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Africa
Dall'Italia al Sud Africa: terza tappa
di Anna & Fabio
il 14/07/2010 in Africa
La Mongolia, finalmente! Scaricata la moto dal treno, i nostri viaggiatori si avventurano verso la Mongolia e raggiungono Ulaan Baatar
Dall'Italia al Sud Africa: terza tappa
Arriviamo a Irkutsk dopo 80 ore di treno e con un solo minuto di ritardo rispetto all'orario: mentre sono lì che mi industrio per capire come fare a scaricare la moto in 25 minuti (la sosta precisa era di 26 minuti ma abbiamo un minuto da recuperare) mi avvicina un tizio che sembra un mio compagno di scuola e si presenta, è qui per aiutarci nella pratiche. Carichiamo tutto il nostro corredo sulla sua Toyota e andiamo ai vagoni di testa: quando li raggiungiamo un gruppo di energumeni sta già lavorando, con l'aiuto di una vecchia porta fanno scendere la moto dal vagone al pianale di un vecchio carretto malfermo, e poi, da lì a terra. La cosa è "per stomaci forti" ma si conclude "quick n'easy".
Anche il pagamento degli sforzi è inferiore al previsto: solo 1000 rubli.
Il casco ha subito qualche danno (hanno perso la copertura della presa d'aria posteriore) ma mi aspettavo di peggio. La moto è sostanzialmente intatta, verso il litro di benzina che mi sono portato in valigia e provo: parte al primo colpo.
Facciamo benzina al primo distributore aperto e andiamo verso l'albergo: ci danno subito la stanza, anche se sono le sette del mattino. Purtroppo piove e fa freddo, anche qui: aspettiamo tutto il giorno che il tempo si rimetta ma niente da fare, il miglioramento è previsto solo per il tardo pomeriggio di domani.
Il 18 il tempo non è un granché, ma ne approfittiamo per fare una gita di 200 km verso il lago Baikal, in una direzione che non fa parte del nostro percorso. Corriamo in mezzo alla foresta abitata da tigri siberiane, linci, orsi, volpi, renne e chissà quanti altri animali cha si vedono solo allo zoo. Mentre ci avviciniamo al lago il tempo migliora ma la temperatura è sempre più bassa: il lago, lungo quasi 1000 km e largo più di 100, è ghiacciato per gran parte dell'anno (tanto che l'isola principale è raggiungibile, sul ghiaccio tanto spesso da sostenere un'auto, fino alla fine di aprile). Tutta questa massa di acqua fredda abbassa la temperatura dell'ambiente circostante di diversi gradi: nonostante ciò molti bagnati sguazzano, uscendo paonazzi.
Il casco ha subito qualche danno (hanno perso la copertura della presa d'aria posteriore) ma mi aspettavo di peggio. La moto è sostanzialmente intatta, verso il litro di benzina che mi sono portato in valigia e provo: parte al primo colpo.
Facciamo benzina al primo distributore aperto e andiamo verso l'albergo: ci danno subito la stanza, anche se sono le sette del mattino. Purtroppo piove e fa freddo, anche qui: aspettiamo tutto il giorno che il tempo si rimetta ma niente da fare, il miglioramento è previsto solo per il tardo pomeriggio di domani.
Il 18 il tempo non è un granché, ma ne approfittiamo per fare una gita di 200 km verso il lago Baikal, in una direzione che non fa parte del nostro percorso. Corriamo in mezzo alla foresta abitata da tigri siberiane, linci, orsi, volpi, renne e chissà quanti altri animali cha si vedono solo allo zoo. Mentre ci avviciniamo al lago il tempo migliora ma la temperatura è sempre più bassa: il lago, lungo quasi 1000 km e largo più di 100, è ghiacciato per gran parte dell'anno (tanto che l'isola principale è raggiungibile, sul ghiaccio tanto spesso da sostenere un'auto, fino alla fine di aprile). Tutta questa massa di acqua fredda abbassa la temperatura dell'ambiente circostante di diversi gradi: nonostante ciò molti bagnati sguazzano, uscendo paonazzi.
Il paesaggio è grandioso ma troppo contaminato da brutti alberghetti e stabilimenti balneari "anni '60". La parte incontaminata è molto più a nord e decisamente più difficile da raggiungere.
