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I viaggi dei lettori
Sardegna, Corsica, Provenza e Costa Azzurra
di Francesco Rocca
il 17/06/2010 in I viaggi dei lettori
I nostri lettori hanno passato gli ottanta, ma il loro viaggio è degno di due ventenni senza paura. Un'avventura di oltre 1800 chilometri tra mare e montagne da leggere in un fiato
Sardegna, Corsica, Provenza e Costa Azzurra
Anni fa, in occasione di un un'esplorazione in moto della Savoia, avevamo vagheggiato il progetto di traghettarci da Nizza a Calvi o Bastia e di percorrere da nord a sud la Corsica, per imbarcaci e rientrare in patria da Bonifacio od Olbia, ma il progetto cadde e rientrammo in Italia da Ventimiglia.
Nel 2009 abbiamo fatto davvero quel percorso e anche qualcosa di più. L'abbiamo percorso all'inverso navigando, visitate le isole, verso Nizza e proseguendo attraverso i passi alpini della Provenza e della Savoia, fino al Piccolo San Bernardo e Courmayeur.
Con l'intento di evitare percorsi stressanti, non adatti alla nostra età più che matura, (io 82 anni, Resi ... beh lasciamo andare).
Le tappe, salvo che nel viaggio di ritorno che ho compiuto da solo, sono state contenute tra i sessanta e gli ottanta chilometri, raramente qualcosa di più, da percorrere a cavallo della nostra Ducati Monster 620, caricata all'inverosimile dagli indumenti, sacchi a pelo ultraleggeri, cerate e chincaglierie varie distribuiti tra la borsa da serbatoio ed il bauletto sul quale troneggiavano una sacca rossa impermeabile, la tenda ed un seggiolino pieghevole.
Avevo letto di un traghetto diretto per la Corsica (esattamente per Porto Vecchio) ma poi decidiamo di passare per la Sardegna.
La prima tappa Roma-Civitavecchia, tratta mille volte già percorsa, ci conduce al traghetto della Mobi Lines per Olbia.
Il biglietto acquistato on line, ci consente di ridurre al minimo le formalità in loco e in breve siamo a bordo.
Nel 2009 abbiamo fatto davvero quel percorso e anche qualcosa di più. L'abbiamo percorso all'inverso navigando, visitate le isole, verso Nizza e proseguendo attraverso i passi alpini della Provenza e della Savoia, fino al Piccolo San Bernardo e Courmayeur.
Con l'intento di evitare percorsi stressanti, non adatti alla nostra età più che matura, (io 82 anni, Resi ... beh lasciamo andare).
Le tappe, salvo che nel viaggio di ritorno che ho compiuto da solo, sono state contenute tra i sessanta e gli ottanta chilometri, raramente qualcosa di più, da percorrere a cavallo della nostra Ducati Monster 620, caricata all'inverosimile dagli indumenti, sacchi a pelo ultraleggeri, cerate e chincaglierie varie distribuiti tra la borsa da serbatoio ed il bauletto sul quale troneggiavano una sacca rossa impermeabile, la tenda ed un seggiolino pieghevole.
Avevo letto di un traghetto diretto per la Corsica (esattamente per Porto Vecchio) ma poi decidiamo di passare per la Sardegna.
La prima tappa Roma-Civitavecchia, tratta mille volte già percorsa, ci conduce al traghetto della Mobi Lines per Olbia.
Il biglietto acquistato on line, ci consente di ridurre al minimo le formalità in loco e in breve siamo a bordo.
La partenza, (19/08/09), prevista per le nove e trenta, ritarda di poco.
La navigazione procede tranquilla, abbiamo pagato per un passaggio sul ponte, siamo appena un po' disturbati per il viavai dei passeggeri.
È pomeriggio avanzato quando all'orizzonte si mostra il profilo della Tavolara che si presenta come una muraglia a far da scudo al golfo di Olbia.
La vista della Tavolara suscita un ricordo di molti anni fa, quando per la prima volta approdammo alla Sardegna per visitare tre nostre figlie, in quegli anni bambine, ospiti di quella che allora chiamavamo Colonia marina.
Come ora il nostro veicolo era una motocicletta, una rustica monocilindrica della Ducati, la nostra prima moto.
Anche noi, nel nostro abbigliamento e nella nostra attrezzatura piuttosto approssimativa, potevamo definirci rustici.
Tutto il nostro bagaglio era racchiuso in una sacca arancione, fissata con elastici. Privi di tenda dormimmo in un campeggio a Santa Teresa di Gallura, alle "belle stelle" e riparati solo da sacchi a pelo di origine militare comprati nel mercato di Porta Portese.
Sbarcati ad Olbia, ci dirigiamo subito verso Santa Teresa di Gallura dal cui porto partono ad intervalli regolari i traghetti per Bonifacio.
Ci stupisce quanto sia cambiato il tragitto dai tempi dalla nostra vecchia esperienza: una volta interessato da scarsissimo traffico, oggi è letteralmente "intasato.
Per fortuna, in quelle ore di tardo pomeriggio, tutti stavano andando in direzione opposta alla nostra.
La navigazione procede tranquilla, abbiamo pagato per un passaggio sul ponte, siamo appena un po' disturbati per il viavai dei passeggeri.
È pomeriggio avanzato quando all'orizzonte si mostra il profilo della Tavolara che si presenta come una muraglia a far da scudo al golfo di Olbia.
La vista della Tavolara suscita un ricordo di molti anni fa, quando per la prima volta approdammo alla Sardegna per visitare tre nostre figlie, in quegli anni bambine, ospiti di quella che allora chiamavamo Colonia marina.
Come ora il nostro veicolo era una motocicletta, una rustica monocilindrica della Ducati, la nostra prima moto.
Anche noi, nel nostro abbigliamento e nella nostra attrezzatura piuttosto approssimativa, potevamo definirci rustici.
Tutto il nostro bagaglio era racchiuso in una sacca arancione, fissata con elastici. Privi di tenda dormimmo in un campeggio a Santa Teresa di Gallura, alle "belle stelle" e riparati solo da sacchi a pelo di origine militare comprati nel mercato di Porta Portese.
Sbarcati ad Olbia, ci dirigiamo subito verso Santa Teresa di Gallura dal cui porto partono ad intervalli regolari i traghetti per Bonifacio.
Ci stupisce quanto sia cambiato il tragitto dai tempi dalla nostra vecchia esperienza: una volta interessato da scarsissimo traffico, oggi è letteralmente "intasato.
Per fortuna, in quelle ore di tardo pomeriggio, tutti stavano andando in direzione opposta alla nostra.
Benché compromesso qua e là da interventi negativi, il paesaggio ci affascina: è severo ma ricco di scorci che l'attenzione necessaria alla guida non mi permette di gustare pienamente.
É già tardi per raggiungere il porto e per farci traghettare su Bonifacio, del resto ci sembra un peccato non goderci almeno un poco della bella Sardegna e del suo mare, così decidiamo di fermarci a Palau dove pernottiamo in un bel campeggio in riva al mare e moto affollato.
