di insidiosissimo e poco guidabile ciottolato che ha messo a dura prova la nostra pazienza.

E' tempo di rientrare. E mentre crollano le loro borse, noi fissiamo le nostre ai telaietti laterali e ci dirigiamo verso Brescia, quasi sorvolando il bel lago d'Iseo. A4, A22, A1, A14. Totale: A41, i gradi percepiti in marcia. Rallentamenti nel bolognese, code nel riminese e bibita rinfrescante nella fortificata Gradara. Jesi è rovente, come l'avevamo lasciata. Ma decollando con il pensiero verso nord, i "sovrumani silenzi" alpini e la "profondissima quiete" ci ricordano quanto sia dolce naufragare fra i ricordi di un bel viaggio.
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