Il 19 partiamo per coprire i 550 km previsti: la strada è molto bella, anche se il lago è sempre irraggiungibile perché la ferrovia è stata costruita proprio sulla riva e rende ogni accesso impossibile. Ci riusciamo solo una volta, scovando un sottopassaggio abbandonato: bellissimo, acqua pulitissima, basta non fare caso ai treni che passano sferragliando pochi metri dietro di noi.
Dopo quasi 400 km lungo la costa, la strada piega verso sud e la temperatura finalmente si alza: da 10 a 30 gradi in pochi km. Facciamo il primo incontro interessante: due tedeschi di ritorno dalla Mongolia. Ci fermiamo e ci scambiamo saluti e informazioni: per prima cosa ci chiedono come mai la nostra moto è così pulita. In effetti, le loro sembrano delle sculture di sabbia. Poi ci raccontano che è stata molto dura. Sono stati sfortunati ed hanno incontrato, oltre alle solite difficoltà, anche pioggia e addirittura neve.
Il 19 partiamo per coprire i 550 km previsti: la strada è molto bella, anche se il lago è sempre irraggiungibile perché la ferrovia è stata costruita proprio sulla riva e rende ogni accesso impossibile. Ci riusciamo solo una volta, scovando un sottopassaggio abbandonato: bellissimo, acqua pulitissima, basta non fare caso ai treni che passano sferragliando pochi metri dietro di noi.
Dopo quasi 400 km lungo la costa, la strada piega verso sud e la temperatura finalmente si alza: da 10 a 30 gradi in pochi km. Facciamo il primo incontro interessante: due tedeschi di ritorno dalla Mongolia. Ci fermiamo e ci scambiamo saluti e informazioni: per prima cosa ci chiedono come mai la nostra moto è così pulita. In effetti, le loro sembrano delle sculture di sabbia. Poi ci raccontano che è stata molto dura. Sono stati sfortunati ed hanno incontrato, oltre alle solite difficoltà, anche pioggia e addirittura neve.
Si informano anche sulla quantità di benzina che portiamo: 36 litri "possono bastare". Oltre a queste riflessioni, non proprio tranquillizzanti, ci danno una buona notizia: fino a Ulaan Baatar, e per altri 200 km, la strada è asfaltata. Benissimo: almeno per i primi giorni siamo tranquilli. Poi si vedrà.
La sera ci fermiamo in uno squallido alberghetto solo perché fuori vediamo parcheggiate due moto Finlandesi: sono dirette a Cita, e poi a Vladivostok.
La mattina ci dirigiamo verso la frontiera Russa: abbiamo dimenticato di fare la famigerata "registrazia" entro tre giorni dall'ingresso: di solito se ne occupano gli alberghi, ma non è stato il nostro caso.
La dogana Mongola è un gioioso casino: non si capisce nulla ma sono tutti gentili anche se inconcludenti. Il problema più grosso sono i Mongoli, che non hanno idea di cosa sia una fila. Alla fine, dopo essere corso dietro al direttore per quasi mezz'ora per farmi mettere l'ultima firma, siamo fuori, ma solo per finire nel girone dei cambiavalute: ci insegue una folla vociante, nonostante la quale riusciamo a fare l'assicurazione (15 giorni, 500 rubli) e a cambiare ad un prezzo decente 100 euro.
Finalmente siamo in Mongolia: gher, cavalli, pecore, mongoli a cavallo ovunque. Sconfinate praterie in ogni direzione: proseguiamo per un centinaio di km e ci fermiamo a dormire a Darhan, dove la Polizia ci indica due alberghi.
Scegliamo il Jasper che, coperto di lamierino anodizzato, ha un aspetto meno macilento del suo vicino: ci fanno mettere la moto in un box chiuso e prendiamo possesso della stanza, solo per essere svegliati verso le due di notte perché qualcosa nel nostro bagno è esploso e sta allagando tutto l'albergo. Chiuso l'incidente, la mattina dopo ci avviamo vero Ulaan Baatar. Abbiamo scelto di accomodarci in una guesthouse tenuta da mongoli che ci aiuteranno anche nella pratiche di sdoganamento degli pneumatici. Meno male che se ne occupano loro, perché la cosa è lunga a piuttosto complessa. Ma a noi rimane il tempo per andare in giro a divertirci, vistare i monumenti, fare conoscenze e seguire i mondiali di calcio andando in giro per locali, dove migliaia di persone assistono alle partire lasciandoci il ragionevole dubbio che non ne capiscano nulla, visto che applaudono fragorosamente qualunque azione.