Verso il mare ci sono poi una serie di calette con brevi spiagge circondati da rocce di granito che l'erosione ha modellato in forme che paiono prodotte della fantasia e dalla mano di un artista come Henry Moore. Era previsto fermarsi per una notte, ma la qualità sia del luogo che dell'organizzazione, ci inducono a fermarci ancora un altro giorno. Questo ci da modo di goderci il bel mare, con frequenti bagni e piacevoli nuotate. L'ultima sera estendiamo la nostra esplorazione, a piedi, al nucleo abitativo di Palau, che ci delude alquanto per lo snaturamento e la confusione… I dintorni però sono più belli.
Al momento di partire troviamo la sgradita sorpresa della batteria della moto completamente a terra.
La cortesia di due giovani addetti del campeggio ci è d'aiuto: si prestano con cavi e la batteria dell'auto di uno di loro ad avviare il Monster. possiamo così partire per Santa Teresa di Gallura ed imbarcarci per Bonifacio (insperatamente) all'ora prevista.
É già tardi per raggiungere il porto e per farci traghettare su Bonifacio, del resto ci sembra un peccato non goderci almeno un poco della bella Sardegna e del suo mare, così decidiamo di fermarci a Palau dove pernottiamo in un bel campeggio in riva al mare e moto affollato.
Verso il mare ci sono poi una serie di calette con brevi spiagge circondati da rocce di granito che l'erosione ha modellato in forme che paiono prodotte della fantasia e dalla mano di un artista come Henry Moore. Era previsto fermarsi per una notte, ma la qualità sia del luogo che dell'organizzazione, ci inducono a fermarci ancora un altro giorno. Questo ci da modo di goderci il bel mare, con frequenti bagni e piacevoli nuotate. L'ultima sera estendiamo la nostra esplorazione, a piedi, al nucleo abitativo di Palau, che ci delude alquanto per lo snaturamento e la confusione… I dintorni però sono più belli.
Al momento di partire troviamo la sgradita sorpresa della batteria della moto completamente a terra.
La cortesia di due giovani addetti del campeggio ci è d'aiuto: si prestano con cavi e la batteria dell'auto di uno di loro ad avviare il Monster. possiamo così partire per Santa Teresa di Gallura ed imbarcarci per Bonifacio (insperatamente) all'ora prevista.
Veloce lo sbarco a Bonifacio, (21/08/09) un momento per orientarci, e via.
Qui siamo già stati anni fa in barca, una vecchia goletta poco invelata, che malgrado il vento delle bocche, superava di poco i tre nodi.
Bonifacio meriterebbe una visita, ma desideriamo tuffarci in mare, anche a causa della calura.
Saltiamo Santa Manza e puntiamo sul golfo di Santa Giulia.
Sulla strada incontriamo un traffico intenso ma che consente di procedere ad una buona andatura.
Arrivati alla baia agognata siamo respinti dal parcheggio già saturo, non cerco un alternativa per sostare e ritornato sulla N 198 proseguendo fino a Porto Vecchio.
Lì visitiamo la marina alla quale approdammo molti anni fa, (1986) nel corso di una crociera.
Quasi non riconosco il posto, forse perché la prospettiva giungendo dal mare è molto differente, o probabilmente anche perché, come è inevitabile, in ventitré anni troppe cose sono cambiate, anche il nostro modo di guardare e di vedere.
Lasciamo la cittadina alla ricerca di un campeggio, dopo qualche tentativo deludente approdiamo ad un grosso camping dal nome altisonante Golfo di Sogno, nome che copia quello dell'insenatura omonima sulla quale si affaccia.
Forse è più propriamente chiamarla in "corso": Baie de Stagnoli.
Si tratta infatti di uno specchio di mare tutto chiuso verso l'orizzonte dove per quanto tu possa avanzare l'acqua tiepida continua ad arrivarti sotto il ginocchio, specchio di mare che verso terra è circondato da lagune e stagni.
La mattina successiva (22/08/09) si parte, la prima sosta è a Solenzara.
Anche questo porto è nei nostri ricordi, di qui partimmo per rientrare all'Argentario, dopo una notte all'ormeggio, con il nostro minitonner alla fine della crociera di cui ho fatto sopra cenno. Non possiamo mancare perciò una visita al porto, anche esso tanto cambiato.
Un gruppo di motociclisti tedeschi sono fermi in piedi per confortare due loro compagni, che si riposano stesi per terra, un po' malconci per una probabile caduta.
Ripresa la marcia, su una strada buona ma un po' monotona, ci arrestiamo per una seconda tappa ad una bella spiaggia, con sabbia di granito dalla grossa grana che garantisce un acqua limpidissima.
Qui ci riposiamo e rinfreschiamo con un piacevole bagno.
Il luogo, se ben ricordo, è denominato Cala d'Oro.
Prima di partire ci rifocilliamo con un buon pasto in un ristorantino al bordo della spiaggia.
Il termine della corsa, per oggi, è Aleria: il paese è discosto dalla costa circa tre chilometri ed il campeggio che ci ospiterà è presso il mare.
Piantata la tenda, espletate le consuete operazioni, ci rechiamo alla spiaggia: qui non siamo più nella zona della Corsica di granito, la sabbia è a grana assai fine e in più il fiume Tavgnano, che sfocia vicino, è apportatore di sedimenti.
L'acqua perciò non è cosi limpida come a sud, il che non vuol dire che sia contaminata, ma senz'altro meno piacevole.
La sera ceniamo in una trattoria con i tavoli posti su un assito sospeso con palafitte sulla battigia.
L'indomani (23/08/09) è domenica e ci rechiamo a Messa.
La funzione non si celebra nell'insediamento moderno, ma nel vecchio centro che sorge su una modesta altura poco distante, un nucleo di apprezzabile valore.
Dopo la funzione smontiamo la tenda e lasciamo la costa per risalire la valle del Tavignano. Durante la notte sembra precipiti una "guazza" notevole, infatti sotto gli alberi accosti alla strada si notano macchie di umido dallo sgocciolamento dalle chiome.
Il paesaggio si fa, man mano che si sale, sempre più severo: gole, scoscendimenti, frane.
Al termine della statale troviamo Corte.
In questa città tra i monti, importante per la storia dell'isola, ci fermiamo per rifocillarci.
Partiti, tra i cumuli che si levano maestosi tra le cime lampeggiano i fulmini e ci raggiunge i fragore del tuono, il che ci induce ad accelerare per portarci verso il cielo terso che si mostra nella direzione della strada che percorriamo.
In Corsica, tra Saint Florent e Ile Rousse, è in vacanza Lucia , una delle nostre figlie, con il suo Marco ed i piccoli Marta e Flavio.
Fin dai giorni nei quali a Roma andavo pianificando la nostra vacanza itinerante, avevo fissato Ponte Leccia come tappa nodale: affascinato dal nome e se dovessi dire perché non saprei rispondere.
Con messaggini sms e telefonate ho fissato in quel abitato un appuntamento per incontrarci con Lucia ed i suoi, ma giunti a Ponte Leccia mi sembra che non sia possibile reperire in tutta la Corsica un sito più banale di quello.
Fermatici, subito sollecitiamo telefonicamente Lucia e Marco ad attenderci sulla costa dove sono attendati in un campeggio il cui nome mi è sembrato buffo: Ostriconi.
