Manutenzione
L'effetto on-off: cos'è e come affontarlo
Come mai alcune moto a iniezione rispondono in maniera brusca quando si chiude e si riapre il gas? Ecco cause, spiegazioni e possibili rimedi dell'effetto on-off
È un grande classico di ogni passaggio da analogico a digitale. Gli amanti del vinile e degli amplificatori a valvole reagirono con orrore al suono freddo e un po' metallico dei primi compact disc, e i motociclisti cresciuti a pane e carburatori si trovarono spiazzati dalla risposta schematica e spesso un po’ brusca dei primi sistemi a iniezione elettronica.
L'effetto on-off è diventato un argomento popolare appunto in quel periodo. Già dal nome indica un fenomeno essenzialmente digitale, che nessun motore a carburatori aveva mai presentato. Si tratta della tendenza del motore a rispondere in modo secco, eccessibamente pronto, alla riapertura del gas: specialmente nel chiudi-apri a bassi regimi e in uscita di curva.
In principio fu il carburatore
Per comprendere appieno le ragioni dell'effetto on-off dovremmo entrare nel dettaglio del funzionamento del carburatore e dell'iniezione elettronica. Più semplicemente, si può tenere a mente che il carburatore, in tutte le sue varianti, ha comunque un funzionamento “analogico”, il che vuol dire intrinsecamente impreciso: la formazione della miscela aria carburante è affidata alla evaporazione del carburante lambito dall'aria di passaggio. Di conseguenza anche quando la saracinesca è completamente chiusa, c'è un piccolo accumulo di miscela già preparata nel condotto che contribuisce ad addolcire la risposta del motore alla successiva apertura.
Si aggiunga che negli ultimi anni del loro sviluppo i carburatori erano stati arricchiti da circuiti secondari (circuito di progressione, circuito del massimo) e soluzioni dedicate (fori di atomizzazione multipli, pompa di ripresa, addirittura bypass a controllo elettronico) che avevano reso particolarmente efficace il loro funzionamento nei transitori. Risultato: nessuno ha mai parlato di effetto on-off per una moto a carburatori. I problemi magari c'erano, ma erano altri.
Iniezione elettronica: il prezzo della precisione
Al contrario, i sistemi a iniezione separano completamente la gestione dell'aria (affidata alla valvola a farfalla) e della benzina (affidata agli iniettori), interponendo per di più dei sistemi elettronici di regolazione e controllo che devono elaborare segnali provenienti da vari sensori (TPS per la posizione della valvola a farfalla, sensore di temperatura, sensore di portata, eccetera). Questo fa sì che la formazione della miscela e in generale tutto quello che nel carburatore avviene in modo “naturale” (attraverso fenomeni fisici e meccanici) in un sistema a iniezione vada “ricostruito” per via elettronica. Questo comporta un grande sforzo ingegneristico, anche se poi ripaga con un comportamento stabile e molto ben controllabile, che negli ultimi anni ha dato tutti i suoi frutti con i sistemi di contenimento delle emissioni e gli ausili alla guida dal traction control in poi.
L’arrivo del Ride-by-Wire, in cui la centralina è completamente libera di gestire il motore "interpretando" i desideri di chi guida, ha definitivamente superato tutti i limiti dei primi sistemi di iniezione elettronica mandando in pensione i carburatori, che peraltro avevano già perso la madre di tutte le battaglie, quella sul campo delle emissioni. Questo è avvenuto con l'avvento delle normative EURO3 ed EURO4, che imponevano drastiche riduzioni negli inquinanti allo scarico e in particolare agli NOx, gli ossidi di azoto che si formano nella camera di combustione in funzione della temperatura delle reazioni chimiche: nella maggior parte dei casi non è più stato possibile controllare efficacemente questi inquinanti nemmeno con i carburatori più sofisticati.
