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Motore 2 tempi o 4 tempi: differenze meccaniche, pro e contro

Marco Boni il 13/10/2022 in Manutenzione
Motore 2 tempi o 4 tempi: differenze meccaniche, pro e contro
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Scopri su Dueruote la differenza tra motore a 2 tempi e 4 tempi, quali sono le caratteristiche di ciascuno, come funzionano e quali elementi considerare nella scelta

Al motociclista è sicuramente capitato almeno una volta di trovarsi di fronte all’amletico dubbio: è meglio il 2 o il 4 tempi? Una domanda che divide spesso in due le opinioni degli appassionati, soprattutto in categorie dove il 2T è ancora molto presente come l’enduro o il cross. La prima cosa da fare è innanzitutto capire la differenza tra i due tipi di motore e il rispettivo funzionamento.
La caratteristica principale che li differenzia, e da cui prendono il nome, sono le fasi: il 4 tempi è caratterizzato da 4 fasi, che si compiono in due giri completi dell’albero motore, mentre al 2 tempi basta una rotazione completa dell’albero per completare il suo ciclo. Si capisce già che il 2T a parità di condizioni ha il potenziale per erogare più lavoro nello stesso tempo, ovvero per sviluppare una potenza maggiore; ma andiamo più a fondo.

Questa guida è pensata per descrivere entrambe le tipologie di motore a combustione interna senza l’utilizzo di terminologia fisica e ingegneristica, per capirne il funzionamento anche senza possedere nozioni di meccanica o termodinamica. Le considerazioni finali invece seguono una logica ingegneristica, necessaria per dare un parere obiettivo e non un consiglio da bar.

Motore 2 tempi o 4 tempi: differenze meccaniche, pro e contro

Il motore a 4 tempi

Partiamo col descrivere il più diffuso oggi tra i due motori. Il motore a 4 tempi a ciclo Otto (dal nome del suo inventore) sfrutta i principi della termodinamica per trasformare l’energia termica in meccanica. I tempi sono 4 perché per completare un ciclo completo, il motore compie 4 fasi, ma vediamo innanzitutto com’è fatto.
Gli elementi principali sono il pistone e il cilindro, con il primo che scorre avanti e indietro all’interno del secondo, la sua sede. Il pistone è collegato mediante una biella all’albero a gomiti, dove i gomiti sono delle manovelle in grado di trasmettere la spinta del pistone all’albero motore, mettendolo in rotazione. Il moto dell’albero motore, prima di entrare nella scatola del cambio, viene portato tramite catena o ingranaggi alla testata, ovvero la parte superiore del cilindro, posizionata esattamente sopra il pistone quando si trova nel punto più alto del cilindro.
Nella testata sono presenti le valvole, adibite alla gestione dell’alimentazione e dello scarico. Queste hanno la forma di un fungo rovesciato e servono ad aprire e chiudere i condotti di alimentazione e di scarico necessari al movimento dei gas durante le quattro fasi. Il movimento delle valvole è comandato da un albero con degli eccentrici detti camme: ruotando, il profilo delle camme determina il movimento delle valvole grazie a diversi sistemi di collegamento (bicchierini, bilancieri, ecc.). All’interno delle pareti del cilindro si trovano inoltre i canali di passaggio dell’olio, che portano il lubrificante all’interno del cilindro e nella testata per poter ridurre al minimo gli attriti.