Le spiegazioni di Lucia per indicarci il percorso non sono ben comprese: individuo il bivio tra la N 197 ed un vecchio tronco di un tracciato declassato e senza uscita, ma nel groviglio di autovetture, di bagnanti e turisti che intasano la strada continuo ad avanzare senza notare l'ingresso del campeggio.
Giunti al fondo al budello faccio conversione e risalendo scopriamo l'ingresso, assai prossimo al bivio.
Accolti gioiosamente dai parenti ci accampiamo presso la loro grande tenda e scendiamo con loro al mare fino ad una lunga spiaggia ai confini occidentale del deserto degli Agriates. La mattina successiva (24/08/09) ci rechiamo all'Ile Rousse per acquisti e per controllare la disponibilità di traghetti per Nizza.
La località non è lontana e la strada scorrevole, ma giunti presso la città ed all'interno di essa si formano incolonnamenti interminabili.
Ultimati gli acquisti ed un po' di struscio, ci accoglie una simpatica trattoria, con tavoli all'aperto, in una piazzetta caratteristica, in uno dei pochi nuclei non totalmente snaturati dal carattere originale. Qui ci viene servita un ottima paella, con un gambero smisurato. Mentre mangiamo, un grazioso gattino ci osserva da una finestra...
Tornati al campeggio ci riaccoglie la spiaggia: oggi il mare è assolutamente calmo.
Ritornati alla tenda, ci intratteniamo con la figlia ed il suo seguito parlando dei programmi per il proseguimento delle vacanze: loro resteranno in Corsica, noi puntiamo alle Alpi.
Domani ci separeremo.
Il mattino successivo (25/08/09) si smontano le tende, carichiamo la nostra moto e ci avviamo verso l'uscita.
Il traghetto che ci porterà a Nizza, parte da Calvi, così ci tocca affrontare ancora una volta gli incolonnamenti a Ile ed entrando a Calvi.
Giungiamo all'imbarco con un po' in ritardo: la strada di accesso sale verso la cittadella per scendere in seguito verso il porto, ma i gendarmi ci bloccano in un piazzale per dare la precedenza ad altri, già incolonnati.
Malgrado questo ed altri disguidi siamo infine col Monster alla banchina di imbarco: le altre moto sono tutte ormai a bordo e sarò tra gli ultimi a salire… Ma è fatta.
C'è poco spazio sul ponte scoperto, in più è dominato dal rumore dello scarico dei diesel essendo situato presso le ciminiere, perciò preferiamo la poltrona assegnataci vicino ad un oblò.
Bonifacio meriterebbe una visita, ma desideriamo tuffarci in mare, anche a causa della calura.
Saltiamo Santa Manza e puntiamo sul golfo di Santa Giulia.
Sulla strada incontriamo un traffico intenso ma che consente di procedere ad una buona andatura.
Arrivati alla baia agognata siamo respinti dal parcheggio già saturo, non cerco un alternativa per sostare e ritornato sulla N 198 proseguendo fino a Porto Vecchio.
Lì visitiamo la marina alla quale approdammo molti anni fa, (1986) nel corso di una crociera.
Quasi non riconosco il posto, forse perché la prospettiva giungendo dal mare è molto differente, o probabilmente anche perché, come è inevitabile, in ventitré anni troppe cose sono cambiate, anche il nostro modo di guardare e di vedere.
Lasciamo la cittadina alla ricerca di un campeggio, dopo qualche tentativo deludente approdiamo ad un grosso camping dal nome altisonante Golfo di Sogno, nome che copia quello dell'insenatura omonima sulla quale si affaccia.
Forse è più propriamente chiamarla in "corso": Baie de Stagnoli.
Si tratta infatti di uno specchio di mare tutto chiuso verso l'orizzonte dove per quanto tu possa avanzare l'acqua tiepida continua ad arrivarti sotto il ginocchio, specchio di mare che verso terra è circondato da lagune e stagni.
La mattina successiva (22/08/09) si parte, la prima sosta è a Solenzara.
Anche questo porto è nei nostri ricordi, di qui partimmo per rientrare all'Argentario, dopo una notte all'ormeggio, con il nostro minitonner alla fine della crociera di cui ho fatto sopra cenno. Non possiamo mancare perciò una visita al porto, anche esso tanto cambiato.
Un gruppo di motociclisti tedeschi sono fermi in piedi per confortare due loro compagni, che si riposano stesi per terra, un po' malconci per una probabile caduta.
Ripresa la marcia, su una strada buona ma un po' monotona, ci arrestiamo per una seconda tappa ad una bella spiaggia, con sabbia di granito dalla grossa grana che garantisce un acqua limpidissima.
Qui ci riposiamo e rinfreschiamo con un piacevole bagno.
Il luogo, se ben ricordo, è denominato Cala d'Oro.
Prima di partire ci rifocilliamo con un buon pasto in un ristorantino al bordo della spiaggia.
Il termine della corsa, per oggi, è Aleria: il paese è discosto dalla costa circa tre chilometri ed il campeggio che ci ospiterà è presso il mare.
Piantata la tenda, espletate le consuete operazioni, ci rechiamo alla spiaggia: qui non siamo più nella zona della Corsica di granito, la sabbia è a grana assai fine e in più il fiume Tavgnano, che sfocia vicino, è apportatore di sedimenti.
L'acqua perciò non è cosi limpida come a sud, il che non vuol dire che sia contaminata, ma senz'altro meno piacevole.
La sera ceniamo in una trattoria con i tavoli posti su un assito sospeso con palafitte sulla battigia.
L'indomani (23/08/09) è domenica e ci rechiamo a Messa.
La funzione non si celebra nell'insediamento moderno, ma nel vecchio centro che sorge su una modesta altura poco distante, un nucleo di apprezzabile valore.
Dopo la funzione smontiamo la tenda e lasciamo la costa per risalire la valle del Tavignano. Durante la notte sembra precipiti una "guazza" notevole, infatti sotto gli alberi accosti alla strada si notano macchie di umido dallo sgocciolamento dalle chiome.
Il paesaggio si fa, man mano che si sale, sempre più severo: gole, scoscendimenti, frane.
Al termine della statale troviamo Corte.
In questa città tra i monti, importante per la storia dell'isola, ci fermiamo per rifocillarci.
Partiti, tra i cumuli che si levano maestosi tra le cime lampeggiano i fulmini e ci raggiunge i fragore del tuono, il che ci induce ad accelerare per portarci verso il cielo terso che si mostra nella direzione della strada che percorriamo.
In Corsica, tra Saint Florent e Ile Rousse, è in vacanza Lucia , una delle nostre figlie, con il suo Marco ed i piccoli Marta e Flavio.
Fin dai giorni nei quali a Roma andavo pianificando la nostra vacanza itinerante, avevo fissato Ponte Leccia come tappa nodale: affascinato dal nome e se dovessi dire perché non saprei rispondere.
Con messaggini sms e telefonate ho fissato in quel abitato un appuntamento per incontrarci con Lucia ed i suoi, ma giunti a Ponte Leccia mi sembra che non sia possibile reperire in tutta la Corsica un sito più banale di quello.