Del resto è storico che la nazionale Mongola abbia perso contro il Kyrghystan per 47 a zero. Le gomme, comunque, arrivano: non resta che trovare un gommista che faccia il lavoro evitandomi una faticata inutile. Così passo un pomeriggio in officina cercando di evitare che un giovanottone distrugga tutto. Così, dopo che mi ha quasi rotto un pneumatico nuovo e bucato la camera d'aria (pure nuova) faccio tutto io, con i miei attrezzi, riducendo i danni al minimo. Alla fine il divertimento mi costa solo 10 dollari. Montate le gomme possiamo partire. Tutti ci fanno le raccomandazioni del caso e ci raccontano di guadi con l'acqua che arriva alla vita, dune di sabbia insormontabili, predoni e camionisti ubriachi…
La sera ci fermiamo in uno squallido alberghetto solo perché fuori vediamo parcheggiate due moto Finlandesi: sono dirette a Cita, e poi a Vladivostok.
La mattina ci dirigiamo verso la frontiera Russa: abbiamo dimenticato di fare la famigerata "registrazia" entro tre giorni dall'ingresso: di solito se ne occupano gli alberghi, ma non è stato il nostro caso.
La dogana Mongola è un gioioso casino: non si capisce nulla ma sono tutti gentili anche se inconcludenti. Il problema più grosso sono i Mongoli, che non hanno idea di cosa sia una fila. Alla fine, dopo essere corso dietro al direttore per quasi mezz'ora per farmi mettere l'ultima firma, siamo fuori, ma solo per finire nel girone dei cambiavalute: ci insegue una folla vociante, nonostante la quale riusciamo a fare l'assicurazione (15 giorni, 500 rubli) e a cambiare ad un prezzo decente 100 euro.
Finalmente siamo in Mongolia: gher, cavalli, pecore, mongoli a cavallo ovunque. Sconfinate praterie in ogni direzione: proseguiamo per un centinaio di km e ci fermiamo a dormire a Darhan, dove la Polizia ci indica due alberghi.
Scegliamo il Jasper che, coperto di lamierino anodizzato, ha un aspetto meno macilento del suo vicino: ci fanno mettere la moto in un box chiuso e prendiamo possesso della stanza, solo per essere svegliati verso le due di notte perché qualcosa nel nostro bagno è esploso e sta allagando tutto l'albergo. Chiuso l'incidente, la mattina dopo ci avviamo vero Ulaan Baatar. Abbiamo scelto di accomodarci in una guesthouse tenuta da mongoli che ci aiuteranno anche nella pratiche di sdoganamento degli pneumatici. Meno male che se ne occupano loro, perché la cosa è lunga a piuttosto complessa. Ma a noi rimane il tempo per andare in giro a divertirci, vistare i monumenti, fare conoscenze e seguire i mondiali di calcio andando in giro per locali, dove migliaia di persone assistono alle partire lasciandoci il ragionevole dubbio che non ne capiscano nulla, visto che applaudono fragorosamente qualunque azione.
Del resto è storico che la nazionale Mongola abbia perso contro il Kyrghystan per 47 a zero. Le gomme, comunque, arrivano: non resta che trovare un gommista che faccia il lavoro evitandomi una faticata inutile. Così passo un pomeriggio in officina cercando di evitare che un giovanottone distrugga tutto. Così, dopo che mi ha quasi rotto un pneumatico nuovo e bucato la camera d'aria (pure nuova) faccio tutto io, con i miei attrezzi, riducendo i danni al minimo. Alla fine il divertimento mi costa solo 10 dollari. Montate le gomme possiamo partire. Tutti ci fanno le raccomandazioni del caso e ci raccontano di guadi con l'acqua che arriva alla vita, dune di sabbia insormontabili, predoni e camionisti ubriachi…
Dall'Italia al Sud Africa: terza tappa
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