Passiamo al funzionamento e descriviamo prima il “punto morto superiore” (p.m.s.) e il “punto morto inferiore” (p.m.i.), i punti in cui il pistone ha completato rispettivamente la sua salita o la sua discesa e si trova a velocità nulla prima di riiniziare la sua corsa nel verso opposto.
La prima fase prevede che la miscela aria-carburante, premescolata dal carburatore o dal sistema di iniezione, venga aspirata all’interno del cilindro. Partendo dal p.m.s., la camma (meccanicamente sincronizzata con il movimento dell’albero motore) apre la valvola di aspirazione, il pistone inizia la corsa verso il basso e per effetto di depressione aspira nel cilindro la miscela destinata alla combustione.
Raggiunto il p.m.i, il pistone riparte verso l’alto per iniziare la seconda fase: la compressione. La rapida diminuzione di volume sottopone aria e carburante a una forte pressione e un aumento di temperatura, fino a che il pistone non si ritrova nuovamente al p.m.s. Qui la candela scocca la scintilla per innescare la terza fase: combustione ed espansione. La grande quantità di energia liberata costringe il pistone a scorrere verso il basso, trascinando con sé i gas di scarico. Infine, il pistone compie un’ultima corsa verso il p.m.s. per compiere la fase di scarico in cui, grazie all’apertura della valvola relativa, i gas combusti vengono espulsi consentendo di preparare un nuovo ciclo.

Motore 2 tempi o 4 tempi: differenze meccaniche, pro e contro

Il motore a 2 tempi

Il propulsore a 2 tempi è molto più semplice per costruzione, ed è come vedremo in grado di completare le stesse 4 fasi in una sola rivoluzione dell’albero motore.

Il motore a 2 tempi ha meno elementi meccanici che lo costituiscono, ma la base di partenza è la stessa: il pistone collegato da una biella al manovellismo (albero motore) scorre all’interno di un cilindro. Questa volta manca però la distribuzione, quindi la testata è semplificata (si riduce a un semplice “coperchio” con una conformazione adatta a realizzare in modo efficiente la combustione) e il l’albero motore è collegato direttamente alla scatola del cambio o al variatore per uno scooter. L’alimentazione non avviene più tramite le valvole collocate nella testata, ma attraverso fori posti sulle pareti del cilindro, chiamati “luci”. Ad aprire e chiudere le luci provvede direttamente il pistone nella sua corsa ascendente o discendente; le luci sono poste ad altezza diversa per realizzare la “fasatura”, ovvero la sequenza con cui si susseguono l’aspirazione e lo scarico.

Non avendo le valvole a regolare l’apertura e la chiusura delle luci, il motore a 2 tempi funziona con un delicato equilibrio di pressioni regolate dal pistone, che scendendo verso il p.m.i. fa da pompa e spinge la miscela fresca nei travasi che la portano nel cilindro. Questa regolazione è sempre imperfetta, e per migliorarla sono stati sviluppati negli anni sistemi correttivi sia all’aspirazione che allo scarico: nel primo caso dischi rotanti o lamelle che si toccano a taglio (“pacco lamellare”), entrambi pensati per evitare il reflusso della miscela fresca; nel secondo le espansioni di scarico, una caratteristica del motore 2T, e le valvole allo scarico, pensati per evitare che la miscela fresca esca attraverso lo scarico prima di essere stata bruciata.

L’avvento dell’iniezione anche sui motori 2T, a discapito dei carburatori, ha migliorato le cose consentendo di gestire con più precisione la quantità di miscela e anche di olio. Questo di solito non ha però portato all’eliminazione del pacco lamellare e della valvola allo scarico.

Descriviamo ora le due fasi, che avvengono di fatto a coppie. Partiamo dalla fase di scarico/travaso. Ci troviamo in una situazione con la miscela aria/benzina appena combusta nella camera, e contemporaneamente miscela fresca nel carter. Il pistone, spinto verso il basso dalla combustione della prima, pompa dal carter la seconda nel cilindro per il ciclo successivo. Questo scambio permette di avere nuova miscela in camera di combustione pronta per la seconda fase, mentre nel suo movimento la miscela, che contiene anche olio, lubrifica gli elementi meccanici.
La seconda fase è quella di aspirazione/compressione. La nuova miscela, ora nella parte superiore del cilindro viene compressa dal pistone che viaggia verso il p.m.s. Nel suo movimento chiude le luci di scarico e travaso e apre quella di aspirazione, mentre attraverso il pacco lamellare miscela nuova viene gettata nel carter con lo scopo di lubrificazione.