Fermatici, subito sollecitiamo telefonicamente Lucia e Marco ad attenderci sulla costa dove sono attendati in un campeggio il cui nome mi è sembrato buffo: Ostriconi.
Le spiegazioni di Lucia per indicarci il percorso non sono ben comprese: individuo il bivio tra la N 197 ed un vecchio tronco di un tracciato declassato e senza uscita, ma nel groviglio di autovetture, di bagnanti e turisti che intasano la strada continuo ad avanzare senza notare l'ingresso del campeggio.
Giunti al fondo al budello faccio conversione e risalendo scopriamo l'ingresso, assai prossimo al bivio.
Accolti gioiosamente dai parenti ci accampiamo presso la loro grande tenda e scendiamo con loro al mare fino ad una lunga spiaggia ai confini occidentale del deserto degli Agriates. La mattina successiva (24/08/09) ci rechiamo all'Ile Rousse per acquisti e per controllare la disponibilità di traghetti per Nizza.
La località non è lontana e la strada scorrevole, ma giunti presso la città ed all'interno di essa si formano incolonnamenti interminabili.
Ultimati gli acquisti ed un po' di struscio, ci accoglie una simpatica trattoria, con tavoli all'aperto, in una piazzetta caratteristica, in uno dei pochi nuclei non totalmente snaturati dal carattere originale. Qui ci viene servita un ottima paella, con un gambero smisurato. Mentre mangiamo, un grazioso gattino ci osserva da una finestra...
Tornati al campeggio ci riaccoglie la spiaggia: oggi il mare è assolutamente calmo.
Ritornati alla tenda, ci intratteniamo con la figlia ed il suo seguito parlando dei programmi per il proseguimento delle vacanze: loro resteranno in Corsica, noi puntiamo alle Alpi.
Domani ci separeremo.
Il mattino successivo (25/08/09) si smontano le tende, carichiamo la nostra moto e ci avviamo verso l'uscita.
Il traghetto che ci porterà a Nizza, parte da Calvi, così ci tocca affrontare ancora una volta gli incolonnamenti a Ile ed entrando a Calvi.
Giungiamo all'imbarco con un po' in ritardo: la strada di accesso sale verso la cittadella per scendere in seguito verso il porto, ma i gendarmi ci bloccano in un piazzale per dare la precedenza ad altri, già incolonnati.
Malgrado questo ed altri disguidi siamo infine col Monster alla banchina di imbarco: le altre moto sono tutte ormai a bordo e sarò tra gli ultimi a salire… Ma è fatta.
C'è poco spazio sul ponte scoperto, in più è dominato dal rumore dello scarico dei diesel essendo situato presso le ciminiere, perciò preferiamo la poltrona assegnataci vicino ad un oblò.
Nizza appare a prua nella sua splendida cornice naturale, ma già dal largo (è un'osservazione del tutto superficiale) la città non ne sembra degna.
Lo sbarco è veloce e altrettanto veloce e la determinazione di rispettare il programma: raggiungere Saint Etienne de Tinée.
Probabilmente la città meriterebbe più attenzione, ma si sa la fretta è una cattiva consigliera.
Per dirigersi verso la nostra meta bisogna raggiungere la strada che segue il corso de fiume Var, a sinistra del porto, ma benché abbia bene in vista la cartina sulla mia borsa da serbatoio, sono convinto di dover andare a destra.
Finiamo sulla tortuosa strada che punta su Montecarlo, faccio conversione ma imbocco ancora una volta una strada sbagliata, la D 2204.
Perplesso, mentre faccio il pieno, interrogo il benzinaio che con estrema cortesia, aperta una carta dettagliata, mi propone un percorso per raggiungere la strada giusta la D 6202. Acquisto la carta, ringrazio e mi accingo a seguire l'itinerario indicato, passando per Contes e Château-Villleviellenef, un vero anticipo della tortuosità delle strade e dei passi che ci siamo proposti.
Errori e deviazioni ci hanno fatto perdere molto tempo, mi rendo conto che non arriverei a St.Etienne de Tinée che a notte fonda: decidiamo così di far tappa a Levens.
Cerchiamo un hotel e lo troviamo dopo aver scambiato per tale una casa di cura ed essere stati respinti da un hotel con un "dèsolé je suis complet", malgrado il cartello: "chambres libres".
Non graditi i motociclisti per una notte sola.
Levens è tra le montagne ed i boschi che possiamo ammirare dal balconcino della camera assegnata.
Partiamo (26/08/09) da Levens diretti alla D 6202 del fondovalle del Var: c'è da percorrere un bel tratto di strada, tortuosa e lambente notevoli scoscendimenti. La fondovalle, è molto più scorrevole ma non ha niente da invidiare quanto a "drammaticità" del paesaggio.
Abbiamo incontrato, fra l'altro, gole di rocce rosso bordeaux, non so più se nella valle del Var o dell'affluente Tinée, che mi pento non aver fotografato.
Lasciato sulla nostra destra il Var, risaliamo il Tinée che seguiamo fino a St. Etienne. Il villaggio appare al fondo di una valle aperta e ridente.
St. Etienne sorge a 1142 di altezza, ai piedi della rampa che ci porterà al primo colle, quello de la Bonette, uno dei valichi più alti in tutta l'Europa.
Nulla lascia presagire la severità del paesaggio che ci attenderà quando svolteremo sulla sinistra dal fondo del villaggio.
Qui ci fermiamo per la notte, in un campeggio bello e ben gestito, dotato di uno specchio d'acqua per il nuoto e mini canottaggio.
La sera ceniamo in una trattoria dotata di un parcheggio riservato ai motociclisti, ad un tavolo siedono numerosi centauri italiani che parlano concitatamente delle loro prodezze.
Afferriamo qualche frase: pendenze del quindici per cento ... centinaia di chilometri ... prestazioni eccezionali ...
quando cavalcano le loro moto, inguainati nelle loro tute di cuoio, non ti immagini che molti abbiano i capelli grigi, le tempie calve, aspetto più che da atleti, da sedentari da scrivania, talvolta pance a barilotto… Eppure quando sono insieme a conversare paiono quasi bambini innamorati del loro giocattolo.
Dal pomeriggio le nuvole si vanno addensando e comincia a piovere, nella nostra piccola tenda non è agevole stanziare da svegli.
Una provvidenziale tettoia che copre un paio di tavoli con panche ci permette di starcene al riparo senza l'obbligo di distenderci supini.
Un giovane, silenzioso e schivo, magro e slanciato con una barbetta bionda (poi scopriremo che è svedese) si ricovera sotto la stessa tettoia e dalle grosse sacche della sua bicicletta tira fuori pentolame e fornello e si cuoce una sua zuppa.
Cessa di piovere e andandocene lo salutiamo e riceviamo un sorriso ed un cenno di risposta da quel tipo particolare che sino allora sembrava non aver visto altro che il suo pentolino. La notte riprende un po' di pioggia, ma la tenda ci ripara efficacemente.
Al risveglio (27/08/09) ci sorride il sereno, che asciuga presto la tenda stesa al sole dopo lo smontaggio: si impacca tutto e via!
