Manutenzione
Le innovazioni che hanno fatto la moto moderna: il monoammortizzatore
Non ci sono dubbi: il monoammortizzatore è uno degli elementi più caratteristici, se non il più caratteristico in assoluto, della moto moderna. Un successo rapidissimo partito, come sempre accade per le sospensioni, dal Motocross
Prima applicazione off-road: Yamaha (Yamaha YZM250, 1973)
Prima applicazione stradale: Yamaha (Yamaha XT550, 1982)
Ancora un caposaldo della modernità. Anche i sassi sanno che il primo “mono” è il Monocross che Yamaha introdusse per il Motocross, con la YZM250 del 1973, e mise poi sulla XT 550 giusto mentre stava diventando mitica insieme alla Parigi-Dakar. In realtà la storia parte molto prima e in Belgio, dove l'ingegnere Lucien Tilkens sviluppa la sua idea di sospensione posteriore per il Motocross con un ammortizzatore centrale e un telaio dedicato, e la propone prima a CZ e poi a Suzuki, che la scartano, quindi a Yamaha che decide di andare avanti nello sviluppo.
Le tradizionali sospensioni con doppio ammortizzatore permettono di realizzare una escursione ruota limitata, e in quegli anni le sospensioni per l'off-road sono praticamente identiche a quelle stradali, con i risultati che ci si può immaginare. Per aumentare la corsa si montano gli ammortizzatori molto inclinati o si cambiano i telai, ma è chiaro che la coperta è corta. Per avere 200 mm di escursione, servono due ammortizzatori con 200 mm di corsa o giù di lì, cosa che li rende lunghi, pesanti e soggetti a flessione.
Cantilever o leveraggio?
La soluzione di Tilkens, per quanto ancora lontana dai monoammortizzatori odierni, ha aperto la strada a una lunga serie di miglioramenti. Il primo è stato l’uso del link o leveraggi al posto del montaggio in un punto fisso (cantilever), soluzione che non era mai venuta in mente a nessuno nel caso dei due ammortizzatori (anche perché il loro fissaggio "naturale" sui due lati del forcellone la rende difficile da percorrere).
I leveraggi sono una struttura articolata, composta da una serie di biellette che spostando uno dei due punti di fissaggio del mono lungo una curva calcolata nello spazio, fanno sì che la compressione dell’ammortizzatore non segua linearmente il movimento della ruota posteriore. Di conseguenza anche le forze generate in risposta al movimento non sono più lineari (cioè perfettamente proporzionali all’affondamento, con una legge matematica espressa da una linea) bensì crescono anch’esse secondo una curva. Questa curva, che viene chiamata “curva di progressione”, in generale fa sì che nei primi cm di movimento la ruota richiami forze molto ridotte restando “libera” sulle piccole asperità stradali, per poi irrigidirsi progressivamente.
Leveraggio o cantilever?
In alternativa si è capito che era possibile usare monoammortizzatori senza interposizione di leveraggi, ma fortemente inclinati. Questa soluzione, impossibile col doppio ammortizzatore, è spesso sostitutiva dei leveraggi visto che permette di ottenere comunque una curva di progressione legata al fatto che se il mono è molto lontano dalla perpendicolarità al forcellone, i movimenti di quest'ultimo si riflettono sullo schiacciamento del mono in modo che di nuovo non è lineare.
In realtà le prime curve di progressione erano spesso calcolate un po’ a spanne e in qualche caso erano addirittura regressive (rigide all’inizio e poi più morbide), come nel caso famoso della prima Ducati Monster M900; ma nel giro di pochi anni la diffusione degli strumenti di calcolo e simulazione ha consentito di realizzare collegamenti – con o senza leveraggi – perfettamente aderenti alle intenzioni dei progettisti. E anche il monoammortizzatore fa ormai stabilmente parte del concetto moderno della motocicletta.
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