Questo processo con le fasi simultanee permette al motore di effettuare 4 fasi in una sola rivoluzione dell’albero, contro le due dei motori 4t. Il contro è però la mancanza di controllo in ingresso della miscela, affidato al gioco delle pressioni ma che può consentire flussi indesiderati (miscela fresca che arriva direttamente allo scarico o miscela combusta che resta intrappolata nel cilindro al termine del ciclo).

Torniamo al tema dell’espansione nello scarico del motore a 2 tempi. Nel motore 4T la pressione all’interno del cilindro è molto elevata, poiché è un sistema chiuso dalle valvole. Ma nel 2T la luce di scarico si apre non appena il pistone corre verso il basso; perciò, per dare pressione al propulsore, si sfrutta il principio della riflessione delle onde di pressione. Prima di uscire nell’ambiente, i gas di scarico attraversano una “pancia” a forma di cono e controcono. Il fluido perde inizialmente velocità a causa dell’aumento di volume, che porta il gas ad espandersi. Nella sezione che si stringe invece la velocità aumenta creando una pressione nella seconda zona a cono che si riflette indietro fino al cilindro, formando un “muro” fluidodinamico che assicura così una migliore compressione.
Naturalmente quando i gas in uscita sono “pochi” (ai bassi regimi) l’effetto di pressione dello scarico è molto lieve, mentre aumenta notevolmente ad alti regimi. Per questo le moto a due tempi da competizione vanno tenute sempre “su di giri”.

Motore 2 tempi o 4 tempi: differenze meccaniche, pro e contro

Le differenze

Come appena visto, i motori sfruttano bene o male la stessa logica ma la meccanica e le specifiche finali sono ben differenti. Oltre alle fasi, come anticipato, cambia tutta la struttura del motore che mantiene simili solo il cilindro, il pistone e il sistema di manovellismo. Se consideriamo il motore 2 tempi come il più semplice, il 4T vede di aggiunto: il sistema di valvole che comprende la distribuzione con albero a camme, catena e ingranaggi e i canali di passaggio dell’olio di lubrificazione che aumentano le dimensioni. Sempre riguardo l’olio troviamo la predisposizione del filtro, con filtro compreso, e la zona di stivaggio dell’olio, con conseguente aumento di peso (nel caso di 2T con miscelatore, il serbatoio dell’olio è spesso in plastica e l’olio è a tutta perdita, ovvero viene espulso con la combustione).

La presenza di molti elementi meccanici aumenta notevolmente l’effetto di freno motore sui propulsori a 4 tempi, un effetto che tramite mappatura oggi è regolabile a seconda delle esigenze.

Dalla sua il 4 tempi ha quindi un funzionamento tendenzialmente più pulito. Il motivo per cui il 2T è andato scomparendo riguarda i gas inquinanti, per la presenza di incombusti e di olio in sospensione nello scarico, entrambi molto tossici. Il 2T è inoltre spesso più rumoroso per la presenza dell’espansione.

L’inquinamento è legato in parte ai consumi, in cui il 4T vince ancora, grazie a un’alimentazione controllata da valvole e rotazioni attive minori rispetto al fratello, che può trovare in camera di combustione ancora dei gas di scarico non usciti completamente. Sempre il 4T ha anche un’erogazione di potenza più fluida, ideale per le moto da strada sia per motivi di sicurezza che sul fronte comfort. Negli ultimi anni, il colpo di grazia al 2T (eccetto che nell’off-road) lo ha poi dato l’arrivo dell’elettronica: il controllo dell’erogazione è molto più semplice ed efficace sul 4T che ha visto arrivare mappature, controllo di trazione e ausili vari quasi sempre preclusi al 2T.

Al contrario, il 2T è più facilmente modificabile per ottenere prestazioni maggiori, ideale nel motorsport. Ma non solo, anche in caso di riparazioni risulta semplice da smontare e lavorare, soprattutto per la mancanza di una distribuzione.