Lasciato alle spalle il villaggio di St. Etienne, imbocchiamo la strada verso il Colle de la Bonette.
Il fondo è sconnesso, ci angoscia pensare di dover correre per molti chilometri "frullati" sulla moto, ma dopo un breve tratto l'asfalto ci appare rifatto e quasi impeccabile per tutta la lunga serpentina che ci innalza verso il colle.
Di primo mattino non c'è molto traffico, qualcuno però scende già nel percorso inverso.
Ci impressiona, usciti dal bosco, la vastità dei versanti; il colore dominante, contrapposto all'azzurro del cielo, è il giallo-verde dell'erba, in buona parte secca, dovuto forse a questa estate eccezionalmente calda.
L'ultimo tratto prima di giungere al valico è particolarmente aspro e incute rispetto, quasi timore.
Giunti al culmine troviamo la consueta folla di ciclisti, ma soprattutto di motociclisti che sostano, per compiacersi dell'impresa, per fotografarsi e rilassarsi un poco prima di tuffarsi sull'altro versante.
Per me, come per molti, questo colle è un primato, in moto fino ad ora il massimo è stato il Gran San Bernardo ( 2473 m ), passato più di una volta con la mia vecchia Cagiva Alazzurra 350 che, quando eravamo in due, ansimava nei pressi dello scavalco per la scarsità di ossigeno.
È tempo di accingerci alla discesa: qua su non pare proprio il posto adatto ad un lunga sosta di rilassamento.
Scendendo incontriamo molti ciclisti, alcuni anche con i capelli grigi, che scalano le rampe con encomiabile tenacia, altri sfrecciano in discesa velocissimi.
A metà della discesa ci fermiamo ad una baita-Bar per un cappuccino ed una fetta di torta con mirtilli.
Giunti a fondovalle, prima di entrare negli abitati ai margini di un bosco, consumiamo il nostro picnic.
Jeusiers era prevista fin dalla programmazione come tappa, ma vogliamo vedere in giro se c'è qualche sito che ci persuada di più.
Deviamo così Barcelonnette, incappiamo in Le Sauze, una stazione di sport invernali che ci sembra deprimente… Non so che impressione faccia con la neve e più animazione. Ritorniamo così sui nostri passi.
A Jeusiers alloggiamo in un albergo che non è il massimo, ma quando puoi fare una buona doccia è già tanto.
Visitando il villaggio lo troviamo piacevole, abbiamo anche occasione di incontrare il ciclista svedese, che ha evidentemente scalato il passo con la sua bici stracarica.
Lo sbarco è veloce e altrettanto veloce e la determinazione di rispettare il programma: raggiungere Saint Etienne de Tinée.
Probabilmente la città meriterebbe più attenzione, ma si sa la fretta è una cattiva consigliera.
Per dirigersi verso la nostra meta bisogna raggiungere la strada che segue il corso de fiume Var, a sinistra del porto, ma benché abbia bene in vista la cartina sulla mia borsa da serbatoio, sono convinto di dover andare a destra.
Finiamo sulla tortuosa strada che punta su Montecarlo, faccio conversione ma imbocco ancora una volta una strada sbagliata, la D 2204.
Perplesso, mentre faccio il pieno, interrogo il benzinaio che con estrema cortesia, aperta una carta dettagliata, mi propone un percorso per raggiungere la strada giusta la D 6202. Acquisto la carta, ringrazio e mi accingo a seguire l'itinerario indicato, passando per Contes e Château-Villleviellenef, un vero anticipo della tortuosità delle strade e dei passi che ci siamo proposti.
Errori e deviazioni ci hanno fatto perdere molto tempo, mi rendo conto che non arriverei a St.Etienne de Tinée che a notte fonda: decidiamo così di far tappa a Levens.
Cerchiamo un hotel e lo troviamo dopo aver scambiato per tale una casa di cura ed essere stati respinti da un hotel con un "dèsolé je suis complet", malgrado il cartello: "chambres libres".
Non graditi i motociclisti per una notte sola.
Levens è tra le montagne ed i boschi che possiamo ammirare dal balconcino della camera assegnata.
Partiamo (26/08/09) da Levens diretti alla D 6202 del fondovalle del Var: c'è da percorrere un bel tratto di strada, tortuosa e lambente notevoli scoscendimenti. La fondovalle, è molto più scorrevole ma non ha niente da invidiare quanto a "drammaticità" del paesaggio.
Abbiamo incontrato, fra l'altro, gole di rocce rosso bordeaux, non so più se nella valle del Var o dell'affluente Tinée, che mi pento non aver fotografato.
Lasciato sulla nostra destra il Var, risaliamo il Tinée che seguiamo fino a St. Etienne. Il villaggio appare al fondo di una valle aperta e ridente.
St. Etienne sorge a 1142 di altezza, ai piedi della rampa che ci porterà al primo colle, quello de la Bonette, uno dei valichi più alti in tutta l'Europa.
Nulla lascia presagire la severità del paesaggio che ci attenderà quando svolteremo sulla sinistra dal fondo del villaggio.
Qui ci fermiamo per la notte, in un campeggio bello e ben gestito, dotato di uno specchio d'acqua per il nuoto e mini canottaggio.
La sera ceniamo in una trattoria dotata di un parcheggio riservato ai motociclisti, ad un tavolo siedono numerosi centauri italiani che parlano concitatamente delle loro prodezze.
Afferriamo qualche frase: pendenze del quindici per cento ... centinaia di chilometri ... prestazioni eccezionali ...
quando cavalcano le loro moto, inguainati nelle loro tute di cuoio, non ti immagini che molti abbiano i capelli grigi, le tempie calve, aspetto più che da atleti, da sedentari da scrivania, talvolta pance a barilotto… Eppure quando sono insieme a conversare paiono quasi bambini innamorati del loro giocattolo.
Dal pomeriggio le nuvole si vanno addensando e comincia a piovere, nella nostra piccola tenda non è agevole stanziare da svegli.
Una provvidenziale tettoia che copre un paio di tavoli con panche ci permette di starcene al riparo senza l'obbligo di distenderci supini.
Un giovane, silenzioso e schivo, magro e slanciato con una barbetta bionda (poi scopriremo che è svedese) si ricovera sotto la stessa tettoia e dalle grosse sacche della sua bicicletta tira fuori pentolame e fornello e si cuoce una sua zuppa.
Cessa di piovere e andandocene lo salutiamo e riceviamo un sorriso ed un cenno di risposta da quel tipo particolare che sino allora sembrava non aver visto altro che il suo pentolino. La notte riprende un po' di pioggia, ma la tenda ci ripara efficacemente.
Al risveglio (27/08/09) ci sorride il sereno, che asciuga presto la tenda stesa al sole dopo lo smontaggio: si impacca tutto e via!
Lasciato alle spalle il villaggio di St. Etienne, imbocchiamo la strada verso il Colle de la Bonette.
Il fondo è sconnesso, ci angoscia pensare di dover correre per molti chilometri "frullati" sulla moto, ma dopo un breve tratto l'asfalto ci appare rifatto e quasi impeccabile per tutta la lunga serpentina che ci innalza verso il colle.
Di primo mattino non c'è molto traffico, qualcuno però scende già nel percorso inverso.
