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Dove va la MotoGP: come cambieranno i motori

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 24/06/2024 in Motogp
Dove va la MotoGP: come cambieranno i motori
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Seconda puntata del nostro approfondimento sulla MotoGP: scopriamo come saranno i nuovi motori 4 cilindri da 850 cc e che impatto avranno sul pacchetto complessivo della moto

Dopo aver contestualuzzato le novità che aspettano la MotoGP dal 2027, vediamole una per una, partendo dal motore. L’idea di avere un confronto libero con bicilindrici, tricilindrici, quadricilindrici in linea e a V e magari qualche esotico 5 o 6 cilindri è tramontata, perché come abbiamo detto gli ingegneri hanno messo a punto i pacchetti tecnici più efficaci, e questi pacchetti tecnici oggi convergono sul 4 cilindri, a V o più raramente in linea; tanto è vero che il regolamento 2027 ne prende atto stabilendo che i motori saranno tutti a 4 ciliindri.

Lato motori, negli ultimi anni non ci sono state discontinuità forti, ma un lavoro continuo i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se prendiamo la velocità massima, un buon indicatore della potenza dei motori, l’aumento è stato impressionante: in fondo al rettilineo del Mugello si è passati dai 315 km/h circa delle ultime 500 2T agli oltre 360 km/h delle attuali MotoGP, nonostante l’importante incremento della resistenza aerodinamica. La soglia dei 250 CV è stata superata da un pezzo, e con l’elettronica che taglia quando serve è probabile che i 300 CV non siano lontani.

Ridurre la potenza, non lo spettacolo

È importante ricordare che la MotoGP è oggi il vertice della tecnologia dei motori aspirati: sono state superate le prestazioni delle ultime F1 V8, dopo che la F1 ha imboccato altre strade. Sono consentiti i condotti di aspirazione ad altezza variabile, si usano bielle, pistoni e alberi motore “esotici” per tecnologia e materiali e si lavora tantissimo su aspirazione e scarico per massimizzare il rendimento. Suzuki sulla GSX-RR usava anche un variatore di fase centrifugo (non soggetto ai vincoli elettronici).

La prima voce su cui si è lavorato per ridurre le prestazioni (parliamo in sostanza di un aumento del tempo sul giro) è stata naturalmente la cilindrata, che tuttavia per i motoristi non è il parametro più significativo: bisognerebbe controllare la superficie totale dei pistoni. Questo viene comunque fatto indirettamente, fissando l’alesaggio massimo. Già il limite attuale di 81 mm, arrivato con l’ultimo passaggio alle 1000 cc del 2012, metteva un limite agli estremi che i tecnici potevano inseguire.

Con la riduzione di cilindrata a 850 cc l’alesaggio non poteva ovviamente restare 81 mm, per evitare che i tecnici recuperassero subito le prestazioni con “mostri” iperquadri da oltre 20.000 giri. Si era parlato di una riduzione “proporzionale”, che a pari A/C avrebbe portato ad alesaggio 77 mm; invece si è scelto il valore di 75 mm, che consente di mantenere quasi invariata la corsa (da 48,5 a 48,1 mm). I motori passeranno così da A/C = 1,67 a A/C = 1,56 e quindi sensibilmente meno superquadri (poco più di una Panigale V4 = 1,51, meno di una Panigale V4R che ha ovviamente A/C = 1,67; la Panigale 1299 arrivò a 1,91). Ci allontaniamo dagli estremi, ma i pistoni più piccoli saranno anche più leggeri, e si potrebbe quindi salire coi giri – che restano il driver principale per l’aumento della potenza.

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MotoGP 850: quanti cavalli avranno?

Negli ultimi anni si è fatto tanto non solo per aumentare la potenza, ma anche per ridurre i consumi, che con il contingentamento della benzina in gara sono diventati decisivi (ricordiamo che un aumento dell’efficienza, ad esempio tramite la riduzione degli attriti, consente di ottenere entrambe le cose). A questo proposito, dal 2027 arriverà carburante al 100% “sostenibile”, cioè di derivazione non fossile; la capacità dei serbatoi scenderà da 22 a 20 litri. I motori disponibili per stagione scenderanno da 7 a 6, per d’altra parte far fronte a un calendario sempre più lungo e con l’aggiunta delle Sprint Race.