Motore 2 tempi o 4 tempi: differenze meccaniche, pro e contro

Quale scegliere

Ma quindi quale motore è migliore? Purtroppo, non esiste una risposta unica a questa domanda: troppe le differenze e le caratteristiche distintive. Per chi è indeciso in fase d’acquisto può confrontare le specifiche a seconda delle proprie esigenze. In generale la scelta si rivolge solo ad alcune categorie e ormai per basse cilindrate. Un 2T sulla carta è in grado di erogare una potenza doppia rispetto a un 4T di pari cilindrata (il suo ciclo di lavoro è completato in metà del tempo); questo però non è vero in pratica, e tanto meno quanto si sale di cilindrata.

Per un ciclomotore la relazione è piuttosto realistica, e il 2 tempi e la scelta è corretta se si cerca qualcosa con un po’ più di grinta e prestazioni decenti (fino ai 45 km/h di legge). Il problema, soprattutto nelle città, riguarda l’omologazione: con l’arrivo dell’EURO 5, le case non hanno più voluto investire sui motori 2T, che avrebbero richiesto sistemi di pulizia dei gas di scarico troppo costosi. Questo ha dettato in parte la fine di un’era durata più di 60 anni. Dall’altra parte ci sono ragioni fluidodinamiche per cui un 4T di cilindrata sotto i 100 cc è molto penalizzato, quindi un ciclomotore 4T ha prestazioni così basse da risultare impacciato nel traffico. Ottimo per brevi spostamenti vista la bassa necessità di manutenzione e i consumi minimi, ma in generale poco apprezzato. In questa categoria l’elettrico, ormai, risulta molto più pratico ed efficiente.

Salendo di cilindrata, la scelta di un 125 cc potrebbe già essere più complicata. Se si tratta di scooter la scelta più logica è il 4T; utilizzato in città o in periferia, ha le prestazioni necessarie per la strada con consumi che ormai toccano i 40 km/l. Nel caso di motard o enduro/cross la situazione è diversa. Per il fuoristrada conviene un 2T poiché la potenza, che rimane limitata a 15 kW anche nel caso di 4T, viene erogata diversamente, riuscendo a raggiungere prestazioni maggiori a giri più bassi. La situazione riguardo il motard invece cambia. Avendo un utilizzo prettamente stradale, anche il 4 tempi è un’ottima soluzione, a questo punto la scelta è per lo più personale.

Ancora diverso per le sportive, ormai scomparse nella categoria 125 cc, ma che comunque sarebbero più efficienti con motore 2t. Merito del peso ridotto e prestazioni più rapide, che le concedono il nome di “sportive” di piccola categoria.

Il limite di cilindrata al quale 2 e 4 tempi arrivano più o meno ad equivalersi può essere fissato tra il 250 cc e il 300 cc, e non a caso in questa cilindrata il confronto in off-road è più serrato. Fino a qualche anno fa i 250 2T venivano equiparati ai 450 4T, mentre negli ultimi anni la cilindrata di 250 è stata unificata per tipo di motore e in alcune classi del motocross si è assistito allo scontro tra i due, con risultati interessanti.

Non avendo limiti di potenza per legge, bisogna basarsi sull’utilizzo. Se si parla di cross o enduro, molti dei pregi sono dalla parte del 2T come peso, velocità nel raggiungere potenza, bassi costi di manutenzione mentre il 4 tempi ha dalla sua la coppia e l’erogazione essenziale soprattutto nell’enduro. Anche qui non c’è una strada da prendere ma per chi arriva dal 125 cc potrebbe prendere confidenza con un 4 tempi per passare poi ai più potenti (ma anche ormai altrettanto docili) 2 tempi. Anche se a volte si rimane alla prima scelta per maggiore fluidità nell’erogazione di potenza e manutenzione ridotta. In questa situazione vale per lo più il “come ci si trova”.

Parlare di cilindrate maggiori non ha ormai senso, il 4 tempi è ormai l’unica via. E comunque ricordando qualche di 500 cc 2 tempi, si è visto che la potenza risulta davvero difficile da gestire e da utilizzare a pieno, con erogazioni ad alti giri pericolose per chi è alle prime armi.

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