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I viaggi dei lettori

Siamo andati in Vietnam

il 02/08/2001 in I viaggi dei lettori

Il viaggio di Domenico e di sua moglie in un paese affascinantissimo a bordo di una Honda VN 400. Incontri, paesaggi, emozioni nel loro racconto e nell’album fotografico in formato gallery

Siamo andati in Vietnam


di Domenico Andreoli




Il giorno della partenza, 27 Dicembre si presenta freddo e piovoso, con un balzo attraversiamo terre ed oceani, dopo 17h. di volo atterriamo nella sera calda ed umida di Saigon ora Ho Chi Minh City. Fatichiamo a prendere sonno, il fuso orario si fa sentire soprattutto la notte, ed almeno per un paio di giorni, la mattina presto girovaghiamo per la città in un già caotico traffico di motorini, biciclette e cyclo: Good morning Viet Nam.
Nella tarda mattinata ci viene consegnata la Honda VN 400 che abbiamo prenotato: rimaniamo un poco esterrefatti alla vista della “cosa” che si presenta con un tris di fanali antinebbia, altri fanali verdi lampeggianti, due sirene ed a completare quattro trombe incastonate il tutto raccolto attorno ad un traliccio di tubi cromati, non male il colpo d’occhio…

Eppur si muove… Nel primo pomeriggio dopo esserci inzuppati sotto un temporale tropicale ci tuffiamo tra la gente del mercato sul fiume nella cittadina di Ben Tre. Qui un’orgia di sorrisi, profumi, odori e colori ci inebria e ci accoglie nel migliori dei modi, la sera scopriamo la cucina vietnamita a cui ci adattiamo in modo piacevole, sarà una costante gradevole durante tutto il nostro itinerario. Il risveglio, nella mattina calda ed appiccicosa, è dettato dal suono dei clacson di mille motorini, sembra che ai vietnamiti piaccia far tardi la sera, in rumorosi bar dalla musica ad alto volume, ma già alle prime luci dell’alba siano tutti in circolazione in modo altrettanto rumoroso. Guidare nel traffico scomposto ed anarchico delle strade in Viet Nam è nel contempo divertente, sembra d’essere all’interno di un videogioco, ossessionante e, senza una buona stella, alquanto pericoloso.

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Tranne quelli che hanno sotto il sedere una sella ed una ruota, i vietnamiti sono un popolo cordiale ed accogliente.
Una sera mi sono trovato a chiacchierare con un anziano professore che insegnava il francese, di un’umanità indescrivibile ed una storia di vita alquanto stupefacente, il ricordo della dominazione della Francia, la lotta di Ho Chi Minh per la liberazione, la guerra con gli americani, il periodo nei campi di rieducazione operato dal regime comunista, l’anziana moglie, il giardino curato della modesta abitazione ed il canto degli uccelli nelle piccole gabbie.

Poi la gioia dei quindicenni appena usciti da scuola, timorosi e vogliosi di parlare nel loro ancora claudicante inglese, curiosi di ciò che succede al di fuori del loro mondo, stupefatti del nostro modo di viaggiare, increduli nel venire a conoscenza che vogliamo ad arrivare sino ad Hanoi.

Ricordo in particolare la piccola Lihn, dolce e curiosa ragazzina, alla quale facciamo visitare l’hotel in cui siamo alloggiati, lei non senza emozione e timore entra, ed osserva con curiosità e stupore la piscina ed i camerieri, indaffarati per la preparazioni del buffet in occasione della festa di fine anno, lasciamo Lihn che è sera inoltrata, lei ci prega di tornare al più presto e che ci aspetta a casa sua per festa del Tet, il capodanno lunare vietnamita, richiesta che purtroppo non possiamo esaudire.

Lihn ci ha fatto la gradevole sorpresa di spedirci una lettera che abbiamo trovato una volta tornati a casa.

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Con una barca ci inoltriamo nei canali del delta del Mekong, lussureggiante e splendido. A malincuore dobbiamo abbandonare queste oasi di pace, attendiamo il traghetto, l’ampiezza del fiume in questo tratto è considerevole, la barca in quel momento sta caricando veicoli e passeggeri sull’altra sponda, insomma, c’è da aspettare. Vecchi motocicli con enormi panieri su entrambi i lati trasportano galline ed oche, qualche maiale se ne sta buono, già legato come un salame sul portapacchi di vetusti ciclomotori Honda. Ragazzini ed adulti circondano con curiosità la moto, in poco tempo l’imbarco si trasforma in allegra e chiassosa baraonda, con il sottofondo dell’immancabile musica ad alto volume del bar accanto.

Scavalcato il fiume, ci dirigiamo verso l’interno sui monti attorno Dalat, le prime rampe mettono spudoratamente a nudo i problemi di carburazione che affliggono lo “Sputnik”, come abbiamo curiosamente chiamato la nostra moto, a causa delle frequenti detonazioni in rilascio. Ci aspettavamo sinceramente una natura più rigogliosa, ma causa del pesante uso di defoglianti ed agente orange durante la guerra una parte di foreste è stata irrimediabilmente compromessa.