Un motore più piccolo richiederà di fatto di riprogettare l’intera moto, che potrà essere più piccola, più corta, più stretta. Tra motore più piccolo e serbatoio più piccolo, ci potrebbe essere più spazio per airbox e impianto di scarico, il che aiuterebbe a recuperare un altro po’ di potenza. Per salire di regime e ridurre i consumi il desmo resta il sistema favorito, perché non assorbe la potenza richiesta dalle valvole pneumatiche; e chissà che non ci sia spazio per qualche alternativa al sistema Ducati proposto da altri...

Sulla carta, tra riduzione di cilindrata e rapporto meno superquadro possiamo aspettarci una riduzione della potenza proporzionale a quella di cilindrata: quindi un -15%, e ragionevolmente si tornerà attorno ai 230 CV. C’è poi da considerare che le nuove benzine “non fossili” richiederanno anche una calibrazione specifica, e dal momento che la fornitura di benzina è libera in MotoGP, si scatenerà anche un po’ di lotta tra le formulazioni. Tutto dipenderà però da quanto bravi saranno i motoristi – e sappiamo che lo sono sempre molto.

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Lo "shift shock" e il cambio seamless

C’è tanto lavoro sulle frizioni e sui cambi, che hanno fatto progressi decisivi negli ultimi anni con l’arrivo dei seamless in varie forme. Dal 2027 sia cambi che frizioni potrebbero diventare a loro volta più piccoli, grazie al fatto che gli 850 cc erogheranno coppie più basse. Molte frizioni già oggi hanno dischi in carbonio, ma non tutti hanno seguito questa strada; ci sono sistemi meccanici ed elettronici che gestiscono la frizione per rendere il seamless “ancora più seamless”, sia in upshift che in downshift, e questi sistemi sono peraltro tra le non molte tecnologie della MotoGP che potrebbero avere impatti sul prodotto di serie.

Perché del seamless si è parlato così tanto, e perché se è così importante non è ancora arrivato sulle moto di serie a differenza del ride by wire o delle appendici aerodinamiche? La sua analisi ci porterebbe troppo lontano, ma possiamo semplificarla dicendo che il seamless può essere considerato un po’ la quintessenza del cambio doppia frizione: consente di ingranare per qualche millisecondo due marce contemporaneamente.

Su questo tema vi rimandiamo al nostro articolo sulle trasmissioni Honda DSG ed e-clutch, ma anche senza spiegare come funziona possiamo apprezzarne gli effetti. Una interruzione anche breve della coppia crea lo “shift shock”: l’effetto del tiro catena viene sospeso, il che ha un impatto importante sull’assetto, che quando si va al limite diventa critico. Con le potenze di una MotoGP può innescare un’impennata in rettilineo, costringendo l’elettronica a tagliare, e in curva ovviamente disturba molto. Inoltre la ruota posteriore in MotoGP pattina più o meno sempre, e lo shift shock aggrava i fenomeni di usura, di riscaldamento e il consumo di benzina.

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Più comfort per il pilota, più prestazioni

Capite allora perché il seamless è apparso subito così importante e così presto adottato da tutti. Il fatto di ingranare due marce insieme anche solo per pochi istanti (in realtà solo una trasferisce coppia alla ruota posteriore) consente di attenuare lo shift shock fino a quasi zero, perché la coppia trasferita cambia di intensità senza mai azzerarsi. Questo aumenta anche il “comfort” del pilota, aiutandolo ad esprimersi al meglio: insomma, l'insieme dei benefici va ben oltre quello più ovvio del tempo di cambiata, che comunque non va trascurato: il seamless cambia in circa 1 centesimo di secondo, molto più rapido di un quickshifter, permettendo di risparmiare qualcosina a ogni cambiata che, moltiplicato sul giro, può fare anche qualche decimo.

Ogni Casa ha realizzato il suo sistema, in tutti i casi un piccolo capolavoro di orologeria: costa molto, è delicato e richiede una manutenzione meticolosa per poter funzionare.  Inoltre l’efficacia del seamless dipende dall’entità dello shift shock e sotto i 200 CV non è così rilevante, mentre lo diventa ovviamente in MotoGP. Questo spiega perché non lo si sia visto in serie, e perché sia senz'altro destinato a rimanere nella classe regina del Mondiale: nonostante il costo, ha benefici troppo importanti.

Con questa breve panoramica abbiamo capito la logica alle spalle della riduzione di cilindrata del motore, che si inserisce però in un pacchetto di misure più complesso e che riguarda ciclistica, elettronica e aerodinamica: le analizzeremo una alla volta nelle prossime puntate. Stay tuned!

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