Ci impressiona, usciti dal bosco, la vastità dei versanti; il colore dominante, contrapposto all'azzurro del cielo, è il giallo-verde dell'erba, in buona parte secca, dovuto forse a questa estate eccezionalmente calda.
L'ultimo tratto prima di giungere al valico è particolarmente aspro e incute rispetto, quasi timore.
Giunti al culmine troviamo la consueta folla di ciclisti, ma soprattutto di motociclisti che sostano, per compiacersi dell'impresa, per fotografarsi e rilassarsi un poco prima di tuffarsi sull'altro versante.
Per me, come per molti, questo colle è un primato, in moto fino ad ora il massimo è stato il Gran San Bernardo ( 2473 m ), passato più di una volta con la mia vecchia Cagiva Alazzurra 350 che, quando eravamo in due, ansimava nei pressi dello scavalco per la scarsità di ossigeno.
È tempo di accingerci alla discesa: qua su non pare proprio il posto adatto ad un lunga sosta di rilassamento.
Scendendo incontriamo molti ciclisti, alcuni anche con i capelli grigi, che scalano le rampe con encomiabile tenacia, altri sfrecciano in discesa velocissimi.
A metà della discesa ci fermiamo ad una baita-Bar per un cappuccino ed una fetta di torta con mirtilli.
Giunti a fondovalle, prima di entrare negli abitati ai margini di un bosco, consumiamo il nostro picnic.
Jeusiers era prevista fin dalla programmazione come tappa, ma vogliamo vedere in giro se c'è qualche sito che ci persuada di più.
Deviamo così Barcelonnette, incappiamo in Le Sauze, una stazione di sport invernali che ci sembra deprimente… Non so che impressione faccia con la neve e più animazione. Ritorniamo così sui nostri passi.
A Jeusiers alloggiamo in un albergo che non è il massimo, ma quando puoi fare una buona doccia è già tanto.
Visitando il villaggio lo troviamo piacevole, abbiamo anche occasione di incontrare il ciclista svedese, che ha evidentemente scalato il passo con la sua bici stracarica.
Col de Var
Dal centro di Jausiers, l'indomani (28/08/09) torniamo per breve tratto verso il colle scavalcato il giorno precedente, poi deviamo verso il Col de Var.
Rotto il ghiaccio con il Col de Bonette, affrontiamo il Var in scioltezza, ma è pur sempre un valico alpino anche se sale settecento metri meno rispetto al valico del primato.
Al colle ci fermiamo poco, c'è parecchia strada da fare.
Giunti a Guillestre abbozzo, con Resi, un timido tentativo proponendo di proseguire per il passo dell'Izoard: avevo promesso di non farle affrontare più di un colle a tappa ma tentar non nuoce… La risposta è fermamente negativa.
Deviamo così verso la N 64, una buona statale scorrevole che diventa una strada urbana nell'attraversamento degli abitati.
Il tutto con ovvi rallentamenti, ma senza eccessivi incolonnamenti.
Percorsi trentadue chilometri siamo a Briançon, una interessante cittadina con un vasto centro storico racchiuso in una poderosa cinta difensiva.
Una vera e propria città-fortezza della quale sarebbe interessante conoscere la storia.
Briançon
Briançon è anche una stazione di sport invernali: ho l'impressione che la fame di alloggi per i turisti abbia indotto a costruire o ristrutturare pesantemente all'interno di un centro storico che avrebbe dovuto esser oggetto di maggior rispetto.
Appena approdati al centro della città ci sediamo in un ristorantino che, separato da un piazzale di parcheggio, prospetta sulle fortificazioni.
Consumiamo una ottima fonduta: il menù recita pietanza per due, venti euro, ma il conto pretende per la stessa quaranta euro.
Forse abbiamo capito male noi… Venti euro a persona… Forse è l'uso locale, ma ci sembra un poco una trappola equivoca.
Quello che è certo è che anche in questa parte della Francia non c'è più la convenienza nei prezzi riscontrata in tempi andati… Andati poi neanche da tanto.
Per dormire troviamo un campeggio, poco fuori la città, in una frazione chiamata La Vachette, un campeggio formato prevalentemente da bungalow di proprietà privata o, quantomeno, in affitto prolungato di clienti per lo più francesi.
La ricezione è retta da una anziana signora molto gentile.
Col de Montgenévre e Col du Mont Cenis
Il prossimo obiettivo è il colle del Moncenisio: per accedervi è inevitabile transitare per il Montgenévre e la regola "non più di un passo al giorno" oggi salta, eccezione aggravata dal fatto che siamo in pieno fine settimana ed il traffico è particolarmente intenso.
Ci dirigiamo verso il confine con l'Italia (29/08/09): l'itinerario comporta infatti un passaggio per Claviere, Oulx e Susa attraverso il nostro territorio.
Sulla strada del primo colle, in un ripido tornante in salita incrociamp numerose vetture: nel pieno del gomito rallento troppo e la moto sovraccarica si abbatte verso l'interno.
Non mi riesce di tenerla col piede destro e così la "appoggio" a terra: l'incidente non causa danni ma è tutto un accorrere di motociclisti solleciti a darci una mano. Buona parte della strada mi è nota, avendola percorsa, andando e venendo da Sestriere.
Attraversata Susa, alla quale dedicheremo attenzione in altra occasione, iniziamo a salire verso il Colle del Moncenisio, è tutto un susseguirsi di rampe e tornanti fino a sbucare sul altopiano del lago artificiale.
Questo Colle è quello che più di ogni altro si presta ad una sosta rilassa per l'ampiezza della valle e l'amenità del sito.
Molti si godono il sole ed il paesaggio defilandosi al riparo di qualche "emergenza" per proteggersi dal vento che fischia sostenuto.
Anche noi ne approfittiamo per sostare, dopo esserci rifocillati con uno degli ottimi panini in vendita sul colle.
Resi sdraiata sul prato a sonnecchiare, io in giro visitando la chiesa a Piramide, il giardino alpino e le sponde del lago.
La discesa non presenta problemi: scorriamo giù verso la valle con il programma prevede un fine tappa a Lanslebourg.
Poiché siamo in anticipo e tutt'altro che affaticati, proseguiamo per Bonneval.
Dal centro di Jausiers, l'indomani (28/08/09) torniamo per breve tratto verso il colle scavalcato il giorno precedente, poi deviamo verso il Col de Var.
Rotto il ghiaccio con il Col de Bonette, affrontiamo il Var in scioltezza, ma è pur sempre un valico alpino anche se sale settecento metri meno rispetto al valico del primato.
Al colle ci fermiamo poco, c'è parecchia strada da fare.
Giunti a Guillestre abbozzo, con Resi, un timido tentativo proponendo di proseguire per il passo dell'Izoard: avevo promesso di non farle affrontare più di un colle a tappa ma tentar non nuoce… La risposta è fermamente negativa.
Deviamo così verso la N 64, una buona statale scorrevole che diventa una strada urbana nell'attraversamento degli abitati.
Il tutto con ovvi rallentamenti, ma senza eccessivi incolonnamenti.