L’arrivo dei sistemi dedicati
I primissimi sistemi di iniezione derivati da quelli automobilistici avevano una componentistica e delle logiche poco adeguate alle esigenze delle moto, molto più reattive nella risposta e propense a funzionare a regimi elevati; ma anche fino a tempi relativamente recenti, non sempre le prestazioni dei sensori, delle centraline, degli iniettori e soprattutto delle logiche di controllo hanno permesso di replicare in tutte le condizioni la dolcezza di risposta dei carburatori. Soprattutto sui motori più sportivi con grandi cilindrate unitarie, enormi condotti di alimentazione e una gestione problematica dei flussi d'aria, l'effetto on-off è rimasto quindi un fenomeno diffuso ancora in anni vicini a noi. Caratteristica ben nota delle sportive a iniezione di prima generazione (le primissime Ducati Paso i.e. e 851 con alimentazione Marelli, le Triumph tre cilindri con impianto Sagem, le Honda CBR 900 e 1000 con i primi PGM-FI) e di tante altre moto soprattutto degli anni 2000, ha caratterizzato ancora nel decennio successivo la prima serie del tricilindrico CP3 Yamaha con gli iniettori montati nella testa, in cui la prontezza di risposta specie nelle mappe più sportive si traduceva in un avvertibile effetto on-off. E anche in campo offroad, molti monocilindrici 450 a iniezione hanno manifestato questa tendenza fino alla fine degli anni 2010.
In qualche misura, quindi, l'effetto on-off è una caratteristica “costruttiva” di un sistema di alimentazione elettronico. Bisogna comunque distinguere i casi in cui è legato a (o accentuato da) problemi di taratura e può quindi essere sensibilmente ridotto. Negli anni i possessori di moto a iniezione si sono rivolti a soluzioni di tutti i tipi, dalle sonde modificate (ovvero sensoristica) alle centraline aggiuntive e relativa rimappatura (ovvero logiche di controllo). A dire il vero, difficilmente una centralina aggiuntiva pilota gli iniettori in modo più raffinato rispetto a quanto predisposto dalla Casa; può comunque consentire una carburazione più ricca che tende a mascherare e ridurre l'effetto on-off.
I correttivi all’effetto on-off
Tornando all'effetto on-off, nei sistemi moderni e in particolare in quelli Ride-by-Wire è praticamente scomparso. Su quelli meno recenti è possibile come dicevamo che sia in parte legato a problemi di messa a punto. Senza arrivare alla sostituzione, della centralina è allora possibile provare a verificare la corretta taratura del sensore TPS (quasi tutte le moto hanno una procedura codificata per resettarlo, agendo sul comando del gas senza smontare il corpo farfallato) o, nei motori plurifrazionati, procedere ad un allineamento dei corpi farfallati regolando le viti che agiscono sul passaggio dell'aria al minimo (c’è sempre un cilindro che fa da riferimento per gli altri). Si tratta di operazioni a portata di appassionato anche se nel secondo caso, se non si è più che sicuri, è sempre meglio rivolgersi ad un meccanico, visto che ogni sistema ha la sua specificità: per esempio i sistemi Honda PGM-FI al minimo hanno le farfalle completamente chiuse a differenza di altri.
Un'altra verifica semplice da fare è che la batteria sia in buono stato e in buone condizioni di carica, perché soprattutto nei sistemi meno recenti è possibile che la centralina perda la taratura di riferimento e la cosa si avverta proprio nei primi gradi di rotazione della manopola del gas. Se la tensione della batteria scende anche momentaneamente sotto una certa soglia, il regolatore di tensione potrebbe non riuscire a ripristinare il valore nominale e la centralina non riuscire ad applicare i corretti parametri di iniezione.
E quando non c'è altro da fare…
Se anche questi soluzioni non funzionano oppure se la vostra moto è di ultima generazione ma trovate fastidioso il modo in cui risponde alla prima apertura del gas, non c'è che da fare quello che i motociclisti hanno sempre fatto con le loro amate cavalcature: adattarsi ai loro difetti. Potrebbe essere utile rinunciare alle mappe più sportive in favore di quelle stradali o da bagnato, che sono generalmente più dolci nella risposta.
In assenza di mappe bisogna invece adattare il polso destro, addolcendo il modo in cui si ruota la manopola in uscita di curva e favorendo la percorrenza a gas puntato. Un piccolo trucco meccanico potrebbe essere quello di adottare una camma del comando gas con una progressione più dolce, un po’ come si faceva una volta sui motori più sportivi nei quali si adottava un comando gas a corsa lunga per evitare le risposte troppo brusche.
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