Dalat è una vecchia stazione climatica costruita dai francesi e dove attualmente si nota in modo più presente l’occidentalizzazione e la cultura alternativi del Viet Nam. Con l’occasionale e appassionante aiuto di Than, un motociclista locale, possessore di un’Honda VN 750, cerchiamo di sistemare al meglio anche la nostra, pulendo candele e filtro aria. Il giorno seguente scendendo dagli altipiani ammiriamo cascate e laghetti, verso valle visitiamo lo spettacolo delle torri Cham, erette da un regno hinduista nel XIII sec.

L’ultimo sole lo godiamo sulla bianca spiaggia solitaria di Mui Ne, accarezzati dalla fresca brezza marina che fa ondeggiare le palme alle nostre spalle. Inconsapevoli delle difficoltà che incontreremo strada facendo da ora in poi, sotto un cielo brillante ci dirigiamo verso nord, l’asfalto quando esiste si presenta come un campo disseminato di buche e quando non c’è è anche peggio, saltano i cortechi delle forcelle e le sospensioni posteriori si impacchettano ad ogni buca, si corre parallelamente al mare senza quasi mai vederlo, in mezzo ad acquitrini e campi coltivati a riso, banani e palme, a villaggi disseminati nel verde intenso della foresta, schivando ciclisti ed animali.

A compensazione della bellezza del paesaggio il supplizio delle buche sui nostri martoriati fondoschiena è indescrivibile, si viaggia ad una media di 30km/h, la sera improvvisa e vigliacca ci coglie ancora per strada, ci accodiamo ad una carovana di bus e camion, respirando polvere e fumo ci fanno scorta nel buio notturno, arriviamo alla nostra meta stanchi, sporchi ed affamati.

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Ragazzi che giornata! Dopo una giornata gemella della precedente a poco più di 20 km da qui la moto improvvisamente ammutolisce.

Veniamo circondati da un capannello di persone vocianti e prontamente uno guarda le candele, uno la batteria, l’altro i condotti della benzina, chi attacca le frecce, chi suona il clacson, tutti si sentono soddisfatti del loro contributo. Al termine di questo turbinio di meccanici estemporanei e consigli, veniamo trainati sino all’albergo da un gentile vietnamita alla guida di una vecchia Minsk e dopo una generosa mancia ed una sigaretta, ringrazia la fortuna di aver trovato sulla sua strada, due turisti alquanto sfortunati e disperati. Sono i momenti in cui maledici la decisione di visitare il Viet Nam in moto.

Ma è un attimo fugace che poi svanisce passeggiando per le vie di Hoi An, cittadina in stile medioevale cinese l’antica Faifo. La prossima tappa è la vicina Hue, con la sua cittadella fortificata da possenti mura con al suo interno la città proibita, inoltre a testimoniare gli antichi splendori sono rimaste le tombe e le pagode della dinastia Nguyen, visitabili con una gradevole gita sul “fiume dei profumi”.

L’alba si presenta con un cielo cinereo e plumbeo, non proprio l’ideale per visitare i vecchi campi di battaglia nella DMZ (De-Militarizing Zone). Segue la lunga e tribolata la strada che ci conduce a Vihn, sconnessa, polverosa o inesistente mitigata parzialmente dalla luminosa giornata a cui fanno riscontro deliziose e solitarie spiagge dalle alte onde di un mare blu cobalto.

Gli ultimi km. li facciamo all’imbrunire con la gomma posteriore a terra a causa di una foratura. Tam Coc è uno dei luoghi più incantevoli del Viet Nam, alte rocce e ripide pareti coperte di vegetazione si ergono su un acquitrino di risaie e canali che si percorrono lentamente a bordo di piccoli giunchi a remi, circondati da un mondo reale agreste. Ci dirigiamo poi verso il golfo del Tonchino per giungere ad Halong City, grigia cittadina e baraccone acchiappa turisti verso la baia di Halong. Questa baia nel ’94 è stata dichiarata dall’ Unesco, patrimonio dell’umanità.

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Ed ora via verso Hanoi, con il suo centro di edifici coloniali color ocra, il frenetico stile di vita che permea i prosperi commercianti delle stradine nell’affascinante quartiere vecchio. Una visita rigorosamente composta al mausoleo di Ho Chi Minh, scortati da militari in una divisa bianca immacolata consente di vedere il corpo imbalsamato dello zio Ho, di cui i vietnamiti hanno un grande rispetto e venerazione nei confronti del loro vecchio leader. Poi musei, pagode e la sera perdersi nei locali della Hanoi moderna per gustare delizie culinarie.

Dopo aver consegnato la moto in stazione assistiamo al curioso ed elaborato impacchettamento con cartoni, sacchi di juta ed ago e filo. Un breve tour, l’ultimo per la città, ci consente di visitare il tempio della letteratura, raro esempio di architettura tradizionale vietnamita, è un luogo decisamente piacevole per sfuggire alla confusione del traffico feroce nelle vie della capitale. Ma l’aereo che ci riporterà a casa è già sulla pista...

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