Percorsi trentadue chilometri siamo a Briançon, una interessante cittadina con un vasto centro storico racchiuso in una poderosa cinta difensiva.
Una vera e propria città-fortezza della quale sarebbe interessante conoscere la storia.
Briançon
Briançon è anche una stazione di sport invernali: ho l'impressione che la fame di alloggi per i turisti abbia indotto a costruire o ristrutturare pesantemente all'interno di un centro storico che avrebbe dovuto esser oggetto di maggior rispetto.
Appena approdati al centro della città ci sediamo in un ristorantino che, separato da un piazzale di parcheggio, prospetta sulle fortificazioni.
Consumiamo una ottima fonduta: il menù recita pietanza per due, venti euro, ma il conto pretende per la stessa quaranta euro.
Forse abbiamo capito male noi… Venti euro a persona… Forse è l'uso locale, ma ci sembra un poco una trappola equivoca.
Quello che è certo è che anche in questa parte della Francia non c'è più la convenienza nei prezzi riscontrata in tempi andati… Andati poi neanche da tanto.
Per dormire troviamo un campeggio, poco fuori la città, in una frazione chiamata La Vachette, un campeggio formato prevalentemente da bungalow di proprietà privata o, quantomeno, in affitto prolungato di clienti per lo più francesi.
La ricezione è retta da una anziana signora molto gentile.
Col de Montgenévre e Col du Mont Cenis
Il prossimo obiettivo è il colle del Moncenisio: per accedervi è inevitabile transitare per il Montgenévre e la regola "non più di un passo al giorno" oggi salta, eccezione aggravata dal fatto che siamo in pieno fine settimana ed il traffico è particolarmente intenso.
Ci dirigiamo verso il confine con l'Italia (29/08/09): l'itinerario comporta infatti un passaggio per Claviere, Oulx e Susa attraverso il nostro territorio.
Sulla strada del primo colle, in un ripido tornante in salita incrociamp numerose vetture: nel pieno del gomito rallento troppo e la moto sovraccarica si abbatte verso l'interno.
Non mi riesce di tenerla col piede destro e così la "appoggio" a terra: l'incidente non causa danni ma è tutto un accorrere di motociclisti solleciti a darci una mano. Buona parte della strada mi è nota, avendola percorsa, andando e venendo da Sestriere.
Attraversata Susa, alla quale dedicheremo attenzione in altra occasione, iniziamo a salire verso il Colle del Moncenisio, è tutto un susseguirsi di rampe e tornanti fino a sbucare sul altopiano del lago artificiale.
Questo Colle è quello che più di ogni altro si presta ad una sosta rilassa per l'ampiezza della valle e l'amenità del sito.
Molti si godono il sole ed il paesaggio defilandosi al riparo di qualche "emergenza" per proteggersi dal vento che fischia sostenuto.
Anche noi ne approfittiamo per sostare, dopo esserci rifocillati con uno degli ottimi panini in vendita sul colle.
Resi sdraiata sul prato a sonnecchiare, io in giro visitando la chiesa a Piramide, il giardino alpino e le sponde del lago.
La discesa non presenta problemi: scorriamo giù verso la valle con il programma prevede un fine tappa a Lanslebourg.
Poiché siamo in anticipo e tutt'altro che affaticati, proseguiamo per Bonneval.
La scelta si rivela quanto mai felice: il villaggio è tra i più belli ed ancora sostanzialmente non sfigurato dalla pressione dell'industria turistica.
Ulteriore vantaggio: un avvicinamento alle rampe iniziali del colle dell'Iseran.
Non c'è un campeggio a Bonneval, ma i molti camper sono tollerati.
Vediamo molta gente in giro, non notiamo però un solo albergo.
Ne scopriremo altri la sera, in zone meno centrali.
Troviamo una stanza un po' a fatica e poi eccoci per strada ad ammirare il villaggio ed il panorama.
il giorno seguente (30/08/09) montiamo in moto relativamente presto: la temperatura è più mite di quanto ti aspetteresti data l'ora e la quota.
In questa estate particolarmente calda non ci è mai capitato di provare il sia pur minimo brivido neanche sulle Alpi, siamo abbigliati sempre con una giacca estiva ed al più, di rado, un felpa.
La prima rampa è subito ripida, il primo tornante stretto, la valle visibile a lato scoscesa e senza riparo, poi il percorso si fa più dolce e meno esposto fino al valico.
La discesa non comporta problemi particolari: si tratta di rampe e tornanti che percorriamo con agio, ormai ci sono consueti.
Ad interrompere il paesaggio naturale l'attraversamento di Val d'Isere, una grande stazione turistica famosa per i suoi campi di sci, un complesso di edilizia di tipo quasi urbano che assedia il vecchio nucleo del quale, correndo sulla statale che attraversa la cittadina, si affaccia solo il campanile dietro l'edilizia moderna.
Più avanti il Lac du Chevril, piacevole ma artificiale invaso idroelettrico. Procedendo oltre, la discesa ora è più graduale ed il paesaggio varia tra boschi e campi aperti.
A Bonneval ci siamo approvvigionati per un picnia, ma ci manca pane fresco: giunti a Séez ci fermiamo dinnanzi ad un forno ma è domenica ed è chiuso.
Un gentile signore del luogo, che credeva cercassimo acqua, ci assicura che quella che sgorga dalla fontana li vicino è potabile e si affretta a portarci dalla sua casa un bicchiere per bere ed una bottiglia per una scorta.
Lo ringraziamo sentitamente per la sua gentilezza.
A Séez c'è il bivio per La Rosiére ed il colle del Piccolo San Bernardo.
il colle del Piccolo San Bernardo
Da Séez, comincia una serie di rampe e tornanti, fino a La Rosiére ne ho contarti diciotto, ma dopo il quinto, se non erro, scorgiamo un invitante cartello che indica uno Chalet dove fermarsi per una notte in attesa di dare l'assalto al valico.
Parcheggiamo la moto, saliamo il sentiero che conduce allo Chalet, li un biglietto invita a telefonare ai proprietari che abitano poco discosto.
Chiamiamo ed in attesa dell'arrivo consumiamo ad un tavolo del giardino, con pane raffermo, il nostro picnik.
Lo Chalet è sito su un ripiano del versante e gode di una vista stupenda sulla valle e Bourg St. Maurice.
I proprietari o gestori, arrivano dopo una mezz'ora o poco più, sono una coppia di giovani simpatici irlandesi, che si dicono contrariati dal caldo e dalla siccità di questa estate, malgrado la quota di 1250 m. Meglio la piovosa Irlanda.
Approfittiamo dell'ora ancora favorevole per una breve passeggiata nel bosco.
La sera ci viene servita una ottima cena, la mattina una corposa prima colazione, della quale, date le nostre abitudini italiane, non siamo in grado di approfittare in pieno.
Salutiamo i simpatici irlandesi è partiamo (31/08/09) per l'ultima tappa, il rientro in Italia attraverso il Piccolo San Bernardo e Courmayeur.
Avevo percorso anni fa (2001) questo itinerario, ma in senso inverso ma in ogni caso quasi mi sorprende la serie interminabile di rampe e tornanti sia sul versante francese che su quello italiano.
Soffia un vento abbastanza teso ma la marcia procede agevolmente.
