Da Sapere
Focus: come ragiona un progettista
Come si progetta una moto? Da dove si parte? Come ci si confronta con i designer? E come si fa a darle un “carattere”? Ripercorriamo con l'ingegner Massimo Gustato le tappe della genesi di una moto
I bambini maschi si possono dividere in due. Metà vogliono fare gli astronauti. Dell’altra metà, una metà vuole fare il pilota di moto e l’altra metà il progettista di moto. Perché guidare e costruire sono due fra le più grandi passioni di tutti, e non solo alle nostre latitudini.
L’era romantica dell’ingegneria è però un po’ al tramonto. Se guardiamo agli aerei o anche solo alle automobili, sono veicoli ormai così complessi che da tempo non c’è più una sola persona che li sa progettare da cima a fondo: ci sono team, gruppi di lavoro da decine o centinaia di specialisti, chi in un ramo e chi nell’altro. Alla presentazione della Ducati Panigale V4 2025 ci è stato detto che al progetto hanno contribuito 100 persone mentre 40 anni fa, ai tempi della 851, in Ducati c’erano 3 o 4 ingegneri e più o meno tutti sapevano tutto della loro creatura.
Insomma: nel mondo moderno non è così facile trovare un progettista che abbia una visione a 360° della moto. Ci sono ancora, ma di solito lavorano in piccole aziende o in studi di consulenza. Tra questi, abbiamo chiamato Massimo Gustato: motorista di formazione e che ha poi lavorato in Aprilia con Gigi Dall’Igna sulle 2T e SBK da corsa, in Bimota sul modelli estremi e a volte con ciclistiche alternative e quindi in Moto Morini sulle moto del rilancio, a partire dalla X-Cape 649. Oggi Massimo è passato a seguire il progetto della V4 supersportiva di CFMOTO.
A Massimo possiamo insomma chiedere un po’ di tutto, ma visto che c’è la possibilità vogliamo ripercorrere le tappe di come nasce una moto, qualcosa che di solito non si capisce bene. Quando hai un foglio bianco davanti, da dove parti? Come tieni conto del famoso "brief" di progetto? Come funziona l’interazione con i designer? Sintetizzare tutto in pochi minuti è naturalmente una sfida, ma ci abbiamo provato.
Seguiteci in questa rassegna che parte dunque dal brief e ripercorre le tappe normalmente seguite dal progettista che definisce nell’ordine: ruote, altezza sella, ergonomia, tenendo ovviamente conto del fortissimo vincolo rappresentato dal motore che ha a disposizione. Si passa quindi a lavorare su telaio e sospensioni, individuando nel processo baricentro e inerzie in funzione degli obiettivi di peso. Valuto l’anteriore, stabilisco un’avancorsa di massima, di solito con un valore orientato alla stabilità (guida a pieno carico, se off-road superamento ostacoli, ecc.) e poi "torno indietro" per fare maneggevolezza.
Capitolo a parte è rappresentato da forcellone e progressione della sospensione posteriore, che legano fra loro motore, telaio e quote. Parto definendo la lunghezza del forcellone che ha impatto su distribuzione dei pesi, angolo tiro catena e posizionamento del motore (quindi del pignone). Si apre tutto il mondo della cinematica della sospensione posteriore, con la curva di progressione scelta in funzione del comfort e della risposta che cerco. Bisogna stabilire il precarico della sospensione, che ha impatto su affondamento, cambiamento delle quote in frenata, definire l’effetto anti-squat e il livello di trazione per la ruota posteriore desiderati.
Vediamo infine tre applicazioni pratiche di questo percorso su tre moto molto diverse, tutte progettate da Massimo: la Bimota DBX (enduro tecnica con motore Ducati 1100 ad aria a L, ruote da 21”-18”, interasse 1.560 mm) e le Moto Morini X-Cape 649 (adventure con ruote da 19”-17” e motore twin parallelo, interasse 1.470 mm) e X-Cape 1200 (adventure con motore V-twin a 87°, ruote da 19”-17”).
Al termine di questo approfondimento possiamo dire che ogni moto ha un "carattere" figlio della cultura aziendale ma anche del progettista; e ovviamente anche dei vincoli tecnici. Non c’è una regola razionale, valida al 100% - e, diremmo, per fortuna.
Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.