La vicinanza della meta ci mette fretta e il vento contribuisce a sollecitarci.
Dopo un bel percorso simo ormai in vista de La Thuile: sto per affrontare un tornante ripido, mentre sopraggiungono in senso inverso alcune automobili e il risultato è ancora una volta una caduta verso l'interno della curva, senza conseguenze salvo la rottura della leva del freno della quale resta integro solo un moncherino… Ed un po' di dolore al mio ginocchio destro che risentirò però solo a tappa terminata.
Decisamente i tornanti sono la mia bestia nera.
Ripresa la marcia, i successivi tornanti e le altre occasioni di agire sul freno anteriore richiedono alla mia mano un maggiore sforzo a causa della leva più corta.
Attraversata la Thuile, "corsa" la valle della Dora di La Thuile, affrontata la serie degli ultimi stretti tornanti su Pré Saint Didier, siamo finalmente sulla strada per Courmayeu che ho percorso già tante volte nella mia vita: a piedi, con gli sci, in bicicletta, in moto e via elencando.
Sono diretto ad una casa del Villair Superiore dove mi attendono due sorelle che riabbracciamo con gioia: da ospiti ci rilassiamo per qualche giorno, con varie gite senza moto nella val Ferret.
Alla frazione la Sax troviamo un' ottima autofficina, gestita da meccanici anche essi motociclisti, che mi sento di raccomandare ai centauri che passano per il Bianco.
Mi rimettono a posto la moto: nuova leva del freno e cambio della batteria, ormai esausta e varie.
Resi ritorna a Roma in treno, io con la moto con tappa a Torino e Firenze ospitato da parenti.
Ulteriore vantaggio: un avvicinamento alle rampe iniziali del colle dell'Iseran.
Non c'è un campeggio a Bonneval, ma i molti camper sono tollerati.
Vediamo molta gente in giro, non notiamo però un solo albergo.
Ne scopriremo altri la sera, in zone meno centrali.
Troviamo una stanza un po' a fatica e poi eccoci per strada ad ammirare il villaggio ed il panorama.
il giorno seguente (30/08/09) montiamo in moto relativamente presto: la temperatura è più mite di quanto ti aspetteresti data l'ora e la quota.
In questa estate particolarmente calda non ci è mai capitato di provare il sia pur minimo brivido neanche sulle Alpi, siamo abbigliati sempre con una giacca estiva ed al più, di rado, un felpa.
La prima rampa è subito ripida, il primo tornante stretto, la valle visibile a lato scoscesa e senza riparo, poi il percorso si fa più dolce e meno esposto fino al valico.
La discesa non comporta problemi particolari: si tratta di rampe e tornanti che percorriamo con agio, ormai ci sono consueti.
Ad interrompere il paesaggio naturale l'attraversamento di Val d'Isere, una grande stazione turistica famosa per i suoi campi di sci, un complesso di edilizia di tipo quasi urbano che assedia il vecchio nucleo del quale, correndo sulla statale che attraversa la cittadina, si affaccia solo il campanile dietro l'edilizia moderna.
Più avanti il Lac du Chevril, piacevole ma artificiale invaso idroelettrico. Procedendo oltre, la discesa ora è più graduale ed il paesaggio varia tra boschi e campi aperti.
A Bonneval ci siamo approvvigionati per un picnia, ma ci manca pane fresco: giunti a Séez ci fermiamo dinnanzi ad un forno ma è domenica ed è chiuso.
Un gentile signore del luogo, che credeva cercassimo acqua, ci assicura che quella che sgorga dalla fontana li vicino è potabile e si affretta a portarci dalla sua casa un bicchiere per bere ed una bottiglia per una scorta.
Lo ringraziamo sentitamente per la sua gentilezza.
A Séez c'è il bivio per La Rosiére ed il colle del Piccolo San Bernardo.
il colle del Piccolo San Bernardo
Da Séez, comincia una serie di rampe e tornanti, fino a La Rosiére ne ho contarti diciotto, ma dopo il quinto, se non erro, scorgiamo un invitante cartello che indica uno Chalet dove fermarsi per una notte in attesa di dare l'assalto al valico.
Parcheggiamo la moto, saliamo il sentiero che conduce allo Chalet, li un biglietto invita a telefonare ai proprietari che abitano poco discosto.
Chiamiamo ed in attesa dell'arrivo consumiamo ad un tavolo del giardino, con pane raffermo, il nostro picnik.
Lo Chalet è sito su un ripiano del versante e gode di una vista stupenda sulla valle e Bourg St. Maurice.
I proprietari o gestori, arrivano dopo una mezz'ora o poco più, sono una coppia di giovani simpatici irlandesi, che si dicono contrariati dal caldo e dalla siccità di questa estate, malgrado la quota di 1250 m. Meglio la piovosa Irlanda.
Approfittiamo dell'ora ancora favorevole per una breve passeggiata nel bosco.
La sera ci viene servita una ottima cena, la mattina una corposa prima colazione, della quale, date le nostre abitudini italiane, non siamo in grado di approfittare in pieno.
Salutiamo i simpatici irlandesi è partiamo (31/08/09) per l'ultima tappa, il rientro in Italia attraverso il Piccolo San Bernardo e Courmayeur.
Avevo percorso anni fa (2001) questo itinerario, ma in senso inverso ma in ogni caso quasi mi sorprende la serie interminabile di rampe e tornanti sia sul versante francese che su quello italiano.
Soffia un vento abbastanza teso ma la marcia procede agevolmente.
La vicinanza della meta ci mette fretta e il vento contribuisce a sollecitarci.
Dopo un bel percorso simo ormai in vista de La Thuile: sto per affrontare un tornante ripido, mentre sopraggiungono in senso inverso alcune automobili e il risultato è ancora una volta una caduta verso l'interno della curva, senza conseguenze salvo la rottura della leva del freno della quale resta integro solo un moncherino… Ed un po' di dolore al mio ginocchio destro che risentirò però solo a tappa terminata.
Decisamente i tornanti sono la mia bestia nera.
Ripresa la marcia, i successivi tornanti e le altre occasioni di agire sul freno anteriore richiedono alla mia mano un maggiore sforzo a causa della leva più corta.
Attraversata la Thuile, "corsa" la valle della Dora di La Thuile, affrontata la serie degli ultimi stretti tornanti su Pré Saint Didier, siamo finalmente sulla strada per Courmayeu che ho percorso già tante volte nella mia vita: a piedi, con gli sci, in bicicletta, in moto e via elencando.
Sono diretto ad una casa del Villair Superiore dove mi attendono due sorelle che riabbracciamo con gioia: da ospiti ci rilassiamo per qualche giorno, con varie gite senza moto nella val Ferret.
Alla frazione la Sax troviamo un' ottima autofficina, gestita da meccanici anche essi motociclisti, che mi sento di raccomandare ai centauri che passano per il Bianco.
Mi rimettono a posto la moto: nuova leva del freno e cambio della batteria, ormai esausta e varie.
Resi ritorna a Roma in treno, io con la moto con tappa a Torino e Firenze ospitato da parenti.
Sardegna, Corsica, Provenza e Costa Azzurra
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